ALAGNO, Cola (Nicola) d'
Nato a Napoli nella seconda metà del sec. XIV, fu maestro ostiario e consigliere di Ladislao di Durazzo. Nel 1409 fu mandato dal sovrano presso il capitano di ventura Gentile di Monterano (che, all' avvicinarsi di Luigi II d'Angiò, si era ritirato da Roma nel suo feudo di Paduli, presso Benevento, senza difenderla né prestare aiuto al conte di Troia), per spiarne le intenzioni e convincerlo a rimanere fedele alla causa durazzesca. Ma il Monterano già era passato alla parte avversa.
Morto Ladislao, dopo la seconda occupazione di Roma, nel 1414, resse per conto di Giovanna II la terra di Anagni e Cori, ricevendo in burgensatico, franca e libera di ogni servitù, Torre Annunziata, della quale era capitano. Più tardi, allorché Giovanna, inimicatasi con Alfonso d'Aragona, fu costretta a rifugiarsi ad Aversa e i Catalani misero a ferro e a fuoco Napoli (1423), fu accusato d'aver parteggiato per l'Aragonese ed ebbe confiscati i beni, tra cui il feudo di Torre Annunziata. Ma poté dimostrare la sua fedeltà alla regina e fu ancora adoperato come uomo di fiducia. Con lettera del 22 nov. 1427, il papa Martino V, che era passato a sostenere Giovanna II e Luigi III d'Angiò, il nuovo principe da lei adottato, lo nominò senatore in Roma per il semestre luglio-dicembre 1428; e due anni dopo, nel 1430, la regina lo mandò come suo ambasciatore presso il re di Tunisi. Alla morte di Giovanna (2 febbr. 1435), fattasi la concordia tra il consiglio dei governatori, che ella aveva nominati nel testamento, e i patrizi dei Sedili, A. fece parte dei Diciotto della Balia, rappresentando insieme con Marino Brancaccio il seggio di Nido; quando la regina Isabella, moglie di Renato d'Angiò, venne a prendere possesso del Regno, le porse omaggio insieme con gli altri in Castel Capuano. Cambiatesi rapidamente le sorti della guerra, passò dalla parte di Alfonso d'Aragona, che lo mandò in qualità di capitano a reggere Sulmona, travagliata, insieme con altre terre, dall'avidità di danaro di lacopo Caldora, commissario generale del Regno, per conto della regina Isabella. La città, assediata, il 16 maggio 1436 venne a patti e all'A. fu ingiunto di partirsi entro due giorni "con robe, arnesi e famiglie". Dopo questo avvenimento non si trova più ricordato nelle vicende del Regno.
Dalla moglie Covella, appartenente alla famiglia Toraldo, anch'essa del Seggio di Nido, ebbe sette figlioli: Giovanni, morto in giovane età, tra il 1451 e il 1452 Ugo; Mariano; Margherita, già vedova nel 1449 di Marino del Giudice, e andata sposa nel 1451 a Rinaldo Brancaccio; Luigia, sposa di Auxia de Milà, nipote di Callisto III; Antonia sposa nel 1452 di Giovanni Ruiz de Corella, governatore del regno di Valenza; e la famosa Lucrezia. Cari particolarmente agli ultimi Aragonesi furono Luigia, il marito e i figlioli lacopo e Baldassarre, come si rileva dall'affettuosa corrispondenza che corse tra loro, anche quando Ferrante Il e Federico andarono in esilio.
A. morì a Torre Annunziata certamente prima del 1458, ché in tale data la moglie ottenne la conferma dei beni dotali e di altri beni che possedeva in Sessa. Il nipote suo omonimo, nato dal figlio Ugo, nel 1494 gli fece innalzare un sepolcro nella chiesa dei celestini di Torre Annunziata, opera del maestro milanese Iacopo della Pila (i resti del sepolcro si trovano raccolti nel museo civico Filangieri, in Napoli).
Fonti e Bibl.: I Diurnali detti del Duca di Monteleone, a cura di N.F. Faraglia, Napoli 1895, pp. 57, 135; G. Filangieri, La famiglia, le case e le vicende di Lucrezia d'A., in Arch. stor. per le prov. napol., XI (1886), pp. 69-71; N.F. Faraglia, Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, Lanciano 1908, pp. 6, 47, 69, 407; A. Salimei, Senatori e statuti di Roma nel medio evo. I Senatori, Roma 1935, p. 173; B. Croce, Lucrezia d'Alagno, in Storie e leggende napoletane, Bari 1948, pp. 89-90.