COLLOIDI (X, p. 761)
I collodi biologici. - I diversi componenti di un organismo vivente, a parte quelli salini disciolti nei liquidi, sono riuniti in aggruppamenti di peso molecolare spesso assai elevato. Il loro scheletro è costituito quasi sempre da catene proteiche, formate dalla riunione con legami proteici di numerosi aminoacidi, in rapporti numerici e in ordine di distribuzione caratteristici per ogni singolo composto. Ad esse sono uniti, con legami varî più o meno labili, altri gruppi, glucidici, lipoidici, di acidi nucleici, ecc. in modo da formare sistemi altamente specializzati data la varietà di possibili aggruppamenti che vengono a costituire il substrato cui sono legati i fenomeni vitali. Tali sistemi devono in ogni intima parte essere permeabili ai liquidi acquosi attraverso i quali si svolge tutto il metabolismo, ma devono essere collegati in modo da resistere a deformazioni e scorrimenti reciproci.
Ora, ciascuna delle due fasi di un sistema colloidale può essere continua o dispersa (continua se da un punto della fase si può andare ad un altro qualunque di essa per una via tutta entro la fase stessa; dispersa se questo non si verifica, ossia si deve attraversare le superficie limiti fra l'una e l'altra fase). Con una fase solida e una liquida si può avere:
a) Liquido continuo, solido disperso: tale è il caso di liquidi, come il plasma, la linfa, ecc. in cui particelle di forma e grandezza varie sono disperse nel fluido; un simile sistema ha le caratteristiche di una soluzione, ha una certa viscosità dipendente dalla concentrazione volumetrica, dalla forma, dallo stato d'idratazione delle particelle, può presentare anisotropia ottica e viscosimetrica di flusso. Oltre i liquidi naturali sopra indicati, sono di questo tipo le soluzioni di proteine ed è probabile che tali siano anche le fasi acquose dei sistemi a doppia fase continua di cui si dirà in seguito. Da esse la separazione delle due fasi è facile, sia per coagulazione di quella dispersa (formazione graduale d'un sistema continuo per legami più o meno labili fra le particelle) sia per azione meccanica. L'indagine con i diversi metodi fisici (diffusione, viscosità, dispersione della luce, birifrangenza di flusso, pressione osmotica, ecc.) permette di determinare, almeno in via approssimata, le dimensioni, la forma, il rigonfiamento, il peso molecolare delle particelle. L'elettroforesi permette d'altra parte di scindere i varî componenti dispersi del liquido in esame e di riscontrare le condizioni normali o patologiche dell'organismo da cui provengono.
b) Liquido disperso, solido continuo: a questi sistemi si possono ricondurre, per quanto escano dal campo strettamente colloidale, le strutture cellulari nelle quali si considerino come fase continua le pareti separanti le cellule, e come fase dispersa il contenuto plasmatico della cellula stessa (si badi, non i liquidi costituenti parte del detto contenuto plasmatico).
c) Solido e liquido ambedue continui: la fase solida è costituita da filamenti qua e là collegati, tali da formare una rete tridimensionale, permeata dalla fase liquida e in ogni punto accessibile alle sostanze disciolte in essa. Un tale sistema ha una rigonfiabilità limitata, una certa deformabilità, una capacità di reazione elevata per la grandissima superficie di contatto fra le fasi, una conducibilità di influenze attraverso le catene molecolari da un punto all'altro della massa, una variabilità notevole se i punti di saldatura della catena sono labili, un facile accrescimento per aggregazione di altre molecole filiformi o per formazione successiva di nuove catene. È così la struttura tipica assegnabile alle masse costituenti le cellule; è apparentemente uniforme ma può dimostrarsi granulare o reticolata se si hanno ammassamenti molecolari più compatti.
La struttura colloidale degli organismi si può ricondurre così a queste tre strutture sovrapposte: sali e molecole organiche in forma filamentosa più o meno aggomitolata e rattratta sono dispersi, a formare sistemi a, entro acqua (la fase disperdente); questi costituiscono la fase liquida di sistemi c, in cui la fase solida è la rete di molecole filiformi più o meno dotate di appendici; le masserelle del tipo c hanno però limiti ben determinati di grandezza oltre i quali cessano di essere stabili (per ragioni varie, fra le quali anche quelle di possibilità di diffusione), e si riuniscono in sistemi b, costituendo allora ciascuna una celletta dispersa entro un sistema continuo formatosi dalla coagulazione della zona esterna delle masserelle singole o rappresentato da un insieme di membrane cellulari. Questo sistema è percorribile dall'acqua, ma solo parzialmente dai soluti del sistema a; si hanno allora i noti molteplici fenomeni di arresto selettivo di particolari molecole sulle pareti delle celle del sistema c.
Questa architettura giustifica la varietà di osservazioni eseguibili sulle strutture degli organismi.
Bibl.: W. Pauli e E. Valkò, Kolloidchemie der Eiweisskorper, Dresda-Lipsia 1933; Frey-Wyssling, Submikroskopische Morphologie des Protoplasma und ihrer Derivate, Berlino 1938; Svedberg-Petersen, Die Ultrazentrifuge, Dresda-Lipsia 1940.