command and control
Strumenti a disposizione del legislatore, finalizzati, insieme al bilancio, all’intervento del settore pubblico nell’economia. Il c. and c. è una strategia regolatoria la cui essenza è collegata all’influenza che si ottiene con l’imposizione di standard associati alla presenza di meccanismi sanzionatori. Il punto di forza dei modelli c. and c. risiede, a differenza di altri strumenti basati sull’incentivazione o sulla tassazione, nella constatazione che, in forza della legge, è possibile introdurre standard fissi che proibiscono, con effetto immediato, le attività che non si uniformano a essi. Tra i rischi più alti, collegati al c. and c., vi è sicuramente il fenomeno della cosiddetta ‘cattura regolatoria’. In altre parole, la relazione tra regolatori e regolati può spingere, nel tempo, i regolatori a perseguire gli interessi dei soggetti regolati piuttosto che l’interesse pubblico.
Come suggerito dal nome stesso, uno strumento di c. and c. si compone di due ambiti. Il primo – il comando – attiene alla fissazione di obblighi o divieti stabiliti dal legislatore o dall’amministrazione, per indirizzare un utilizzo efficiente delle risorse ambientali. Tale aspetto si traduce nella fissazione di standard qualitativi o quantitativi, calibrati sulla differente sensibilità ambientale del settore considerato. Il secondo – il controllo – attiene invece all’effettivo monitoraggio delle attività svolte dai soggetti regolamentati, ovvero alla verifica del rispetto degli standard. Nel caso in cui sia riscontrato uno scostamento dai parametri, l’autorità pubblica procede nel comminare pene di carattere pecuniario, interdittivo o anche penale, nonché sanzioni con funzione ripristinatoria dell’integrità ambientale. Negli Stati Uniti l’EPA (Environmental Protection Agency) costituisce un esempio di autorità indipendente che svolge funzioni di regolamentazione in materia ambientale. In Europa nel 1990 è stata istituita l’EEA (European Environmental Agency), la quale tuttavia non dispone di effettivi poteri regolamentari.
In letteratura la necessità di strumenti di regolamentazione nel campo della tutela ambientale è fatta risalire a J.E. Stiglitz e alla teoria dei fallimenti del mercato. L’ambiente in generale costituisce l’esempio principe di bene pubblico, in quanto, almeno entro certi limiti, non escludibile e non rivale. Lo sfruttamento delle risorse naturali avviene, o per lo meno è avvenuto in passato, al di fuori del meccanismo dei prezzi. Ne risulta che eventuali costi sociali connessi a danni ambientali non sono sostenuti dal soggetto che li causa, ma sono esternalizzati sulla società. Da qui nasce, appunto, l’esigenza di indirizzare il comportamento degli operatori con prescrizioni di carattere positivo. Tuttavia, gli strumenti di regolamentazione del tipo c. and c. non sono l’unica risposta ai problemi di natura ambientale.
Nella tassonomia delle politiche ambientali si usa distinguere tra strumenti non economici, cui sono ricondotti gli strumenti c. and c., e strumenti economici puri, quali per es. tasse ambientali, sussidi economici alla riduzione delle emissioni e permessi vendibili. In particolare, questi ultimi sono finalizzati alla creazione di un mercato artificiale su cui i vari soggetti possano scambiarsi i permessi a inquinare loro assegnati. Il legislatore persegue in questo modo l’idea di efficienza coasiana (➔ Coase, Ronald Harry), assegnando alle imprese una quantità efficiente di diritti a inquinare e poi lasciando che siano queste ultime a decidere se utilizzare il diritto, oppure cederlo a terzi, investendo magari il ricavato in tecnologie produttive con un più basso impatto ambientale.
Dal confronto tra le due forme di tutela emerge come agli strumenti c. and c. possano legarsi alcune inefficienze, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista strettamente ecologico. La prima critica riguarda la capacità di garantire un effettivo monitoraggio sugli standard. L’uniformità delle regole, inoltre, non permette distinzioni, né di carattere geografico, né di specificità degli impianti produttivi, elementi che pure hanno influenza sui costi sostenuti delle imprese. Si pone in evidenza, infine, come dal punto di vista ecologico la previsione di vincoli, obblighi e standard a carattere individuale rischi spesso di far perdere la visione complessiva dell’eventuale impatto di alcune azioni sull’ambiente nel suo insieme.