cognizione
Insieme delle funzioni mentali di livello superiore che consentono a un organismo di raccogliere, immagazzinare ed elaborare informazioni provenienti dall’ambiente circostante, per adattarsi a esso.
In economia, il termine c. comprende solitamente funzioni quali il giudizio, la decisione, il ragionamento e il problem solving.
Lo studio della c. è pressoché ignorato dalla teoria economica standard (➔ neoclassica, economia; new neoclassical synthesis), la quale concepisce gli agenti economici come entità decisionali perfettamente razionali che, sulla base di preferenze rispettose di alcuni assiomi, esprimono scelte in conseguenza di un calcolo ottimizzante. In particolare, il decisore ideale dell’economia neoclassica (il cosiddetto homo oeconomicus) conosce sempre tutte le alternative disponibili, è in grado di prevedere tutte le conseguenze di ogni corso d’azione e seleziona sempre l’alternativa migliore. Un’idealizzazione siffatta dei processi di scelta, evidentemente, rende la c. del tutto irrilevante. La prima importante critica alla teoria della scelta di stampo neoclassico è mossa da M. Allais, il quale mostra, in una serie di esperimenti, che gli individui, posti di fronte a sequenze di scelte tra alternative opportunamente costruite, si comportano spesso in modo da violare alcuni assiomi della teoria. Questi risultati evidenziano per la prima volta i limiti dei modelli assiomatici e la necessità di partire dallo studio dei processi cognitivi per comprendere in che maniera, effettivamente, gli individui prendano decisioni.
È con H. Simon che la c., nella sua accezione completa, è posta al centro dell’analisi economica delle scelte. Simon, con D. Cyert, J. March e altri colleghi della Carnegie Mellon University, parte dall’osservazione del comportamento dei manager, la cui attività decisionale, lungi dall’apparire come una procedura razionale di selezione dell’alternativa ottimale da un insieme dato, rimanda piuttosto a un processo creativo di rappresentazione mentale del problema di scelta e di ricerca delle possibili soluzioni, in un ambiente in continua trasformazione e che viene compreso in maniera parziale e imperfetta. Simon analizza tutti i principali ambiti della c. ma concentra i suoi studi soprattutto sul problem solving e sulla ‘decisione’, quest’ultima vista anch’essa come un processo creativo e non strutturato di risoluzione di problemi. Il contributo principale di Simon all’analisi economica risiede nella nozione di ‘razionalità limitata’ (➔), da lui utilizzata per descrivere l’agire umano mosso da obiettivi. Lo studio dei processi cognitivi sottostanti al giudizio e alla scelta è stato ripreso dall’economia comportamentale (➔), nel cui ambito spicca il contributo degli psicologi israeliani D. Kahneman e A. Tversky, che hanno studiato le numerose distorsioni cognitive di cui gli individui cadono vittime quando formulano giudizi probabilistici o prendono decisioni. Queste distorsioni si manifestano come violazioni di alcuni assiomi della logica, della teoria della probabilità o della teoria neoclassica delle decisioni. Esse rappresentano nel dominio dei processi cognitivi ciò che le illusioni ottiche rappresentano in quello della percezione: errori sistematici che commettiamo a causa del fatto che la mente umana non processa le informazioni secondo una procedura ottimizzante, bensì attraverso regole semplificate (euristiche) che assicurano una performance mediamente soddisfacente ma che possono indurre in equivoco. L’interesse per lo studio dei processi cognitivi in economia si è rinnovato anche grazie agli sviluppi delle neuroscienze e alla possibilità di individuare le aree del cervello corrispondenti a determinate attività, nello sforzo di comprendere le basi neurali della cognizione. Tali studi hanno dato vita alla neuroeconomia (➔).