walser, comunità
Con il termine walser (contrazione di Walliser «vallesano») si intendono sia le popolazioni alemanniche emigrate in epoca medievale dal Vallese (Svizzera), e poi stabilitesi in numerose colonie lungo tutte le Alpi, sia la loro lingua.
Sul territorio italiano la comunità alloglotta walser è localizzata in diversi insediamenti alpini tra il Piemonte e la Valle d’Aosta, grosso modo attorno al massiccio del Monte Rosa. Fuori dai confini nazionali, altre comunità walser si trovano in Svizzera (Canton Ticino e Grigioni), in Liechtenstein e in Austria (Vorarlberg).
L’uso del walser è ancora vivo a Gressoney (St.-Jean e La-Trinité) e a Issime in Valle d’Aosta, ad Alagna e Rimella in provincia di Vercelli, a Macugnaga e Formazza in provincia di Verbania. A questo gruppo si può aggiungere Bosco Gurin, la limitrofa isola linguistica walser in Canton Ticino.
In Piemonte il walser si è ormai estinto a Salecchio e a Rima, abbandonate come residenze permanenti verso la fine degli anni ’60 del Novecento, ad Agaro, paese sommerso da un lago artificiale nel 1929, e già agli inizi del XIX secolo a Ornavasso, grosso borgo nella bassa valle del Toce. Nessuna documentazione, se non a livello toponomastico, è rimasta del walser a Campello Monti in Valsesia, né a Niel, frazione di Gaby fra Issime e Gressoney. Lo stesso vale per Cunéaz in Val d’Ayas e per Gettaz des Allemands a Champdepraz, sempre in Valle d’Aosta.
Per quanto concerne la consistenza demografica, i dati disponibili a proposito della conoscenza attiva del walser sono purtroppo disomogenei e solo in parte fondati su rilevazioni accurate e oggettive (come ad es. Giacalone Ramat 1979 per Gressoney o Bacher 1983 per Formazza); più spesso sono basati su giudizi soggettivi forniti da compilatori locali o da osservatori esterni. Va anche ricordato che tali conteggi si riferiscono sempre alla popolazione residente, mentre poco o nulla si sa della presenza di potenziali parlanti alloglotti altrove.
Nel corso del XX secolo (cfr. tab. 1) tutte le comunità walser hanno subito una profonda contrazione, che in alcuni casi è stata molto più significativa che in altri. Si possono distinguere località che hanno abbandonato precocemente l’economia tradizionale, attraendo anche popolazione dall’esterno ma stravolgendo la propria compagine sociale e linguistica (ad es. Alagna e Macugnaga), da comunità rimaste più a lungo fedeli alla propria vocazione agro-pastorale e al proprio patrimonio linguistico ma economicamente depresse (ad es. Rimella).
Gli insediamenti walser del Piemonte e della Valle d’Aosta risalgono approssimativamente al XIII secolo, un’epoca durante la quale favorevoli condizioni climatiche rendevano agibili molti valichi di alta quota, poi divenuti nuovamente impraticabili a partire dalla cosiddetta piccola glaciazione del XVI secolo.
La posizione di queste comunità, alla testata di valli o all’imbocco di passi, spiega la natura dell’insediamento ‘dall’alto’: scendendo a valle i walser si stanziarono, per viverci stabilmente, in località che erano già in parte sfruttate stagionalmente per pascoli d’alta quota dalle popolazioni di pianura o di bassa valle. Sono invece rari i casi (ad es., Issime e Ornavasso) in cui i walser si sovrapposero a comunità preesistenti.
Le ragioni delle migrazioni walser sono da cercarsi nella politica dei feudatari piemontesi e lombardi che tra il XII e il XIII secolo gestivano il potere in Vallese e che incrementavano i commerci transalpini sfruttando i valichi, attivando magistrature e capitoli, beneficando chiese e monasteri. Erano questi stessi signori ad avere interesse che venissero colonizzati gli insediamenti di alta quota su entrambi i versanti delle Alpi. Dopo i primi stanziamenti provvisori, vescovi o signori spesso decidevano di lasciare le terre in affitto perpetuo ereditario ai coloni, che si potevano così affrancare. Lo statuto giuridico dei walser in epoca medievale, contadini ma liberi, costituisce un aspetto caratterizzante del gruppo etnico (Rizzi 2003).
Ci si è interrogati a lungo sulle origini delle comunità walser. Nel corso dei secoli, infatti, esse avevano perso ogni consapevolezza di appartenenza a un’unità etnico-linguistica più ampia (sovralocale), mentre la memoria collettiva della migrazione deve essersi mantenuta più a lungo, come testimoniato dalle leggende sul tema ricorrenti nelle diverse località. Lo stesso nome walser rimase a lungo sconosciuto alle comunità del Piemonte e della Valle d’Aosta, mentre è attestato per la prima volta (già nel 1319) a Galtür, nel Vorarlberg (Rizzi 2003), punto orientale estremo della migrazione. Il termine walser si diffuse nelle comunità italiane solo negli anni ’60 del Novecento, con lo sviluppo di un’identità walser alimentata dall’interesse scientifico e divulgativo, e sostenuta da varie attività associative.
La descrizione delle diverse parlate ha contribuito significativamente a chiarire la questione dell’origine. Tramite le prime documentazioni sistematiche, risalenti all’inizio del XIX secolo, si poterono mettere in relazione le parlate tedesche del Monte Rosa con i dialetti vallesani e con alcune parlate della Svizzera orientale. Con lo studio delle fonti, in particolare dei contratti di affitto (Rizzi 1991), si poterono inoltre datare le migrazioni successive e collegare i diversi stanziamenti walser classificandoli in colonie primarie (di diretta derivazione vallesana, come quelle italiane) e secondarie (le più orientali, frutto di migrazioni successive).
I dialetti walser appartengono al sottogruppo alemannico del tedesco superiore. Sebbene sia forse impossibile individuare tratti linguistici essenziali per delimitare i dialetti walser dal resto dell’alemannico alpino, al tempo stesso unificandoli fra loro, vi sono tuttavia diversi tratti la cui incidenza nel walser è molto maggiore che altrove (Zinsli 1968).
Fra questi, il tratto più tipico del walser è la palatalizzazione di [s] germanica che passa a [ʃ], non senza variazione interdialettale: ad es., schi «lei» (ted. sie), iisch «ghiaccio» (ted. Eis), più raramente hüüsch «casa» (ted. Haus). Altri tratti sono la semplificazione di nessi consonantici, come -nk- che passa a -ch- (triiche «bere», ted. trinken), o -rn(e) finale che passa a -re (gäre «volentieri», ted. gerne), e il suffisso diminutivo -(e)lti / -etli (schtickelti «pezzetto»).
Più in generale il walser si distingue per tratti arcaici, riconoscibili innanzitutto nel lessico con termini quali wib «donna, moglie» in contrasto con frou «signora», o distinzioni come ettru «fratello della madre» / eche «fratello del padre», che si sono perse nel tedesco moderno. Per restare nello stesso ambito, si veda holdchnabe «fidanzato» o holdma «corteggiatore» (oltre a holdu «amoreggiare» e hold «innamorato»), tutti riconducibili all’antico alto ted. hold «caro, benevolo». Tratto arcaico è anche il mantenimento delle sillabe atone finali, al quale corrisponde la conservazione di opposizioni morfologiche altrove venute meno, come le desinenze di caso genitivo e dativo sui nomi: ad es., der mömu «della / alla zia» (opposto al nominativo t möma), minesch ennusch «di mio nonno» (opposto al nominativo mine ennu).
Molte altre peculiarità del walser derivano invece da ➔ contatto linguistico: in primis il grande numero di ➔ prestiti lessicali dall’italiano e dal dialetto italo-romanzo, talvolta così ben acclimatati e adattati nella forma da essere difficilmente riconoscibili. Si vedano ad es. nel dialetto di Rimella, forse il più toccato dal contatto, pàrtiru «partire», pum / pumma «mela/-e» (in valsesiano pum è invece invariabile), parka «perché». Tra i casi di calco semantico (➔ calchi) si veda ad es. zit «tempo», ted. Zeit «tempo cronologico», ma con i valori semantici di tempo dell’italiano. Fortemente toccata dal contatto è anche la sintassi, in cui vengono meno strutture con verbo finale tipiche del tedesco: cfr. l’issimese willischt chemen mümmer? «vuoi venire con me?», corrispondente al ted. willst du mit mir kommen?, con diversa posizione dell’infinito chemen / kommen.
Infine, a causa del loro isolamento, i dialetti walser presentano molti esempi di sviluppo linguistico indipendente e innovativo. A livello lessicale spicca ad es. la somiglianza che si è sviluppata fra i verbi «dare» e «prendere» (a Formazza rispettivamente gää e gee); nel walser di Gressoney lére ha entrambi i significati della coppia di inversi «insegnare» e «imparare». A livello morfofonologico il dialetto walser di Issime presenta inediti fenomeni di assimilazione per i quali il suffisso di caso influenza la forma dei suffissi di numero e di eventuali suffissi derivazionali: schuler «scolaro», schulara «scolari», schuluru «di scolari».
Infine, va ricordato un relitto linguistico che rappresenta bene il complesso intersecarsi di tratti arcaici e innovativi del walser. Si tratta del mantenimento dell’imperfetto, un unicum nell’intera area del tedesco meridionale, documentato nelle minuscole comunità di Salecchio e di Agaro (entrambe oggi estinte). In realtà, come dimostra Frei (1970), più che di conservazione dovremmo parlare di sviluppo di un sistema verbale nuovo, basato su tempo e aspetto (come in italiano), che si discosta da quello ereditato dal tedesco. Le forme stesse sono in buona parte indipendenti da quelle tedesche, mancando del tutto nel walser le forme regolari in -te a vantaggio di forme irregolari con mutamento della vocale radicale: ich miech «io facevo» (ted. ich machte), schi psielun «loro pagavano» (ted. sie bezahlten).
Confrontabili sul piano linguistico e storico, le comunità walser del Piemonte e della Valle d’Aosta si distinguono nettamente dai walser svizzeri e austriaci sul piano sociolinguistico.
Innanzitutto, la discontinuità territoriale con altri dialetti tedeschi rende impossibile l’uso del walser al di fuori della propria comunità. In secondo luogo, ai dialetti walser italiani manca la lingua standard di riferimento, cioè il tedesco, che funzioni da modello linguistico-culturale. Infine, il contatto con una o più varietà romanze secondo modi e forme diversi ha portato a sviluppi differenziati del repertorio linguistico in ciascuna località, pur nell’unità data dal contatto pervasivo con l’italiano.
Una prima differenziazione può essere fatta fra le parlate walser del Piemonte e quelle della Valle d’Aosta, che si trovano in una situazione di doppia minoranza: ➔ isole linguistiche tedesche in un’area già caratterizzata da bilinguismo italiano-francese e dalla presenza del francoprovenzale come codice della comunicazione quotidiana. Differente è anche il ruolo dei dialetti romanzi. A Rimella, ad es., il dialetto valsesiano è in competizione con il walser nella comunicazione informale interna alla comunità e anche come codice di identificazione locale. A Issime la popolazione locale si confronta con piemontese, francoprovenzale e walser, ma ognuno di questi codici identifica un gruppo etnico diverso, vista la coesistenza e sovrapposizione secolare di popolazioni sul territorio; per cui il plurilinguismo ha di fatto sostenuto il mantenimento dell’alloglossia. A Formazza, invece, il dialetto ossolano (di tipo lombardo) non ha mai svolto un ruolo significativo internamente alla comunità: qui il walser entra in competizione solo con l’italiano, in un rapporto prima di bilinguismo, poi di diglossia e ora di dilalìa.
Per quanto riguarda il ruolo del tedesco e di altri dialetti alemannici, alcune comunità (Formazza, Macugnaga, Gressoney) hanno intrattenuto rapporti (più intensi fino all’Unità d’Italia, poi sempre più radi) con la Svizzera e la Germania, e hanno anche conosciuto una diffusione del tedesco scritto, altre (Issime e Rimella) sono rimaste sempre escluse da questo tipo di contatti. Oggi i rapporti con i walser d’Oltralpe si sono re-intensificati ovunque (anche dove la parlata alloglotta è ormai estinta), mentre il tedesco standard è stato introdotto a scuola, talvolta parallelamente al walser locale.
Seguendo i parametri dell’UNESCO si può tentare di dare una valutazione della vitalità del walser.
(a) Trasmissione intergenerazionale: in alcune comunità il walser non viene di regola più appreso dai bambini come L1, anche se alcuni genitori si rivolgono loro in questa lingua; in altre (Alagna e Macugnaga) il walser è ormai parlato esclusivamente dalla generazione degli anziani.
(b) Numero di parlanti in assoluto e in percentuale: si va da un minimo di 30 parlanti circa ad Alagna a un massimo di 400 circa a Gressoney; la proporzione più alta si raggiunge però in due comunità molto piccole, Issime e Rimella, dove i parlanti walser sono la maggioranza.
(c) Domini d’uso e funzioni: ad Alagna e Macugnaga il walser ha una gamma estremamente limitata di funzioni e ambiti d’uso, mentre nelle altre comunità viene ancora usato con diverse funzioni in ambito familiare e locale (negozi, vicinato, ecc.), seppure sempre in sovrapposizione con la lingua dominante.
(d) Risposta a nuove esigenze mediatiche, educative, ecc.: qui è soprattutto la scuola a dare spazio al walser, in particolare a Gressoney, Issime e Formazza, mentre l’apertura ai nuovi media (riviste, produzione di documentari) è molto limitata e marginale.
(e) La disponibilità di materiali scritti, soprattutto rivolti all’ambito scolastico e di cultura locale, ha conosciuto un grande incremento negli ultimi decenni. Non esiste una letteratura in walser (se non rari tentativi di traduzione), con pochissime eccezioni, fra cui spicca la poetessa formazzina Anna Maria Bacher. Seppure limitatamente, il walser è usato in insegne e brevi testi rivolti al pubblico un po’ in tutte le località. Solo recentemente si sono avviate attività di coordinamento intercomunitario per uniformare l’ortografia; la popolazione effettivamente alfabetizzata in walser è comunque numericamente poco significativa.
(f) Tutela linguistica e atteggiamenti verso il mantenimento del walser: tutte le comunità usufruiscono dei benefici della legge nazionale 482/99 per la tutela delle minoranze linguistiche e di leggi regionali più specifiche. Sebbene non ci sia alcuna forma di discriminazione, un atteggiamento di indifferenza da parte dei non-walser sembra però prevalere. Presso i membri delle comunità locali, l’atteggiamento non è mai negativo; si distinguono tuttavia località dove un sostegno attivo è ampiamente condiviso (Gressoney, Issime, Formazza) da altre dove solo un piccolo gruppo appoggia effettivamente le attività di tutela linguistica.
(g) La documentazione scientifica è consistente. I dialetti walser sono documentati in importanti archivi dialettologici quali lo Schweizerisches Idiotikon e lo Sprachatlas der Deutschen Schweiz (rispettivamente dizionario e atlante dei dialetti svizzero-tedeschi), ma anche in numerose monografie specialistiche (fra le altre: Bauen 1978; Bacher 1983; Dal Negro 2004; Zürrer 2009). Ogni comunità (ad eccezione di Macugnaga) dispone oggi di un dizionario, ed è in corso d’opera un dizionario comparativo di natura scientifica (Fazzini & Cigni 2004-); mentre, se si escludono i materiali prodotti ad hoc per l’insegnamento, è carente la disponibilità di grammatiche di riferimento per le singole parlate. Anche la toponomastica è ben documentata e singole monografie sono in preparazione per la collana dell’Atlante Toponomastico del Piemonte Montano (Università di Torino); così come esistono raccolte di testi di cultura locale e archivi audio, particolarmente ricchi per Issime, Formazza e Rimella.
In sostanza, a fronte di una buona documentazione scientifica e divulgativa e di un quadro legislativo statale e locale (oggi) favorevole, la vitalità del walser in Italia appare però di fatto compromessa a causa delle limitate possibilità concrete di uso della lingua, della scarsa trasmissione intergenerazionale e della ridotta percentuale di parlanti all’interno delle comunità stesse.
Bacher, Angela (1983), Pomatt. Una storia, una comunità, una lingua, Intra, Cerutti.
Bauen, Marco (1978), Sprachgemischter Mundartausdruck in Rimella (Valsesia, Piemont). Zur Syntax eines südwalserischen Dialekts im Spannungsfeld der italienischen Landes- und Kultursprache, Bern, Haupt.
Dal Negro, Silvia (2004), The decay of a language. The case of a German dialect in the Italian Alps, Bern - New York, Peter Lang.
Fazzini, Elisabetta & Cigni, Costanza (2004-), Vocabolario comparativo dei dialetti walser in Italia, Alessandria, Edizioni dell’Orso.
Frei, Gertrud (1970), Walserdeutsch in Saley. Wortinhaltliche Untersuchung zu Mundart und Weltsicht der altertümlichen Siedlung Salecchio/Saley (Antigoriotal), Bern, Haupt.
Giacalone Ramat, Anna (1979), Lingua, dialetto e comportamento linguistico. La situazione di Gressoney, Aosta, Musumeci.
Rizzi, Enrico (a cura di) (1991), Walser Regestenbuch. Quellen zur Geschichte der Walseransiedlung (1253-1495). Fonti per la storia degli insediamenti walser (1253-1495), Anzola d’Ossola, Fondazione Enrico Monti.
Rizzi, Enrico (2003), I Walser, Anzola d’Ossola, Fondazione Enrico Monti.
Zinsli, Paul (1968), Walser Volkstum in der Schweiz, in Vorarlberg, Liechtenstein und Piemont. Erbe, Dasein, Wesen, Frauenfeld, Huber.
Zürrer, Peter (2009), Dialetti walser in contesto plurilingue. Gressoney e Issime in Valle d’Aosta, a cura di E. Fazzini, Alessandria, Edizioni dell’Orso.