commiato
. Appare unicamente in Rime CVI 21 Dico che bel disdegno / sarebbe in donna, di ragion laudato, / partir beltà da sé per suo commiato. Il senso del termine non è di difficile interpretazione, ma il passo in cui esso si trova offre ai commentatori non poche difficoltà, come del resto l'intera prima strofa della canzone Doglia mi reca. Il Contini e il Mattalia interpretano questi versi come affermanti la necessità, nella donna superiore, di assumere un atteggiamento passivo e rassegnato di fronte alla propria bellezza, in modo da potersi " accomiatare spontaneamente " da essa quando venga il momento. Il Pézard, invece (cfr. " Studi d. " XXXVIII [1961] 5-46), è convinto che la frase contenga addirittura una lode per quella donna che fosse capace di un atto di autolesionismo, cioè che " coscientemente allontanasse da sé la bellezza ". Così intende anche il Pernicone. Delle diverse interpretazioni del passo si ha una rassegna in K. Foster e P. Boyde, Dante's Lyric Poetry, II, Oxford 1967, 299-300.
Per il c. della canzone, v. CONGEDO.