coclea
Impianti cocleari
Gli impianti cocleari (IC) sono protesi elettriche che hanno l’obiettivo di compensare una ipoacusia neurosensoriale bilaterale profonda o severa, acquisita o congenita. Contrariamente alle protesi uditive acustiche, funzionanti tramite stimolazione dell’organo del Corti, gli IC intervengono direttamente sui neuroni uditivi.
Oggi gli IC sono tutti multielettrodi con un gruppo di elettrodi inseriti nella rampa timpanica della coclea per una profondità di circa 20 mm. L’elettrodo intracocleare è controllato da uno stimolatore impiantato sotto la pelle dietro il padiglione auricolare (ricevitore). Lo stimolatore sottocutaneo è in contatto con un’antenna esterna tramite due magneti situati ai lati della cute; questa antenna è munita di un microfono, collegato tramite un filo a un processore vocale alimentato da batterie. Il segnale prodotto dal processore vocale è trasmesso allo stimolatore sottocutaneo attraverso accoppiamento elettromagnetico, consentendo un passaggio transcutaneo a elevata velocità. I vari impianti cocleari differiscono per numero, diametro e disposizioni degli elettrodi, ma tutti tengono conto della topografia tonale (elettrodi diversi per le varie frequenze).
Nell’adulto la valutazione è più semplice che nel bambino: un buon indice di misurazione è la qualità della lettura labiale spontanea e dopo trattamento ortofonico. Buon candidato all’impianto è il soggetto con sordità grave/profonda da 15 anni e lettura labiale eccellente, che necessita di comunicare con l’ambiente familiare e professionale. Segue poi una valutazione audiometrica associata alla quantificazione del guadagno protesico; recenti studi mostrano che l’impianto cocleare è indicato anche in sordità severe acquisite protesizzate, poiché migliora significativamente l’intellegibilità. TC e RMN sono utili per la valutazione della permeabilità cocleare e labirintica. Nel bambino, il bilancio preoperatorio inizia con la valutazione dell’età: la prima definizione da stabilire è quella di sordità postlinguale, in quanto in questi soggetti impiantati possedere la padronanza del linguaggio rende la rieducazione e la velocità di progressione più rapide; molti autori fissano il limite tra sordità prelinguale e postlinguale a 4 anni. Nelle sordità postlinguali è importante distinguere tra quelle dovute a meningiti o ad altre cause; le meningiti, che causino una sordità direttamente o tramite trattamento antibiotico ototossico (aminoglicosidici), sembrano rallentare l’apprendimento delle codificazioni e delle sfumature uditive così profondamente che i bambini postlinguali si comportano spesso nei 12÷18 mesi seguenti l’impianto come sordi congeniti; a questo riguardo il ruolo patogenetico più importante da considerare è l’ossificazione cocleare. Secondo evidenze sperimentali la perdita delle afferenze periferiche sensoriali uditive danneggia i meccanismi centrali della corteccia uditiva, quindi l’età ideale per l’impianto in un bambino sordo congenito è intorno ai 2÷3 anni; si procede poi a una valutazione ortofonica, audiologica e radiologica, quest’ultima per controllare malformazioni od ossificazioni cocleari. Molto importante è la valutazione psicologica, di handicap associati, di patologie otorinolaringoiatriche associate (soprattutto otiti medie sierose o purulente croniche ed ipertrofie adenoidee).
La tecnica chirurgica prevede i classici tempi di mastoidectomia, alloggiamento del ricevitore, timpanotomia posteriore e cocleostomia. Il tempo successivo del posizionamento dell’elettrodo varia secondo i differenti modelli; poi, comunque, si provvede a ‘sigillare’ l’apertura cocleostomica con colla di fibrina o derivati dell’acido ialuronico. È possibile controllare intraoperatoriamente con la fluoroscopia il corretto posizionamento dell’elettrodo e monitorare le impedenze e le risposte elettrofisiologiche con la telemetria. Dopo 1 mese viene ‘acceso’ e tarato l’IC e inizia il lavoro in collaborazione con l’audioprotesista e il logopedista.
La valutazione dei risultati deve interessare la comprensione di vocali, consonanti, monosillabi, parole, frasi non solo isolate ma con il senso del messaggio esteso; nel bambino, il bilancio audiofonologico non può limitarsi alla percezione uditiva ma deve portare a valutare in modo più ampio il linguaggio e la comunicazione in tutte le sue forme (orali e gestuali). Oltre a questo, la valutazione dello sviluppo psicologico del bambino impiantato diviene un complemento indispensabile: sviluppo cognitivo, affettivo, valutazioni delle interrelazioni e del rapporto con l’ambiente familiare. I risultati negli adulti descrivono una comprensione di consonanti, vocali e frasi intorno al 70% con esiti che si stabilizzano 1÷2 anni dopo l’utilizzazione regolare dell’IC. Il guadagno protesico di un IC in un bambino oscilla intorno ai 45÷50 dB; i risultati di riconoscimento di frasi in liste aperte è intorno al 70%; anche un bambino sordo impiantato a 2 anni potrà sviluppare un linguaggio orale soddisfacente, e alcuni addirittura un linguaggio normale, confermato da una valutazione ortofonica che evidenzi solo un leggero ritardo della parola. In alcuni bambini il ritardo di linguaggio può risultare più importante per fattori psicologici, relazionali o ambientali. Si evidenziano miglioramenti del quoziente intellettivo e dell’organizzazione percettiva spazio-temporale.
I costi riguardano l’impianto, l’intervento chirurgico, la necessaria riabilitazione. Qui si apre uno scenario che oltrepassa quello sanitario: quello del ‘costo della sordità’, in cui entra l’ampiezza dell’handicap per l’individuo nella sua vita familiare, scolare e nell’espansione socio-professionale, e il costo per la collettività in termini di aiuto per tentare di compensare le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro.