COLCHICO (lat. scient. Colchicum)
Genere di piante della famiglia Liliacee, sottofamiglia Melantioidee o Colchicacee (Linneo, Genera plantarum); sono piante tuberose, con foglie lineari che si sviluppano insieme o dopo i fiori; questi generalmente sono da 1-3 di color lilla, bianco o giallo col perigonio imbutiforme munito di un lungo tubo che termina con 6 lacinie oblunghe; il frutto è una capsula setticida. Comprende 36 specie che vivono in Europa, nell'Asia occidentale e nell'Africa settentrionale: la maggior parte si trovano nell'Europa meridionale orientale e nell'Asia minore.
In Italia, oltre al Colchicum autumnale L., si trovano il C. montanum L., C. alpinum DC., C. neapolitanum Ten., C. Bivonae Guss. con alcune sottospecie e varietà. La specie più importante per i suoi usi farmaceutici è il C. autumnale L. (fr. colchique; sp. cólquico; ted. Herbstzeitlose; ingl. meadow saffron; chiamato anche zafferano bastardo, efemero) frequente nell'Europa centrale e meridionale e da noi comune nei prati, dal mare alla regione montana; è una pianta proteranta, i cui fiori nascono in settembre-ottobre in numero da 1 a 7, hanno un bel colore lilacino-porporino; in primavera si sviluppano le foglie e i frutti che sono capsule obovato-oblunghe, grandi (da 3-6 cm.) contenenti numerosi semi.
Di questa pianta in alcuni paesi si usano in medicina anche i tuberi, ma da noi si adoperano solo i semi, piccoli (2 mm. di diametro), bianchi allo stato fresco, bruni quando sono secchi, zigrinati alla superficie, muniti di una piccola cresta o punta che rappresenta il residuo del funicolo. Sono inodori, di sapore acre ed amaro e contengono l'alcaloide velenosissimo colchicina (C22H25NO6), il quale è diffuso del resto in tutta la pianta.
Come pianta velenosa era conosciuta nell'antichità (è forse il κολχικόν di Dioscoride) e nel Medioevo; nel 1618 i suoi tuberi cominciarono ad usarsi in medicina. I semi contengono circa 3% di colchicina; i tuberi ne contengono invece 0,40%.
Bibl.: Sui nomi volgari linguisticamente interessanti, v. V. Bertoldi, Un ribelle nel regno dei fiori. I nomi romanzi del Colchicum autumnale L., Ginevra 1923.
Farmacologia. - Localmente la colchicina è molto irritante e anche flogogena, ma non è caustica. Applicata sulle mucose, paralizzerebbe, secondo alcune esperienze, le terminazioni nervose di senso. L'azione principale del colchico è marcatissima sul sistema nervoso della vita vegetativa e sulle funzioni che vi si riferiscono; i capillari del dominio dello splacnico sono dilatati; il tubo digerente s'infiamma, specialmente l'intestino tenue; la sensibilitb della mucosa intestinale diviene massima a ogni piccolo stimolo (Jacobij e questa infiammazione è accompagnata da dolori gastrici, vomiti, coliche, diarrea sierosa o sierosanguinolenta da somigliare a un attacco di colera. Le manifestazioni gravi che accompagnano anche le dosi terapeutiche limitano molto l'uso del colchico, che deve essere prescritto con prudenza e a piccola dose per evitare che si manifesti una paralisi ascendente, che per lesione del centro respiratorio deternninerebbe la morte per asfissia.
Lenta è l'azione del colchico, perché lento ne è l'assorbimento. L'eliminazione, che si compie per i reni e per l'intestino, è più lenta ancora, per cui si possono avere fenomeni di cumulo. L'avvelenamento è alle volte insidioso perché, mentre i sintomi s'attenuano e il pericolo sembra scongiurato, dopo giorni o anche settimane, può accadere la morte. Gli animali carnivori di fronte al colchico sono più sensibili degli onnivori, e questi ultimi più degli erbivori.
In terapia è stato introdotto per la prima volta solo nel 1760 dallo Stoerk e da medici inglesi che lo adoperarono nella cura della gotta. Come agisca sulla gotta ancora non è noto, tuttavia capita di veder scomparire un accesso di gotta dopo somministrazione di colchico. Le esperienze farmacologiche non hanno dimostrato aumento d'eliminazione urinaria per effetto del colchico, né tanto meno di acido urico o urea. L'ipotesi che il colchico possa agire sulla gotta modificando in qualche modo la circolazione non è affatto provata. S'adopera specialmente la tintura, meno l'estratto; anche la colchicina, quantunque poco maneggevole, è stata prescritta in granuli che contengono un milligrammo d'alcaloide.
Nei casi d'avvelenamento da colchico occorre combattere i gravi sintomi a carico del tubo gastroenterico ricorrendo a preparati di belladonna e d'oppio.