COLLANA
Risale nelle sue forme primitive - conchiglie, denti, vertebre di pesce, pietruzze multicolori attraversate da un filo - alle più antiche fasi della vita umana. Assume di civiltà in civiltà forme differenti, anche ricchissime ed elaborate; accanto ad esse, nei più semplici monili fatti di perle infilate, di diverse materie e fogge, si conserva il ricordo della sua prima costituzione elementare. Analogamente, dall'una all'altra civiltà, pur essendo ovunque nota, la c. è usata diversamente e con differenti intendimenti; può essere cioè oggetto d'ornamento femminile, nella sua applicazione più diffusa, mentre in alcuni ambienti può essere portata anche dagli uomini, col valore di distintivo onorifico o come sostegno di amuleti.
L'Egitto ama molto le collane e ne presenta già una grande varietà di tipi: dalle collane di chicchi, tubicini o dischi di osso, corno, avorio, pietre dure, paste vitree e maioliche invetriate, a quelle ricchissime, o meravigliosamente delicate, note dai rinvenimenti di Dahshūr (de Morgan, Fouilles à Dahchour, 1894-95, tavole xv-xxiv; H. Bossert, Altkreta, p. 221) in cui troviamo modelli elaborati, a più fili o con pendenti, che ritroveremo fino ad età tarda, modificati nella intonazione più che nelle forme, ed in cui già tutte le tecniche della oreficeria antica sono documentate.
L'uso della c. è testimoniato nell'Oriente Anteriore fin dall'epoca più antica; le tombe reali di Ur (prima metà del III millennio a. C.) ne hanno restituito alcuni esemplari, costituiti, come in generale in Mesopotamia, da grani di pietre colorate. Oltre alle numerose collane trovate negli scavi (si ricordano quelle provenienti da Assur per essere state pubblicate recentemente), sono interessanti quelle raffigurate sui monumenti, al collo di diversi personaggi; tra queste si segnalano la c. della "dea" di Mari (II millennio a. C.), composta da diverse file di elementi discoidali, il pendente cruciforme di Shamshi-Adad V (823-810 a. C.) e le ricche collane delle dame palmirene ritratte sulle steli sepolcrali.
A Creta gli affreschi di Cnosso ci presentano figure maschili con grandi collane ad uno o più giri costituiti da elementi infilati: fiori di giglio, rosette, cilindretti, ecc., che, sciolti, sono stati ritrovati nelle tombe minoiche; oltre ad esse, in età micenea compare uno speciale tipo di c. (Hadaczeck, in Oesterr. Jahresh., 1902, p. 207) destinata a ornare il petto piuttosto che il collo. Essa è composta da una serie di piastrine rettangolari di lamina, variamente decorate, che, infilate in successione, attraversano il petto e si fissano all'una e all'altra spalla con due borchie; il tipo ci è noto, oltre che dagli elementi recuperati, da, numerose terrecotte che ce ne documentano la continuità in età ed ambienti differenti: a Micene, Tirinto, Argo, Cipro e, dal VI sec., nell'Italia meridionale (Paestum, Not. Sc., 1937, p. 330) ed in Sicilia (Selinunte); gli esemplari più ricchi e belli appaiono però documentati a Rodi tra gli ori orientalizzanti di Camiro (F. Matz, Geschichte der griechischen Kunst, 1, Tafelband, 1950, tavv. 275 A e 275 a). A prescindere da questo tipo che costituisce una forma per sé stante, un grande amore per le collane è denotato dall'ambiente cipriota, dove esse appaiono lunghe sul petto o strette intorno al collo, talora in più fili sovrapposti, liberi o fermati da borchie intervallate o da piastrine.
La civiltà greca, di età arcaica e classica, cura poco le collane e comunque, specie in età più antica, preferisce le semplici forme a granuli infilati, quali ci appaiono nei monumenti che le riproducono; si veda, ad esempio, nella pittura vascolare, la rappresentazione più comune dell'ὅρμος di Erifile nel mito di Anfiarao. Ritroviamo invece la c. nelle civiltà che si svolgono alla periferia del mondo greco: l'etrusca e la scito-sarmatica di Crimea. In Etruria, già nel VI-V sec. troviamo un particolare tipo di c. in cui i pendenti di lamina, sbalzata e granulata, per lo più in forma di fiori di loto e di testine sileniche o di Acheloo, appaiono incorniciati da una mobile rete di sottile filigrana con un effetto ricchissimo e felice. Altre volte, invece, le collane etrusche appaiono miste di pendenti aurei in lamina stampata, per lo più sotto forma di figure mostruose, alternati a cilindretti o a granuli di pasta vitrea azzurra; altre volte, infine, il gusto pel colore si afferma maggiormente, e tra i pendenti, vediamo comparire gli scarabei di pasta vitrea o di corniola.
L'ellenismo porta una maggior diffusione nell'uso della c. sia negli ambienti dove questo tipo di monile era già amato, sia nell'oreficeria greca che ormai lo adotta generalmente. Si hanno così, come per gli orecchini, modelli comuni ad ogni ambiente ed altri legati a civiltà particolari. Fra i primi segnaliamo la c. con pendenti che può consistere o in granuli infilati, alternati ad elementi penduli in lamina stampata con motivi varî (testina di Medusa, maschere leonine, testine umane, ghiande, bucranî, ecc.) oppure, in un modello più complesso e raffinato, composto da un nastro trinato di filo d'oro da cui si stacca una frangia di pendolini di lamina, tutti uguali, leggeri e mobilissimi. Comune ad ogni ambiente, inoltre, resta sempre la c. di granuli d'oro infilati e la catenina col pendente centrale, che vediamo rappresentata già nella fase precedente; ad esempio sulle monete siracusane della seconda metà del V secolo.
Accanto a questi modelli di maggiore diffusione si hanno, come si è detto, forme peculiari che più caratteristiche appaiono negli ambienti più lontani dai centri di civiltà classica ed in cui, pertanto, permangono forme indigene della preistoria. Mentre, infatti, l'oreficeria etrusca non ci dà in questa fase tipi particolari, ove si eccettui la catena con tre o più bulle sospese, spesso arricchite con rappresentazioni figurate a stampigliatura secondo la sensibilità coloristica propria dell'oreficeria etrusca di questo periodo (v. oreficeria), una novità nella produzione greca, per influsso di visioni più "barocche", ancora non bene individuate, è costituita dal più frequente uso della pietra mista all'oro. Abbiamo così la catena del museo di Napoli in cui una colonnina di granato col capitello aureo è collocata al centro di una catena formata di maglie d'oro che si agganciano ad altre intagliate nella pietra e le ricche collane in cui nastri di trina d'oro reggono sul davanti un nodo erculeo che può essere di lamina d'oro con filigrana (museo di Taranto) o con corniole e smalti colorati, in una duplice ricchezza cromatica e formale. Forme caratteristiche si hanno invece, nello stesso ambiente di Crimea, nella lunula, collare di lamina metallica piatta e liscia in forma di crescente, o nel cerchio d'oro massiccio liscio o adorno di motivi geometrici nella verga o alle sue punte. Nello stesso ambiente ricorre anche il torques, che, tuttavia, appare forma particolare della civiltà gallica, e che ha l'aspetto di un cerchio rigido attorcigliato a corda con i capi per lo più in forma di protomi ferine.
In età romana i tipi di c. si moltiplicano, ma nello stesso tempo si vanno impoverendo mentre prevale l'uso, che peraltro ci appare già ampiamente documentato dalle figure di defunti delle urne etrusche del III-II sec. a. C., delle lunghe catene che scendono sul petto o, intersecandosi, ornano in più fili il busto, scendendo fino ai fianchi. Una delle documentazioni più ricche per questa fase è data dagli ori pompeiani (Breglia, Le Oreficerie del Mus. di Napoli, n. 473-512) che ci presentano una larga scelta di modelli; lacci di filigrana e catene di tutti i tipi, spesso molto lunghe, con pendenti varî, fra cui predomina il crescente o la bulla, con evidente valore di amuleto; monili formati con fogliette d'edera agganciate in successione, e collane brevi da portare intorno al collo, tra cui particolarmente bella quella del Museo Naz. di Napoli in filigrana d'oro cui si intrecciano smeraldi e perle.
Nella oreficeria d'età imperiale il modello preferito è costituito dalle collane con pendenti formati da monete o da cammei; talora essi si distribuiscono lungo tutta, o quasi, la c., talora con ricca incorniciatura formano il pendente isolato e scorrevole su una catenina. L'oreficeria bizantina che darà luogo ad altre forme, fra cui frequenti i monili che sostengono la croce in oro e pietre, conserva questo gusto per le collane monetiformi. Ne è esempio la bellissima c. del museo di Berlino (VI-VII sec.), dall'Egitto, costituita da una verga circolare e rigida d'oro che sul davanti regge una piastra aurea con monete; ad essa l'orafo antico aggiunse un pendente di età più antica (V sec.) con rappresentazione monetiforme nella ricca cornice di lamina intagliata. Nello stesso museo, proveniente ugualmente dall'Egitto, è un altro monile della stessa età che ci presenta il ricordo del gusto barbarico nella forma a lunula, nella caratteristica filigrana a giorno e nel sontuoso gusto del colore che unisce all'oro le perle con smeraldi, zaffiri ed ametiste.
Bibl.: Karo, in Dict. Antiq.; H. Bossert, Altkreta, Berlino 1921, passim; F. H. Marshall, Cat. of the Jewellery in the Brit. Mus., Londra 1911, passim; L. Breglia, Cat. delle Oreficerie del Mus. Naz. di Napoli, Roma 1942, pp. 120-21, passim; G. Becatti, Oreficerie Antiche, Roma 1955, passim; H. Schlunk, Kunst der spätantike Mittelmeerraum (Spätantike und byzantinische Kleinkunst aus Berliner Besitz), Berlino 1939. Per le collane greche si veda inoltre M. Ruxer, History of the Greek Necklace, Poznan 1938, Summary, pp. 327-404.