CANONICHE, COLLEZIONI
. Fino dai tempi più antichi della Chiesa si sentì il bisogno di raccogliere con un certo ordine le norme che regolavano la vita dei fedeli; ma le prime collezioni non furono puramente giuridiche, né di sole forme disciplinari, bensì frammiste a regole morali: e, almeno da principio, non furono collezioni autentiche, ossia opera del legislatore, ma lavori privati, nei quali spesso, accanto alle fonti autentiche, non mancarono quelle apocrife. Si distinguono pertanto le collezioni canoniche in autentiche e private, secondo che sono opera del legislatore o di uno studioso; genuine e spurie, secondo che contengono materiale genuino ovvero falsificato in tutto o in parte; cronologiche e sistematiche, secondo che i canoni sono disposti in ordine di tempo o di materia. Le fonti a cui attingono queste collezioni sono svariate: testi della Bibbia, opere dei Santi Padri, canoni di concilî, costituzioni dei pontefici; queste ultime prevalgono di gran lunga nelle raccolte più recenti.
Alcune delle più importanti furono riunite nel Corpus iuris canonici; molte ne rimasero escluse, altre vennero compilate dopo la pubblicazione del Corpus. Si sogliono, quindi, raggruppare le collezioni canoniche in tre periodi, corrispondenti a quelli tradizionali del diritto canonico: collezioni antiche, anteriori al Corpus; collezioni nuove, contemporanee al Corpus; collezioni nuovissime, posteriori al Corpus.
Nel primo periodo vi sono collezioni orientali o greche e collezioni occidentali o latine. Fra le prime le più antiche sono varie raccolte di costituzioni dette apostoliche, comprendendo tra queste il cosiddetto Ordinamento ecclesiastico apostolico, Ordinammto ecclesiastico egiziano e i Canoni d'Ippolito. Si deve pure rammentare una collezione del sec. IV il cui autore è ignoto, e nella quale sono raccolti i canoni di diversi concilî: Nicea, Ancira, Neocesarea, Gangra, Antiochia; a cui vennero in seguito aggiunti quelli dei concilî di Laodicea, Costantinopoli, Efeso e Calcedonia, e, in una redazione ancora più recente, i canoni del concilio di Sardica e gli 85 canones Apostolorum. Tale collezione era cronologica; nel sec. VI ne seguirono due sistematiche; una d'autore ignoto, andata smarrita e della quale è rimasta soltanto un'appendice contenente 25 costituzioni del codice giustinianeo, in materia ecclesiastica, donde il nome di Collectio XXV capitulorum; l'altra, opera di Giovanni Scolastico, che fu poi patriarca di Costantinopoli, intitolata Synagoge canonum, che contiene canoni di concilî e altre 68 regole tolte dalle epistole di S. Basilio; l'autore vi aggiunge un compendio delle Novelle di Giustiniano, col titolo Collectio LXXXVII capitulorum. Anche Giovanni il Digiunatore (Nesteute), morto nel 595, compilò un Nomocanone.
Tra le collezioni orientali sono da ricordare i Nomocanones, così detti perché comprendono, assieme e in corrispondenza, norme ecclesiastiche (κανόνες) e le leggi imperiali (νόμοι) in materia ecclesiastica. Una di queste raccolte è del sec. VI-VII, falsamente attribuita a Giovanni Scolastico; un'altra, che sembra appartenere al sec. VII, fu erroneamente attribuita a Fozio, il quale invece non la compilò ma l'accrebbe e l'accolse nella collezione da lui fondata l'anno 883; di questa, una prima parte, detta propriamente Synagoge canonum contiene i canoni del concilio Trullano considerati come il codice delle chiese orientali e di qualche autorità presso i Cattolici) e alcuni di altri concilî; la seconda parte detta Syntagma contiene il Nomocanon compilato al tempo dell'imperatore Eraclio, con l'aggiunta di alcune leggi posteriori. In queste collezioni miste si riflette il cesaropapismo (v.) che vigeva nell'Oriente greco. Presso i popoli semitici, poi, la religione improntava di sé ogni attività sociale: così presso le comunità cristiane siriache si ebbero parecchie collezioni di canoni, le quali però furono più tardi assorbite e totalmente soppiantate da due più ampie che anche oggi servono da codice sociale-religioso per le due sette siriache: cioè il Nomocanone di ‛Abdishò (Ebediesu, v.) per i nestoriani e il Libro delle norme o guida di Barhebreo (v.) per i monofisiti.
Le collezioni occidentali cominciano nel sec. V. Prima d'allora la vita della Chiesa occidentale era regolata dai canoni dei concilî di Nicea e di Sardica, che nella collezione posseduta dalla Chiesa di Roma erano uniti insieme senza distinzione. Le più antiche raccolte che si rammentano sono la Collectio Hispana o Isidoriana (detta così perché erroneamente ritenuta di origine spagnola e poi accolta nella collezione attribuita a S. Isidoro di Siviglia) e la Collectio Prisca o Itala. Esse contengono canoni dei concilî orientali tradotti dal greco, onde hanno avuto l'una e l'altra il nome di Versio. Grande autorità ebbe non solo preso i Latini, ma anche presso i Greci, la Collectio Concilii Carthaginiensis XVII, dell'anno 419, che ripeteva i canoni sanzionati nei concilî africani precedenti; onde si veniva a formare una collezione autentica (detta anche Collectio Canonum Ecclesiae Africanae). Altre collezioni furono: gli Statuta Ecclesiae antiqua, piccola raccolta probabilmente formatasi nella Gallia meridionale durante il sec. V e da taluno riferita a S. Cesario d'Arles ma falsamente attribuita al IV concilio cartaginese; la Breviatio Canonum Fulgentii Ferrandi, del sec. VI, raccolta di canoni orientali e africani per opera di un diacono della chiesa di Cartagine; la Concordia canonum della fine del sec. VII, opera sistematica di Cresconio, che fu forse vescovo africano.
In Italia ebbe molta autorità la Collezione Dionisiana e merita pure menzione la Collectio Avellana, così chiamata perché scoperta in un codice del monastero in Fonte Avellana, compilazione d'uso privato, d'autore ignoto, fatta forse a Roma; importante, perché contiene epistole di papi, e vescovi, di imperatori e di praefecti urbis, che mancano nelle altre.
Nella Spagna oltre alla Collectio Martini Bracarensis (Martino di Braga), detta spesso Capitula Martini, del sec. VI, opera sistematica di un arcivescovo di Braga, contenente canoni di concilî greci e spagnoli, è degna di nota la Collectio Hispana o Isidoriana (chiamata altresì Codex canonum o Corpus canonum), raccolta cronologica composta in varî tempi, e probabilmente svolgimento dell'antica Collectio Hispana sopra citata; fu attribuita a S. Isidoro di Siviglia, ma secondo la critica più recente è posteriore a lui e appartiene alla fine del sec. VII o al principio del sec. VIII. Fu la collezione autentica della Chiesa spagnola. È preceduta da un compendio sistematico di tutti i canoni, in versi, col titolo Excerpta canonum; sono in essa contenuti canoni conciliari ed epistolari di 16 papi fino a S. Gregorio Magno. In Gallia vi furono tre collezioni: la raccolta sistematica del sec. V, detta Codex Canonum Ecclesiae Romanae, edita dal Quesnel; la Dacheriana, edita dal D'Achéry, e la quadripartita. In Inghilterra ebbe fra le altre maggiore celebrità la Collectio Hibernica o Hibernensis, sistematica, del principio del sec. VIII.
Tra le collezioni canoniche si possono, sotto un certo aspetto, annoverare i Libri poenitentiales, nei quali si trova un elenco dei peccati, dei delitti e delle pene corrispondenti; concernono anche il foro esterno, e ci espongono le più antiche norme penali della Chiesa. Qualche esempio di questa sistemazione della materia penitenziale, assai importante per la disciplina ecclesiastica, si ha pure in Oriente; nelle regioni occidentali i primi esemplari di questi libri si rintracciano in Inghilterra e in Irlanda, nei secoli VI, VII e VIII; uno di essi è attribuito a S. Colombano, un altro al Venerabile Beda. Diversi furono compilati nel sec. IX in Germania e in Francia, e anche in numero eccessivo, tanto che alcuni sinodi cercarono di porre un freno alla loro produzione, facendo distruggere quelli di autore ignoto. In Italia, e particolarmente a Roma ce ne furono varî col nome di Poenitentiale Romanum, ma non sono come il loro nome potrebbe far credere, autentici, ed è molto dubbio se valessero per tutta la Chiesa o non soltanto per Roma (v. penitenziali libri).
Si considerano come collezioni canoniche anche quelle liturgiche dette, le più antiche (dei secoli V, VI e VII), Libri Mysteriorum o Sacramentorum, ed anche Sacramentaria; le più recenti (dal sec. IX al sec. XV) Ordines Romani. Fra le collezioni canoniche si includono pure le raccolte di formule della cancelleria pontificia, fra le quali la più importante è il Liber diurnus Romanorum Pontificum (sec. VII o VIII, però con alcune formule più antiche) usato fino al sec. XI, e che contiene altresì formule di epistole pontificie, di ordinazioni di papi e di vescovi, di privilegi, ecc. È utile per conoscere lo stylus Curiae, ossia la maniera di trattare gli affari della Cancelleria.
Nel sec. IX si diffusero varie collezioni non genuine, di cui la più importante è la Collezione pseudo-isidoriana. Prima di questa va rammentata la raccolta di capitolari di Benedetto Levita (che si dice diacono della chiesa di Magonza), divisa in tre libri e quattro appendici; vi si trovano molti capitoli sulla disciplina ecclesiastica, ma appena un quarto è genuino; il suo autore è ignoto; dubitano taluni che fosse quello stesso della pseudo-isidoriana. Un'altra falsificazione va sotto il nome di Capitula Angilramni; una settantina di capitoli sull'ordine dei giudizî di accusa dei vescovi e dei chierici attribuiti falsamente a Angilramno vescovo di Metz o al papa Adriano (sempre sulla fine del sec. VII), ma che oggi si reputano appartenere alla Francia occidentale e alla metà del sec. IX: incerti rimangono l'autore, il luogo e l'anno preciso; anche per questa si suppone che l'autore sia lo stesso della pseudo-isidoriana.
Dal secolo IX al XII, essendosi radunati molti concilî e diversi sinodi diocesani, furono compilate parecchie raccolte sistematiche, però abbastanza imperfette per quanto concerne la genuinità e la critica delle fonti. Ricordiamo, in Italia, nel sec. IX, la Collectio Anselmo (vescovo di Milano) dedicata, in 12 libri; una delle più importanti per sistema, ricchezza di materiale, diffusione; compilata da autore ignoto, nell'Italia superiore; nel sec. XI la Collectio Anselmi Iunioris, vescovo di Lucca, quasi tutta riprodotta nel Decreto di Graziano; la raccolta in quattro libri del cardinale Deusdedit (anni 1081-87) tolta dagli archivî romani, e che si occupa del primato dei papi, del clero romano, delle immunità e dei beni ecclesiastici, del patrimonio di S. Pietro; e un'altra, in 10 libri, del vescovo Bonizone (anno 1089) quasi completamente inedita. Al principio del sec. XI il Polycarpus del Cardinale Gregorio, in otto libri.
In Germania: la Collectio di Reginone abate di Prüm (verso il 906) in due libri, col titolo di Libellus de ecclesiasticis disciplinis et religione christiana collectus, che si occupa dei clerici e dei laici, e ci informa dei costumi e degli usi del tempo; il Collectarium canonum, detto poi anche Decretum, in venti libri, compilato fra il 1021 e il 1022 da Burcardo di Magonza, poi vescovo di Worms, con l'aiuto di Gualtiero vescovo di Spira e con la collaborazione del suo maestro, il monaco Alberto; opera che ebbe molta fama e servì di fonte a collezioni ufficiali, e di cui il libro XIX, de poenitentia (che dà molte notizie sui costumi germanici), fu pubblicato separatamente col nome di Corrector Burchardi; pare altresì che questo nome desse origine all'appellativo di brocardica, col quale si indicano gli aforismi giuridici. Pure in Germania ricordiamo il Liber de misericordia et iustitia, in tre parti, anteriore al 1021, del monaco Algero di Liegi.
In Francia, oltre alle collezioni di Ansegiso, abate di Fontenelle che raccolse in quattro libri i capitolari (due contengono quelli ecclesiastici) e di Floro di Lione, di Abbone abate di Fleury (verso il 1004), si debbono ricordare, sul principio del sec. XI, le tre raccolte di Ivone vescovo di Chartres: la Collectio trium partium, il Decretum Yvonis e la Panormia; delle quali poi furono fatte qualche anno dopo, abbreviazioni e compilazioni. Nella Spagna ebbe vigore il Polycarpus, e furono usate altresì la Collectio Tarraconensis o de Populeto, della fine del sec. XI alla quale diede questo nome Antonio Agostino, vescovo di Tarragona, che la scoperse nel monastero di Poblet: e la Collectio Caesaraugustea, così chiamata dallo stesso vescovo, perché l'aveva trovata nella città di Saragozza; esse contengono le decretali dei papi fino a Pasquale II.
Dal sec. XII al XV troviamo le collezioni che furono riunite nel Corpus iuris canonici, e le Compilationes antiquae. Dopo il Corpus iuris canonici non si fecero più collezioni sistematiche complete, fino al Codex iuris canonici. Ci sono soltanto raccolte parziali di varie fonti. Così le Regulae Cancellariae Apostolicae, norme dettate da ogni papa per uso della cancelleria stessa, e che sotto Giovanni XXII (1316-24) cominciarono a formare un complesso di regole poste in iscritto, a cui i successivi pontefici fecero modificazioni ed aggiunte, finché nel sec. XVIII ebbero numero determinato (72 regole), disciplinando la forma degli atti principali emanati dalla Santa Sede. Sono state poi fatte diverse raccolte degli atti dei concilî, che pure costituiscono una fonte di diritto per la Chiesa; e sono raccolte particolari e raccolte generali, fra le quali rammentiamo la Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, in 31 volumi, fatta dal Mansi (1758-98). Si fecero, inoltre, le Summae conciliorum, nelle quali vennero riportati i canoni dei concilî. Ma particolare menzione merita la raccolta dei Canones et Decreta Concilii Tridentini, per la grande importanza che ebbe tale concilio (1545-1563) nella vita della Chiesa. Essa contiene le regole e le definizioni stabilite nelle 25 sessioni, che Pio IV confermò nel 1564, dando loro valore ufficiale per tutta la Chiesa. I canoni si distinguono in dogmatici e disciplinari, questi ultimi detti de reformatione. L'interpretazione di essi venne riservata alla Santa Sede, la quale stabilì per questa un'apposita Congregazione, detta Congregazione del Concilio. Altre definizioni e norme furono pubblicate dal Concilio Vaticano (1869-70).
Sono di particolare rilevanza altresì i Bullaria, raccolta di costituzioni pontificie non comprese nelle varie parti del Corpus iuris canonici. Sono in ordine cronologico, e prendono il nome dalla forma di bolla, che è la più solenne usata dai pontefici nelle loro costituzioni; benché nei Bullaria si trovino anche altre forme di leggi pontificie. Il più antico è il Bullarium, compilato dal Cherubini, e pubblicato in varie edizioni tra la fine del sec. XVI e il secolo XVII; segue il Magnum Bullarium Romanum, o Bullarium Romanum Luxemburgense, edito a Lussemburgo nel 1727-28, contenente nei primi otto volumi le costituzioni da S. Leone Magno fino a Benedetto XIII; e in altri undici le appendici e le leggi pontificie fino a Benedetto XIV, escluse le costituzioni di quest'ultimo che furono raccolte in un altro bollario (Bullarium Benedicti XIV) in quattro volumi, di cui il primo fu da lui stesso riveduto e approvato come collezione autentica. Un altro bollario, detto Bullarium, privilegiorum ac diplomatum Romanorum Pontificum amplissima collectio, e più brevemente Bullarium Romanum, pubblicato nel secolo XVIII, in 28 volumi, contiene le costituzioni da Leone I a Clemente XII; fu continuato poi nella prima metà del sec. XIX con le costituzioni da Clemente XIII a Pio VIII. Ci sono poi diversi bollarî particolari. Le leggi dei sommi pontefici da Gregorio XVI a Pio X furono raccolte, col nome di Acta di ogni singolo papa; quelle di Leone XIII sono in maggior numero. Con l'istituzione fatta da Pio X, del Commentarium officiale Apostolicae Sedis, nel quale sono riportate leggi e atti della Santa Sede, cessò la pubblicazione in volumi.
Come collezioni di fonti canoniche si debbono considerare altresì quelle dei decreti e delle decisioni delle sacre congregazioni romane. Non di tutte le congregazioni però si trova la raccolta, né sono tutte autentiche. Raccolte si hanno per gli atti della Congregazione del Concilio, per quelle dei riti, delle indulgenze e della Congregazione di Propaganda Fide. In questa categoria vanno pure considerate le decisioni della Rota romana, che non hanno carattere autentico, ma sono molto importanti; e che si distinguono in collezioni antiquae, novae, novissimae e recentiores.
Un tentativo di collezione sistematica, fu fatto per ordine di Gregorio XIII e poi da Sisto V, affidato al cardinale Pinelli, il quale terminò il lavoro e lo presentò a Clemente VIII, col titolo Domini Nostri Clementis VIII decretales e che si disse anche Liber VII Decretalium Clementis VIII. Ma l'opera, in cui erano mescolate disposizioni dogmatiche a quelle disciplinari, non fu approvata dal papa Clemente VIII e nemmeno da papa Paolo V. Come lavoro particolare può essere utile per la conoscenza di quelle leggi; ma non ha alcun valore legislativo.
Bibl.: J.F. Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des Canonischen Rechts, Stoccarda 1877, I, pp. 40-46; A. Galante, Manuale di diritto ecclesiastico, Milano 1914, pp. 33-48, 70-72; P. Gasparri, Praefatio al Codex Iuris Canonici, Roma 1917, pp. xxv-xxvi, pp. xxxv-xxxvi; Ph. Maroto, Institutiones, Iuris Canonici ad norman novi Codicis, Roma 1921, I, pp. 50-64; 67-68-85-98; F. X. Wernz, Ius decretalium, 2ª ed., Roma 1905, I, pp. 309-334, 365-368, 372-388; J. Chelodi, Ius de personis juxta Codicem Iuris Canonici, praemisso tractatu de principiis et fontibus Iuris Canonici, 2ª ed., Trento 1927, pp. 71-82 e 91-95.