Cluny (Clugnì)
Cittadina francese della Borgogna, sorta all'inizio del sec. X attorno all'abbazia (costruita nel 910) appartenente all'ordine cluniacense, che diede vita alla prima grande riforma dell'ordine benedettino. La congregazione raggiunse il suo apogeo nella metà del sec. XIII (1100 monasteri riformati, circa 1500 annessi); la sua decadenza, iniziata nella seconda metà del sec. XIII in relazione allo sviluppo preso dai cisterciensi e dagli ordini mendicanti, aggravata poi dalle guerre religiose, e, successivamente, dalle interferenze dei poteri politici, raggiunse il culmine nel periodo della rivoluzione francese.
D. cita C. in lf XXIII 63, ove paragona le cappe indossate dagl'ipocriti a quelle dei monaci cluniacensi: Elli avean cappe con cappucci bassi / dinanzi a li occhi, fatte de la taglia / che in Clugnì per li monaci fassi.
Poiché la maggioranza dei codici riporta Cologna, Colonia, Cologni, i commentatori antichi (Graziolo, Chiose Selmi, Lana, Ottimo, Guido da Pisa, pseudo Boccaccio, Benvenuto, Buti, Anonimo, Landino, Vellutello, Daniello) intendono senz'altro la città tedesca. I moderni leggono per lo più Clugnì: il Biagioli e il Del Lungo, Cologna.
A favore di C. il Petrocchi afferma che " Una forma intermedia, di contaminazione, sembra essere colognin e cologni, tale da autenticare il passaggio da clugnì a colognì e da colognì a colonia ". Depone inoltre a favore di C. la grande notorietà dell'ordine e dei costumi dei monaci; si vedano a tale proposito Salimbene (ed. Scalia, Bari 1966, 306), la lettera di s. Bernardo " ad Robertum nepotem suum qui de Ordine Cisterciensi transierat ad Cluniacensem ", e l'epistolario tra il santo stesso e l'abate di C., Pietro Maurizio.
V. Russo propone di nuovo, in un suo lavoro, la lezione Cologna: egli sostiene che, più che a successivi passaggi o corruzioni (e semmai non da clugnì a colonia, ma da colonia a clogna o a clogni), la variazione è dovuta probabilmente a una vera e propria sostituzione operata dal trascrittore il quale, leggendo appunto colonia, cologna (o addirittura clogna, clogni) poté sostituire il nome famoso e a lui noto di C.; il Russo riporta inoltre la parte del commento dell'Ottimo in cui si legge della smisuratezza delle cappe " che si fanno in Cologna "; ma questa potrebbe essere " ricostruzione sull'accenno dantesco " (Petrocchi, ad l.).
Il Cardo e lo Zamboni cercarono di accreditare la tesi secondo la quale D. avrebbe inteso parlare di Cologna Veneta, cittadina presso Verona, nella quale pare esistesse un fiorente lanificio addetto alla confezione di panni per confraternite e ordini religiosi.
Bibl. - T. Venuti, Una variante dantesca che ha per motivo C., in Erudizione e belle arti, II, Cortona 1894. 141-143; G. Cardo, Controversia dantesca: dell'arte della lana in Cologna Veneta, Novara 1894; ID., Storia documentata di Cologna Veneta, Venezia 1896, 312; F. Zamboni, Gli Ezzelini, D. e gli schiavi, Firenze 18973, 173 ss.; F. Delfino, La bolgia degl'ipocriti, in " Rivista d'Italia " VIII (1905) 533; V. Russo, Il canto XXIII dell'Inferno, in Nuove lett. II 247.