COLLEONI (Colleone)
Famiglia di argentieri laziali attiva nei secc. XVIXVIII.
Capostipite fu Corinzio, figlio di Firmiano, nato a Gallese (nei pressi di Viterbo) nell'anno 1579. Compì il proprio apprendistato a Roma, nella bottega di Pietro Spagna alle cui dipendenze è segnalato costantemente dal 1596 al 1599; successivamente, tra il 1603 e il 1613) lavorò con Lorenzo Mattaccini, presso il quale abitò in via dei Pellegrino, tenendo con sé almeno fino al 1611 la madre Iacoma (Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, Stati d'anime). Il21 apr. 1610 sposò, nella sua parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, Marta Vannini, figlia di un fu maestro Andrea.
Nel 1612 Corinzio iniziò la propria attività di argentiere autonomo: versò infatti 100 giuli per la patente il 7 novembre di quell'anno; qualche tempo dopo lasciò la bottega di Mattaccini e si trasferì con la famiglia in un'altra casa di via del Pellegrino, dove è costantemente segnalato dai documenti tra il 1613 e il '26. Circa dal terzo decennio ricoprì frequentemente cariche ufficiali nell'amministrazione e nel controllo della produzione argentiera: così dal 1620 al 1624 fu console degli orefici, e quindi, per l'anno 1624, soprastante della Zecca, alle diperidenze della Camera apostolica.
Nel 1626 subentrò al defunto orefice Natalizio Ricci, acquistandone dalla madre "le robbe" il 28 gennaio e trasferendosi nella sua bottega di S. Giacomo degli Spagnoli nella stessa via del Pellegrino, dove risulta documentato dal 1628 al 1646. Nel 1631 fu di nuovo soprastante di Zecca e tra il 1631 e il 1652 fu cinque volte camerlengo degli orefici. Nel 1642 riconsegnò il punzone con "un mostacciolo-smosciato", che aveva ereditato da Giacomo da Prato sostituendolo nella sua carica al momento della morte nell'anno 1623 e che da allora aveva costantemente impiegato, e ricevette un altro bollo consistente in un "mostacciolo a quattro foglie".
Tra il 1649 e il '52 cambiò nuovamente dimora, pur rimanendo nella stessa strada, e si stabilì con la famiglia, i lavoranti e il nipote Bartolomeo in una casa di proprietà del Collegio inglese, dove sistemò anche la sua bottega, in cui, da un documento del 27 ott. 1653, risulta avere presso di sé come lavoranti Giuseppe Ricci romano e Nicolò Bianchi genovese. Nel 1653 compì l'ultimo cambiamento di abitazione, ritornando nella casa e bottega di S. Giacomo degli Spagnoli, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1656 (il 16 marzo di quell'anno era stato rimosso dalla carica di bollatore, essendo evidentemente ammalato). Venne sepolto in S. Lorenzo, in Damaso il 27 aprile di quello stesso anno.
Essendo mancato un interesse critico specifico relativo a Corinzio, il catalogo della sua attività, lunga e, deducendo dai dati documentari, verosimilmente intensa, è ancora da ricostruire. Gli atti notarili della Camera capitolina attestano che Corinzio fu fornitore del Magistrato di Roma per i calici donati annualmente dal governo della città alle varie chiese nel giorno della celebrazione dei santo patrono: di questi lavori, che recano incisi il millesimo e lo stemma del Popolo romano, i documenti ne enumerano una notevole quantità prodotta tra il 1616 e il '54 da Corinzio e destinati a varie chiese (Bulgari, 1958, p. 310, con lista e destinazione delle forniture).
Le opere identificate e note si riducono a pochi esemplari: un turibolo in argento, databile circa al 1626 nella chiesa di S. Stefano di Alatri con il suo bollo, la testa di leone ruggente (ibid., p. 310), e un reliquiario della stessa epoca nella cattedrale di Narni (Bulgari, 1977, p. 10); una brocca e un bacile in argento dorato a spicchi, circa del 1648, in collezione privata romana (Giunta di Roccagiovine, 1970, n. 1, p. 13, tav. I) e una brocca mesciacqua in argento, con manico perlato e piede rotondo, eseguita tra il 1648 e il '56, anch'essa a Roma in collezione privata (ibid., n. 2, p. 13, tav. II).
Bartolomeo, figlio di Giovanni Antonio e nipote di Corinzio, nacque a Gallese nel 1633. È stato erroneamente creduto di origine bergamasca da A. Bertolotti e confuso con Bartolomeo Colleoni di Francesco, falegname bergamasco operoso a Roma, che fece testamento nel 1652 (Bertolotti, 1881, pp. 246, 350).
Svolse il proprio apprendistato a Roma presso lo zio Corinzio, dove rimase come lavorante fino all'età di ventitré: anni, seguendolo nelle varie botteghe di via del Pellegrino dal 1645 alla morte del maestro, avvenuta nel 1656. Il 14 marzo di quell'anno ottenne la licenza e il 26marzo la patente di argentiere autonomo.
L'anno seguente Bartolomeo aprì bottega in via del Pellegrino nella casa di Bernardo Torrigiani, dove visse fino al 1660 con la moglie Anna Beatrice Vitelli (Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, Stati d'anime);dal 1661tornò ad abitare la casa di S. Giacomo degli Spagnoli, già occupata quando si trovava alle dipendenze dello zio, trasferendovi anche la bottega, e vi rimase fino al 1676 con la moglie e un figlio di nome Paolo. Nel 1664 venne eletto console e contemporaneamente compare tra i fornitori della corte papale per divenire poco dopo gioielliere di "Nostro Signore", carica per cui ricevette uno speciale stipendio tra l'ottobre 1667e il febbraio 1670.
Entro questo periodo gli accadde una disavventura giuridica in quanto bollatore della Zecca, che tuttavia non sembra avere condizionato irrimediabilmente la sua attività e neppure la sua carriera più specificamente amministrativa: il 31 luglio 1668 venne posto agli arresti domiciliari, come anche altri due dei quattro bollatori in carica, per qualche irregolarità, rimasta ignota, nell'esercizio delle sue funzioni. Una conseguenza dell'accaduto fu l'istituzione, il 24 aprile, di un nuovo bollo, detto del "millesimo", consistente in un bollo data apposto agli oggetti prodotti dai consoli in carica. Il 6 dicembre dello stesso anno Bartolomeo si dimise dalla carica di console, che gli venne però nuovamente assegnata nel 1672;mentre tra il 1675 e il 1678ricoprì quella di camerlengo.
Nel 1680, si trasferì nella stessa casa di via del Pellegrino di proprietà del Collegio inglese abitata dallo zio Corinzio tra il 1649 e il '52e vi rimase fino al 1701;qui dal 1681 visse anche la moglie Vincenza Mazzanti sposata quell'anno lo stesso giorno in cui il figlio Paolo sposava Ludovica, sorella di Vincenza. Non ricorrono altre date significative nella biografia di Bartolomeo se si eccettua la carica di camerlengo ricoperta nuovamente nel 1682 e un ultimo trasferimento di dimora, nella casa di certo Milvio tra il 1704 e il 1705in vicolo Sora. Dal 1697alla morte divise il proprio punzone di argentiere raffigurante due teste di leone ruggente sovrapposte, con Michele Borgiani; morì a Roma tra il 20e il 31 agosto del 1708.
Anche per Bartolomeo manca una conoscenza coerente e complessiva della sua attività. La sua produzione "ufficiale" è abbastanza nota solo a livello documentario: risulta così impegnato dal 1658 al 1701, come già lo zio Corinzio, nella fornitura al Magistrato di Roma dei calici da donare alle varie chiese il giorno della celebrazione del santo patrono (Bulgari, 1958, p. 309, con elenco e data delle opere commissionate). In quanto gioielliere del palazzo apostolico invece eseguì annualmente la Rosa d'oro e lo stocco d'argento per le benedizioni papali: particolarmente celebre fu la rosa del 1680 eseguita su modello di Giovanni Paolo Tedesco (presumibilmente identificabile con Giovanni Paolo Schor, disegnatore e pittore tedesco attivo a Roma dal 1640fin verso la fine del secolo: P. Zani, Enciclopedia metodica, I, 17, Parma 1823, pp. 148 s.). Realizzò, su disegno di Ercole Ferrata, le guarnizioni dei bauli ordinati dal papa per una spedizione all'imperatore nel 1668(Bertolotti, 1881, p. 240). Sempre dal palazzo apostolico ricevette un pagamento in data 6 febbr. 1669 per "una figura in rame con altri ornamenti con un putto intiero, quale significa la religione hovero la chiesa, longa due palmi in circa e la roba palmi uno e mezzo, la figura con la croce in mano et il regno in testa et il putto in piedi con un calice in mano con ornamenti sotto e sopra con un rame" (ibid., p. 172).
Infine un'altra rilevante commissione di carattere privato proviene dal cardinale Marcello Santacroce, per il quale eseguì varie opere tra il 1659 e il '68, in parte conosciute dai documenti di pagamento che ne specificano la data (Arch. di Stato di Roma, Fondo Santacroce):quattro candelieri da tavola "fatti a spicchi" (31 marzo 1664);un bacile ovato e sgolato per fare la barba (19 nov. 1665); un focone d'argento (31 nov. 1666).
Agostino, figlio di Sebastiano e nipote di Bartolomeo, nacque a Gallese nel 1663. Lavorò e abitò a Roma presso lo zio Bartolomeo dal 1680 fino al 1691;nel 1700 abitava in vicolo Sora, ma dal 1701 ritornò in via del Pellegrino in una casa con bottega all'insegna dell'Abbondanza, dove visse e lavorò con Michele Borgiani, già aiuto e negli ultimi tempi socio di Bartolomeo, e ne sposò nel 1704 la sorella, Innocenza.
Il 1710 è l'anno in cui Agostino, quarantasettenne, divenne argentiere autonomo: nel maggio si trasferì in un'altra casa di via del Pellegrino di proprietà del Collegio inglese dove, di lì a qualche tempo aprì bottega all'insegna della Pace; il 14 giugno fu ammesso a pieni voti come maestro e qualche giorno più tardi presentò la sua prova, una guantiera d'argento, con cui ottenne la patente. Dal 1714 fu argentiere del Popolo romano e fornì alla Camera capitolina i calici da donare annualmente alle chiese, fino al 1720. Ricoprì qualche carica ufficiale, essendo console dal 1726 al 1728 e camerlengo nel 1737, ma l'anno seguente, il 29 dicembre, all'età di settantacinque anni, cedette la sua bottega di argentiere con quanto in essa contenuto al suo aiutante Matteo Chiocca. Qualche mese dopo, il 13 maggio 1739, rinunziò alla patente e da allora risulta vivere da solo, sempre nella casa di via del Pellegrino; il 3 maggio 1746 venne sepolto in S. Maria in Vallicella.
A parte i calici forniti al Magistrato di Roma di cui i documenti offrono un elenco preciso (Bulgari, 1958, p. 308), la sola testimonianza comunemente nota della sua attività è un candeliere a base rotonda, lavorato a sbalzo, eseguito intorno al 1719 e conservato a Roma in collezione privata (Giunta di Roccagiovine, 1970, n. 8, p. 14, tav. IV).
Fonti e Bibl.: A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secc. XV, XVI, XVII, Milano 1881, II, pp. 172, 240 (Bartolomeo); C. G. Bulgari, Argentieri, gemmari, orafi d'Italia, I, Roma, Roma 1958, pp. 307 s. (Agostino), 308 s.(Bartolomeo), 309 s. (Corinzio); G. Cagianelli-S. Fornari, Il romanzo dell'argento romano, in Capitolium, XL (1965), pp. 24-33, 90-99 passim (Bartolomeo); S. Fornari, Gli argenti romani, Roma 1968, p. 79(Bartolomeo); Z. Giunta di Roccagiovine, in Argenti romani di tre secoli nelle raccolte private (catal.), Roma 1970, pp. 13 s. (Agostino, Corinzio);C. G. Bulgari-A. Bulgari Calissoni, Regolamenti, bolli e bollatori della città di Roma, Roma 1977, passim (Corinzio Bartolomeo).