COMELICO
. Regione montuosa del Veneto, attraversata dai rami sorgentiferi del Piave, a monte della forra che questo fiume percorre prima di arrivare sotto Cima Gogna. Il territorio del Comèlico (279 kmq.) è ripartito fra i 5 comuni di Santo Stefano o Comelico Inferiore, Danta, San Nicolò, Candide o Comelico Superiore e San Pietro; conta 11 mila abitanti. Di esso le parti che hanno sedi permanentemente abitate sono il bacino del Padola e il tronco della valle plavense tra le confluenze del Padola e del Cordevole di Visdende (148 kmq.). Il Comelico ora è tenuto distinto dal Cadore, ora invece vi è compreso: la borgata di Santo Stefano del Comelico ha di recente assunto il nome di Santo Stefano di Cadore. Le due denominazioni hanno ciascuna per sé buone ragioni: per molti secoli il Comelico fece parte della Comunità Cadorina e ne costituì una delle dieci centurie; d'altro canto, importanti fattori naturali conferiscono al Comelico un'individualità propria. Anzitutto l'energico segregamento dovuto a montagne non abitabili, per varie cause repellenti. Difatti codesta cintura di monti è interrotta soltanto dalla sella (1482 m.) che conduce da Padola ad Auronzo, dal passo di Monte Croce (1636 m.) donde per la valle di Sesto si scende in Pusteria, e dalle forre che il Piave incide a valle di Sappada e di Santo Stefano. Solo la tecnica moderna poté aprire (1839) nell'alto Piave una comoda strada che valse a collegare meglio il Comelico al Cadore e alla Carnia. Un'altra ragione per la quale il Comelico è considerato una regione a sé, sta nel carattere particolare del paesaggio. Profondo invero è il contrasto tra le forme delle bianche montagne calcaree e dolomitiche del Cadore che con i sottostanti boschi scendono su una vallata piuttosto stretta, e l'aperto verdissimo Comelico, dalle dolci e uniformi pendici bene esposte al sole. Questo contrasto dipende dalla diversa natura delle rocce. Il Comelico infatti comprende piccola parte delle Alpi di Sesto e l'estremità occidentale della Catena Carnica e precisamente il tratto di mezzodì. Da m. 877 sul mare, quota della confluenza del rio Mauria di Destra nel Piave, attinge 3092 m. nel monte Elfer, e le arenarie di Valgardena, gli scisti micacei e arenacei di Werfen e, specialmente, le filliti quarzifere sono le rocce prevalenti; i calcari e le dolomie del Triassico, rispetto a quest'insieme, hanno un'estensione subordinata. Le rocce scistose sono poco o punto permeabili all'acqua, e si presentano con le forme dolci dei rilievi logorati da lunghe e potenti azioni erosive. Onde il Comelico, senza perciò mancare di bellissimi e ricchi boschi di abeti, è distinto dall'ampio tappeto smeraldino dei suoi prati da fieno e da pascolo. Sui molli pendii sono generalmente poste le abitazioni permanenti, riunite in borgate e villaggi, dove alle antiche costruzioni prevalentemente di legname, si vanno sostituendo case in muratura. Il limite altimetrico dell'area permanentemente abitata si può dire indicato dalla isoipsa di 1400 m., ed è raggiunto dalle case più elevate di Danta. Se poi si prende in considerazione la quota più alta delle case di ciascuno dei villaggi più elevati, si ricava per le abitazioni permanenti una media altitudine di 1319 metri, quota per le Alpi Venete piuttosto elevata. Al disopra di questo limite, non vi sono sedi di spontaneo abitamento. Il limite dei villaggi permanentemente abitati non corrisponde a quello delle colture, le quali sono spinte anche nella zona delle abitazioni delle medie stagioni ed eccezionalmente anche più in alto. La viticoltura è esclusa dalla regione: il Comelico è tutto al disopra del limite al quale la pianta può maturare i suoi frutti. Invece alcuni alberi da frutto, orzo, avena, grano saraceno, patate e fagioli sono le coltivazioni possibili; e intorno ad alcuni villaggi sono notevolmente estese. Il terreno dopo la coltivazione si lascia a riposo (vara) per un periodo abbastanza lungo. I prati che servono da pascolo domestico si alternano con i sativi i quali si fanno anche intorno ai tabià, o stavoli, dimore pastorali isolate, di regola abitate in primavera e in autunno, che dall'immediata vicinanza dei villaggi si spingono fino a un'altezza massima di 1600 metri. La loro media altitudine è di 1419 metri e i più elevati si trovano sui pendii che godono di migliore esposizione. Al di sopra degli stavoli e dei fenili, vi sono le casere, cioè le cascine situate nei pascoli estivi che sono generalmente proprietà comunali; le più alte si trovano a 1880 m., il loro limite medio è a 1755 m. Finalmente, al disopra delle casere, si spingono poche baite, destinate al ricovero dei pastori di ovini, dei boscaioli e dei cacciatori. Tabià, casere inferiori e casere superiori segnano le tappe successive che tanto nella salita quanto, inversamente, nella discesa sono fatte dalle mandre vaccine.
Bibl.: O. Marinelli, I limiti altimetrici nel Comelico, Firenze 1907; A. Ronzon, Dal Pelmo al Peralba, in Almanacco cadorino, II (1874); R. Volpe, La provincia di Belluno. Note economiche-statistiche, Belluno 1871; C. Tagliavini, Il dialetto del Comelico, in Arch. romanicum, X (1926), pp. 1-200.