Compensazione e credito litigioso
La possibilità di accogliere l’eccezione di compensazione del credito sub iudice, tradizionalmente negata nella giurisprudenza di legittimità, era stata riconosciuta da una recente decisione della Sezione Terza tenendo conto della disciplina processuale generale e dell’art. 35 c.p.c. dedicato alla compensazione.
Le Sezioni Unite, nel risolvere il contrasto, aderiscono all’opposta e dominante impostazione interpretativa, riaffermando una concezione dell’istituto della compensazione almeno apparentemente conforme alla ratio dello stesso di celerità e di evitare il moltiplicarsi delle controversie.
Restano tuttavia irrisolti alcuni nodi problematici apparentemente solo processuali che sottendono, invece, esigenze di tutela del titolare del controcredito contestato.
Le Sezioni Unite, nel dicembre del 20161, hanno ribadito l’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità per il quale non è ammessa, per difetto del requisito di certezza, la compensazione di un credito litigioso, non avallando, pertanto, la logica più squisitamente processuale seguita da un precedente della Sezione Terza2 che aveva dato luogo al contrasto3 che le stesse erano state chiamate a comporre. Più in particolare, in virtù del canone di specialità, si è evidenziato che, se è controversa, in altro giudizio pendente, l’esistenza del controcredito dedotto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale, né tampoco giudiziale, la quale, ai sensi dell’art. 1243, co. 2, c.c., presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, sicché, almeno prima che l’accertamento sia divenuto definitivo, non può fondarsi su un credito la cui ricorrenza dipenda da un altro giudizio in corso, utilizzando a tal fine i meccanismi di sosospensione del processo per pregiudizialità dipendenza di carattere generale previsti dagli artt. 295 e 337 c.p.c. Sullo sfondo della decisione si staglia la più generale concezione per la quale alla compensazione tra crediti reciproci è coessenziale la facilità dell’accertamento stante il fondamento dell’istituto, da individuarsi nell’esigenza di speditezza degli affari e del commercio giuridico, nonché in quella di evitare il moltiplicarsi delle controversie4. Peraltro, le Sezioni Unite, per evitare il pregiudizio che potrebbe derivare al creditore principale dalla sospensione del processo in attesa dell’accertamento del controcredito, non hanno aderito neppure alla tesi, anch’essa affermata dal precedente dissonante della Sezione Terza, per la quale potrebbe applicarsi analogicamente la condanna generica di cui all’art. 35 c.p.c., ritenuta attivabile solo nell’ipotesi in cui il giudice del credito principale non possa conoscere, per ragioni di competenza per materia o valore, anche del credito opposto in compensazione.
La questione risolta nei termini evidenziati dalle Sezioni Unite si correla, a monte, alla problematica nozione di “certezza” del controcredito da dedurre in compensazione. Infatti, sebbene l’art. 1243 c.c. faccia riferimento soltanto alla necessità che il controcredito sia liquido ed esigibile e non anche certo, la giurisprudenza della Suprema Corte è da lungo tempo salda nel ritenere che anche tale presupposto sia essenziale ai fini della compensazione legale, come di quella giudiziale.
Peraltro, soltanto in rare decisioni il requisito della certezza del controcredito è stato inteso in modo autonomo rispetto a quello della liquidità del credito stesso5, mentre, almeno in giurisprudenza, di regola è stato considerato unitariamente a tale aspetto, affermando che il credito opposto in compensazione non è liquido anche ove si renda necessario il suo accertamento per le contestazioni mosse dall’altra parte, rispetto all’an ovvero al quantum debeatur, salvo che queste appaiano prima facie pretestuose6. In dottrina è stato posto in discussione il richiamato orientamento, sebbene anche autorevolmente suffragato7, che tende a sovrapporre i requisiti della certezza e della liquidità del controcredito, osservando che occorre invece distinguere tra le ipotesi nelle quali l’intervento del giudice è rivolto a costatare l’esistenza del credito ed il suo ammontare (compensazione legale nel giudizio), da quelle in cui l’opera del giudice è indispensabile per la determinazione del quantum del credito illiquido (compensazione giudiziale)8. Pertanto il requisito della liquidità sta ad indicare che i crediti reciproci, per essere compensabili, devono essere determinati nel loro ammontare, mentre la contestazione del credito può riguardare anche quello liquido, atteso che la certezza non deve preesistere al giudizio, bensì esserne un risultato9. Tuttavia, sovrapporre i due concetti finisce con il rimettere alla volontà della singola parte la scelta se l’estinzione per compensazione debba avvenire secondo le regole della compensazione legale o invece di quella giudiziale10, poiché, se la certezza del credito è l’elemento idoneo a definire la liquidità dello stesso, la circostanza che la mera contestazione del controcredito ne escluda la liquidità sposta l’eccezione di compensazione dall’alveo della compensazione legale a quello della compensazione giudiziale, con ingiustificato ampliamento dell’area di applicazione di tale istituto11.
Il ragionamento posto a fondamento dell’orientamento prevalente, che è stato avallato dalle Sezioni Unite, nega, quindi, che l’eccezione di compensazione fondata su un credito litigioso ancora sub iudice in un diverso procedimento possa essere accolta. In particolare, posto che la contestazione è sufficiente per rendere, secondo l’impostazione condivisa da tali pronunce, il credito illiquido, si ritiene che, in tema di compensazione giudiziale, l’art. 1243, co. 2, c.c. costituisce una norma speciale rispetto a disposizioni processuali di carattere generale come gli artt. 295 e 337 c.p.c., consentendo quindi la sospensione del giudizio sul credito principale, in attesa della verifica dei requisiti del controcredito dedotto in compensazione, solo se il giudice investito dell’accertamento del controcredito sia lo stesso adito con la domanda di pagamento principale12. È stato altresì precisato, all’interno della stessa giurisprudenza di legittimità, che, per difetto del requisito della certezza, non è ammissibile la compensazione legale anche rispetto a crediti riconosciuti da una sentenza o da altro titolo giudiziale, non definitivo, in quanto la provvisoria esecuzione facoltizza la semplice temporanea esigibilità del credito, ma non concerne la sua certezza, necessaria, per contro, per poter determinare ope exceptionis l’estinzione di due debiti per le quantità corrispondenti13. Come rilevato, le ragioni di questa interpretazione restrittiva possono ravvisarsi nell’esigenza sottesa all’istituto della compensazione, di non ritardare l’eventuale pronuncia di condanna avente ad oggetto il credito principale in virtù di controcrediti che difettano del requisito della liquidità, da intendersi comprensivo della certezza14. Una soluzione volta a contemperare tale esigenza con quella di tutela del titolare del controcredito è stata prospettata in dottrina proponendo l’applicazione analogica della condanna con riserva di cui all’art. 35 c.p.c. per le ipotesi di contestazione sub iudice del controcredito opposto in compensazione ed, in generale, per tutti i casi di impossibilità della simultaneità dei procedimenti sul credito principale e sul controcredito dedotto dal convenuto e contestato dall’attore15.
Con la richiamata sentenza n. 23573/2013, la Sezione Terza della Corte di cassazione ha affermato una tesi differente rispetto a quella che si era ormai consolidata all’interno della giurisprudenza di legittimità, ammettendo la compensazione con il controcredito litigioso prima di una pronuncia definitiva di accertamento dello stesso. La diffusa motivazione della decisione si fonda, in primo luogo, sull’assunto per il quale il co. 2 dell’art. 1243 c.c. deve essere interpretato nel senso che la sospensione del processo di accertamento del credito principale non è ammessa soltanto nell’ipotesi ivi contemplata nella quale il giudizio sul controcredito penda dinanzi al medesimo giudice, come attestato dalla medesima norma nella parte in cui utilizza la locuzione «può anche sospendere» dalla quale si evince, invero, che detta sospensione è una possibilità che non ne esclude altre, ed, in particolare, la sospensione per pregiudizialità ex art. 295 o 337 c.p.c.
Peraltro, in queste ipotesi, l’avvenuta sospensione del processo pregiudicato rispetto al controcredito dedotto in compensazione, non impedisce, nelle more, l’emanazione di una decisione di condanna dello stesso convenuto che ha formulato detta eccezione attraverso il meccanismo della condanna con riserva. Questa possibilità può correlarsi, si osserva, proprio all’applicazione analogica dell’art. 35 c.p.c. che, laddove al credito principale venga opposto in compensazione un controcredito contestato il cui valore ecceda la competenza del giudice adito, prevede il ricorso alla condanna con riserva per il credito principale e la rimessione della causa al giudice competente per la decisione relativa alla sola eccezione di compensazione, in caso di credito non controverso o facilmente accertabile16. Nella stessa decisione si sottolinea che il ricorso all’analogia per applicare l’art. 35 c.p.c. e consentire, quindi, una condanna con riserva – i.e. una sentenza di accoglimento della domanda sottoposta alla condizione risolutiva dell’accoglimento dell’eccezione riservata17 – in attesa della definizione della causa pregiudicante pendente dinanzi ad altro ufficio giudiziario18 si rende necessario al fine di evitare dubbi di costituzionalità, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., in quanto situazioni aventi quale medesimo presupposto la contestazione del controcredito finirebbero per essere trattate diversamente, negando l’ammissibilità della compensazione se vi è un processo già pendente e consentendola nel caso di contestazione nuova nel giudizio in corso avente ad oggetto il credito principale.
Il recente arresto delle Sezioni Unite si pone quindi nel solco della giurisprudenza di legittimità assolutamente dominante, avallando una ricostruzione “pansostanziale” del fenomeno della compensazione tra crediti. In tale prospettiva, la decisione non avalla la possibilità di un’applicazione analogica della condanna con riserva prevista dall’art. 35 c.p.c. anche alla ipotesi in esame: questa posizione è coerente con la considerazione di tale condanna come eccezionale, in quanto consente un accertamento incompleto, insuscettibile, pertanto, di applicazione analogica e di interpretazione estensiva19. Rimane tuttavia in penombra il regime processuale della compensazione, che pure è un tema storico del quale si sono occupati non solo il codice di procedura civile del 1865, ma anche tutti i codici del Regno d’Italia nel periodo preunitario, con una normazione che si colloca a cavallo tra diritto sostanziale e diritto processuale ed attraversa, in entrambi i contesti, complessi problemi di inquadramento20. In particolare, in tema di compensazione tra crediti ricorre un rapporto di pregiudizialità dipendenza poiché l’esistenza del diritto di credito è l’effetto di un autonomo rapporto giuridico e costituisce, allo stesso tempo, uno dei fatti costitutivi del distinto diritto a servirsi del credito per estinguere un proprio debito21 o, rectius, la compensazione è una forma di pregiudizialità sui generis che si caratterizza per una doppia connessione incrociata tra credito e controcredito22. Pertanto, in applicazione delle regole generali, l’effetto giuridico proprio della causa pregiudicata non può prodursi se non si realizza il simultaneus processus o, in mancanza, fino alla definizione della controversia pregiudicante nella pendenza della quale quella cd. pregiudicata sarà sospesa ex art. 295 c.p.c.23 Né sembra sussistere un ostacolo in tale direzione nella sospensione prevista, in tema di compensazione giudiziale tra crediti, dall’art. 1243, co. 2, c.c. in quanto si tratta di un fenomeno assolutamente diverso dalla sospensione ex art. 295 c.p.c., riconducibile alla sospensione “atecnica”24, per il quale è difficilmente configurabile un rapporto di specialità rispetto all’istituto della sospensione per pregiudizialità dipendenza. Peraltro, sullo sfondo dell’utilizzo, a fronte di ogni contestazione del credito, del meccanismo di cui all’art. 1243, co. 2, c.c. vi è la teoria della sovrapposizione, posta autorevolmente in discussione, tra i requisiti della liquidità e della certezza del credito25. Seguendo una differente prospettiva volta a considerare distintamente tal presupposti, potrebbe ritenersi che la sospensione di cui all’art. 1243, co. 2, c.c. è disposta dal giudice a fronte dell’eccezione fondata su un controcredito illiquido quando ritiene necessario svolgere alcuni accertamenti ai fini della liquidazione dello stesso, mentre se sussiste un problema di certezza del credito dedotto in compensazione, ove non sia possibile il simultaneus processus, opera il meccanismo della sospensione per pregiudizialità dipendenza. Per altro verso, l’orientamento suffragato dalle Sezioni Unite rischia di pregiudicare significativamente la posizione del titolare di un credito sostanzialmente liquido ma oggetto di contestazione in separato giudizio, il quale non potrebbe proporre la relativa eccezione neppure in sede di opposizione all’esecuzione, qualora si tratti di controcredito sorto anteriormente alla formazione del giudicato26. In sostanza, il rischio è che gli ostacoli processuali ad una trattazione e decisione simultanea sui crediti reciproci finiscano con il tradursi in una ragione di rigetto dell’eccezione di compensazione e nella negazione a colui che la solleva dei benefici propri di tale causa di estinzione delle obbligazioni27, in spregio del principio di corrispettività sostanziale, pure invocato nella recente giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite28.
1 Cass., S.U., 15.11.2016, n. 23225.
2 Cass., 17.10.2013, n. 23573.
3 L’ordinanza interlocutoria che ha evidenziato il contrasto all’interno della giurisprudenza di legittimità è Cass., 11.9.2015, n. 18001.
4 Perlingieri, P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Comm. c.c. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1975, 257 ss.
5 Si veda, ad esempio, Cass., 21.4.1975, n. 1532.
6 Cass., 22.10.1965, n. 2188; Cass., S.U., 5.6.1975, n. 2234; Cass., 20.6.2003, n. 9904.
7 V., per tutti, Barassi, L., Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1948, 158; Messineo, F., Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1959, 294; Pellegrini, F., Della compensazione, in Comm. D’Amelio-Finzi, I, Firenze, 1948, 143.
8 Perlingieri, P., Dei modi di estinzione, cit., 294 ss.
9 Schlesinger, P., Compensazione (diritto civile), in Nss. D.I., III, Torino, 1974, 723.
10 Cfr. Tiscini, R., Modificazioni della competenza per ragioni di connessione. Difetto di giurisdizione, incompetenza e litispendenza, in Comm. c.p.c. Chiarloni, Bologna, 2016, 254 ss.
11 Schlesinger, P., Compensazione, cit., 723; v. anche, tra gli altri, Merlin, E., Compensazione e processo, I, Milano, 1991, 474 ss.; Perlingieri, P., Dei modi di estinzione, cit., 295; Redenti, E., La compensazione dei debiti nei nuovi codici, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1947, 29 ss.
12 Cass., 14.1.1992, n. 325.
13 Cass., 10.3.1970, n. 620.
14 Cfr., da ultimo, Gabassi, G., Compensazione nel processo: nessuna estinzione senza certezza. Lo strano caso della compensazione del credito sub iudice, in Nuova giur. civ. comm., 2017, I, 708.
15 Merlin, E., Compensazione e processo, II, Milano, 1994, 269 ss.
16 Si veda Chiovenda, G., Azioni sommarie. La sentenza di condanna con riserva, in Saggi di diritto processuale civile, I, Milano, 1993, 123 ss.
17 Chiovenda, G., Azioni sommarie, cit., 123 ss.
18 Se le due cause pendono dinanzi al medesimo ufficio giudiziario opera invece il meccanismo della riunione previsto dall’art. 274 c.p.c.
19 Franchi, G., Delle modificazioni della competenza per ragioni di connessione, in Comm. Allorio, Torino, 1973, 344.
20 Cfr. Tiscini, R., Modificazioni della competenza, cit., 226.
21 Buoncristiani, D., Compensazione in sede esecutiva per crediti nascenti da obbligazioni di pagamento di spese processuali relative a giudizi ancora in corso: litispendenza o sospensione per pregiudizialità, in Giust. civ., 1989, I, 1931.
22 Tiscini, R., Modificazioni della competenza, cit., 228, nt. 20.
23 Luiso, F.P., Diritto processuale civile, I, Milano, 2015, 151 ss.
24 Rileva il Redenti, E., La compensazione dei debiti, cit., 43, che l’espressione sospendere è utilizzata in senso empirico e non tecnico in quanto l’art. 295 c.p.c. configura una sospensione di tutto il processo mentre, nell’ipotesi delineata dall’art. 1243, co. 2, c.c. il processo deve proseguire affinché il giudice possa conoscere del credito illiquido.
25 Per tutti Perlingieri, P., Dei modi di estinzione, cit., 294 ss.
26 V., ex multis, Cass., 20.4.2009, n. 9347.
27 Merlin, E., Compensazione e processo, II, cit., 237.
28 Cfr. Cass., S.U., 12.12.2014, n. 26242.