COMPENSAZIONE (X, p. 1003)
Diritto civile. - A parte alcuni ritocchi alle norme concernenti la compensazione legale, la novità del codice civile del 1942 consiste nell'avere riconosciuto in modo esplicito la compensazione giudiziale e quella volontaria.
La compensazione legale è ancora concepita come un modo di estinzione, che opera per effetto della coesistenza di due debiti omogenei, liquidi e esigibili; e l'omogeneità è definita con maggiore rigore (art. 1243, 1° comma). Ma l'art. 1242, precisando che "il giudice non può rilevarla d'ufficio", fa dipendere l'avverarsi dell'estinzione da un atto del debitore, con cui questi opponga, in giudizio o stragiudizialmente, la compensazione alla controparte. Nondimeno, opposta la compensazione, i suoi effetti estintivi risalgono al giorno in cui i due debiti hanno cominciato a coesistere. Così, senza rinunziare ai vantaggi dell'efficacia retroattiva (della quale è un corollario il 2° comma dell'art. 1242), il codice ha superato le inestricabili difficoltà a cui dava luogo il concetto dell'operare automatico della compensazione (art. 1286 cod. civ. del 1865).
Se il credito opposto in compensazione, pur avendo tutti gli altri requisiti, non sia liquido, vale a dire non sia precisamente determinato nel suo ammontare, è ammessa la compensazione giudiziale, purché la liquidazione risulti facile e pronta (art. 1243, 2° comma). Il giudice può allora dichiarare la compensazione per la somma o la quantità che senz'altro riconosca dovuta oppure sospendere la condanna a favore dell'attore, fino a quando, determinato l'ammontare del credito opposto dal convenuto, non possa pronunziare la compensazione totale o parziale. In questo caso gli effetti della compensazione decorrono dalla pronunzia.
La compensazione volontaria è raffigurata come un contratto, con cui le parti possono disporre l'estinzione reciproca dei loro debiti, già esistenti o destinati a sorgere successivamente, pur in mancanza delle condizioni richieste per la compensazione legale o giudiziale (art. 1252).
Talvolta la compensazione trova un limite nei diritti dei terzi. Si applicano al riguardo l'art. 1248 e, alla luce di questo, gli articoli 1250, 2906 e 2917. Un ampliamento della sfera della compensazione legale deriva invece dall'art. 56 della legge fallimentare (r. decr. 16 marzo 1942, n. 267), che permette ai debitori del fallito di opporre in compensazione loro crediti non ancora scaduti. A conoscere del credito opposto in compensazione il cod. di proc. civ. (art. 35) abilita il giudice adito dall'attore, in deroga alla competenza per territorio, ma non a quella per valore.
Bibl.: F. Carnelutti, Compensazione giudiziale, in Riv. dir. proc. civ., I (1942), p. 52 seg.; S. Romano, Appunti in tema di compensazione legale e giudiziale, in Il Circolo giuridico, 1942; L. Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, III, Milano 1946, pp. 919-939; E. Redenti, La compensazione dei debiti nei nuovi codici, in Riv. trim. di dir. e proc. civ., 1947, pp. 10-45.
Compensazioni internazionali (App. I, p. 453).
È noto che in un ordinamento eeonomico in equilibrio (cioè con le quotazioni e le quantità di merci e servizî che si producono, si scambiano, si trasformano, nelle successive unità di tempo, senza dar luogo a sostanziali modificazioni) il complesso delle merci e dei servizî, esportati da un mercato verso gli altri mercati, si eguaglia in valore (tenuto conto del diverso potere di acquisto delle monete nazionali) al complesso delle merci e dei servizî importati da altri mercati. È, questa, la formulazione rigida della cosiddetta legge degli sbocchi, la quale trova applicazione anche nei rapporti economici internazionali. Questa enunciazione che fu formulata agli inizî del sec. XIX, non ha, però, trovato spesso conferma nei fatti, massimamente a causa della complessità dei rapporti economici venutasi a formare con lo sviluppo della mole dei traffici e delle nuove esigenze create dall'evoluzione nella tecnica degli scambî, specie dopo la rottura del sostanziale equilibrio tra i potenziali economici e produttivi dalle varie nazioni, reso possibile nel sistema emerso dal trattato di Vienna (1815). L'esistenza, nei rapporti economici internazionali, di poche nazioni dotate di un potenziale economico, produttivo e di scambio, superiore e crescente in proporzione ben più vibrata di quello di tutte le altre, costituiva infatti un elemento di perturbazione immanente nell'equilibrio stesso, obbligando le quantità prodotte e scambiate e le quotazioni di mercato a subire continue e sostanziali variazioni nei successivi cicli temporali (crisi). In conseguenza si era venuta a creare, più nella pratica concreta dei mercati che non nella formulazione degli economisti, tutta una prassi di interventi regolatori, i quali sarebbero stati inconcepibili in un sistema automaticamente in equilibrio, e che hanno avuto una lunga e lenta gestazione, culminata con il sistema, odierno, delle compensazioni internazionali.
Ne ricordiamo in breve la storia evolutiva, perché soltanto con questo riferimento si può comprendere a fondo la realtà attuale.
Nella duplice ipotesi: a) che gli scambî fossero regolati soltanto per compravendita di merci e di servizî, a pronti, escluse notevoli transazioni a credito; b) che la circolazione di ogni paese fosse basata soltanto sulla massa di moneta metallica, con esclusione di ogni intervento creditizio; si riteneva che la manovra automatica della variazione della quantità di moneta esistente su ogni mercato, manovra affidata alla rigida applicazione del principio quantitativo. sarebbe stata sufficiente a ricostituire, con duplici forze convergenti, il turbato equilibrio e il pareggio nei conti economici. Successivamente, l'intervento dello strumento creditizio sul mercato, che tendeva a sganciare la circolazione dalla rigida identificazione con la giacenza effettiva del metallo, impose, ben presto, la necessità di un sistema tecnico, più efficace, e in qualche modo preventivo degli spostamenti delle masse metalliche di ogni mercato.
Si escogitò, allora, la manovra del saggio dello sconto, la quale, mediante il rincaro - oppure la riduzione del costo del credito (sconto di cambiali mercantili, anticipazioni su titoli) - avrebbe dovuto prevenire i trasferimenti di metallo da paese a paese e ricostituire, per forze e linee interne a ogni mercato, le condizioni di equilibrio, mediante la influenza del credito sulle quotazioni del mercato. Anche in questa fase, implicitamente, si afferma che gli scambî fra nazioni, sono, nella loro grande massa, fondati sulle contrattazioni mercantili e di servizî, basate sulla compravendita a pronti, senza sviluppi e influenze nel tempo, oltre al momento nel quale il contratto si stipula e si esegue. Quindi la influenza equilibratrice del credito, essendo esercitata soprattutto mediante la leva del costo del finanziamento, avrebbe dovuto manifestarsi - in caso di elevamento dello sconto - nel senso di escludere le operazioni produttive per le quali l'aumentato prezzo del denaro avrebbe costituito una ragione determinante per fare aumentare il costo di produzione oltre il prezzo di mercato, con conseguente mancanza del tornaconto del produttore. Inoltre, rendendo meno profittevoli le altre operazioni produttive, l'aumento del saggio dello sconto avrebbe dovuto diminuire la domanda del credito e quindi contrarre, con effetto di accumulazione, oltre alla massa di circolazione, anche i prezzi delle merci e dei servizî e quindi contribuire potentemente a bilanciare i conti con l'estero. Queste due manovre erano quelle a cui si era tenuta la prassi fino al 1914, benché, anche allora, massime nella crisi del 1906-07, si fosse manifestata la inadeguatezza di esse a fronteggiare nuove esigenze che la modificata tecnica dei rapporti con l'estero, aveva, sia pure indistintamente, palesato.
Occorse la grave crisi del periodo posteriore al 1919 per imporre, alla stregua dell'esperienza tentata, allora, timidamente, negli Stati Uniti, l'intervento diretto sul mercato finanziario mediante la compravendita, effettuata per soli scopi di regolarizzazione del livello delle quotazioni mercantili, di titoli di stato, manovrati, dunque, non per esigenze di tesoreria (la quale si supponeva essere in pareggio e non bisognosa di ricorrere a mezzi di finanza straordinaria). Anche con tale sistema, però, che rappresenta un potenziamento efficiente del sistema attuato con la manovra dello sconto (in quanto più direttamente, celermente e drasticamente, esso tende a modificare, in più o in meno, la massa del credito esistente sul mercato), si punta a influire sui prezzi mercantili attraverso lo strumento creditizio. Cioè si ipotizza sempre come efficiente il principio quantitativo, sia pure integrato da particolari analisi sulle diverse velocità di circolazione delle varie qualità di moneta creditizia emessa, e si afferma esistente non soltanto il vincolo reversibile fra quantità di moneta, prezzi e quantità di merci, ma anche la piena efficacia del principio dei costi comparati, come regolatore delle correnti del traffico internazionale.
La comparazione dei costi di ciascun mercato per merci diverse, effettuata con riferimento a una identica situazione temporale e comparata con la medesima situazione esistente su altri mercati, presuppone, come è noto, una completa omogeneità nelle condizioni funzionali dei mercati considerati. Poiché, se tale omogeneità non esiste (come accade ad esempio nei traffici fra metropoli e colonie prive di adeguate attrezzature tecnico-economiche), oppure se le dimensoni assolute dei mercati sono profondamente diverse, la comparazione dei costi viene a mancare di base e quindi non può servire come orientamento. Sembra che, in conseguenza della già rilevata rottura delle condizioni fondamentali di equilibrio, anche relativo, esistenti fra i potenziali economici delle diverse nazioni, sia venuta a mancare la necessaria omogeneità fra i mercati. Al principio assunto, con validità senza limiti, della comparazione dei costi, si deve almeno transitoriamente (e fino a quando non si siano ricostituite condizioni obiettive sufficientemente omogenee), sostituire un diverso concetto concreto per regolare i traffici fra le nazioni.
Le compensazioni internazionali sono un tentativo, certamente imperfetto, ma che la quasi unanime pratica, anche in paesi a tradizione liberistica, dimostra dotato di tenace vitalità. Esso vale ad organizzare i traffici internazionali fra nazioni che risultino, per cause repentine, di potenziale economico molto differente ma costrette a continuare le loro relazioni di scambio, adattando però le dimensioni delle correnti tradizionali alle nuove necessità.
La tecnica delle compensazioni economiche è passata per successivi stadî di attuazione, adattandosi, sia pure con inevitabili attriti, alla realtà. Si è cominciato con il calcolo, presuntivo e preventivo, delle possibilità effettive di esportazione del paese più povero verso quello più ricco, per adeguare ad esse la misura delle importazioni da consentire nel primo, di provenienza dal secondo. In questo conto di compensazione generale, si è limitato bensì l'importo delle merci da esportare e da importare, ma si è lasciata, per altro, all'iniziativa privata soggetta a controllo amministrativo dello stato, attuato mediante la concessione di licenze doganali, la realizzazione dei traffici consentiti. Ciò significa che il conto di compensazione generale presuppone, come fondamento per il suo operare, una situazione di prezzi relativi fra i due paesi, la quale consenta, con tornaconto individuale, l'intercambio. Se tale situazione comparativa nel livello dei prezzi non sussiste, allora la corrente di scambio può darsi sia monoversa, e viene a mancare il presupposto della compensazione, cioè del pagamento a saldo di merci importate mediante altre merci esportate, per valore equivalente.
Poiché la compensazione internazionale, così come sistema estrinseco alle forze dominanti e regolatrici del livello dei prezzi sui mercati, ha potere di influire, soltanto indirettamente e con scarsa efficacia, sulle quotazioni mercantili, se manca, come assai di sovente avviene, la possibilità di attuare per altre vie, tecnicamente più efficienti (deflazione, restrizione qualitativa del credito, ecc.) un'efficace regolazione delle quotazioni interne dei singoli mercati (e ciò per esigenze politiche e di altra natura che non è qui il caso di indagare), si palesa indispensabile una diversa organizzazione della compensazione, la quale sopperisca, nei limiti del possibile, a questa mancanza di equilibrio relativo nei prezzi.
Si è cercato con qualche buon esito, di mitigare queste asperità del conto di compensazione generale, mediante le cosiddette operazioni di reciprocità. Nel conto di compensazione generale ogni operazione d'importazione, oppure di esportazione, si manifesta a sé stante, come atto di scelta unilaterale dell'interessato all'una oppure all'altra operazione. I versamenti effettuati nella moneta dell'ordinante l'operazione diventano, bensì, operativi e liberatorî quando lo straniero, cui spettano, li riceve effettivamente nella sua propria moneta; ma le due operazioni fondamentali (esportazione e importazione) sono spezzate e dissociate in due atti distinti, lasciando al complesso delle previste correnti del traffico di realizzare il pareggio e il saldo complessivo. Quando, per le ragioni dianzi dette, tale pareggio non può effettuarsi, le alternative sono due: si bloccano gli scambî complessivi, oppure si cerca di collegare a coppia, ogni operazione d'importazione (esportazione), che sia individualmente profittevole, con una corrispondente operazione compensativa, in senso inverso, la quale di per sé non potrebbe realizzarsi per la mancanza del tornaconto individuale, a causa dello squilibrio nei prezzi. In tale evenienza si è attuato, allora, il sistema di consentire bensì ogni versamento nel conto di compensazione, da parte di colui che ha interesse a effettuarlo, ma imputando tale versamento a una contemporanea operazione bilanciante e inversa, che si rende possibile mediante accordo particolare, diretto, che si stringe a coppia, in ogni paese, fra colui che ha interesse ad importare (oppure esportare) e colui che deve essere invogliato a esportare (oppure importare) nei confronti di quel medesi mo paese. Con tali accordi a coppie, che si riproducono identicamente in ogni paese congiungendo, su uno stesso mercato, importatori e esportatori, si è potuto attuare una serie di scambî con il sistema delle compensazioni, i quali hanno superato le asperità e gli squilibrî, esistenti nei prezzi mercantili dell'uno e dell'altro mercato considerato, mediante accordi diretti fra gli interessati. Con essi chi ha interesse diretto a ricevere (o spedire) merce entra in negoziato e cede una parte di tale beneficio a vantaggio di chi, avendo condizioni di prezzo contrarie, è costretto a ottenere un premio, che gli consenta di colmare il disavanzo esistente nella sua divisata operazione, per spedire (o ricevere) merce dall'altra nazione. È un sistema mediante il quale le compensazioni si attuano con un reciproco livellamento interno delle punte di pressione o di depressione, che si verifichino temporaneamente nei prezzi di qualche mercato rispetto all'estero, e ha dimostrato di risolvere, in concreto, molte difficoltà che, altrimenti, avrebbero impedito il traffico. Ma tali interventi, come si è detto, estrinseci e non incidenti nelle forze determinanti il livello dei prezzi delle merci e dei servizî, ed estranei, altresì, al complesso operare delle altre forze che dominano le correnti del risparmio - benché si palesino, per prassi oramai pluridecennale, entrati nel sistema dei regolamenti economici internazionali proprî della nuova fase mondiale - non sembra che possano da soli avviare a una auspicata e necessaria stabilità i rapporti economici mondiali, se mancherà, a essi, l'ausilio di altri mezzi più idonei per ricostituire le condizioni fondamentali di equilibrio e di omogeneità fra i mercati economici nazionali.
Le compensazioni nel sistema italiano degli scambi con l'estero.
La ripresa dei rapporti commerciali tra l'Italia e l'estero dopo il periodo bellico, si è andata sviluppando, dal 1945 in poi, attraverso la stipulazione di accordi commerciali e di pagamenti con un numero sempre più elevato di paesi. Nelle loro linee generali, tali accordi mirano a realizzare l'equilibrio della bilancia commerciale e valutaria fissando i contingenti delle merci da scambiare (contingenti utilizzabili mediante rilascio di licenze all'importazione e all'esportazione) e affidando la cura dei pagamenti a organi monopolistici, quali l'Ufficio italiano dei cambî. Per assicurare la continuità dei movimenti commerciali e superare le temporanee deficienze di disponibilità nei conti di clearing, gli accordi prevedono di solito il reciproco finanziamento delle esportazioni, stabilendo a tal fine dei limiti di finanziamento, detti anche plafonds, e il regolamento in divisa o in oro dell'eventuale eccedenza rispetto a tali limiti.
Alcuni accordi commerciali stipulati dall'Italia nel dopoguerra prevedono inoltre in luogo o a complemento degli scambî in compensazione vera e propria, e cioè per il tramite dei conti di clearing sulla base del tasso di cambio ufficiale, scambî o affari di reciprocità, vale a dire operazioni che implicano lo scambio di merce contro merce (baratto) sulla base di una ragione di scambio che viene fissata di volta in volta dalle parti, indipendentemente dal cambio ufficiale tra le monete dei rispettivi paesi. Altri accordi interstatali, infine, prevedono scambî da liquidarsi in valuta libera o in compensazione privata, senza che il relativo regolamento valutario abbia luogo per il tramite dei conti di clearing.
Al 1° agosto 1948, l'Italia aveva stipulato accordi commerciali con tutti i paesi europei, esclusa l'URSS e la Finlandia, e, tra i paesi extraeuropei, con l'Argentina e l'Uruguay. In relazione alla forma del regolamento valutario adottato, i paesi esteri possono così raggrupparsi: a) regolamento esclusivamente in compensazione: Francia, Iugoslavia, Romania, Polonia, Germania (zona anglo-americana e zona russa), Argentina; b) regolamento esclusivamente mediante affari di reciprocità: Danimarca, Bulgaria, Germania (zona francese), Ungheria, Grecia, Svezia e Olanda; c) regolamento sia in compensazione sia mediante affari di reciprocità: Belgio-Lussemburgo, Svizzera (sono regolate in clearing alcune operazioni di carattere finanziario), Norvegia, Spagna; d) regolamento in valuta libera: Gran Bretagna, Belgio-Lussemburgo (limitatamente all'importazione in Italia di carbone belga, pagabile in dollari), Svizzera (limitatamente alla esportazione dall'Italia di alcune merci), Portogallo (pagamento in dollari) e Turchia (pure pagamento in dollari), Uruguay; e) regolamento mediante compensazioni private: Austria e Cecoslovacchia.
Un particolare aspetto degli accordi di compensazione è quello relativo al tasso di cambio da applicare nella liquidazione del dare e dell'avere. Merita al riguardo ricordare come in un primo tempo le operazioni in clearing siano state tutte legate al cambio ufficiale della lira, per cui, con l'introduzione del sistema dei conti valutarî 50% per le operazioni mercantili con i paesi a valuta libera, si era venuta creando una discriminazione tra le operazioni in clearing e quelle in valuta libera, che andava a vantaggio delle esportazioni verso i paesi a valuta libera e delle importazioni dai paesi con regolamento in clearing e a danno delle operazioni inverse. Nel corso degli ultimi mesi del 1947 e dei primi del 1948, tutti gli accordi commerciali sono stati ritoccati (esclusi quelli con la Spagna e la Norvegia, paesi con i quali peraltro prevalgono le operazioni in reciprocità) al fine di adottare, anche per le operazioni in clearing, un regolamento valutario conforme a quello usato per i paesi a valuta libera. In linea di massima, è stato stabilito che il cambio deve essere calcolato sulla base delle quotazioni del dollaro di esportazione alla borsa di Roma e della parità legale tra il dollaro e la valuta del paese di cui trattasi. Con questo sistema, ogni discriminazione tra operazioni in valuta libera e operazioni in compensazione è stata eliminata, a tutto vantaggio per gli scambî italiani con l'estero. Nel 1947, le operazioni in compensazione generale, reciprocità e compensazione privata sono ammontate all'importazione a 274 milioni di dollari (19%) e all'esportazione a 215 milioni (32%) su un totale rispettivamente di 1.432 e 672 milioni.