COMITA
Giudice d'Arborea, terzo di questo nome, è ricordato molto raramente nelle fonti, di modo che assai lacunosa e induttiva risulta la sua biografia.
Sino ai primi anni delsecolo si ritenne, in base ai dati tramandati dall'annalista sardo G. F. Fara, che egli fosse nato verso la fine del secolo XI, dal giudice Gonario di Lacon e dalla moglie Elena d'Orruvu e fosse salito al trono a seguito della morte, senza eredi diretti, del fratello maggiore Costantino I. Oggi, sulla scorta delle indicazioni fornite dal Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, siritiene invece che sia stato figlio - e non fratello - del predetto Costantino e di Anna de Zori sua moglie. Gravi incertezze restano, comunque, sulla composizione della famiglia e particolarmente sulla contestata ammissibilità di un fratello di nome Torbeno che da usurpatore o da reggente avrebbe tenuto il giudicato trasmettendolo al proprio figlio Orzocco. Sposò in prime nozze Elena d'Orruvu, da cui ebbe il primo figlio e successore Barisone, e poi Vera de Gunale, dalla quale ebbe almeno un altro figlio. Non si conosce la data di nascita né quella della sua ascesa al trono che, peraltro, dovrebbe ritenersi avvenuta non molto prima del 1131. Di quest'anno è infatti la prima notizia certa pervenutaci che è costituita dai trattati da lui stipulati con il Comune di Genova.
I trattati, che segnano un improvviso rovesciamento della politica filopisana fin allora seguita dal giudicato arborense, cadono in un momento cruciale della storia dell'isola coinvolta nella guerra, in corso da oltre un decennio, tra Genova e Pisa per il predominio mercantile nel Tirreno. Le prime avvisaglie della secolare gara, di concorrenza si ebbero agli inizi del secolo XII, allorché Genova incominciò a reagire allo stato d'inferiorità commerciale nella quale l'aveva messa il predominio della rivale nelle isole di Sardegna e di Corsica. I suoi primi tentativi di stabile penetrazione in Sardegna ebbero qualche successo nel giudicato di Cagliari, ma suscitarono l'immediata reazione di Pisa. La guerra scoppiò nel 1118. L'occasione fu offerta dalla contesa per i vescovadi, corsi, improvvisamente inaspritasi allorché il papa Gelasio II, disattendendo le insistenti richieste genovesi, confermò all'arcivescovo pisano il vicariato sui vescovi di tutte le diocesi dell'isola. Pur trattandosi di una prerogativa di natura ecclesiastica, essa costituiva di fatto uno strumento validissimo di penetrazione economica e sociale e di preminenza politica, per cui Genova ruppe in guerra, esigendo parità di diritti e libertà di commercio nelle due isole. Il conflitto finì per interessare anche la Sardegna, poiché Pisa, temendo di perdere il predominio della Corsica, cercò di rafforzare il controllo dell'altra isola. Durante la guerra numerosi furono gli insediamenti di Ordini religiosi pisani in Sardegna, mentre ebbe sostanziale successo la politica di alleanza con i vari giudici condotta da quella Repubblica. Tra il 1130 e il 1131 Costantino di Cagliari, Gonario II di Torres e Comita di Gallura giurarono fedeltà all'arcivescovo di Pisa. Il conflitto poi si concluse quando nel 1133 Innocenzo II elevò il vescovo di Genova alla dignità di arcivescovo e divise le diocesi corse assegnando le settentrionali all'arcivescovo di Genova e le meridionali a quello di Pisa. A quest'ultimo riconobbe, inoltre, la giurisdizione sulle diocesi di Civita e Galtelli, il primato sulla provincia turritana e la legazia apostolica su tutta la Sardegna.
Nel corso della guerra C. fu l'unico giudice sardo che si alleò con Genova. Il motivo della sua decisione risiede nel rifiuto opposto da Pisa alle sue mire di dominio sull'intera Sardegna e sull'aiuto invece promessogli da Genova. Quest'ultima in tal modo non solo s'insediava in Arborea, escludendone i Pisani, ma anche poteva sperare, con la conquista degli altri giudicati da parte di C., di estendere la propria influenza esclusiva anche su di essi. I trattati furono due. Col primo C. fece donazioni di chiese, terre e miniere esistenti nel suo regno alla cattedrale ed al Comune di Genova, promettendo altre terre e miniere da scegliersi in tutta l'isola non appena fosse venuta in suo possesso; col secondo mise sé, il figlio e il regno sotto la protezione di Genova al fine di garantirsene la difesa.
Dopo la conclusione degli accordi C. entrò in guerra contro il giudice di Torres. Il conflitto era ancora in corso nel 1145, ma di C. non si ha più alcuna notizia certa sin dal 1133. Il Besta, fondandosi su di un documento non datato e da lui ascritto al 1133 - dal quale risulta regnante in Arborea il giudice Torbeno - propende a credere che C. sia scomparso in quell'anno e che a succedergli sia stato chiamato Torbeno, da lui reputato fratello di Comita. Lo Scano respinge tali conclusioni e ritiene più probabile che C. fosse ancora in vita nel 1145-46 e che a lui si riferiscano la scomunica dell'arcivescovo di Pisa Baldovino e il successivo intervento di s. Bernardo di Chiaravalle. Nel 1145, Baldovino passò in Sardegna in veste di legato papale e, per appoggiare l'azione pisana volta a scalzare i Genovesi dall'Arborea, cercò di indurre il giudice alla pace. Al rifiuto oppostogli lo scomunicò, dichiarandolo decaduto e trasferendo le sue, potestà in capo al giudice di Torres Gonario II. L'anno successivo s. Bernardo scriveva al papa Eugenio III raccomandandogli di confermare il provvedimento di Baldovino contro il giudice che descriveva profondamente ingiusto con i suoi sudditi. Un giudizio che, osserva lo Scano, non si attaglia certamente al figlio di C. Barisone e perciò deve riferirsi allo stesso Comita. Lo Scano afferma inoltre che a C. succedette direttamente il figlio; ma non precisa in quale anno e non dice se vi fu un periodo di reggenza.
Fonti e Bibl.: J. F. Farae De chorografia Sardiniae l. duo. De rebus Sardois I. quatuor, a cura di L. Cibrario, Augustae Taur. 1835, pp. 236 s.; P. Tola, Codex diplom. Sardiniae, Augustae Taur. 1861, I, nn. 411 42; E. Besta-A. Somi, I condaghi di San Nicola di Trullas e di Santa Maria di Bonarcado, Milano 1937, nn. 34, 88, 89, 99, 132, 134, 148, 159; A. Manrique, Annali cistercensi, Lugduni 1642-49, II, 2, n. 1; A. F. Mattei, Sardinia sacra. Roma 1758, ff. 30 a.; P. Tola, Diz. biogr. degli uomini ill. di Sardegna, I, Torino 1837, p. 225; E. Besta, La Sard. medioevale, I, Palermo 1909, pp. 96, 98, 103; II, ibid. 1909, pp. 106, 113, 118; D. Scano, Serio cronol. dei giudici sardi, in Arch. stor. sardo, XXI, (1939), 3-4, p. 64.