Vedi CODICE dell'anno: 1959 - 1994
CODICE (Codex)
Come forma di libro, il c. si può definire una collezione di fogli piegati e riuniti insieme e protetti, generalmente, da una copertina. Il c. cominciò ad entrare nell'uso nel II sec. d. C., ma soltanto a partire dal III sec. si presentò come alternativa al rotulo (v.), fino a sostituirlo quasi del tutto dalla seconda metà del IV sec.
Diffusione. - Secondo i calcoli del Roberts (1952), le testimonianze archeologiche danno in Egitto, ove soprattutto si sono rinvenuti libri antichi, le seguenti cifre per il rapporto tra rotuli e codici:
II sec.: 465 rotuli, il codici (i codici rappresentano il 2,31%).
II-III sec.: 208 rotuli, 6 codici (i codici rappresentano il 2,9%).
III sec.: 297 rotuli, 60 codici (i codici rappresentano il 16,8%)
III-IV sec.: 28 rotuli, 26 codici (i codici rappresentano il 48,14%).
IV sec.: 25 rotuli, 71 codici (i codici rappresentano il 78,95%).
Il libro dell'antichità classica fu dunque esclusivamente il rotulo (v.). Fin nel IV sec. (cfr. epistola 171 di S. Agostino a S. Girolamo, in cui lo scrivente vuole giustificarsi per aver scritto su un c. anziché su un rotulo) la società colta disdegnò il codice. Era questo infatti essenzialmente il libro dei conti, degli appunti, degli esercizî di scuola. Era generalmente di pergamena, un materiale di produzione quasi domestica, ma non mancano esempî effettivi e testimonianze letterarie e giuridiche di c. di papiro (gli esemplari esistenti sono di origine prevalentemente egiziana). In ogni caso non si può affermare però (con il Birt) che il c. fu una sorta di liber pauperum; al contrario l'affermarsi del c. è per noi legato, in ragione dei documenti pervenutici, ma forse, secondo alcune teorie (Nordenfalk); anche per riflesso di un effettivo svolgimento storico, alle origini stesse delle decorazioni del libro (per una discussione del problema v. illustrazione). L'affermarsi del c. fu infatti un avvenimento di eccezionale importanza nella storia della cultura, e vi concorsero motivi sia pratici sia ideali e religiosi.
Circa questi ultimi è stato recentemente sottolineato il contrasto tra lo scarsissimo numero di c. nelle letterature pagane e il numero rilevante di libri di questo tipo nella letteratura cristiana dei primi secoli. Degli undici c. del II secolo su ricordati la grande maggioranza sono testi tecnici o professionali (trattati medici, ecc.) o testi scolastici (un Omero in corsivo); per contro, dei 111 testi biblici sinora rinvenuti in Egitto, 99 sono c. e soltanto 12 sono rotuli. Di questi ultimi, inoltre, cinque sono opistografici, cioè sono rotuli reimpiegati, sei sono molto probabilmente ebraici e soltanto uno è certamente cristiano e contiene i Salmi.
Tali osservazioni sono tanto più significative se si considera il fatto che l'Egitto era appunto il luogo di origine del rotulo di papiro. I libri copti, che, come è naturale, seguono le pratiche ellenistiche egiziane, confermano quanto si è detto. Dalla metà del III sec., da quando cioè le versioni copte incominciarono ad apparire sino al V sec. abbiamo 130 c. contro 2 rotuli opistografi. Nessun testo a noi noto del Nuovo Testamento risulta essere stato scritto sul recto di un rotulo, sicché si può affermare con buone probabilità che la Bibbia (Vecchio e Nuovo Testamento) presso i cristiani apparve sin dagli inizî quasi esclusivamente sotto forma di codice.
È molto difficile stabilire con esattezza a che cosa fosse dovuta questa preferenza dei primi cristiani verso tale forma di libro: certamente vi concorsero circostanze sociali, come la posizione di artigiani, piccoli commercianti, schiavi e liberti delle prime generazioni cristiane, di gente, cioè, abituata a ricorrere al c. per la propria corrispondenza, i proprî affari legali e commerciali, ecc.; pratiche ebraiche, come l'uso presso le comunità israelitiche di raccogliere gli insegnamenti rabbinici e i commenti alla Legge (e tale dovette apparire agli inizî lo stesso Vangelo) sotto forma di appunti e note e cioè non in edizioni vere e proprie - che, nei termini antichi, sarebbe significato sotto forma di rotulo -; infine, secondo una suggestiva ipotesi, sembra che lo stesso Vangelo di Marco, cioè il Vangelo più antico, sia stato pubblicato come c., e questo fatto, che sembra molto probabile, avrebbe potuto avere un peso decisivo nell'accreditare questo tipo di libro presso i cristiani. Anche l'Apocalisse giovannea offre forse prove dell'autorità del c., e così l'iconografia cristianà più antica. Sembra anzi di poter cogliere nella terminologia cristiana l'uso di riferirsi alla Legge come a rotuli (volumina, acta, chartae, libri) e al Nuovo Testamento come a codici (membranae, codices). La commissione, da parte di Costantino, di 50 c. (πυκτία) della Bibbia per le nuove chiese di Bisanzio, suggellerà il successo definitivo del codice.
In tali condizioni, però, il c. sarebbe rimasto soltanto come forma di libro religioso (tralasciando quelle edizioni di note e di appunti che non si possono considerare edizioni di libri), accanto al rotulo destinato ad opere letterarie e simili. Ma altri fattori concorsero ad accreditare il c. presso tutto il mondo antico. Uno di questi fu di ordine pratico: un libro scritto sotto forma di c. richiedeva la metà della pergamena necessaria per scrivere sotto forma di rotulo. Infatti sul c. si scrive su entrambe le facciate del foglio (recto e verso), mentre nel rotulo si scrive su un solo verso; ora in un'età di generale impoverimento, in cui sempre meno erano le persone in grado di mantenere costose e lussuose biblioteche, questo argomento ebbe un notevole peso presso quei ceti "piccolo borghesi" che avevano tuttavia bisogna dei libri professionali o di edizioni poco costose degli autori classici. Da un punto di vista più tecnico, il c. si prestava a ritrovare i luoghi delle citazioni (tanto necessarie ai giuristi e anche ai polemisti cristiani, ma in generale così importanti per un'età che aveva sempre più fiducia nell'autorità degli scritti e sempre meno nella propria capacità di individuare e liberamente esaminare i fatti nuovi), e inoltre sembrava lo strumento ideale per raccogliere il corpus di un autore (σῶματα sarà spesso usato in greco con il significato di codices) o per compilare epitomi o comporre antologie. Anche sotto questo aspetto il c. sarà il libro tipico della cultura in cui nacque.
Per la storia dell'arte il passaggio dal rotulo al c. non fu senza importanza. Sono ormai cadute le ipotesi che attribuivano al c. un tipo particolare di scrittura e, eventualmente, la paternità della cosiddetta "onciale biblica"; anzi i c. più antichi non presentano alcun esempio di scrittura ornata. Soltanto in un secondo tempo, quando il c. soppiantò completamente il rotulo e poterono quindi apparire sotto questa forma delle vere e proprie edizioni di lusso, si incominciò dapprima a derivare alcuni motivi dal rotulo e poi si elaborarono principî estetici e caratteri tipici di questo nuovo libro. Uno dei motivi ispirati dal rotulo fu la stesura dello scritto su tre e anche su quattro colonne: anche c. cristiani, che assai difficilmente potevano essere derivati da rotuli, accolsero questa moda. (Per un accenno a tale caratteristica a proposito di un c. del Vecchio e del Nuovo Testamento, il Syr. 341 della Bibl. Nationale di Parigi, v. bibbia). Elemento invece del tutto nuovo del c. fu, naturalmente, la legatura.
Legatura. - Probabilmente nessuno degli esempî a noi pervenuti è più ricco della legatura di un evangeliario di Monza che reca la dedica della regina Teodolinda (circa 590) a S. Giovanni, capolavoro di oreficeria, con inseriti cammei antichi, gemme à cabochon, granate cloisonnées entro cornici d'oro. Altre testimonianze ci vengono dall'Egitto copto: due legature, di cui una d'argento dorato, da Luxor ora nel museo del Cairo, con iscrizioni e con decorazioni non figurative. Benché al di fuori dei limiti cronologici di questa enciclopedia, si deve pur ricordare l'eccezionale copertura di evangeliario della Collezione Freer di Washington, di cuoio riportato su legno, su cui sono dipinte le figure degli evangelisti. È purtroppo assai laconica la notizia che abbiamo secondo cui nelle cerimonie pubbliche alcuni funzionarî della corte di Bisanzio incedevano mostrando i grossi volumi contenenti le disposizioni promulgate da Giustiniano per l'amministrazione delle province e recanti sul piatto superiore il ritratto dello stesso imperatore. Soprattutto in questo caso l'identità tra legatura e icona doveva apparire assoluta e l'immagine del monarca, dimostrandone, secondo i principî bizantini, la presenza effettiva, doveva concorrere a certificare l'efficacia e l'autenticità delle disposizioni scritte. Appunto lo stesso processo mentale possiamo immaginare come presupposto alla decorazione della copertina dei Vangeli di cui la legatura Freer è tarda testimonianza e di cui abbiamo un esempio più antico in tre coperture di libro in argento, rinvenute, sembra, insieme al celebre calice di Antiochia e ora anch'essa nella Collezione Fahim Kouchakji.
Un altro aspetto interessante di queste coperture è il trasferimento di una raffigurazione dall'interno all'esterno del codice. Infatti l'uso di apporre il ritratto dell'autore a frontespizio del libro è già testimoniato nel più antico ricordo che abbiamo di un c. (Marziale: ..... ipsius Vergilii vultus prima tabella gerit) ed è frequentemente documentato in c. di tutte le epoche. Una parte notevole dei dittici (v.) a noi pervenuti ci fu trasmessa appunto come piatti di legatura e nell'alto Medioevo piatti eburnei, o di osso, di legature si ispirarono al tipo dei dittici.
Oltre che dai pochi esempî effettivi a noi pervenuti, l'arte della legatura ci è testimoniata dalla riproduzione di libri in monumenti (raffigurazioni di profeti, di Evangelisti, di vescovi, ecc.); queste legature appaiono quasi sempre arricchite da metalli preziosi e da gemme. Notevolissima la legatura che appare in un mosaico del mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, dove è già testimoniata l'ampia custodia, di stoffa preziosa o talora di pelle, che foderava il libro. Infine non sono rare le testimonianze letterarie che ci confermano dell'importanza che la legatura doveva avere nell'apprezzamento del libro. Nella commissione di Costantino a Eusebio di Cesarea di cinquanta c. delle Scritture per le chiese di Costantinopoli è specificato che i libri dovranno avere una legatura preziosa (Euseb., Vita Cost., iii, 1, e iv, 36). Queste legature dovevano essere eseguite, con ogni probabilità, nello scriptorium stesso in cui veniva scritto e eventualmente decorato il testo. Cassiodoro, che ci dà una descrizione del suo scriptorium di Vivarium, ci fornisce notizie precise sul lavoro dei legatori (dalle fonti ricordati come libraridi, bibliopegi, librorum compactores, glutinatores, con distinzioni, come si vede, delle diverse mansioni) e anzi avverte di aver raccolto in un c. una serie di disegni destinati a servir da modello per le legature da eseguire (De institutione divinarum Litterarum, c. xxx). Abbiamo qui il ricordo di un Musterbuch, un taccuino o un manuale di modelli; benché raccolte di modelli dovessero già esistere nell'antichità classica (v. modello); tuttavia è questa forse la prima testimonianza di una raccolta simile 1) ad uso delle biblioteche, 2) collezionata non da un artigiano, ma da un uomo di cultura. È anche il primo ricordo di un libro di figure, o almeno in cui queste hanno la prevalenza assoluta.
Decorazione. Illustrazione. - Dove poi questo aspetto strumentale del c. doveva rivelarsi specialmente importante per le arti figurative era, ovviamente, nella decorazione e nella illustrazione del testo. Il c. si affermò in un'epoca in cui era prevalso il criterio di accompagnare il testo con numerosissime illustrazioni che seguivano ogni momento del racconto (v. illustrazione).
La frequenza delle illustrazioni doveva far sì che nella forma di queste edizioni di lusso i rotuli raccogliessero ciascuno una parte limitata dell'opera; generalmente si può supporre non più di un libro. Infatti un rotulo che avesse raccolto, ad esempio, tutti e 24 i libri dell'Iliade, con una illustrazione intercalata ogni pochi versi, sarebbe stato di una lunghezza inimmaginabile. L'adozione del c., invece, non solo permetteva di avere tutti e 24 i libri del poema compresi tra i due piatti della legatura (si confronti l'osservazione di Marziale a proposito di una "edizione" in c. di Virgilio: ... Vergilius in membranis - Quam brevis immensum cepit membrana Maronem !), ma consentiva di avere in un volume moltissime delle illustrazioni, se non tutte. L'Iliade Ambrosiana (Cod. F. 205 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano) è l'esempio più illustre e significativo di quanto si è detto. Pur essendo stato illustrato, come è stato dimostrato in modo convincente, da una sola mano, raccoglie miniature disponibili in varî gruppi per loro caratteristiche iconografiche e compositive; a loro volta questi gruppi rimandano non soltanto a modelli di varia datazione e di diverso stile, ma, secondo quanto appare (Bianchi Bandinelli) risultano coincidere con la stessa suddivisione, attribuita a Zenodoto, del poema in libri. Sembra quindi che il miniatore attingesse in modo più o meno diretto all'illustrazione omerica rappresentata da più rotuli, contenenti ciascuno uno o due libri, dandoci, in conclusione, un equivalente figurativo dell'ἔκδωσις filologica. Poiché l'illustrazione dell'Iliade rimane per il momento un caso quasi del tutto isolato per il Medioevo, non è naturalmente possibile valutare nella tradizione successiva le conseguenze di imprese editoriali come quella dell'Iliade Ambrosiana. Diversamente nel caso dell'illustrazione biblica, anch'essa tradotta nei c. da rotuli contenenti singoli libri del Vecchio Testamento, è possibile definire stemmi di c. che, partendo dal V-VI sec., ebbero valore normativo per quasi tutto il Medioevo giungendo infine ad imporsi anche, al di là della illustrazione del libro, nel campo della pittura monumentale (v. bibbia). Nei secoli IV e V vi dovette essere infatti una intensa attività di conversione delle biblioteche di rotuli in biblioteche di c. (è significativo, per limitarci ad un solo esempio, che il De edictu di Ulpiano, scrittore morto nel 228, fosse riedito sotto forma di c. tra il 310 e il 320), e appunto allora si dovettero estrarre dai rotuli le illustrazioni che sono state a noi trasmesse nei codici. È stato a lungo discusso se il sistema di illustrazioni del c. non fosse del tutto diverso da quello del rotulo. Sta di fatto che per noi la storia della miniatura coincide sostanzialmente con l'affermarsi del c.; anzi, secondo il Weitzmann, la vera e propria miniatura sarebbe nata con il c., anche per circostanze materiali di fatto, come la maggiore durevolezza della pergamena rispetto al papiro, la possibilità di dipingere su questa non più soltanto disegni acquarellati, ma vere e proprie pitture a tempera, favorite, tra l'altro, dal formato del c. e dal fatto che questo tipo di libro non richiedeva più che il foglio fosse svolto e riarrotolato, con conseguenti cadute del colore.
Ma al di là delle molte innovazioni, nella distribuzione delle illustrazioni e nel loro rapporto con il testo, nella vera e propria decorazione del libro, sulle originali soluzioni trovate per la compilazione e l'ornamentazione degli indici, delle tavole canoniche ecc. (v. illustrazione), va tenuta presente la conservazione di forme antiche in una con la trasmissione del testo. Per documentare questo aspetto fondamentale diamo qui l'elenco dei più importanti c. di autori profani - classici o della tarda antichità - a noi pervenuti, le cui illustrazioni possono essere ricondotte a originali databili fra il III e il VI sec. d. C.:
1. Agrimensores: catalogo dei c. in C. Thulin, Corpus Agr. Rom., Lipsia 1913.
2. Apollonio di Gizio: Firenze, Laurenziana, Plut., 74, 7. Secondo H. Schöne originale del X sec.; secondo altri (Weitzmann), copia del X sec. di originale del IV. Facsimile: H. Schöne, Apollonius v. Kitium, Lipsia 1896.
3. "Apuleio": Leida, Cod. Voss. Q 9; Kassel, Landesbibl., Cod. Phys. fol. 10; Londra, Brit. Mus., cod. Harley 4986; Vienna, Nat. Bibl., Cod. 93 e Cod. 187. Tre gruppi di mss. derivati da originali perduti del VI sec.; il ms. più antico (Leida) è forse del VII sec. (Italia meridionale).
4. Arato: Il Gasiorowski distingue tre classi fondamentali di mss. connessi genericamente all'Aratea, cioè sia al poema di Arato di Soli sia alle sue epitomi e traduzioni. L'unica copia greca è Invent. Gr. 1087. a) Codices Germanici, Basilea, A. N. iv, 19; Madrid, Bibl. Nac., A. 16; Vienna, Nat. Bibl., Cod. Lat. 2352; Monaco, Cml. 826 (influenzato da mss. astronomici arabi); b) Aratea di Cicerone e lo Pseudo-Igino: Brit. Mus., Harley 647; Harley 2504; Cotton Tiberius B. 5 (anglosassone derivato da un c. discusso da Ciriaco de' Pizzicolli); Wölfenbüttel, Landesbibl., 18-16, Aug. 4°; c) descrizione del ciclo (Catasterismós): Berlino, Staatl. Bibl., Cod. Phil. 1832; Vienna, Nat. Bibl., Cod. Lat. 12600; Monaco, Cml. 560; Cml. 210; Colonia, Domsschatz, cod. lxxxiii; San Gallo, cod. 250; Monte Cassino, cod. n. 3; Dresda, cod. Dc. 183.
5. Cronografo del 354: v. filocalus.
6. Dioscuride: a) Vienna, Nat. Bibl., Cod. Med., gr. i, databile 512 d. C. (v. anicia giuliana); b) Napoli, Bibl. Naz., già cod. Vindobon. Suppl. gr. 28, del VII sec. (Per altri manoscritti di Dioscuride, v. dioscuride).
7. Esopo: New York, Pierpont Morgan Library, n. 397; Parigi, Bibl. Nat. ms. lat. nouv. acq. 1132; Leida, Voss lat. oct. 15. (A. Goldschmidt, An Early ms. of the Aesop Fables of Avianus, Princeton 1947).
8. Nicandro: Parigi, Bibl. Nat., Suppp. gr. 247, sec. XI.
9. Notitia Dignitatum: Copie del XV e del XVI sec. a Parigi, Oxford, Vienna, Monaco. Facsimile del c. di Parigi: H. Omont, Not. dign., Parigi 1891.
10. Omero, Iliade (oltre a quanto già detto sopra, v. illustrazione; omero).
11. Oppiano: Il ms. più antico (X sec.) a Venezia, Bibl. Marciana, gr. 479.
12. Teocrito: Parigi, Bibl. Nat., gr. 2832, fol. 48, del XIV sec. Il c. miscelianeo contiene due technopaegnia di una poesia di Teocrito e di una di Dosiade. (Sui technopaegnia, scritture disposte entro una figura, confronta la testimonianza di Publio Ottaviano Porfirio del IV sec. d. C.: picto limite dicta notans e carmina figurata).
13. Terenzio: 13 manoscritti dal VII al XII sec.: v. Jones-Morey, The miniatures of the MSS. of T., Princeton 1931.
14. Tolomeo: Vat., gr. 1291; Lione, gr. 88; Firenze, Laurenz., 28, 16; Monte Athos, Vatopedi, ms. 754.
15. Virgilio: due codici nella Bibl. Vaticana: Vergilius Vaticanus, Vat. Lat. 3225, circa 400 d. C.; Vergilius Romanus, Vat. Lat. 3867, circa 500 d. C. Facsimile: Codices e Vaticanis selecti, I e II.
Bibl.: C. Roberts, Bild u. Lied, Berlino 1881; Th. Birt, Das antike Buchwesen, Lipsia 1882; Th. Zahn, Gesch. des neutestament. Kanons, I, Berlino 1888, p. 60 ss.; J. H. Middleton, Illuminated Mss. in Classical and Medieval Times, Cambridge 1892; G. Thiele, De Antiquorum Libris Pictis, Marburgo 1897; K. Dziatko, Untersuchungen über ausgewählte Kapitel des antiken Buchwesens, Lipsia 1900; Th. Birt, Die Buchrolle in der Kunst, Lipsia 1907; E. Schwartz, in Pauly-Wissowa, VI, c. 1371 ss., s. v. Eusebios; E. Maunde Thompson, Introduction to Greek and Latin Paleography, Oxford 1912: W. Schubert, Das Buch bei den Griechen u. Römern, Berlino 1922; S. J. Gasiorowski, Malarstwo minjaturowe grecko-rzymskie, Cracovia 1928 (con breve riassunto in inglese); C. Nordenfalk, Die spätantiken Kanontafeln, Göteborg 1938; C. Wendel, in Zeitschr. für Bibliothekswesen, LIX, 1939, p. 193 ss.; R. Vieillard, Codices et volumina dans le sbibliothèques juives et chrétiennes, in Riv. Arch. Crist., 1940, 1-2, p. 143 ss.; E. Bethe, Buch u. Bild im Altertum, Lipsia 1945; K. Weitzmann, Illustration in Roll a. Codex. A Study of the Origin a. Method of Text-Illustration, Princeton 1947, pp. 69 ss., 81 ss.; C. Wendel, Die griechische-römische Buchbeschreibung, Halle 1949; K. Weitzmann, Greek Mythology in Byzantine Art, Princeton 1950; J. Mallon, Paléographie romaine; F. G. Kenyon, Books and Readers in Greece and Rome2, Oxford 1951; C. Nordenfalk, The Beginning of Book Decoration, in Beiträge F. G. Swarzenski, Berlino-Chicago 1951, p. 9 ss.; R. A. Pack, Greek and Latin Literary Texts from Egypt, University of Michigan Press 1952; H. Gerstinger, in Reall. f. Antike u. Christent., II, c. 733 ss., s. v. Buchmalerei; R. P. E. Arns, Q. F. M., La tecnique du livre d'après Saint Jérôme, Parigi 1953; O. Kurz, A Coptic Miniature at Leiden, in Nederlands Kunsthistorisch Jaarboek, V, 1954, p. 265 ss. (su alcune supposte legature copte); R. Bianchi Bandinelli, Hellenistic Byzantine Miniatures of the Iliad, Olten 1955; C. Nordenfalk, in A. Grabar-C. Nordenfalk, Le Haut Moyen Age, Losanna 1957, pp. 89-195; K. Weitzmann, in Am. Journ. Arch., LXI, i, 1957, p. 61 ss.; D. Diringer, The Illuminated Book, its History and Production, Londra 1958, p. 30 ss.