COMBATTENTI
. Termine largamente diffuso durante la guerra mondiale per designare, sia gli appartenenti ad armi, corpi o reparti combattenti del R. Esercito o della R. Marina, sia le truppe di terra o di mare mobilitate e dislocate nella zona d'operazione o di guerra, ed entrato nel linguaggio comune e in quello giuridico-amministrativo per designare i reduci della guerra mondiale.
Dopo la guerra italo-etiopica il termine "combattente" ha esteso il suo significato a tutti i militari delle forze armate (Esercito, Marina, Aviazione) e a tutti i legionarî della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale che hanno partecipato alla campagna; con lo stesso nome, infine, vengono designati (1938) i militari e i legionari che hanno preso parte alla guerra di Spagna combattendo come volontarî nelle formazioni italiane che vi hanno operato autonomamente o incorporate nell'esercito del generale Franco.
Provvidenze a favore dei combattenti.
Le provvidenze concesse in Italia a favore dei combattenti possono suddividersi in due categorie: di carattere morale e di carattere economico.
Provvidenze morali. - Fra le provvidenze di carattere morale sono da ricordare, in ordine cronologico:
a) il decr. luogotenenziale 11 luglio 1915, n. 1074, che contempla le norme relative alla riabilitazione per merito di guerra;
b) il r. decreto 21 maggio 1916, n. 641, che istituisce il distintivo per le fatiche di guerra, da concedersi ai militari dell'Esercito e della Marina ed ai personali militarizzati comandati presso l'Esercito, i quali abbiano appartenuto a comandi, intendenze, truppe e servizî mobilitati, per almeno un anno;
c) il r. decreto 21 maggio 1916, n. 640, che istituisce il distintivo d'onore per mutilati di guerra, esteso con r. decreto n. 1221 del 1917, ai mutilati delle precedenti campagne (v. mutilati e invalidi di guerra, XXIV, p. 165 segg.);
d) il distintivo d'onore per i militari feriti in guerra (circolari G. M. n. 134 e 187 del 1917, esteso con successive disposizioni ai feriti delle precedenti campagne di guerra) che si concede quando il militare abbia riportato in guerra ferite le quali, sebbene non congiunte a perdite anatomiche o ad imperfezioni che diano diritto al distintivo d'onore per i mutilati, interessino però in modo grave e con esiti permanenti i tessuti molli, le ossa e gli organi cavitarî. Anche le lesioni e infermità gravi con esiti permanenti prodotte da gas tossici e liquidi infiammati o dipendenti da congelamento possono dare diritto al distintivo, che spetta di pieno diritto ai militari autorizzati a fregiarsi del distintivo d'onore per i mutilati di guerra;
e) il r. decreto 19 gennaio 1918, n. 205, modificato con r. decr. n. 356 del 10 marzo che istituisce la croce al merito di guerra;
f) il r. decreto 24 maggio 1919, n. 800, concernente l'istituzione della medaglia di gratitudine nazionale per le madri dei caduti;
g) il r. decreto 24 marzo 1920, n. 447, che istituisce un distintivo d'onore per gli orfani di guerra;
h) il r. decreto 27 luglio 1920, n. 1248, che sostituisce il citato distintivo delle fatiche di guerra con la medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-18;
i) il r. decreto 16 dicembre 1920 che istituisce la medaglia della vittoria, commemorativa della guerra mondiale;
l) il r. decreto 19 gennaio 1922 che estende la medaglia a ricordo dell'unità d'Italia a tutti i combattenti che hanno diritto alla medaglia commemorativa della guerra 1915-18;
m) il r. decreto 24 maggio 1923, n. 1163, modificato con r. decr. del 22 novembre 1925, n. 2127, che istituisce la medaglia di benemerenza per i volontarî della guerra italo-austriaca 1915-18;
n) la legge del 22 giugno 1925, n. 937, concernente la riabilitazione giuridica degl'invalidi di guerra;
o) il r. decreto legge del 6 dicembre 1928, n. 2893, che istituisce un distintivo per i padri autorizzati a fregiarsi delle decorazioni concesse ai figli caduti in combattimento o per ferite riportate in guerra.
p) il r. decreto 27 aprile 1936, n. 1150, che istituisce la medaglia commemorativa delle operazioni militari in Africa Orientale;
q) il r. decreto 2 luglio 1936, n. 1712, che estende l'applicazione delle norme riguardanti la concessione della croce al merito di guerra e dei distintivi d'onore per i mutilati e i feriti di guerra al personale che dal 3 ottobre 1935 abbia preso parte alle operazioni militari in Africa Orientale Italiana.
Per la croce al merito di guerra e le altre medaglie, v. anche: medaglia, XXII, p. 681 seg.).
Per l'onorificenza di cavaliere nell'Ordine della corona d'Italia agli ufficiali inferiori è titolo la mutilazione o l'invalidità dalla 1ª alla 4ª categoria di pensione, e ai sottufficiali dalla 1ª alla 2ª categoria.
Per conservare alle decorazioni di guerra un alto valore spirituale il governo fascista ha emanato norme per le quali incorrono nella perdita delle medaglie, della croce di guerra al valor militare e di tutte le distinzioni onorifiche di guerra (croci, medaglie commemorative, distintivi d'onore, ecc.) coloro i quali siano stati condannati a pene che, in base alle disposizioni vigenti, li rendano indegni di appartenere all'Esercito o alle altre forze armate dello stato.
Provvidenze economiche. - Le pensioni di guerra. - Fin dai primi mesi della guerra mondiale, a dimostrazione della solidarietà nazionale verso i combattenti, venne riconosciuta la necessità di provvedimenti a favore del militare reso inabile per ferite o infermità contratte nell'esercizio o in occasione delle sue funzioni, o a favore della vedova e degli orfani, ma soltanto con il decr. luogotenenziale 21 ottobre 1915, n. 1558, e più ancora con quello del 1° maggio 1916, n. 497, si provvedeva ad un coordinamento delle norme preesistenti che risalivano al 1895. La materia venne elaborata in un nucleo di provvidenze veramente notevoli e innovatrici emanate col decr. luogotenenziale 12 novembre 1916, n. 1598.
Tali provvidenze vennero integrate e precisate col decr. luogotenenziale 20 maggio 1917, n. 876, che approvò il nuovo regolamento per la valutazione delle infermità, sostituendo alla vecchia distinzione delle infermità in tre categorie quella in dieci categorie in ordine discendente, ispirata a criterî più moderni di medicina legale. Col decreto 7 settembre 1916 fu stabilita una pensione eccezionale a favore di vedove e figli di Italiani che fossero stati sottoposti dall'Austria, per ragioni politiche, alla pena di morte mediante la forca.
Altri provvedimenti furono presi col decr. luogotenenziale 15 marzo 1917 a favore di genitori indigenti di militari morti a causa della guerra o dichiarati irreperibili o morti in prigionia. Con r. decreto 1° novembre 1917 venne istituito il Ministero per l'assistenza militare e le pensioni di guerra, che coordinò l'esplicazione delle funzioni attribuite a varî organi dello stato. Col decr. luogotenenziale 28 luglio 1917, n. 1274, venne trasformata la procedura degli accertamenti sanitarî, disciplinata ancora dal regolamento del 1895. Col decr. luogotenenziale 27 ottobre 1918, n. 1276, che è una raccolta organica di norme legislative, tutto il problema delle pensioni di guerra venne regolato con più vasti criterî di equità e con maggiore larghezza sotto il punto di vista economico.
Seguirono varî provvedimenti di carattere speciale a favore dei tubercolotici, ma, con l'avvento al potere del fascismo, l'assistenza ai reduci fu ripresa in esame e risolta con sollecitudine ed interessamento degni dell'importanza del problema e delle concezioni etiche e giuridiche del nuovo regime. Infatti col r. decreto 12 luglio 1923, n. 1491, è stata approvata la riforma tecnico-giuridica delle norme sulle pensioni di guerra, e tale decreto, salvo successive disposizioni di dettaglio, può essere considerato di carattere fondamentale (v. pensione, XXVI, p. 692 segg.).
Particolare interessamento e sollecitudine ha dimostrato il regime fascista verso i combattenti impiegati dello stato e degli enti pubblici in genere, emanando provvedimenti di favore nei riguardi del trattamento economico, di carriera, di pensione e di quiescenza, provvedimenti estesi con il r. decreto-legge del 2 giugno 1936, n. 1172, a coloro che hanno partecipato alle operazioni militari in Africa Orientale.
Facilitazioni e preferenze speciali sono state inoltre concesse ai combattenti partecipanti a concorsi a impieghi nelle amministrazioni dello stato e di enti locali.
Speciali agevolazioni di categoria sono state pure accordate dai varî ministeri a favore dei combattenti e degli orfani di guerra. Così esenzioni da tasse scolastiche, dall'imposta complementare, dall'imposta sui celibi e da altre tasse speciali sono state concesse a determinate categorie di mutilati o agli orfani di guerra.
Una garanzia particolare per il collocamento dei combattenti è data dal r. decreto del 9 dicembre 1929, n. 2333, che modifica il r. decreto 29 marzo 1929, n. 1003, nel senso che, nella scelta della mano d'opera, i datori di lavoro debbono dare la preferenza ai fascisti, agl'iscritti ai sindacati e agli ex-combattenti.
Polizza di assicurazione. - Verso la fine del 1917, mentre si veniva sempre più rafforzando la resistenza sul Piave, si pensò di offrire ai combattenti un segno tangibile della gratitudine della patria, concedendo loro speciali polizze gratuite di assicurazione mista, emesse dall'Istituto nazionale delle assicurazioni. Per la concessione delle polizze si ritenne opportuno fissare diverse condizioni a seconda che si trattasse di ufficiali o di militari di truppa. A tale riguardo vennero emanati: r. decreto 10 dicembre 1917, n. 1970; decr.-legge 30 dicembre 1917, n. 2047, e decr.-legge 7 marzo 1918, n. 374, seguiti da successive disposizioni di carattere esplicativo e integrativo, specialmente per quel che si riferisce ai termini di richiesta della polizza e ai beneficiarî. Di tali provvedimenti beneficiarono anche i militari combattenti in Libia nel 1918.
I citati decreti riguardano le forze armate di terra e di mare, poiché, come è noto, a quel tempo l'Aeronautica dipendeva, per il personale, dall'Esercito e dalla Marina.
Le polizze di assicurazione mista erano di L. 1000 per i militari di truppa (Esercito e Marina) e di L. 5000 per gli ufficiali di complemento, di milizia territoriale e della riserva (Esercito) e per gli ufficiali di complemento e della riserva (Marina).
Per la truppa era richiesto (decr. luog. 30 dicembre 1917, n. 2047) che il militare avesse prestato servizio nel 1918 a contatto col nemico, mentre per gli ufficiali era richiesta una permanenza, alla data del 1° gennaio 1918, o a quella dell'armistizio (4 novembre 1918) di almeno un anno computandosi i periodi di effettivo servizio prestato presso le unità e i reparti combattenti, nonché i periodi di degenza in seguito a ferite riportate in combattimento (decr. luog. 7 marzo 1918, n. 374; r. decreto 7 marzo 1920, n. 283; r. decreto 22 gennaio 1922, n. 252).
Con tali decreti vennero specificatamente fissate le condizioni nelle quali si dovevano trovare gli ufficiali, i militari di truppa dell'Esercito e della Marina e quelli costituenti gli equipaggi di aeroplani, dirigibili, idrovolanti e drachen, per avere diritto alla polizza. Con r. decreto 7 giugno 1920, n. 738, si estendeva il diritto alla polizza ai combattenti che avevano preso parte alla guerra dal 24 maggio 1915 al 31 dicembre 1917. Con questo decreto si eliminava una stridente disparità di trattamento tra soldati che avevano egualmente compiuto il proprio dovere.
Con decr. luog. 8 dicembre 1918, n. 1953, venne istituita la polizza di assicurazione a capitale differito di L. 500 a favore degli orfani di militari di truppa, e di L. 1000 a favore degli orfani di ufficiali, morti in combattimento anteriormente al 1° gennaio 1918 o posteriormente per ferite riportate combattendo prima di detta data. Speciali disposizioni, particolarmente nei riguardi delle orfane, integrano le norme suddette. Con lo stesso decr. luog. la polizza di assicurazione a capitale di L. 1000, se genitori di militari di truppa, e di L. 1500, se genitori di ufficiali di complemento e di milizia territoriale del R. Esercito o di complemento e riserva della R. Marina, veniva concessa ai genitori di militari morti anteriormente al 1° gennaio 1918 o in seguito per ferite riportate combattendo prima di detta data, pagabile al 65° anno di età del padre e, in caso di mancanza o di premorienza di questo, al 60° anno di età della madre. Limitazioni a tale concessione erano previste nel caso dell'esistenza di orfani legittimi e naturali e qualora i genitori si trovassero in determinate condizioni economiche.
Altre provvidenze economiche. - Ai militari di truppa venne concesso il pacco vestiario e un premio di congedamento, provvidenza quest'ultima concessa anche ai reduci dall'Africa Orientale Italiana che combatterono per la conquista e l'occupazione dell'Abissinia.
Con decr. ministeriale venne concessa, fra l'altro, ai sottufficiali e militari di truppa di tutte le forze armate dello stato riformati per lesioni o malattie riportate o contratte per causa di servizio in Africa Orientale Italiana, indipendentemente dall'eventuale pensione o indennità di riforma o da altre provvidenze a carico dello stato, un'indennità lorda nominale di L. 1000, per una volta tanto. Mentre un'indennità lorda nominale di L. 500, per una volta tanto, venne concessa al coniuge superstite o ai discendenti o agli ascendenti, nell'ordine di successione, del sottufficiale o del militare di truppa deceduto per le ferite, lesioni o infermità riportate in Africa Orientale Italiana.
Con decr. luog. 16 giugno 1921, n. 931, furono accordate facilitazioni di viaggio ai mutilati e invalidi di guerra e ai parenti dei caduti che si rechino a visitare le tombe dei loro congiunti.
Numerosi combattenti hanno rinunziato, a favore dell'erario, alla loro polizza di assicurazione, nonché ad assegni di medaglie e pensioni di guerra. Allo scopo di regolare tali spontanee e generose oblazioni, venne emanato il r. decreto-legge 4 ottobre 1928, n. 2380, che devolve le offerte a favore dell'erario alla Cassa autonoma di ammortamento del debito pubblico interno.
Con r. decreto in data 13 dicembre 1925, n. 2409, vennero estesi agl'invalidi della guerra per l'indipendenza e l'unità d'Italia, agl'invalidi e orfani delle campagne eritree, cinese, italo-turca, libica, i provvedimenti legislativi a favore degl'invalidi e degli orfani della guerra mondiale.
Con il r. decreto-legge 2 dicembre 1937, n. 2111, sono state estese agl'invalidi e agli orfani della guerra d'Etiopia tutte le provvidenze emanate per gl'invalidi e orfani della guerra mondiale.
Associazioni di combattenti e reduci.
L'Associazione nazionale combattenti. - Storia. - Terminata la guerra mondiale, i combattenti che nelle trincee avevano dato il sangue e alimentato della loro passione il formarsi della nuova storia italiana, si proposero di creare un'organizzazione di reduci allo scopo di mantenere vivida nel paese la fiamma della passione patriottica, affinché dai frutti della vittoria guerriera nascessero altri frutti di benessere sociale.
Delle varie iniziative, la prima giunta alla realizzazione fu quella di Milano dove, il 18 febbraio 1919, nella stessa sala di Piazza S. Sepolcro in cui Benito Mussolini fondava il fascismo, si diede vita a una sezione combattenti, con finalità di carattere nazionale. L'Associazione nazionale combattenti raccoglieva e suscitava fervore di entusiasmi, e in numerose parti d'Italia cominciarono a costituirsi fiorenti sezioni dell'organizzazione. Nello stesso tempo folte schiere di combattenti si raccoglievano intorno a B. Mussolini e al suo giornale Il Popolo d'Italia, che nel sottotitolo si dichiarava "organo dei produttori e dei combattenti".
Sorta l'Associazione combattenti col proposito di contribuire al risanamento della vita politica e all'affermazione dei postulati della guerra vittoriosa, ebbe luogo a Roma, nel luglio del 1919, il primo congresso nazionale, il quale tentò di formulare un programma che servisse di orientamento ai reduci, già appartenenti alle più diverse correnti politiche. Perciò, e per la tendenza dei diversi partiti a trascinare l'associazione nella loro orbita rispettiva, questa non poté trasformarsi in un movimento politico vero e proprio.
L'apoliticità, come pregiudiziale alla linea di condotta associativa, affermata in tale congresso allo scopo di fondere in un minimo di programma comune le varie tendenze dei singoli, non resse, peraltro, alla prova dei fatti. Essa era, in sostanza, teorica, e praticamente irrealizzabile, perché le singole federazioni provinciali già seguivano quasi tutte orientamenti intonati alle situazioni locali, e perché l'organizzazione in tal modo, senza criterî che ne informassero l'azione, non avrebbe potuto far sentire la sua forza morale e materiale nella vita nazionale; e pertanto non sarebbe neppure potuta sussistere.
Il secondo congresso svoltosi a Napoli nel 1920 portò a un dissidio sulle direttive dell'ente; tuttavia offrì gli elementi vitali per la riaffermazione dei principî etici informatori dell'associazione.
Il terzo congresso, tenuto a Roma nel novembre 1921, riconobbe alle federazioni l'autonomia politica, mentre affermava che l'associazione, come organismo nazionale, non dovesse svolgere attività politica.
Successivamente l'associazione, invece che in congressi, tenne le sue assise sotto la forma di consigli nazionali.
Il primo consiglio nazionale ebbe luogo a Roma nell'aprile 1922 e, di fronte alla grave crisi nazionale che denunciava la mancanza di un governo degno del popolo di Vittorio Veneto, riaffermò i suoi postulati ideali imprimendo all'associazione un nuovo impulso nella sua azione di tutela e di assistenza della grande massa dei combattenti.
Nel secondo consiglio nazionale svoltosi a Napoli nel febbraio 1923, si proclamò l'adesione al governo di Benito Mussolini e si procedette all'approvazione di uno statuto ispirato già al proposito di rendere l'associazione ente morale. Tale consacrazione si ebbe con r. decreto 24 giugno 1923, n. 1371. Nello statuto era detto che "l'Associazione nazionale combattenti si propone anzitutto il culto della patria, la difesa dei valori morali della nazione e, a tale scopo, è indipendente da qualsiasi partito politico". Coincide, quindi, con l'avvento del fascismo, l'affermazione di una nuova concezione, che alla apoliticità sostituisce una funzione nazionale e, di conseguenza, politica. Il quarto consiglio nazionale, nel dicembre 1923, riconfermò le decisioni della precedente assemblea.
Una parentesi di contrasti di persone, più che di principî, portò, nel 1924, al congresso di Assisi che dimostrò la manifesta incomprensione dei dirigenti dell'associazione di fronte ai gravi problemi della vita politica nazionale.
Sciolto, nel 1925, il comitato centrale dell'associazione, la situazione cambiò radicalmente. Il triumvirato posto a dirigere l'associazione affiancò apertamente e senza restrizioni l'opera del regime fascista, che nei suoi propositi e negli atti realizzava i sentimenti e i voti dei reduci; e in questo atteggiamento, infatti, il triumvirato ebbe il pieno consenso e la solidarietà della massa dei combattenti di tutta Italia, dando così una tangibile dimostrazione dell'asserto di B. Mussolini che "combattentismo e fascismo sono due corpi e un'anima sola". Il Capo del governo ha dimostrato sempre, dal canto suo, la più grande benevolenza per i reduci e la più profonda sensibilità per i loro problemi, acquistandosi benemerenze grandissime e pari gratitudine da parte dei combattenti.
Dal 1925 il triumvirato ha coordinato le forze associative in Italia, nelle colonie e all'estero, riuscendo di anno in anno, non ostante la massa di reclutamento sia destinata ad assottigliarsi, ad accrescere notevolmente le file dell'associazione.
La massa di reclutamento, pur conservando la sua particolare caratteristica di non poter subire regolari e costanti rinnovamenti e incrementi col susseguirsi delle generazioni, recentemente si è in qualche misura accresciuta e per due volte rinnovata per l'accennata immissione dei combattenti delle campagne d'Africa e di Spagna.
Nello stesso tempo tutti i più importanti problemi associativi sono stati posti allo studio e l'organizzazione ha potuto essere grandemente potenziata sotto il punto di vista morale e materiale. Nei successivi consigli nazionali e particolarmente in quelli di Roma del 1929 e di Trieste nel 1932, si è manifestata la piena coesione dei propositi.
Col r. decreto 18 novembre 1926, in relazione alla modificata composizione dell'organo direttivo dell'Associazione combattenti, venne variato in alcuni punti lo statuto dell'associazione. Questa, poi, ha assunto una fisionomia ancora più aderente alla struttura delle organizzazioni create dal fascismo e sorte nella sua atmosfera e il r. decreto 8 dicembre 1932 ne approvava il nuovo statuto organico, che, mentre lascia immutati gli scopi e il carattere originario dell'ente, apporta modificazioni precipuamente dirette a meglio adeguarne l'organizzazione amministrativa centrale alle attuali esigenze di funzionamento.
Compiti e organizzazione. - L'Associazione nazionale combattenti, passata al vaglio di situazioni politiche che ne hanno, per così dire, come collaudato lo spirito fascista, assolve, ormai, nella vita del regime, un importante compito di carattere morale e assistenziale.
L'associazione inquadra i combattenti italiani di tutte le armi e di tutti i corpi, di tutte le guerre ai confini della patria, nelle colonie e all'estero, per cui può essere considerata l'organizzazione totalitaria dei cittadini che hanno difeso l'Italia contro il nemico in armi.
I combattenti pongono a base della loro vita associativa finalità spirituali nel proposito di offrire alla patria nuove prove di disciplina e di coscienza di doveri, ispirandosi ai sentimenti di dedizione che li animarono nelle dure ore della lotta cruenta. È questa l'essenza dell'Associazione nazionale combattenti che considera tutti coloro che parteciparono attivamente alla guerra come membri di una stessa famiglia.
Lo statuto in vigore così fissa all'art. 1 gli scopi dell'associazione: a) il culto della patria; b) la difesa dei valori della nazione; c) la glorificazione dei caduti in guerra e la perpetuazione della loro memoria; d) la conservazione dei vincoli di fraternità fra i combattenti; e) ogni forma di assistenza che possa aiutare i combattenti a superare le difficoltà della vita e ad assolvere i loro doveri sociali in Italia e all'estero.
In obbedienza alle norme statutarie l'associazione è presente in tutte le manifestazioni della vita nazionale che esaltino eventi e benemerenze di guerra e che si prefiggano come scopo l'educazione patriottica delle generazioni del fascismo.
A questo riguardo è da ricordare che l'Associazione combattenti ha donato le insegne ai fasci giovanili di combattimento e ha offerto molte decine di migliaia di moschetti ai reparti balilla moschettieri, affidando così alla gioventù, in simbolica consegna, l'alto retaggio della guerra vittoriosa.
Stante il carattere totalitario del regime fascista, l'Associazione combattenti ha il vantaggio di non disperdere le sue energie nelle contrastanti contese dei partiti politici. Ma essa non è estraniata da ogni attività di carattere politico. È da notare, infatti, che mentre numerosi combattenti sono stati e vengono chiamati ad alti posti di responsabilità, all'associazione è stato riconosciuto il diritto di designare 45 rappresentanti alla camera dei deputati, di essere rappresentata al Consiglio nazionale delle corporazioni, nonché in altri importanti organismi a carattere nazionale e provinciale, come i consigli provinciali delle corporazioni, dell'Opera maternità e infanzia, e i sindacati dell'agricoltura.
L'attività assistenziale viene svolta mediante lo studio e l'applicazione di provvidenze a favore dei combattenti, la costituzione di cooperative e mutue, l'istituzione di ambulatorî medici, l'assunzione di servizî pubblici che permettano il collocamento di combattenti, la gestione di colonie marine, montane ed elioterapiche, il patrocinio legale e l'assistenza diretta nei casi di necessità.
Tale attività, regolata e controllata dall'ufficio reduci presso la presidenza del consiglio dei ministri, è integrata dalla funzione svolta dall'Opera nazionale per i combattenti (v. sotto). Intese speciali fra l'associazione e la Confederazione dei sindacati fascisti dell'agricoltura assicurano coordinamento di attività fra i due enti e particolari facilitazioni ai rispettivi iscritti. L'associazione è retta da un direttorio nazionale di 7 membri, nominati con decreto del Capo del governo, tra i soci. Il decreto indica a quale dei membri spetta la presidenza. I membri del direttorio durano in carica 4 anni, e possono essere confermati. Il presidente ha la rappresentanza legale dell'associazione a tutti gli effetti.
Al direttorio nazionale, che si riunisce ordinariamente una volta al mese, spetta:
a) provvedere all'attuazione degli scopi sociali, stabilendo le norme e le direttive d'azione per le federazioni;
b) controllare l'attività di tutte le federazioni e sezioni;
c) formare e approvare annualmente il bilancio preventivo e il conto consuntivo.
Esso inoltre è l'arbitro di tutte le vertenze che possono sorgere nel seno dell'associazione e ha la potestà di prendere i provvedimenti diretti a ristabilire la normalità del funzionamento sia nelle federazioni sia nelle sezioni.
L'Associazione combattemi inquadra le sezioni costituite in ogni comune o frazione di comune, quando si raggruppino a questo scopo almeno 25 combattenti: le sezioni di ciascuna provincia sono riunite in una federazione che ha sede nel capoluogo. Le sezioni e le federazioni si riuniscono annualmente a congresso. Il direttorio nomina i presidenti delle federazioni, e questi, a loro volta, i presidenti delle sezioni delle rispettive provincie.
Anche all'estero l'Associazione ha una perfetta ed efficiente organizzazione. Non vi è paese del mondo in cui i reduci di guerra italiani non abbiano costituito sezioni combattenti, dando vita a centri animati da alto spirito patriottico.
Di maggiore importanza sono le organizzazioni combattentistiche italiane nella Francia, dove attualmente esistono oltre 300 sezioni, e nella Svizzera dove se ne conta una sessantina.
Le varie sezioni di ciascuno stato sono riunite in una federazione che ha sede nella capitale. Tali organizzazioni, che dipendono dal direttorio nazionale, svolgono normalmente, come le consorelle della madrepatria, la loro attività prevista dallo statuto sociale.
L'ammissione dei soci è così precisata dall'art. 2 dello statuto: Sono ammessi come soci i militari di qualunque arma, volontarî, di leva, richiamati o di carriera, i quali, essendo stati arrolati o mobilitati per la guerra nelle forze armate dello stato o, con l'approvazione del governo italiano, nell'Esercito o nella Marina, o in una "legione straniera" di una nazione o stato alleato o associato, abbiano preso parte alle operazioni della guerra mondiale:
a) o esplicando azione di comando, o dirigendo o eseguendo il fuoco sul nemico o comunque direttamente concorrendo, con azione ausiliaria di armi o di mezzi tecnici, alla soluzione del combattimento;
b) o partecipando ad azioni navali o ad operazioni di imbarco e sbarco sotto il fuoco nemico come compiendo, su navi da guerra, servizî di perlustrazione o di ricognizione o di scorta;
c) o intervenendo ad azioni aeree, per es., compiendo servizî di osservazione come sopra terreno di combattimento.
Sono pure ammessi come soci i legionarî fiumani, i combattenti libici dal 1911 in poi che abbiano partecipato ad effettive operazioni di guerra, le dame della Croce rossa che meritarono, nei posti avanzati, ricompense al valor militare, i reduci delle guerre eritree e cinesi e infine i combattenti dell'Africa Orientale Italiana e i legionarî di Spagna.
L'organo ufficiale dell'associazione combattenti è il giornale L'Italia grigio-verde. Successivamente il titolo venne modificato con Italia combattente e mantenne come sottotitolo quello originario.
Altre associazioni. - Oltre all'Associazione nazionale combattenti esistono varie altre associazioni di reduci.
L'Associazione famiglie dei caduti in guerra, eretta in ente morale con r. decreto 7 febbraio 1924, n. 230, si propone di esaltare i sacrifici dei caduti per la patria, di promuovere e favorire le iniziative e le provvidenze intese ad elevare moralmente e materialmente le famiglie dei caduti, rivolgendo particolare cura agli orfani di guerra.
L'Associazione nazionale volontari di guerra raccoglie coloro che, prevenendo il reclutamento obbligatorio o prescindendo da qualsiasi obbligo, spontaneamente combatterono nelle grandi guerre di redenzione (v. volontarî, xxxv, p. 560 segg.).
La Federazione nazionale arditi di guerra inquadra gli arditi di tutte le fiamme, esaltando lo spirito di sacrificio e la incorruttibile tradizione di sprezzo del pericolo.
Esistono poi le associazioni d'arma corrispondenti alle armi e corpi del R. Esercito; di esse possono far parte i reduci delle guerre per l'indipendenza e l'unità d'Italia e delle guerre coloniali, nonché i militari delle rispettive armi e corpi delle leve del dopoguerra. Fra esse sono:
L'Associazione nazionale del Fante; le Associazioni Alpini, Bersaglieri, Granatieri, Carabinieri, Finanziarieri, Cavalleria, Artiglieria, Genio.
L'Associazione nazionale Mitraglieri si è fusa nell'Associazione nazionale combattenti.
Esistono inoltre alcune associazioni ristrette ai combattenti di determinate brigate.
Sono inoltre da notare:
Il Dipartimento italiano dell'American Legion, in cui s'inquadrano i reduci italiani che combatterono nell'esercito degli Stati Uniti durante la guerra mondiale.
La Federazione nazionale volontari garibaldini, che riunisce coloro che combatterono agli ordini di Giuseppe Garibaldi nelle guerre dell'indipendenza italiana e di Francia fino al 1870-71; a Cuba nel 1898; nelle guerre balcaniche agli ordini del generale Ricciotti Garibaldi; nel 1914 in Francia, alle Argonne, o che si arruolarono volontariamente nella brigata "cacciatori delle Alpi".
L'Istituto nazionale per la guardia d'onore alle reali tombe del Pantheon di cui possono far parte i veterani delle campagne nazionali 1848-1870; i reduci di una o più campagne di guerra o coloniali e le donne che, avendo partecipato alle suddette campagne di guerra, con qualsiasi incarico, furono decorate della croce al merito di guerra. L'istituto si propone di mantenere coi proprî soci una quotidiana guardia d'onore alle tombe dei sovrani nel Pantheon.
A favore dei veterani delle guerre dell'Indipendenza sono stati emanati varî provvedimenti di carattere economico.
Possiamo ricordare infine l'Associazione nazionale tra mutilati e invalidi di guerra, eretta in ente morale con r. decr. 16 dicembre 1929, n. 2162 (v. mutilati e invalidi di guerra, XXIV, p. 168); il Gruppo medaglie d'oro eretto in ente morale con r. decr. 16 settembre 1927, n. 1858, che aduna i combattenti insigniti dell'altissima decorazione, allo scopo di esaltare tutti gli eroismi delle guerre dell'Indipendenza; e l'Istituto del Nastro Azzurro, eretto in ente morale con r. decr. 31 maggio 1928, n. 1308, che raccoglie i combattenti decorati al valor militare.
Le opere assistenziali.
Per l'assistenza postbellica sono state istituite l'Opera nazionale per i combattenti, l'Opera nazionale per la protezione e l'assistenza ai mutilati e invalidi di guerra, l'Opera nazionale per gli orfani di guerra. Ciascuno di tali enti, in relazione ai rispettivi compiti specifici, svolge attività di assistenza materiale e morale, in collegamento con le rispettive associazioni nazionali: combattenti, mutilati ed invalidi di guerra e famiglie dei caduti.
L'Opera nazionale orfani di guerra, ente morale a carattere parastatale, istituita con la legge 26 luglio 1929, n. 1397, esercita la protezione e l'assistenza degli orfani della guerra mondiale e della guerra d'Africa 1935-1936, assunte dallo stato con la legge 18 luglio 1917, n. 1143. Sono stati collegati o fusi in detto ente varî istituti aventi per scopo esclusivo o principale l'assistenza agli orfani della guerra. Particolari benefici sono stati concessi a favore degli orfani di guerra, nell'assunzione agli impieghi sia nelle amministrazioni dello stato sia in quelle degli enti pubblici in genere.
L'Opera nazionale per la protezione e l'assistenza ai mutilati e invalidi di guerra, istituita con legge del 15 marzo 1917, n. 481, e modificata, successivamente, da altri decreti, ha il compito dell'assistenza ai combattenti divenuti invalidi a proficuo lavoro (v. mutilati e invalidi di guerra, XXIV, p. 165 segg.).
L'Opera Nazionale Combattenti.
Ente parastatale con personalità giuridica e gestione autonoma, posto sotto l'alta vigilanza del capo del governo, fu istituita dal decr. luogoten. 10 dicembre 1917 n. 1970, quale segno di riconoscenza nazionale verso i reduci della guerra. Ebbe, all'inizio, un capitale, gradatamente raccolto, di trecento milioni di lire, cui si aggiunsero le munifiche donazioni sovrane di gran parte dei beni di dotazione della Corona e la cessione di alcune proprietà terriere appartenenti al demanio dello stato.
Il primo regolamento legislativo dell'ente, approvato col decr. luogoten. 16 gennaio 1919, n. 55, gli assegnava come finalità non soltanto un' azione contingente per agevolare ai reduci la ripresa o l'avviamento al lavoro ma anche più vasti scopi intesi a inserire, attraverso le iniziative sociali dell'istituto, la massa degli smobilitati nella vita economica della nazione. Ciò nonostante l'Opera nazionale combattenti nei suoi primi anni di vita, e fino all'avvento del Fascismo al potere, sia per la mancanza, da parte dei governi di allora, di programmi organici per la rinascita nazionale, sia per lo stato di depressione morale e di disordine materiale, originati dal prevalere dei partiti estremisti, dovette rivolgere gran parte della sua attività e dei suoi mezzi all'assistenza individuale dei reduci. In tale clima di decadenza politica e di convulsioni interne anche quella parte di attività dell'Opera nazionale, diretta a convogliare nella trasformazione fondiaria delle terre e nell'incremento della piccola e media proprietà alcune masse di reduci, risentì dell'incertezza del momento e perciò, non elevandosi in un vasto e organico piano, né essendo confortata da una politica economico-sociale di governo, diede scarsi e frammentarî risultati, che qualche volta valsero a legalizzare le invasioni di terre, operate dai contadini, e, comunque, non andò al di là della lottizzazione dei terreni.
Non fu conseguita alcuna vera e propria trasformazione fondiaria e, tanto meno, alcun decentramento di popolazioni urbane con immissione di famiglie coloniche negli appoderamenti. Le tenute, avute in donazione o sotto varia forma acquisite al patrimonio dell'Opera, venivano prevalentemente gestite con la finalità di assicurare un più facile reddito per l'ente, oppure vendute in lotti per aumentare la media e piccola proprietà terriera e incrementare la possibilità di assistenza diretta a favore dei reduci.
Tale attività, dal 1919 fino alla Marcia su Roma, pur sviluppando la funzione iniziale assegnata all'ente con la legge del 1917, si estrinsecò, attraverso l'organizzazione di una vasta rete di uffici periferici, prevalentemente nelle seguenti forme:
a) assistenza ai combattenti nello svolgimento di tutte quelle pratiche originate dai loro rapporti con lo stato per effetto della guerra (pensioni, assegni militari, polizze di assicurazione, ricompense e onorificenze militari);
b) assistenza ai combattenti emigranti e, specialmente, a coloro che, residenti all'estero prima della guerra, desideravano ritornarvi per riprendere la precedente attività,
c) assistenza ai combattenti nella ricerca di lavoro e nel collocamento;
d) assistenza tecnico-amministrativa al movimento cooperativistico dei combattenti;
e) assistenza alle organizzazioni cooperativistiche fra combattenti costituitesi per lavoro all'estero.
Accanto a tali attività, l'ente esplicò anche un'azione mirante ad assicurare l'educazione e l'avviamento professionale dei reduci. A tal uopo vennero istituiti assegni a favore dei ceti medî; provvedimenti a favore di piccoli operai, commessi di commercio e artigiani; corsi professionali per le varie branche di lavoro e per la propaganda agraria; vennero costituiti depositi di macchine e attrezzi agricoli e concesse facilitazioni per il loro acquisto, nonché furono assunte iniziative di carattere finanziario, dirette ad agevolare le organizzazioni economiche dei reduci, e forme varie di partecipazioni a enti e società.
Non si può non riconoscere che questa azione, sia pur sperdentesi in tanti rivoli e iniziative, abbia giovato a vaste schiere di smobilitati, rendendo più agevole a essi di ritornare o di inserirsi nella vita attiva della nazione, con forme tangibili e dignitose di assistenza, assai diverse da quelle quasi caritatevoli adottate in altri stati, dopo la guerra. Ma tutto ciò non consentiva all'istituto di legare la propria azione, le proprie possibilità tecniche e finanziarie e la stessa massa dei combattenti nel più vasto e alto campo di ricostruzione nazionale. Si deve solo al Fascismo se l'Opera combattenti, in seguito alle riforme del suo statuto e trasferendo i suoi compiti di assistenza individuale alle benemerite associazioni dei reduci, abbia potuto gradatamente portarsi in un piano superiore di attività, efficace strumento di valorizzazione agricola del territorio nazionale e oggi anche di quello dell'Impero.
La prima riforma dell'ente, operata dal governo fascista con il r. decr. 31 dicembre 1923, n. 3258, oltre che a consentire un funzionamento dell'istituto più aderente allo spirito e agli ordinamenti innovatori del regime, fu diretta a dotarlo di una legislazione, in materia di obblighi di bonifica e di esproprî di terreni, che, demandando solo allo stato le decisioni in materia di trasferimento di proprietà, nella visione dei superiori interessi della nazione, garentisse, nello stesso tempo, all'istituto la possibilità di portare a termine le trasformazioni fondiarie, senza il pericolo di vederne frustrati gli sforzi iniziali per il diritto di riscatto consentito in precedenza ai vecchi possessori delle terre bonificate. In tal modo, a poco più di un anno della Rivoluzione, è evidente il programma del govemo di volersi servire dell'Opera nazionale per i combattenti, come del più idoneo strumento per svolgere una politica di rinascita agricola del paese. Di tale riforma si avvalse l'istituto per iniziare, in varie regioni d'Italia, sulle sue tenute o su quelle acquistate o espropriate, le prime trasformazioni fondiarie e per procedere a nuove vaste lottizzazioni di latifondi.
Una più organica e decisiva riforma dell'istituto si ebbe con il r. decr. legge del 16 settembre 1926, n. 1606, preludio alla legge Mussolini sulla bonifica integrale, e l'Opera nazionale, liberata dalle branche di attività transitorie, imposte dall'immediato dopoguerra, concentra i mezzi e l'attrezzatura dell'lstituto nell'azione di avvaloramento agrario del paese. La nuova carta statutaria dell'ente, divenuto finalmente ciò che avrebbe dovuto essere fin dalla sua nascita, precisa in modo inequivocabile che l'Opera combattenti ha "lo scopo di concorrere allo sviluppo economico e al migliore assetto sociale del Paese, provvedendo principalmente alla trasformazione fondiaria delle terre e all'incremento della piccola e media proprietà, in modo da accrescere la produzione e favorire l'esistenza stabile sui luoghi di una più densa popolazione agricola. Nell'adempimento di questo suo scopo, l'Opera si propone l'elevazione economica e morale degli ufficiali e dei militari di truppa che hanno combattuto per la difesa della Patria"
Attraverso l'Opera nazionale i reduci della guerra mondiale diventano gli artefici delle grandi battaglie per il potenziamento agricolo della nazione, ricevendo un' assistenza assai più feconda e duratura di quella praticata per il passato.
È dopo tale riforma che l'attività dell'istituto si perfeziona, si concentra nell'agricoltura e si allarga in ampî orizzonti e in vaste trasformazioni fondiarie, conseguendo in varie regioni del regno le prime degne realizzazioni. L'Opera è ormai avviata su quella strada che la condurrà a cimentarsi in un'impresa nella quale solo un potente organismo tecnico sorretto dallo stato, può vincere le resistenze dei privati interessi e le difficoltà enormi della natura: la trasformazione fondiaria dell'Agro Pontino, corollario logico della vittoriosa bonifica idraulica, operata dal regime in un immenso territorio paludoso alle porte di Roma.
Si deve alle legioni rurali di ex-combattenti inquadrate dall'ente, ma guidate e sorrette dalla volontà indomabile del Duce, se in una plaga, che fu di desolazione e di morte, è sorta oggi una nuova provincia con le sue città, con le sue borgate rurali, con migliaia di poderi già in avanzata e crescente produzione, con decine di migliaia di lavoratori, trasformati da braccianti in coloni, e con un ricchissimo patrimonio zootecnico.
Littoria - fondata il 30 giugno 1932 e inaugurata, dopo sole 170 giornate lavorative, il 18 dicembre dello stesso anno; Sabaudia inaugurata il 15 aprile 1934; Pontinia, inaugurata il 18 dicembre 1935; Aprilia, inaugurata il 29 ottobre 1937; Pomezia, fondata il 22 aprile 1938 e che sarà inaugurata il 29 ottobre 1939; 17 borgate rurali; 2574 case coloniche; 427 chilometri di strade; 1780 chilometri di collettori terziarî e 11.300 di scoline; 48.350 ettari di terreni compiutamente trasformati e appoderati, rappresentano la ingente mole di lavoro di questa conquista civile che non ha precedenti nella storia dell'umanità e che, insieme con le realizzazioni conseguite in molte altre regioni d'Italia, ha consentito all'Opera combattenti di diventare il più grande e potente istituto di trasformazione fondiaria esistente nel mondo.
Inoltre l'Opera, attraverso una sua speciale organizzazione, l'"E.I.A.A." (Ente Industrie Attività Agrarie), ha iniziato da qualche anno una vasta attività bonificatoria anche in Albania, attività che si svolge nella zona di Shijak, presso Durazzo, e comprende le due aziende di Shijak e Kruskulli, dell'estensione complessiva di 5000 ettari, dei quali oltre 2000 sistemati idraulicamente e appoderati.
La conquista dell'Impero ha schiuso, infine, all'ente un più vasto e fecondo campo di lavoro: l'avvaloramento agricolo dei nuovi territorî d'oltremare.
Con legittimo orgoglio l'Opera dei Combattenti, chiamata per prima a operare in Etiopia, dopo appena un anno di orientamenti e di studî e soprattutto di sperimentazioni compiute nelle due aziende di Olettà e di Biscioftù, è passata alla fase concreta delle realizzazioni nel campo della colonizzazione demografica dell'Impero. Compiute le prime opere di appoderamento nei comprensorî delle due aziende suddette - inizialmente di oltre 6000 ettari ciascuno - ha posto allo studio lo sviluppo della trasformazione fondiaria in altri 12.000 ettari, sempre nella zona di Olettà e Biscioftù, e la costituzione di una terza grande azienda - di parecchie decine di migliaia di ettari - nella vallata dell'alto Auasc in prossimità di Addis Abeba.
Alla fine del secondo decennio dalla sua fondazione, e a distanza di due soli lustri da quando il regime, che può legittimamente considerarsi il vero creatore dell'attuale istituto, gli assegnò più elevate finalità, la messe delle realizzazioni conseguite è veramente imponente.
Senza scendere in minuti particolari, il bilancio consuntivo dell'Opera può riassumersi nei seguenti dati:
Alla fine del 1937 l'azione bonificatrice dell'istituto interessava un comprensorio di oltre 450.000 ettari di bonifiche idrauliche, di sistemazioni idraulico-forestali, mentre l'azione di trasformazione fondiaria si esplicava su una superficie di oltre 110.000 ettari, senza tener conto dell'attività impostata nelle terre dell'Impero e delle realizzazioni attraverso la Società "E.I.A.A." in Albania.
Attualmente il patrimonio terriero dell'Opera, al netto delle vendite effettuate, ha superato gli 81 mila ettari, di cui oltre 50.000 nell'Agro Pontino-Romano, e il rimanente diviso nelle altre aziende agrarie del Veneto, della Toscana, dell'Umbria, del Lazio, della Campania, della Puglia, della Sardegna, oppure frazionate in quelle di altre regioni.
Nel prospetto seguente citiamo alcune delle principali bonifiche idrauliche e trasformazioni fondiarie eseguite - o in corso di ultimazione - dall'Opera combattenti.
Come nell'Agro Pontino-Romano, anche nelle altre aziende sono state eseguite quasi completamente le trasformazioni fondiarie e impiantate le più progredite forme di conduzione agraria, specialmente a mezzadria, con la possibilità, in alcune tenute, del riscatto del podere da parte dei coloni.
Si aggiunga che, nella conduzione delle sue aziende, l'Opera non si preoccupa soltanto delle necessità propriamente tecniche intese a ottenere un più alto rendimento dalle terre trasformate ma rivolge le sue cure alle condizioni ambientali e igieniche delle popolazioni che vi risiedono.
Il migliorato ambiente, l'intensificazione delle colture e delle costruzioni rurali, il nuovo clima formatosi dal risveglio agricolo e sociale delle vaste zone bonificate, hanno portato un notevole incremento delle famiglie rurali stabilmente residenti sul luogo.
Nel solo Agro Pontino-Romano sono state immesse, sino al 31 dicembre 1937, 2574 famiglie coloniche con 25.850 componenti, provenienti in massima parte da altre regioni d'Italia esuberanti di popolazione.
Sempre alla fine del 1937, risultavano quotizzati e definitivamente concessi a varie migliaia di coltivatori diretti, che sono già divenuti piccoli proprietarî, 22.450 ettari, mentre altri 8000 ettari, quotizzati anch'essi, venivano assegnati con contratti di vendita a termine per passare in definitiva proprietà dei concessionarî, man mano che questi avranno estinto il loro debito.