Vedi COLONNA dell'anno: 1959 - 1994
COLONNA
Colonna Coclide Istoriata (v. vol. II, p. 754). - La c. coclide istoriata è una forma monumentale nuova, assolutamente romana e introdotta, a quel che pare, per la prima volta nell'ambito del Foro Traiano: responsabile dell'invenzione e del progetto dev'essere stato, insieme con il committente e con l'architetto del foro (Apollodoro di Damasco), uno scultore al quale siano attribuibili sia la concezione e il disegno del rilievo, sia la direzione del cantiere (v. imprese di Traiano, maestro delle). Come tipologia monumentale romana e imperiale essa da allora in poi sempre valse, e lo mostrano non solo le sue filiazioni immediate, a Roma e poi a Costantinopoli (v. sotto), ma anche più tarde derivazioni, dalla c. bronzea con scene della vita di Cristo a Hildesheim (1022) alle c. istoriate frequenti negli apparati festivi effimeri fra Cinque e Settecento, alle due con la vita di San Carlo Borromeo che fiancheggiano la Karlskirche a Vienna (1715-1737), alla c. di Place Vendôme a Parigi con imprese di Napoleone I (1805-1811): monumenti, tutti, che non solo ripropongono la tipologia della c. coclide istoriata, ma la riadoperano precisamente in quanto essa evoca, con sfumature di volta in volta diverse, l'idea stessa di Roma, o dell'Impero. Che tali derivazioni siano propriamente «coclidi» (e cioè con scala a chiocciola interna) o no, è naturalmente irrilevante dal punto di vista del significato, che nella recezione e nel riuso del tipo - tutto si concentra sulla fascia istoriata spiraliforme che percorre il fusto, indicando, come espressamente mostra un'illustrazione all'Iconologia di Cesare Ripa (a partire dall'edizione di Padova del 1618, p. 512), la «Sublimità della Gloria».
La c. coclide istoriata rappresenta il punto d'approdo più avanzato, audace e arduo per la stessa ampiezza, di quella modalità del narrare gli eventi disponendoli in serie continua d'immagini (v. vol. II, p. 783, s.v. continua, rappresentazione) che, introdotta già nell'arte ellenistica, raggiunse presso i Romani il massimo sviluppo. Al tempo stesso, essa costituisce lo sbocco originale e imprevisto di un «genere» caratteristico dell'arte romana d'apparato, la pittura trionfale, che, perduta interamente come tale, ha lasciato significative tracce nella tradizione letteraria. Per l'identità dei temi e l'analogia dei modi della presentazione, la c. coclide istoriata può essere considerata come la pietrificazione di quelle tavole che accompagnavano il generale nella processione del trionfo, e s'appendevano poi in luogo pubblico, destinate però - per la fragilità del supporto e per l'incalzare di nuove guerre, di nuovi trionfi a non durarvi a lungo. Rispetto a quelle, dove la narrazione era organizzata per quadri - leggibili, si può supporre, da sinistra a destra e dall'alto in basso, e dove ogni singola strip poteva recare, o no, divisioni fra le singole scene che la componevano - la c. coclide istoriata introduce tuttavia una variante essenziale: un'unica fascia figurata/ingloba, in gigantesca sequenza, tutte le scene narrative, e le dispone sì in successione da sinistra a destra, ma tuttavia colloca in basso (più vicino all'osservatore) l’incipit del racconto, sviluppandolo poi fino al sommo della colonna. Le scene dunque si succedono l'una all'altra, seguendo l'avvolgersi sul fusto della fascia figurata; ma al tempo stesso la sovrapposizione delle varie spire - che richiamava all'osservatore contemporaneo, è da supporre, analoghi percorsi dell'occhio sulle tavole trionfali - suggerisce un'altra possibile lettura, desultoria e però non astrattamente antologica, ma anzi orientata sul punto di vista dell'osservatore, e dunque fondata su strategie di selezione del campo visivo, che devono essere considerate i presupposti essenziali delle varie fasi della concezione, del progetto e dell'esecuzione delle varie c. coclidi istoriate.
La fascia figurata corrisponde, nelle due c. di Roma come in quelle di Costantinopoli, alla superficie esterna del fusto di una gigantesca c., le cui scanalature parcamente ma visibilmente emergono al sommo scapo: è dunque evidente che essa - pur essendo scolpita nello stesso blocco di marmo della scala a chiocciola che percorre all'interno tutta la c. - finge un oggetto non incorporato alla c., ma avvolto intorno a essa. Assai insistente è nella letteratura (dopo Strzygowsky, 1901 e Birt, 1907) l'ipotesi che il nastro elicoidale, proprio in quanto si presenta come tettonicamente aggiunto alla c., finga un rotulo librario interamente illustrato: quasi che uno dei volumina che popolavano le due biblioteche al fianco della prima c. coclide istoriata della serie, quella di Traiano, ne fosse uscito per avvolgersi intorno al fusto. Posta in questi termini, la discussione si è fatalmente spostata su un altro piano: quello dell'origine non tanto dell'illustrazione libraria, ma di una sua accezione peculiarissima, il rotulo interamente coperto da figure. Si ha così a un estremo chi (come Weitzmann) nega l'esistenza di tali rotuli prima di quello di Giosuè (sec. X), all'altro chi tenta di ricostruire più antiche composizioni figurate a rotulo, p. es. considerandone una derivazione le undici scene della vita di Sansone allineate in un mosaico pavimentale di Mopsuhestia (Kitzinger). Poiché tuttavia è impossibile pensare, in termini propriamente tettonici, che un materiale scrittorio (tipicamente, il papiro) venisse avvolto intorno al fusto di una c., è necessario percorrere altre strade; e più recentemente, è tornata così in onore (Torelli, Settis) l'antica proposta di Gottfried Semper (1860) di ricondurre l'idea di una fascia elicoidale figurata, piuttosto, a una stoffa, di quelle che in apparati festivi (in ispecie, a quel che sembra, nell'ambito dei culti di Dioniso e di riti funebri) si usavano per rivestire pilastri e c., e che talora si ornavano di figure; le c. del tempietto funerario degli Haterii in Vaticano e una coppia di lesene (che fingono altrettante c.) dall'Esquilino sono i paralleli più vicini. Una tale ipotesi non nega la possibile influenza di rotuli figurati, e più in particolare di quelli (presupposti dalla Tabula Peutingeriana) che avessero il carattere di itineraria picta, e che anzi l'insistenza, nella C. Traiana e in quella di Marco Aurelio, su peculiarità topografiche e di paesaggio (urbano e no) sembra richiamare; ma la sposta radicalmente dal piano tettonico a quello iconografico. Meriterebbe, infine, di essere approfondita con analisi della documentazione la proposta di G. Becatti (1960, p. 23), che l'idea della c. coclide istoriata possa esser stata «suggerita sia dall'uso di avvolgere le c. dei templi con tenie, tralci, ghirlande nei giorni festivi [...], sia dagli esempi reali di c. con decorazione spiraliforme vegetale di vario tipo che sono documentati in scultura e in pittura specialmente dal I sec. a.C. in poi».
Insufficientemente indagati sono ancora altri aspetti strutturali: in particolare, le tecniche del montaggio e la funzione, per il montaggio e per la statica, della scala interna; uno studio delle implicazioni ingegneristiche e matematiche è ancora agli inizi (Martines, 1983), e dovrà estendersi mediante il confronto fra le c., le torri scalari delle fortificazioni romane e altre tipologie monumentali (come i fari) dove il paramento murario esterno abbia la funzione primaria d'inglobare non ambienti d'abitazione e d'uso, ma solo una scala a chiocciola che giunga fino in cima.
La ricerca si è piuttosto concentrata negli anni recenti sulle forme della produzione e della percezione dei rilievi, oltre che sul loro contenuto storico, topografico e antiquario (v. sotto). La produzione di un monumento di così grandi dimensioni e impegno come una c. coclide istoriata, richiedeva innanzitutto collaborazione strettissima fra architetti e scultori; inoltre, poiché avvenne, in tutti i casi noti, nell'ambito di pochi anni, essa implica di necessità: a) l'impianto di un cantiere, con più scultori al lavoro; b) un capocantiere, al quale possa esser ricondotta l'idea generale dell'opera e la direzione dei lavori. Tale ipotesi è del tutto indipendente dal giudizio di qualità sugli esiti formali: in questo senso, il Maestro delle Imprese di Traiano proposto da Bianchi Bandinelli e il Maestro delle Imprese di Marco Aurelio proposto da Becatti (e al quale Bianchi Bandinelli ha negato concretezza storica sulla base di un giudizio di qualità sui rilievi della c. coclide relativa) possono sì essere posti in ordine di qualità, tuttavia hanno, nei rispettivi cantieri, un identico ruolo.
Oltre che clamorose iterazioni monumentali (sulle quali, v. sotto), la C. Traiana produsse echi numerosi, che includono una serie di tipi numismatici - peraltro da inquadrarsi nell'ampia coniazione di Traiano dedicata al suo programma edilizio - ma anche un singolarissimo graffito sulla parete occidentale del corridoio porticato della Casa delle Muse a Ostia; il greco Hieron che lo firmò, probabilmente in età adrianea, sembra ben rappresentare «come questo monumento debba essere sembrato spettacolare ai contemporanei» (Meiggs, 1973). Di incerta valutazione è una c. istoriata catanese con scene di guerra, di cui si sono recuperati due frammenti, ora al Museo di Castello Ursino; il diametro era di m 1,96, l'altezza presuntivamente di c.a 11 m (Libertini). Giudicata ora «anteriore a quella Traiana» (G. Libertini, in Siciliana, 1923, p. 9) o «non posteriore all'inizio del II secolo d.C.» (Coarelli, 1979, p. 381), ora di età adrianea (G. Libertini, Frammenti marmorei..., 1923, p. 5), ora dell'epoca di Settimio Severo (B. Pace, 1938, p. 144), essa richiede ancora uno studio attento prima di essere correttamente collocata nella storia del tipo.
Problematica è, infine, una serie di repliche in miniatura del tipo, talora in porfido, con decorazione elicoidale a graffito che presenta un'assai schematica sequenza di scene di battaglia, sfilate di fanti e cavalieri, accampamenti e navi, quasi distillandovi in essenza l'aspetto di una c. monumentale. Poiché nessuno ha mai posto in relazione fra loro i numeri di questa serie, se ne dà qui un elenco (ma classificazione e cronologia restano incerte):
Matera: frammento in porfido, alto cm 7, diam. cm 3,5 (E. Lattanzi, in Magna Grecia Bizantina e tradizione classica. Atti del XVII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1977, Napoli 1978, pp. 437-438, con datazione in età bizantina).
Luzech, Lot: frammento «en pierre rouge très dure», alto cm 11,76, diam. cm 2,65 (M. Labrousse, in Gallia, XX, 1962, pp. 591-592: «doit être antique»).
Mèze, Hérault: frammento «en pierre dure, genre porphyre», alto cm 5,2, diam. cm 2,7 (D. Rouquette, in Archéologie en Languedoc, 1985, 3, pp. 60-61: «.datation antique?»).
«dans l'épave d'un navire romain naufragé sur les côtes du Roussillon» (Port-Vendres I: M. Labrousse, in Gallia, XXII, 1964, p. 2, senza riproduzione).
Föhr, Schleswig-Holstein: frammento in calcare nero, alto cm 11,5, diam. cm 3,4 (Κ. von Moeller, in PZ, XXVIII-XXIX, 1937-1938, pp. 411-413).
Düren, Nordrhein: frammento in «marmo rosso scuro», alto cm 15,6, diam. cm 3,2 (Gerhards-Kersten, in BJb, CXLV, 1940, p. 355: qui, in PZ, cit., p. 413 e in Gallia, XXII, 1964, p. 2, dubbi sull'antichità dei pezzi, che è invece decisamente affermata, per quelli di Matera e di Föhr, nella bibliografia relativa).
Bibl.: Resta fondamentale sull'origine del tipo, e come discussione di ogni ipotesi precedente: G. Becatti, La colonna coclide istoriata. Problemi storici, iconografici, stilistici, Roma 1960. Strettamente legata a quello dell'origine del tipo è la discussione sull'origine e lo sviluppo della narrazione continua; da ultimo: H. Froning, Anfänge der kontinuierenden Bilderzählung in der griechischen Kunst, in Jdl, CHI, 1988, p. 169 ss. Sull'origine: J. Strzygowski, Orient oder Rom, Lipsia 1901, p. 4, e spec. T. Birt, Die Buchrolle in der Kunst, Lipsia 1907, p. 269 ss.; altre ipotesi ei bibl. in Becatti, op. cit. Sul pavimento di Mopsuhestia, cfr. E. Kitzinger, Observations on the Samson Floor at Mopsuestia, in DOP, XXVII, 1973, p. 133 ss. Per l'ipotesi dell'origine da una stoffa festiva, dopo G. Semper, Der Stil in den technischen und tektonischen Künsten, I, Monaco i860, p. 295, cfr. M. Torelli, Typology and Structure of Roman Historical Reliefs, Ann Arbor (Mich.) 1982, p. 124 e S. Settis, in S. Settis (ed.), La Colonna Traiana, Torino 1988, pp. 86-93 (ivi, p. 93 ss., per il possibile rapporto con gli itineraria pietà, sui quali in generale v. A. e M. Levi, Itineraria pietà. Contributo allo studio della Tabula Peutingeriana, Roma 1967). Sulla struttura interna della Colonna Traiana (anche come modello per le successive): G. Martines, La struttura della colonna Traiana: un'esercitazione di meccanica alessandrina, in Prospettiva, 32, 1983, p. 60 ss. Sul graffito di Ostia: R. Meiggs, Roman Ostia, Oxford 1973, p. 231. Sui frammenti di Catania: G. Libertini, in Siciliana, 1923, p. 9; id., Frammenti marmorei inediti del Museo Civico di Catania, Catania 1923; B. Pace, Arte e civiltà nella Sicilia antica, II, Roma 1938, p. 144; F. Coarelli, La cultura figurativa in Sicilia. Dalla conquista romana a Bisanzio, in R. Romeo (ed.), Storia della Sicilia, II, Napoli 1979, pp. 371-392.
(S. Settis)
Colonna di Traiano (v. vol. II, p. 756). - Le ricerche si sono sviluppate secondo quattro direzioni principali: 1) storico-artistica; 2) topografica; 3) antiquaria; 4) storica. Di esse, la prima sembra - almeno prima facie - opporsi nettamente alle altre, segnate tutte da una premessa comune: l'uso delle immagini offerte dalla C. come specifica fonte per riconoscervi, quasi fosse un documento o un testo storico, luoghi o eventi delle guerre daciche; o, infine, per cavarne un amplissimo, e come tale insuperato, repertorio di Realien: scudi e alberi, tecniche murarie e fogge dei castra e delle tende. In questo senso, la più ampia raccolta di materiali e della letteratura relativa è offerta da F. Lepper-S. Frere (1988), che in modo più sistematico ripercorrono la strada già aperta da L. Rossi.
Dal punto di vista storico-artistico, il problema dello stile e dell'individuazione (o no) di un maestro responsabile della concezione e della realizzazione dell'opera è stato al centro dell'attenzione critica, con contributi di varia tendenza (v. imprese di Traiano, maestro delle). Si sono inoltre ulteriormente sviluppate le ricerche di natura topografica, tendenti a individuare, in sintonia con le ricerche sul terreno, i luoghi delle campagne daciche di Traiano e dei suoi viaggi (ancora Lepper-Frere per una sintesi dei risultati, spesso problematici). Da registrare a parte è il tentativo di leggere nella colonna un puntuale «programma topografico» di presentazione dei luoghi in funzione della riconoscibilità (e, si aggiunga, della rammemorabilità) degli eventi (Gauer, 1977); infine, vari studi di A. Malissard, pur girando intorno a un parallelo, ben poco chiarificante, con le tecniche cinematografiche, sono ricchi di osservazioni interessanti.
Una parte importante delle ricerche si è mossa intorno alla fortuna della C. Traiana nell'attenzione dei posteri: già un provvedimento del Comune romano del 26 marzo 1162, che decretava la necessità di conservare perpetuamente il monumento per l'onore del popolo romano, segnala lo status particolare che lo caratterizzava. Ciò non vuol dire che perdurasse la coscienza del tema che quel monumento insigne voleva tramandare ai posteri: verso il 1235 Boncompagno da Signa, proprio mentre indicava la C. Traiana a esempio di come un monumento possa valere in Signum perpetue memorie, la diceva scolpita per volere di Adriano, e ne interpretava il tema come troiana historia.
Disegni (dal 1467), calchi (dal 1540) e più o meno fedeli repliche in miniatura, fra cui eccelle quella di Luigi Valadier oggi a Monaco (1780) formano la trama di una fortuna complessa (di presenze e d'assenze), che si traduce poi a un estremo nella serie ininterrotta delle edizioni portatili, dapprima in forma di rotulo disegnato, e poi di libro a stampa (dal 1576), e poi nelle edizioni fotografiche, tutte tratte dai calchi salvo l'ultima (Settis e altri, 1988), con le foto dall'originale; e all'altro estremo nell'attenzione degli artisti, che a quel che pare inizia non prima del Quattrocento fino a raggiungere - però non senza salti - il nostro secolo.
Gravi preoccupazioni desta, infine, il degrado della superficie scolpita, che negli ultimi decenni, a causa dell'inquinamento atmosferico e del traffico, s'è accelerato bruscamente. Una recente, ampia campagna di pulitura e conservazione (ultimata nel 1987) e tutte le analisi condotte in quell'occasione dalla Soprintendenza Archeologica di Roma hanno aumentato di molto il livello delle nostre conoscenze sui problemi della conservazione della C. Traiana: esso resta peraltro a oggi senza alcuna prospettiva di soluzione, poiché non sono mutate (anzi peggiorano) le condizioni ambientali.
Bibl.: Opere generali: G. Koeppel, Officiai State Reliefs of the City of Rome in the Imperial Age. A Bibliography, in ANRW, II, 12, 1, 1982, p. 491 ss.; G. Becatti, La Colonna Traiana, espressione somma del rilievo storico romano, ibid., pp. 536-578.
Monografie: G. Becatti, La colonna coclide istoriata, Roma 1960, pp. 25-31; R. Brilliant, Gesture and Rank in Roman Art, in Memoirs of the Connecticut Academy of Arts and Sciences, XIV, 1963, in part. pp. 118-127; F. Bobu Florescu, Die Trafanssäule, I, Grundfragen und Tafeln, Bucarest-Bonn 1969; L. Rossi, Trajan's Column and the Dacian Wars, Londra 1971; A. Malissard, Etudes filmiques de la Colonne Trajane, Tours 1974; W. Gauer, Untersuchungen zur Trajanssäule, I, Darstellungsprogramm und künstlerischer Entwurf, Berlino 1977; T. Hölscher, Die Geschichtsauffassung in der römischen Repräsentationskunst, in Jdl, XCV, 1980, p. 265 ss., in part. 290 s.; L. Rossi, Rotocalchi di pietra, Milano 1981; A. Malissard, Une nouvelle approche de la colonne Trajane, in ANRW, II, 12, 1, 1982, pp. 579-606; I. Richmond, Trajan's Army on Trajan's Column, Londra 1982 (riedizione, immutata ma con aggiunta di bibl., di un articolo apparso in BSR, XIII, 1935, pp. 1-40); R. Scheiper, Bildpropaganda der römischen Kaiserzeit, unter besonders Berücksichtigung der Trajanssäule in Rom und korrespondierenden Münzen (diss.), Bonn 1982; R. Brilliant, Visual Narratives. Storytelling in Etruscan and Roman Art, Ithaca (N.Y.) 1984, pp. 90-123 (trad, it.: Narrare per immagini. Racconti di storie dell'arte etrusca e romana, Firenze 1987, p. 91 ss.); S. Settis, La Colonne Trajane. Invention, composition, disposition, in AnnEconSocCiv, XL, 1985, pp. 1151-1194; F. Lepper, S. Frere, Trajan's Column. A New Edition of the Cichorius Plates. Introduction, Commentary and Notes, Gloucester 1988; S. Settis (ed.), La Colonna Traiana, Torino 1988.
Articoli e studi su temi particolari: F. Panvini-Rosati, La colonna sulle monete di Traiano, in AnnlstltNum, V, 1958, pp. 29-40; M. Turcan-Déléani, Les monuments représentés sur la Colonne Trajane: schématisme et réalisme, in MélAHist, LXX, 1958, pp. 149-176; H. Daicoviciu, Osservazioni sulla Colonna Traiana, in Dacia, n.s., III, 1959, pp. 311-323; G. Lugli, La tomba di Traiano, in Omagiu lui Constantin Daicoviciu, Bucarest 1960, pp. 333-338; S. Stucchi, Contributo alla conoscenza della topografia, dell'arte e della storia della Colonna Traiana.
Il viaggio marittimo di Traiano all'inizio della seconda guerra dacica, Udine 1960; id., La scena LXX della Colonna Traiana. Studi storici, topografici ed archeologici sul 'Portus Augusti' di Ravenna e sul territorio classicano, in Convegno per lo studio della zona archeologica di Classe a mezzo dell'aerofotografia, Ravenna-Faenza 1961, pp. 61-65; A. Degrassi, Aquileia e Trieste nelle scene della Colonna Traiana, in RendAccNapoli, n.s. XXXVI, 1961, pp. 139-150; O. Gamber, Dakische und sarmatische Waffen auf den Reliefs der Trajanssäule, in JbKSWien, LX, 1964, pp. 7-31; R. Vulpe, Dion Cassius et la campagne de Trajan en Mésie Inférieure, in StClas, VI, 1964, pp. 205-232; S. Stucchi, Intorno al viaggio di Traiano nel 105 d.C., in RM, LXXII, 1965, pp. 142-170; L. Rossi, L'exercitus nella Colonna Traiana. Criteri generali ed elementi nuovi di studio su legionari ed auxilia, in Epigraphica, XXVIII, 1966, pp. 150-155; M. G. Alves Portal, Alguns pontos controvertidos em tórno da Coluna Trajana, in Revista de Historia, XXXV, 1967, pp. 329-339; L. Rossi, The Representations on Trajan's Column of Trajan's Rockcut Road in Upper Moesia, in AntJ, XLVIII, 1968, pp. 41-46; R. Brilliant, Temporal Aspects in Late Roman Art, in L'Arte, X, 1970, p. 65 ss.; M. Speidel, The Captor of Decebalus, a New Inscription from Philippi, in JRS, LX, 1970, pp. 142-153; L. Rossi, Dacian Fortifications on Trajan's Column, in AntJ, LI, 1971, pp. 30-35; M. Speidel, Die Schlufi-Adlocutio der Trajanssäule, in RM, LXXVIII, 1971, pp. 119 ss.; W. Gauer, Ein Dakerdenkmal Domitians. Die Trajanssäule und das sogenannte große trajanische Relief, in Jdl, LXXXVIII, 1973, pp. 318 ss.; R. Vulpe, Prigionieri Romani suppliziati da donne Dacie sul rilievo della Colonna Traiana, in RStorAnt, III, 1973, pp. 109-125; U. Clemen, De la colonne Trajane â la mosaïque de Saint-MarieMajeure: le massacre des enfants, in AntCl, XLIV, 1975, pp. 581-588; P. Grimal, R. Chevallier, A. Malissard, La Colonne Trajane (DossAParis, 17), Parigi 1976; A. Malissard, La comparaison avec le cinéma permet-elle de mieux comprendre la frise continue de la Colonne Trajane? L'exemple de scènes XCII à XCVII, in RM, LXXXIII, 1976, pp. 165-174; G. Koeppel, A Military Itinerarium on the Column of Trajan: Scene L, ibid., LXXXVII, 1980, pp. 301-306; V. Farinella, La Colonna Traiana. Un esempio di lettura verticale, in Prospettiva, 26, 1981, p. 2 ss.; W. Ohlsen, Monumentalschrift. Monument. Mass. Proportionierung des Inschriftalphabets und des Sockels der Trajanssäule in Rom, Amburgo 1981; S. Ferri, Riesame dei problemi archeologici della Colonna Traiana relativamente alle sue varie funzioni, in L'esame storico-artistico della Colonna Traiana. Colloquio italo-romeno, Roma 1982, p. 61 ss.; J. Pinkerneil, Studien zu den trojanischen Dakerdarstellungen (diss.), Friburgo 1983; P. Veyne, Conduites sans croyance et oeuvres d'art sans spectateurs, in Diogène, CXLIII, 1988, pp. 3-22.
Sul Foro di Traiano: Ch. Leon, Apollodorus von Damaskus und die trajanische Architektur (diss.), Innsbruck 1961, pp. 65-71; P. Zanker, Das Trajansforum als Monument imperialer Selbstdarstellung, in AA, 1970, p. 499 ss.; Ch. Leon, Die Bauornamentik des Trafansforums und ihre Stellung in der früh-und mittelkaiserzeitlichen Architekturdekoration Roms, Graz 1971; C. M. Amici, Foro di Traiano: Basilica Ulpia e Biblioteche, Roma 1982; A. La Regina, in S. Settis (ed.), La Colonna Traiana, cit., p. 36 ss.
Sugli eventi rappresentati nella Colonna: A. Garzetti, L'Impero Romano da Tiberio agli Antonini, Bologna 1960; M. Smallwood, Documents Illustrating the Principates of Newa, Trajan and Hadrian, Oxford 1965; R. Syme, Danubian Papers, Bucarest 1971; S. Mazzarino, Note sulle guerre daciche di Traiano: reditus del 102 e itus del 105, in RhM, 1979, pp. 173-184; id., Introduzione alla seconda guerra dacica di Traiano, in L'esame storico artistico della Colonna Traiana..., cit., pp. 21-54; E. Cizek, L'époque de Trajan. Circonstances politiques et problèmes idéologiques, Parigi 1983; J. Wilkes, Romans, Dacians and Sarmatians in the First and Second Centuries, in B. Hartley, J. Wacher (ed.), Rome and Her Northern Provinces, Gloucester 1983, pp. 255-289; K. Strobel, Untersuchungen zu den Dakerkriegen Trajans: Studien zur Geschichte des mittleren und unteren Donauraumes in der hohen Kaiserzeit, Bonn 1984; A. G. Poulter, The Lower Moesian Limes and the Dacian Wars of Trajan, in Studien zu den Militärgrenzen Roms III. XIII Limes Congress 1983, Roma 1986, PP· 519-528; A. La Regina, Le guerre daciche, in S. Settis (ed.), La Colonna Traiana, cit., p. 3 ss..
Studi sulla C. Traiana nel Medio Evo e sulla sua fortuna: A. de Boüard, Gli antichi marmi di Roma nel medio evo, in ArchStorPatria, XXXIV, 1911, p. 241 (sul decreto del 1162). Il passo di Boncompagno compare nella sua Rhetorica novissima, edita da A. Gaudenzi nella Bibliotheca iuridica Medii Aevi, II, Bologna 1891, p. 277; V. inoltre: W. Gauer, Die Triumphsäulen als Wahrzeichen Roms und der Roma secunda und als Denkmäler der Herrschaft im Donauraum, in AnA, XXVII, 1981, pp. 179-192; A. Cavallaro, La Colonna Traiana nel Quattrocento. Un repertorio di iconografie antiquariati, in Piranesi e la cultura antiquaria. Gli antecedenti e il contesto. Atti del Convegno, 1979, Roma 1983, pp. 9-21; G. Agosti, V. Farinella, Calore del marmo, in S. Settis (ed.), Memoria dell'antico nell'arte italiana, I. L'uso dei classici, Torino 1984, pp. 390-427; A. Cavallaro, «Una colonna a modo di campanile facta per Adriano imperatore». Vicende e interpretazioni della Colonna Traiana tra Medioevo e Quattrocento, in Studi in onore di Giulio Carlo Argan, I, Roma 1984, pp. 71-90; G. Agosti, V. Farinella, Il fregio della Colonna Traiana. Avvio ad un registro della fortuna visiva, in AnnPisa, s. III, XV, 4, 1985, pp. 1103-1150; La Colonna Traiana e gli artisti francesi da Luigi XIV a Napoleone I (cat.), Roma 1988; G. Agosti, V. Farinella, Nuove ricerche sulla Colonna Traiana nel Rinascimento, in S. Settis (ed.), La Colonna Traiana, cit., pp. 547-597.
Sui problemi della conservazione e del restauro: S. Settis, Umweltprobleme der Archäologie am Beispiel der Trajanssäule in Rom, in B. Andreae (ed.), Archäologie und Gesellschaft, Stoccarda-Francoforte 1981, p. 109 ss.; B. Zanardi, Evoluzione del deperimento della Colonna Traiana. Dal tempo dei calchi di Luigi XIV e Napoleone III allo stato attuale, in La Colonna Traiana e gli artisti francesi, cit., pp. 281-294 (con bibl. prec.).
(S. Settis)
Colonna di Marco Aurelio (v. vol. II, p. 760). - Sorprendentemente trascurata negli studi sull'arte romana, la C. di Marco Aurelio attende ancora un'edizione critica che ne riesamini adeguatamente caratteristiche e problemi.
Dopo una storia critica caratterizzata da due binari di interesse - storico e storico-artistico - raramente interagenti, la C. Antonina ha continuato ad alimentare anche negli ultimi decenni una bibliografia in cui agli scarsi interventi degli storici dell'arte si contrappongono numerosi lavori che utilizzano il monumento come fonte «documentaria» per la storia delle guerre germaniche. Soprattutto, non è venuto meno l'ormai quasi centennale interesse per i rilievi con la rappresentazione della pioggia miracolosa nel paese dei Quadi (scena XVI), e della distruzione di una macchina bellica nemica a opera di un fulmine (scena XI A), se è vero che alcuni dei contributi più recenti (Fowden, Sage) trattano gli stessi temi con cui E. Petersen e A. von Domaszewski nel 1894 avevano inaugurato la storia degli studi della c.; e ancora M. Sordi, J. Dobiáš, L. Rossi, per le contrastanti datazioni degli eventi presentati dai rilievi e dalle fonti letterarie, epigrafiche, numismatiche, si pongono il problema della attendibilità della sequenza cronologica dei rilievi. Interventi più recenti (a partire da H. Z. Rubin) propongono una visione più articolata (Jobst, Knibbe), e volta piuttosto ai fattori politici che hanno influito sulle scelte iconografiche. I rilievi, visti come efficaci strumenti della propaganda imperiale, diventano così utili mezzi per recuperare la «versione ufficiale» del prodigio da confrontare con l'interpretazione cristiana e pagana.
È proprio su questa strada, sul terreno più articolato della storia delle idee, della propaganda ufficiale, dei messaggi politici, che l'interpretazione dei rilievi «dei miracoli» (ma non solo di essi) potrà restituire a pieno il loro prezioso valore documentario; un'analisi che certo non può prescindere da un'attenta interpretazione delle fonti specifiche sugli episodi, ma che non deve limitarsi a esse, cercando invece di rintracciare nelle testimonianze antiche il sistema di valori, il contesto ideologico-politico intorno a cui ruota il significato dei rilievi, un complesso, articolato sistema che l'osservatore antico ben conosceva e che è nostro compito ricostruire e analizzare per una miglior conoscenza se non dei fatti, delle loro interpretazioni. La complessità del contesto, con i suoi sovrapposti messaggi, fa delle c. coclidi una fonte particolarmente ambigua, se a una lettura propriamente storica non si sovrappone un'analisi dei criteri narrativi e compositivi del monumento e dei filtri ideologici, degli strumenti espressivi che vi operano (cfr. gli interventi che su questi temi T. Hölscher e S. Settis hanno dedicato alla C. Traiana). Verso questa terra di confine si muovono le più recenti tendenze di studio, tese a superare i particolarismi dei singoli settori di indagine, con un crescente interesse per il linguaggio figurato della C. Antonina, rimasto finora in parte inesplorato.
È probabilmente allo screditante confronto con la C. Traiana, rispetto alla cui ricchezza e varietà compositiva il linguaggio più stereotipo della Antonina è sembrato il segno più evidente di una scadente imitazione, che si deve attribuire lo scarso interesse degli storici dell'arte antica per i rilievi antonini. All'apice di questa tendenza sembra collocarsi, significativamente, il giudizio di R. Bianchi Bandinelli, che, in polemica con la proposta di Becatti di attribuire i rilievi della C. a un Maestro delle Imprese di Marco Aurelio (Becatti, 1960), giungerà a mettere in dubbio la presenza stessa di un progetto unitario, attribuendo il monumento all'opera «di più maestri meno colti e di minor personalità, legati alla tradizione romana plebea della narrazione storica» (Bianchi Bandinelli, 1969, p. 323). Un giudizio che, definendosi soprattutto a livello dello stile, sembra sancire definitivamente l'insanabile divario qualitativo tra le due colonne.
Così con la sola eccezione dei lavori di G. Becatti che seguono a ruota, certo come voluta integrazione, la poco felice edizione del 1955, è ancora a M. Wegner (1931) che bisogna rifarsi per un'analisi del linguaggio figurato della colonna. Negli interventi successivi, fino ai più recenti, certo sotto l'influenza ancora fortissima degli studi di G. Rodenwaldt, l'interesse si sposta, su un terreno meno analitico, verso una definizione del ruolo dello stile tardo-antonino (della c. e di altri monumenti) nel più generale sviluppo dell'arte romana. Il problema centrale è quello della formazione del nuovo linguaggio formale che Rodenwaldt aveva interpretato come un radicale Stilwandel in cui «l'essenza romana», rompendo le barriere del classicismo «greco» dell'arte augustea e adrianea, si sarebbe manifestata in modo decisivo. La questione se l'arte della c. abbia costituito soltanto una premessa (Bianchi Bandinelli, 1967) o invece una svolta definitiva verso la tarda antichità (Picard, 1967; Kähler, 1963) si riaggancia a questi presupposti, in una visione che solo i più recenti studi sul problema dello Stilwandel hanno cercato di superare, mettendo in luce, al di là degli elementi di rottura tradizionalmente evidenziati, i tratti di un continuo processo di sviluppo che trae i suoi presupposti dall'arte adrianea e oltre (Jung, Kampen). Il nuovo interesse suscitato dall'arte della c. negli ultimi decenni passa dunque in una prima fase degli studi attraverso la considerazione che in essa abbiano raggiunto per la prima volta piena espressione nell'arte ufficiale componenti del «substrato italico» (M. Pallottino, in AA.VV., La colonna di Marco Aurelio, Roma 1955) o dell'«arte popolare romana» (Becatti, i960) o ancora dell'«arte di frontiera» (Picard, 1962).
Anche Bianchi Bandinelli (1979, p. 34 s.) considererà lo stile della c. espressione della tradizione romana plebea, ma, non senza accenti polemici contro altri studiosi, cercherà di spiegarne le innovazioni formali e tematiche alla luce di un'analisi della società del tempo, di motivi politici ed economici, di trasformazioni sociali ed etiche. Ma lo scopritore del Maestro delle Imprese di Traiano non poté vedere nel linguaggio semplificato e stereotipo dei rilievi della C. di Marco Aurelio il frutto di un lavoro di ideazione unitario e calcolato. La varietà compositiva dei rilievi traianei costituiva un elemento di confronto troppo presente ai suoi occhi, perché egli potesse condividere l'operazione critica che G. Becatti aveva compiuto riconoscendo i tratti di quella originale personalità artistica, evidenziandone le caratteristiche espressive, stilistiche e tematiche, ma anche le connessioni di officina con una serie di sarcofagi della fine del li-inizi III sec. d.C. (Becatti, 1964; cfr. poi anche Traversari, 1968). Ma la particolare espressività delle scene e la calcolata struttura compositiva delle spirali della C. Antonina rendono oggi indiscusso, e proprio per il confronto con la Traiana, il riconoscimento di un'ideazione e di un progetto unitari. In una nuova ottica centrata sul rapporto di comunicazione fra immagini e pubblico, le cristalline geometrie compositive della C. Antonina, l'estrema essenzialità dei suoi schemi iconografici non appaiono più i segni di una trascurata imitazione, ma i meditati strumenti espressivi messi al servizio di un'arte che ha come obiettivo un più intenso coinvolgimento dell'osservatore.
Secondo queste tendenze interpretative (Brilliant, 1963), l'enfasi data ai gesti e alla figura dell'imperatore, in schemi sempre più rigidamente centripeti e simmetrici, sembra confermare, in una visione sempre più totalitaria e ieratica del potere, il modello di un'arte militante, asservita a una propaganda aggressiva, che vuole colpire, impressionare, convincere l'osservatore. In nome di una più ampia leggibilità, di una maggiore efficacia comunicativa, si spiegano anche i calcolati rimandi tra scene di volute contigue, che già M. Wegner aveva messo in luce evidenziando la presenza di studiate sovrapposizioni di scene uguali (ponte di barche: sc. LXXVII e LXXXIV; soldati su barche attraversano un fiume: sc. XXVII e XXXIV) nella parte più visibile del fregio. Usando in parallelo le metodologie della narratologia e dell'iconografia, R. Brilliant (1987) ha ripreso queste osservazioni, sottolineando la chiara presenza di linee di lettura verticali, capaci di indicare all'osservatore possibili criteri d'interpretazione delle vicende narrate. Minata da profonde cesure, la narrazione cronologico-annalistica dei fatti, che segue il racconto figurato nel progressivo avvolgersi delle spirali, sembra sfaldarsi di fronte a un ritmo della narrazione che predilige corrispondenze calcolate tra scene adiacenti e sovrastanti, a cui sono affidati precisi messaggi simbolici e propagandistici.
L'analisi sistematica della disposizione delle scene sul fusto della c. confermerà queste osservazioni, facendo emergere nel monumento la presenza di una griglia ideale di «punti di attenzione» gravitanti intorno al personaggio imperiale. Da collegamenti visivi di tipo anaforico o antitetico, da composizioni simmetriche o «araldiche» nascono corrispondenze calcolate tra le scene che costituiscono il nucleo di un programma atemporale e simbolico in cui risultano accentuati i concetti cardine della propaganda antonina, legati all'esaltazione della potenza dell'imperatore e della sua inevitabile vittoria sui nemici. La sempre più rigida formularità degli schemi iconografici finalizza qui ogni ricerca formale alla chiarezza dei contenuti che traggono le loro radici da un repertorio topico di esaltazione dell'imperatore, parzialmente già indagato (cfr. p.es. gli studi di Fears sulle virtutes imperiali), ma in parte ancora da esplorare. È questo il terreno più promettente per le future indagini sulla colonna.
Bibl.: Per una bibl. generale sulla C.: G. Koeppel, Officiai State Reliefs of the City of Rome in the Imperial Age. A Bibliography, in ANRW, II, 12.1, 1982, pp. 501-502.
Sul linguaggio figurato della C.: G. Becatti, La colonna coclide istoriata, Roma i960, pp. 47-55 (ree. G. Ch. Picard, in Gnomon, XXXIV, 1962, pp. 290- 295); J· Ruysschaert, Les onze panneaux de l'arc de Marc Aurele érigé à Rome en 176, in RendPontAcc, XXXV, 1962-63, pp. 114-117; H. Kahler, Roma e l'Arte imperiale, Milano 1963, p. 186 ss.; R. Brilliant, Gesture and Rank in Roman Art, in Memoirs of the Connecticut Academy of Arts and Sciences, XIV, 1963, p. 136 ss.; G. Becatti, Un sarcofago di Perugia e l'officina del Maestro delle imprese di Marco Aurelio, in Essays in Memory of Κ. Lehmann (Marsyas, Studies in the History of Art, Suppl. I), New York 1964, p. 30 ss.; R. Bianchi Bandinelli, Forma artistica tardo antica e apporti parthici e sassanidi nella scultura e nella pittura, in La Persia e il mondo greco-romano. Atti del Convegno, Roma 196; (Acc. Lincei, Problemi attuali di scienza e di Cultura, 76), Roma 1966, pp. 319-334 (rist. in R. Bianchi Bandinelli, Dall'Ellenismo al Medioevo, Roma 1978, pp. 75-95, in part. 87-88); L. Rossi, The Symbolism Related to Disciplina on Roman Imperial Coins and Monuments, in Numismatic Circular, LXXV, 1967, p. 130; G. Ch. Picard, L'Art populaire ou plébéien, in REL, XLV, 1967, pp. 485-499; R. Brilliant, The Arch of Septimius Severus in the Roman Forum, in MemAmAc, XXIX, 1967, pp. 177 ss. (sui rapporti tra C. Antonina e Arco di Settimio Severo); G. Traversari, Sarcofagi con la morte di Meleagro nell'influsso artistico della Colonna Aureliana, in RM, LXXV, 1968, pp. 154-162; E. Nash, Pictorial Dictionary of Ancient Rome, I, New York-Washington 19682, p. 276 ss.; R. Bianchi Bandinelli, Osservazioni sulla forma artistica in Oriente e in Occidente, in Tardo antico e alto Medioevo. La forma artistica nel passaggio dall'antichità al medioevo. Atti del convegno, Roma 1967 (Acc. Lincei, Problemi attuali di scienza e di cultura, 105), Roma 1968, pp. 289-308 (rist. in R. Bianchi Bandinelli, Dall'Ellenismo al Medioevo, cit., pp. 97-120); id., Roma. L'arte romana nel centro del potere, Roma 1969, p. 316 ss.; G. Koeppel, Profectio und Adventus, in BJb, CLXIX, 1969, pp. 130-194, in part. 175-179; L. Rossi, Il Danubio nella storia, nella numismatica e nella scultura romana medio-imperiale, in NumAntCl, III, 1972, pp. 111-143; R. Brilliant, Roman Art, Londra 1974, p. 192 ss.; L. Rossi, Sull'iconografia e storiografia celebrativa di Marco Aurelio dall'epigrafe di M. Valerio Massimiano, in NumAntCl, VI, 1977, pp. 223-237; R. Bianchi Bandinelli, Archeologia e Cultura (Settembre 1960), in Archeologia e Cultura, Roma 1979, pp. 34-35; A. Wankenne, Trois chefs d'œuvre de la sculpture romaine, in EtCl, XLVIII, 1980, pp. 141-148; L. Rossi, Rotocalchi di Pietra, Milano 1981, pp. 203-255; J. Bouzer, Das römische Bild der nördlich von Pannonien lebenden Barbaren in der Zeit Mark Aurels, in LF, CVI, 1983, pp. 178-180; R. Brilliant, Visual Narratives. Storytelling in Etruscan and Roman Art, Ithaca (N.Y.) 1984 (trad, it., Narrare per immagini. Racconti di storie dell'arte etnisca e romana, Firenze 1987, p. 115 ss.).
Per l'episodio della pioggia miracolosa e del fulmine: M. Sordi, Le monete di Marco Aurelio con Mercurio e la pioggia miracolosa, in AnnlstltNum, V-VI, 1958-1959, pp. 41-55; J. Dobiáš, Les problèmes chronologiques de la colonne de Marc Aurele â Rome, in Charisteria Francisco Novotny Octogenario Oblata, Praga 1962, pp. 161-174; id., Razby císafe Marka Aurelia s Merkurem a nápisem RELIG A UG («Coniazioni dell'imperatore Marco Aurelio con Mercurio e la legenda Relig Aug»), in NumZbor, VII, 1962, pp. 7-31; P. Oliva, Pannonia and the Onset of Crisis in the Roman Empire, Praga 1962, p. 292 ss.; G. Barta, Legende und Wirklichkeit. Das Regenwunder des Marcus Aurelius, in ActaClDebrec, IV, 1968, pp. 85-91; R. Merkelbach, Ein korrupter Satz im Brief Marc Aurels über das Regenwunder im Feldzug gegen die Quaden, in ActaArchHung, XVI, 1968, pp. 339-341; R. Freudenberger, Ein angeblicher Christenbrief Mark Aurels, in Historia, XVII, 1968, pp. 252-253; D. Berwig, Mark Aurel und die Christen (diss.), Monaco 1970; A. Mócsy, Pannonia and Upper Moesia: A History of the Middle Danube Provinces of the Roman Empire, Londra 1974, pp. 188-190; A. Gnirs, Beiträge zur Geschichte und Geographie Böhmens und Mährens in der Zeit des Imperium Romanum, Bonn 1976, p. 60 ss.; I. Tóth, Marcus Aurelius' Miracle of the Rain and the Aegyptian Cults in the Danube Region, in StAeg, II, 1976, p. 101 ss.; W. Jobst, 11. Juni 172 n.Chr. Der Tag des Blitz- und Regenwunders im Quadenlande (SB Wien, 335), Vienna 1978; J. Helgeland, Christians and the Roman Army, in ANRW, II, 23.1, 1979, pp. 766-779; Η. Ζ. Rubin, Weather Miracles under Marcus Aurelius, in Athenaeum, LVII, 1979, pp. 357-380; D. Knibbe, I(uppiter) O(ptimus) M(aximus) Kfarnuntinus), Kaiser Marcus, Faustina, Commodus und der II. Juni n. Ch., in OJh, LIV, 1983, pp. 133-142; G. Fowden, Pagan Fersions of the Rain Miracle of A.D. 172, in Historia, XXXVI, 1987, pp. 83-95; M. M. Sage, Eusebius and the Rain Miracle; Some Observations, ibid., pp. 96-113; S. Maffei, La 'felicitas imperatoris' e il dominio sugli elementi, in StClOr, L, 1990, pp. 329-367.
Sul problema dello Stilwandel: Β. Andreae, L'art de l'ancienne Rome, Parigi 1973, p. 244 ss.; P. Kranz, Zwei Fragmente einer Thiasos-Lenos auf dem Celio, mittelantoninisch oder frühseverisch?, in BullCom, LXXXIV, 1974-75, p.196 ss.; Th. Kraus, Das römische Weltreich (PropKg, III), Berlino 1977, p. 96 ss.; Ν. Boymel Kampen, Biographical Narration and Roman Funerary Art, in AJA, LXXXV, 1981, pp. 47-58; H. Jung, Zur Vorgeschichte des spätantoninischen Stilwandels, in MarbWPr, 1984, pp. 59-109; C. Reinsberg, Das Hochzeitsopfer, eine Fiktion. Zur Ikonographie der Hochzeitssarkophage, in Jdl, IC, 1984, pp. 291-317.
Sul regno di Marco Aurelio: G. R. Stanton, Marcus Aurelius, Lucius Verus and Commodus: 1962-1972, in ANRW, II, 2, 1975, pp. 479-549; M. Hammond, The Antonine Monarchy: 1959-1971, ibid., pp. 329-335.
Sulle principali problematiche del periodo: R. Klein (ed.), Marc Aurel (Wege der Forschung 550), Darmstadt 1979 (con riedizioni di alcuni importanti articoli di carattere storico e archeologico); A. Birley, Marcus Aurelius. A Biography, Londra 1987 (con bibl.; trad, it., Marco Aurelio, Roma 1990).
Per un'analisi delle testimonianze archeologiche utili alla ricostruzione delle vicende della guerra: F. Hampl, Kaiser Marc Aurel und die Völker jenseits der Donaugrenze. Eine quellenkritische Studie, in Festschrift R. Heuberger, Innsbruck 1960, p. 33; H. J. Kellner, Raetien und die Markomannenkriege, in BayVgBl, XXX, 1965, pp. 154-174, ripubblicato in R. Klein (ed.), Marc Aurel, cit., pp. 226-260; H. Schönberger, The Roman Frontier in Germany: An Archaeological Survey, in JRS, LIX, 1969, pp. 171-177; H. W. Boehme, Archäologische Zeugnisse zur Geschichte der Markomannenkriege (166-180 n. Chr.), in JbZMusMainz, XXII, 1975, pp. 153-217; G. Langmann, Die Markomannenkriege 166/167 bis 180 (Militärhistorische Schriftenreihe, XLIII), Vienna 1981.
Sul frammento di rilievo attribuito dal Fuhrmann alla base della Colonna cfr. i giudizi contrari all'attribuzione: L. Guerrini, Brevi note su alcuni rilievi, in StMisc, XX, 1972, pp. 65-71; R. Paris (scheda sul frammento), in Dagli Scavi al Museo. Come da ritrovamenti archeologici si costruisce il Museo, Venezia 1984, pp. 50-51; T. Hölscher, Beobachtungen zu römischen historischen Denkmälern III, in AA, 1988, pp. 523-541, in part. 537 ss.
Sulle virtutes imperiali: J. R. Fears, The Cult of Virtues and Roman Imperial Ideology, in ANRW, II, 17.1, 1981, pp. 827-948 (con bibl.).
Sui restauri sistini: L. Spezzaferro, La Roma di Sisto V, in AA. VV., Storia dell'Arte Italiana, XII, Torino 1983, pp. 365-405; G. Martines, O. Sforza, M. V. Zaccheo (ed.), Libro di tutta la spesa fatta da N. S. Papa Sisto V alla Colonna Antonina e Traiana, Roma 1984; G. Martines, Restauri storici di monumenti antichi; un esempio: la Colonna di Marco Aurelio, in Forma. La città antica e il suo avvenire, Roma 1985, pp. 91-196; id., Silla Longhi e il restauro della Colonna Antonina, in Roma e l'Antico nell'arte e nella cultura del Cinquecento. Corso intemazionale di alta cultura, Roma 1982, Roma 1985, pp. 179-210.
(S. Maffei)
Colonna di Teodosio I (v. vol. II, p. 763). - Con la scoperta nel 1973, nei pressi dell'edificio termale di Bayazit II, di cinque nuovi rilievi, sono ora 17 i frammenti leggibili che possono essere attribuiti con sicurezza alla C. di Teodosio I. Resta ancora sul piano delle ipotesi, invece, la proposta di Kollwitz (1941) e Becatti (i960) di attribuire al fregio teodosiano tre frammenti perduti, noti da un disegno di G. C. Curtis, trovati nel 1871 a Saray Burnu (Sande, 1981).
Dei 17 frammenti della c., la maggior parte dei quali furono ritrovati nella struttura muraria dell'edifìcio termale di Bayazit II, reimpiegati come materiale da costruzione, nove rappresentano soldati in marcia, talvolta affiancati da animali da soma; due raffigurano scene di battaglia e due mostrano soldati su imbarcazioni forse impegnati in una battaglia navale (Sande), o intenti ad attraversare un fiume (Becatti). Un rilievo edito nel 1958 da S. Eyice, a cui S. Sande ha affiancato un secondo frammento inedito, è stato interpretato come una scena di donativi (Eyice) o, più verosimilmente, come l'invocazione da parte di nemici sconfitti di un atto di clemenza dell'imperatore (Becatti, Sande).
Appare assai più problematico determinare il contesto di due dei cinque nuovi frammenti rinvenuti nel 1973, uno dei quali rappresenta la parte superiore di sei lance sovrapposte, mentre l'altro mostra quattro cavalli le cui piccole dimensioni si spiegano forse con una loro collocazione sullo sfondo di una scena più ampia. La particolare rappresentazione dei nemici, che sia in scene di battaglia che in quelle di resa appaiono armati in modo non diverso dai vincitori e caratterizzati talvolta con attributi cristiani, ha suggerito l'ipotesi che la c. raffigurasse oltre alle gloriose imprese di Teodosio contro i Greutungi - come possiamo ricavare dalle fonti - anche le vittoriose azioni di guerra da lui condotte contro l'usurpatore Massimo (Becatti).
La proposta, non priva di sostenitori (Gauer, Faedo), è stata recentemente rifiutata in nome di una nuova interpretazione che spiega l'insolita iconografia dei nemici con un allontanamento dalla tradizionale rappresentazione dei barbari attestata nei monumenti trionfali di Roma, in nome di un'adesione più diretta alla realtà del periodo, dove non si potevano più riscontrare differenze sostanziali, sul piano della tecnologia delle armi e della civilizzazione, tra barbari e soldati dell'impero (Sande). Il numero ancora troppo esiguo di rilievi, il loro cattivo stato di conservazione, il loro carattere frammentario non hanno ancora reso possibile una ricostruzione attendibile del monumento, di cui peraltro non conosciamo, come invece accade per la C. di Arcadio, disegni che ne riproducano l'intera sequenza.
Un rotulo di disegni del Louvre (inv. 4951), tradizionalmente considerato copia tardo-cinquecentesca prodotta dalla cerchia del pittore veneziano Battista Franco (cfr. I Cavalli di San Marco, cat., 1977) di un originale di Gentile Bellini (H. F. Collins, 1970; Meyer zur Capellen, 1985) o forse di Costanzo da Ferrara, l'altro artista operante alla fine del Quattrocento alla corte di Maometto II (Andaloro, 1980), è stato collegato da Becatti al fregio della C. di Teodosio I. L'ipotesi, che ha goduto finora di unanimi consensi, sembra aver trovato conferma, secondo S. Sande, in due nuovi frammenti dove la figura di un soldato con la clava (Sande, 1981, figg. 26-27) e il motivo di quattro cavalli al pascolo (ibid., fig. A, figg. 1-2) sembrano rivelare relazioni con due scene del rotulo. Tuttavia le dubbiose perplessità sollevate talora dalla proposta (Bieber, Gauer, Meyer zur Capellen, Farinella) debbono far riflettere sui delicati problemi suscitati da una tale identificazione, di grande importanza non solo per l'indagine archeologica, ma anche per lo studio dei disegni di antichità, di cui il rotulo del Louvre rappresenterebbe un precocissimo esempio, tale da precorrere addirittura la famosa e celebratissima impresa di Jacopo Ripanda, il primo a riprodurre, facendosi calare in una cesta lungo il fusto della C. Traiana, l'intera sequenza dei rilievi. La proposta di Becatti richiede dunque, in attesa di ulteriori testimonianze archeologiche, un'analisi completa e approfondita da condurre sul doppio versante della storia dell'arte e della verifica archeologica.
Bibl.: S. Eyice, Neue Fragmente der Theodosiussäule, in IstMitt, VIII, 1958, pp. 144-147; G. Becatti, La colonna coclide istoriata, Roma i960, pp. 83-150 (ree. M. Bieber, in AJA, LXV, 1961, p. 410 ss.; G. C. Picard, in Gnomon, XXXIX, 1962, p. 290; Th. Kraus, in ByzZ, LV, 1962, pp. 120-121); A. Grabar, Sculptures Byzantines de Constantinople (IV-X siècle), Parigi 1963, p. 29 ss., tavv. I-IV; R. Janin, Constantinople byzantine, Parigi 19642, pp. 81-82; F. Bobu Florescu, Die Trajanssäule, Bucarest-Bonn 1969, pp. 148-151; R. Bianchi Bandinelli, Roma. La fine dell'arte antica, Milano 1970, p. 352 ss.; H. F. Collins, Gentile Bellini: A Monograph and Catalogue of Works, Pittsburg 1970, p. 16 ss.; A. Lippold, in RE, Suppl. XIII, 1973, ce. 901-903, s.v. Theodosius r, A. W. Byvanck, L'Art de Constantinople, Leida 1977, p. 35 ss.; W. Müller-Wiener, Bildlexikon zur Topographie Instanbuls, Tubinga 1977, p. 264 ss.; AA.VV., I Cavalli di San Marco (cat.), Milano 1977, n. 1; M. Andaloro, Costanzo da Ferrara. Gli anni a Costantinopoli alla Corte di Maometto II, in Storia dell'Arte, XXXVIII-XL, 1980, pp. 185-211, in part. 203 ss.; W. Gauer, Die Triumphsäulen als Wahrzeichen Roms und der Roma secunda und als Denkmäler der Herrschaft im Donauraum, in AuA, XXVII, 1981, pp. 179-192; S. Sande, Some New Fragments from the Column of Theodosius, in ActaAArtHist, s. altera, I, 1981, pp. 1-78; L. Faedo, Il complesso monumentale del Foro di Teodosio a Costantinopoli, in CorsiRavenna, XXIX, 1982, pp. 159-168; C. Mango, Le développement urbain de Constantinople (IV-VII siècles), Parigi 1985; J. Meyer zur Capellen, Gentile Bellini, Stoccarda 1985, pp. 170-171; G. Agosti, V. Farinella, Nuove ricerche sulla Colonna Traiana nel Rinascimento, in S. Settis (ed.), La Colonna Traiana, Torino 1988, p. 580.
(S. Maffei)
Colonna di Arcadio (v. vol. II, p. 765). - La nostra conoscenza della C. di Arcadio, eretta nello Xeròlophos (Stiernon, 1961) in preciso rapporto con la C. di Teodosio, rimane ancora affidata, oltre che alle preziosissime descrizioni delle fonti letterarie, alle tarde e talora contrastanti indicazioni dei disegni, che a partire dal Cinquecento ne riproducono l'impianto generale e più particolareggiate rappresentazioni del fregio. Il lavoro più ampio sul monumento è ancora quello che Becatti, agli inizi degli anni '60, dedicò al tipo monumentale della c. coclide, dove la lettura incrociata delle testimonianze grafiche più importanti (disegni della Biblioteca Nazionale di Parigi, della Collezione Freshfield, e foglio del Lorichs), conduce a una ricostruzione particolareggiata e minuziosa del fregio, ripercorrendone in sequenza gli avvenimenti narrati, dall'esodo di Gainas e le sue truppe da Costantinopoli, fino alla battaglia navale sul Bosforo e infine alla vittoriosa incoronazione finale di Arcadio, che riprende la celebrativa ieraticità del basamento. E proprio la simmetrica struttura e la ricca simbologia dei rilievi della base sono stati oggetto dell'interesse delle più recenti ricerche. In particolare il motivo delle Vittorie che sostengono trionfalmente la croce - di cui si sono evidenziati i rapporti con l'iconografia medioevale del giudizio finale (Christe, 1971) - è stato ricondotto a simbolo della omònoia imperiale, con una ricca e interessante serie di confronti iconografici e letterari che ricostruiscono intorno al motivo della croce tutta la complessa simbologia a essa associata, e non ultimo il tema cristiano dell'armonia universale sorretta dall'abbraccio di Cristo (Grigg, 1977).
Bibl.: G. Becatti, La colonna coclide istoriata, Roma 1960, pp. 151-264 (ree. M. Bieber, in AJA, LXV, 1961, p. 411 ss.; G.C. Picard, in Gnomon, XXXIX, 1962, p. 291); D. Stiernon, Le quartier du Xérolophos à Constantinople, in REByz, XIX, 1961, pp. 176-179; E. Dinkier, Bemerkungen zum Kreuz als «TROPAION», in Mullus. Festschrift Theodor Klauser, Münster 1964, p. 73; R. Janin, Constantinople byzantine, Parigi 19642, pp. 82-84; A. Grabar, Christian Iconography. A Study of Its Origins, Princeton 1968, p. 125. F. Bobu Florescu, Die Trajanssäule, Bucarest-Bonn 1969, pp. 151-160; Y. Christe, La colonne d'Arcadius, Sainte-Pudentienne, l'arc d'Eginhard et le portail de Ripoll, in CArch, XXI, 1971, pp. 31-42; W. Müller-Wiener, Bildlexikon zur Topographie Istanbuls, Tubinga 1977, pp. 250-253 ss.; R. Grigg, Symphonian Aeido tes Basileias. An Image of Imperial Harmony on the Base of the Column of Arcadius, in ArtB, LIX, 1977, pp. 469-482; W. Gauer, Die Triumphsäulen als Wahrzeichen Roms und der Roma secunda und als Denkmäler der Herrschaft im Donauraum, in AuA, XXVII, 1981, pp. 179-192; C. Mango, Le développement urbain de Constantinople (IV-VII siècles), Parigi 1985).
(S. Maffei)
Colonne di Giove e dei Giganti (v. vol. II, p. 767). - Sui problemi relativi a questo tipo di monumento, già a suo tempo efficacemente impostati nelle loro linee generali da S. Ferri, possiamo ora indagare con strumenti di studio più abbondanti, dato che la bibliografia sul tema va arricchendosi di molti nuovi contributi. Fra questi è da ricordare soprattutto la grossa raccolta di G. Bauchhenss e P. Noelke per quanto riguarda il materiale delle provincie germaniche. Fra le osservazioni che accompagnano il ponderoso catalogo, sono interessanti quelle relative: alla diffusione delle Juppitersäulen (se ne conoscono pochissime testimonianze nelle altre provincie celtiche: Britannia, Rezia, Norico, Pannonia); al fatto che i dedicanti sono in genere civili, e solo in rari casi militari; alla scarsa presenza dello Iuppiter capitolino, e anche della coppia Iuppiter-Iuno in trono; all'inserimento di questi monumenti in contesti che rivelano un'ideologia trionfale.
Il Bauchhenss ha anche ripubblicato, in uno dei fascicoli del CSIR (Deutschland, II, 2), la famosa C. di Magonza. È uno studio assai esauriente che, fra l'altro, ribadisce l'impossibilità di stabilire un collegamento tecnico-stilistico fra gli scultori della C. e gli ateliers che nel I sec. d.C. operavano in città.
Bibl.: P.-F. Fournier, Le dieu cavalier à l'anguipède dans la cité des Arvernes, in Revue Archéologique du Centre, I, 1962, p. 105 ss.; H. Walter, La colonne ciselée dans la Gaule romaine (Annales littéraires de l'Univ. de Besançon, Archéologie, 23), Parigi 1971; U. Fischer, Ein neuer Viergötterstein aus Heddernheim und die Juppitersäulen im Rhein-Main-Gebiet·, in NassAnn, LXXXII, 1971, p. 31 ss.; G. Bauchhenss, Zur Entstehung der Juppitergigantesäulen, in AKorrBl, IV, 1974, p. 539 ss.; F. Benoit, Le symbolisme dans les sanctuaires de la Gaule (Collect. Latomus, 105), Bruxelles 1975, p. 87 ss.; W. Müller, Die Juppitergigantensäulen und ihre Verwandten (Beiträge zur klassischen Philologie, 66), Heisenheim am Glan 1975; G. Bauchhenss, P. Noekle, Die Juppitersäulen in den germanischen Provinzen (BJb, Suppl. 41), Colonia 1981; G. Bauchhenss, Die grosse Juppitersäule aus Mainz (CSIR, Deutschland, II, 2, Germania Superior), Magonza 1984.
(Red.)