CLUNIACENSI (lat. Cluniacenses, da Cluniacum, donde Cluny)
È il nome di una congregazione religiosa fondata a Cluny da S. Bernone, dei conti di Borgogna (anno 910), nella quale si compì la prima riforma dell'ordine benedettino. Caratteristica di quest'ordine era infatti, com'è tuttora, l'indipendenza delle singole abbazie, non legate fra loro da altro vincolo all'infuori della regola comune.
La fondazione del monastero di Cluny e l'influenza personale del suo primo abate persuasero altri monasteri ad accettarne la disciplina, cominciando da quelli di Gigny e di Baume, che avevano avuto Bernone come loro abate e avevano fornito i primi dodici monaci alla nuova abbazia. Per questo fatto parecchi storici, fra i quali il Lorain, consideravano S. Odone, primo successore di Bernone, come vero fondatore dei cluniacensi, osservando che Bernone si era limitato a conservare sotto la sua dipendenza, oltre Cluny, le due abbazie suddette. Contro di essi insorge il Mabillon, seguito dalla maggior parte degli scrittori posteriori, che rivendicano a S. Bernone il titolo di padre della nuova congregazione. I suoi successori, da Odone (926-943) a Pietro Maurizio di Montboissier, conosciuto sotto il nome di Pietro il Venerabile (1122-1156), estesero l'autorità di Cluny a gran parte dei monasteri benedettini d'Europa fondandone di nuovi; talché nel 1130, quando Innocenzo II si recò a Cluny per consacrarvi la chiesa abbaziale, dipendevano da Cluny 314 case religiose con più migliaia di monaci, di cui 460 nella sola casa madre.
A Cluny si guardava da tutta la cristianità come a un centro di pietà e di cultura. Furono infatti venerati come santi i primi sette abati, i quali, grazie a una longevità singolare, governarono l'ordine per oltre duecento anni (910-1156). La vita dei primi abati di Cluny è narrata da M. Marrier nella Bibliotheca Cluniacensis, la quale dà pure l'elenco dei più importanti documenti relativi all'origine e allo sviluppo dell'ordine.
I progressi di altri ordini religiosi, cisterciensi, francescani e domenicani, contribuirono a contrastare l'espansione dei cluniacensi, che appunto verso la metà del sec. XIII avevano toccato l'apogeo. Finché l'abate di Cluny ritenne incontestata la nomina dei priori di tutti i monasteri dipendenti, il governo centrale funzionò regolarmente, essendo la coesione fra di essi mantenuta mediante la visita annuale di tutte le case. Ma nei secoli successivi, ostacolata la visita dalle condizioni politiche di Europa, e aumentata la potenza di molte abbazie, l'autorità dell'abate di Cluny dovette spesso cedere di fronte a quella dei capitoli generali e alla prepotenza di abati locali, mentre perdevano vigore le consuetudini di Cluny, che accanto alla regola di S. Benedetto moderavano la disciplina dei monasteri affiliati: esse erano state raccolte in forma di codice dai monaci Bernardo e Ulderico. Altre cause della decadenza dei cluniacensi, comuni del resto agli altri ordini religiosi, furono nei secoli XIV e XV le guerre e le epidemie, che ostacolarono le comunicazioni dei monasteri con Cluny e decimarono il numero dei monaci; i costumi dell'epoca, che influivano miseramente sulla disciplina claustrale, e nel sec. XVI gli abati commendatarî e la Riforma protestante. Così avvenne che Cluny nel sec. XVI passò quattro volte nelle mani dei Guisa, e nel secolo successivo annoverò fra i suoi abati commendatarî i cardinali Richelieu e Mazarino. Il Richelieu aveva cominciato col farsi nominare nel 1627 coadiutore dell'abate Giacomo d'Arbuse; ma nel 1629 indusse l'abate a dare le dimissioni, assegnandogli una pensione di 5.000 lire. Non mancarono tuttavia in diversi tempi tentativi per ristabilire la disciplina e far rifiorire la vita religiosa.
Fra questi vanno ricordati quelli dell'abate Giovanni di Borbone (1458), del cardinal Carlo di Lorena, e principalmente del De Vesni (o Veny) d'Arbuse, gran priore di Cluny, che nel 1629 si obbligò con giuramento, insieme con altri undici monaci, a osservare la regola primitiva di S. Benedetto. Tale decisione però, sebbene accettata dal capitolo generale di Cluny, non piacque al Richelieu, che nel 1630 fece venire a Cluny dodici religiosi della congregazione benedettina di S. Vannes e consegnò loro l'abbazia, obbligando gli antichi possessori a incorporarsi con i nuovi venuti, e facendo approvare la pretesa riforma da Luigi XIII e dal Gran Consiglio. Non contento di ciò, il Richelieu pretese di sopprimere la divisione dei cluniacensi in due osservanze, l'antica e la stretta, e nel 1634 volle riunire tutti i monasteri alla congregazione di S. Mauro sotto la comune denominazione di "congregazione di S. Benedetto", riservandosi il diritto di governarla, vita naturale durante, per mezzo dei suoi vicarî, e di dispensarne a suo arbitrio i benefici. Ma alla sua morte le due congregazioni si separarono di nuovo, e i cluniacensi rimasero divisi come prima fra riformati e non riformati, rinnovando le antiche querele; a dirimere le quali il Mazarino, succeduto nel 1649 al minorenne principe di Conti nel titolo di abate commendatario di Cluny, obbligò quei monaci a riunirsi per la seconda volta a quelli di S. Vannes col nome di "congregazione di Cluny, già di S. Vannes e S. Hidulfo".
Morto il Mazarino (1661) i cluniacensi reclamarono la propria indipendenza e l'ottennero nel 1664 con l'aiuto del cardinale Chigi, cugino di Alessandro VII e suo legato in Francia, prendendo il nome di "congregazione della stretta osservanza di Cluny". Seguì un periodo di raccoglimento durante il quale i cluniacensi parvero riaversi, tanto che nel 1750, essendo abate commendatario il cardinale Girolamo de la Rochefoucauld, arcivescovo di Bourges (1750-1757), il gran priore Dathoze pose mano alla ricostruzione dell'antica abbazia che da tempo andava in rovina. Sopravvenne la Rivoluzione e con essa la rovina di Cluny (v.). Gregorio XVI ne trasferì più tardi i privilegi alla nuova congregazione di Solesmes, istituita nel 1837. L'ultimo abate di Cluny fu il cardinale Domenico de la Rochefoucauld, morto a Parigi nel 1800.
Bibl.: Per la storia della congregazione la fonte più autorevole è sempre il Marrier nella sua Bibliotheca Cluniacensis, Parigi 1614. Cfr. inoltre J. Mabillon, Annales Ordinis S. Benedicti, III-VI, Parigi 1703-39; in Patrol. lat., CXLIX, sono le Consuetudinis Cluniancenses. P. Hélyot, Histoire des Ordres monastiques, réligieux et militaires, Parigi 1714 segg.; Herrgott, Vetus disciplina monastica, Parigi 1794, che contiene uno scritto di Bernardo de Cluny, Ordo Cluniacensis; J. P. Migne, Dict. des abbayes, Parigi 1856; H. Pignot, Histoire de l'Ordre de Cluny depuis la fondation de l'abbaye jusqu'à la mort de Pierre le Vénérable, Autun e Parigi 1868, voll. 3; A. Bruel, Les chapitres généraux de l'ordre de Cluny depuis le XIIIe et jusqu'au XVIe siècle, Nogent-le-Retrou 1874; E. Sackur, Die Cluniacenser, 2 voll., Halle 1892-1894; C. Douais, Statuts de Cluny édités par Bertrand, abbé de Cluny, Parigi 1893; B. Albers, Consuetudines Cluniancenses antiquiores, Montecassino 1905; C. Montalembert, I monaci d'Occidente da S. Benedetto a S. Bernardo, IV-V, Siena 1895; A. L'Huillier, Vie de Saint Hugues, Solesmes 1888; Demimuid, Pierre le Vénérable, 2ª ed., Parigi 1895; P. Jardet, Saint Odilon, Lione 1898; U. Berlière, L'ordine monastico, trad. it., Bari 1930, e l'amplissima bibliografia ivi citata.
L'architettura cluniacense.
Il rifiorimento culturale e artistico che s'inizia, dapprima in Francia e poi in tutto l'Occidente con la fondazione dell'abbazia di Cluny, si segnala anche per un particolare stile architettonico, di cui si riscontrano esempî appunto a Cluny e in numerose altre chiese abbaziali contemporanee incirca di Cluny e da questa dipendenti, che possono fornire qualche immagine dell'architettura cluniacense, come quella più piccola assai di Paray-le-Monial, la collegiata di Beaune, la stessa cattedrale di S. Lazzaro in Autun, l'abbaziale di Saint-Bénoît-sur-Loire, e altre ancora.
Frequentissimo, anzi quasi normale, nelle chiese cluniacensi e benedettine più generalmente, è il coro profondo, attorniato da ambulacro donde si staccano delle cappelle radiali, di vario numero, che appariscono con effetto piacevole pure all'esterno, rilevate e innestate nell'abside primaria. Tale disposizione peraltro non appartiene in proprio a Cluny e sue dipendenze, ma per la sua comodità e bellezza si diffuse largamente ad altre chiese, alle cattedrali in particolare dalla metà del sec. XII, e fu accolta poi correntemente dall'arte gotica. E ne abbiamo esempî anche in Italia, nel coro del duomo di Aversa (circa 1050), nell'abbazia della SS. Trinità di Venosa (circa 1135), nella cattedrale di Acerenza, in S. Antimo a Castelnuovo dell'Abate in Toscana, dipendente appunto da Cluny.
Non è possibile peraltro inferire che Cluny fosse come un centro o una fucina, dove si formassero architetti da inviare con tipi prestabiliti, uniformi, per le nuove fondazioni. Le chiese benedettine infatti, e le cluniacensi particolarmente, presentano una varietà estrema, una saggia condiscendenza e un adattamento mirabile alle regole e costumanze locali. Onde si conferma, come pure da documenti si deduce, che mentre non pochi monaci furono certamente architetti, gli esecutori furono comunemente artefici laici. L'ordine cluniacense in una parola non ebbe stile proprio, romanico o gotico, ma seguì il tempo corrente.
Bibl.: P. Lorain, Hist. de l'abbaye de Cluny, 2ª ed., Parigi 1845; É. E. Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné de l'architecture française, I, v. Arch. monast., Parigi 1875; T. Rivoira, Le origini dell'architettura lombarda e delle sue principali derivazioni nei paesi d'oltralpe, Roma 1901-1907, II (2ª ed., Milano 1912); M. Salmi, L'architettura romanica in Toscana, Milano-Roma 1926; Kingsley Porter, Lombard Architecture, New Haven 1917; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, Torino 1927; Ch. Oursel, L'art roman de Bourgogne, Digione 1928; R. de Lasteyre, L'architecture religieuse en France à l'époque romane, Parigi 1929.