GIOVENIANO, Codice di
Manoscritto conservato a Roma (Vallicell., B. 252), che prende il nome dal suddiacono raffigurato a c. 2r in veste di donatore, contenente gli Atti degli Apostoli, le sette epistole canoniche e l'Apocalisse di Giovanni.Si tratta di un codice di medio formato (mm. 310230), composto da centouno fogli di pergamena e redatto da più mani in onciale romana, che, essendo stato datato entro i primi decenni del sec. 9°, costituisce uno degli esemplari più tardi di questa tipizzazione grafica (Petrucci, 1971).Un elemento di grande interesse del codice di G. è costituito dal corredo illustrativo, che, unito alle scelte testuali, alla partizione e rubricazione del testo - oltre che all'alta qualità del manufatto -, lascia supporre una destinazione liturgica del libro, che si apre con due miniature a piena pagina.A c. 1v campeggia Cristo in trono affiancato dagli arcangeli, con in mano il libro aperto sull'Apocalisse, mentre su un registro inferiore si trovano gli apostoli introdotti da Pietro e Paolo. Nella pagina affiancata (c. 2r), su fondo blu, compare G. che offre il codice a s. Lorenzo; questa scena ha fatto ipotizzare a Bertelli (1983, p. 87) una provenienza del codice dalla basilica di S. Lorenzo f.l.m., mentre Supino Martini (1987, p. 120) indica S. Lorenzo in Damaso, anche se a Roma dovevano esistere a quella data almeno altre due chiese dedicate al martire.All'incipit dell'Apocalisse (c. 67r) è raffigurata la visione di Giovanni in estasi a Patmos; a c. 67v si trova una singolare iniziale A figurata, composta da un angelo che consegna, in presenza di Cristo, il libro a Giovanni; iniziali con la raffigurazione degli autori introducono le varie epistole. Alcune iniziali decorate mostrerebbero nei motivi animalistici e a intreccio la ricezione di modelli transalpini (Osborne, 1990).Le miniature fin qui analizzate, malgrado alcuni impacci esecutivi, rivelano un impianto stilisticamente affine a quello delle coeve decorazioni monumentali romane, in particolare nella resa dei panneggi e nella posa delle figure; dal punto di vista iconografico è stata invece ipotizzata una derivazione da modelli tardoantichi (Messerer, 1961). Una cultura figurativa diversa traspare invece dalla figura a penna dell'evangelista Giovanni (c. 87r), presumibilmente contemporanea al resto della decorazione, che è stata convincentemente accostata alla produzione degli scriptoria carolingi (Petrucci, 1971; Bertelli, 1983).Malgrado la proposta di Bischoff (1977) di una provenienza da Tivoli, sia le caratteristiche della scrittura sia le qualità formali della decorazione sembrerebbero accreditare l'ipotesi, recentemente ribadita anche da Osborne (1990), che quello di G. sia uno dei pochissimi codici miniati sopravvissuti tra quelli prodotti a Roma in età altomedievale.
Bibl.: CLA, IV, 1947, nr. 430; Mostra storica nazionale della miniatura, a cura di G. Muzzioli, cat., Roma 1953 (Firenze 19542), pp. 34-35 nr. 48; W. Messerer, Zum Juvenianus-Kodex der Biblioteca Vallicelliana, RömFBH 16, 1961, pp. 58-68; A. Petrucci, L'onciale romana. Origini, sviluppo e diffusione di una stilizzazione grafica altomedievale (sec. VI-IX), SM, s. III, 12, 1971, pp. 75-134; F. Mütherich, Manoscritti romani e miniatura carolingia, in Roma e l'età carolingia, "Atti delle Giornate di studio, Roma 1976", Roma 1976, pp. 79-86; B. Bischoff, Centri scrittorii e manoscritti mediatori di civiltà dal VI secolo all'età di Carlomagno, in Libri e lettori nel Medioevo. Guida storica e critica, a cura di G. Cavallo, Roma-Bari 1977, pp. 27-72: 70; P. Supino Martini, A. Petrucci, Materiali ed ipotesi per una storia della cultura scritta nella Roma del IX secolo, Scrittura e civiltà 2, 1978, pp. 45-103; C. Bertelli, Traccia allo studio delle fondazioni medievali dell'arte italiana, in Storia dell'arte italiana, V, Dal Medioevo al Quattrocento, Torino 1983, pp. 3-163: 86-89; P. Supino Martini, Roma e l'area grafica romanesca (secoli X-XII), Alessandria 1987, pp. 240-287; J. Osborne, The Use of Painted Initials by Greek and Latin Scriptoria in Carolingian Rome, Gesta 29, 1990, pp. 76-85.G. Curzi