CLEOMENE I di Sparta
Re della stirpe degli Agiadi, figlio di Anassandrida, al quale, secondo i calcoli più probabili, successe nel 520 a. C. Uno dei primi atti del regno di Cleomene sarebbe stato il consiglio dato ai Plateesi, dopo la cacciata dei tiranni, di unirsi agli Ateniesi più vicini, invece di appoggiarsi all'alleanza spartana che non avrebbe potuto riuscire loro vantaggiosa a causa della distanza. È molto dubbio che Cleomene abbia avuto qualche parte in questa alleanza di Platea con Atene, poiché, secondo Tucidide, essa sarebbe del 519-8, quindi sembrerebbe piuttosto un atto politico dei tiranni. Quando, in seguito ai suggerimenti dell'oracolo o piuttosto reputando nel proprio interesse di abbattere in Grecia le tirannidi, Sparta decise d'accordo coi fuorusciti ateniesi di sopprimere la tirannide dei Pisistratidi, C. fu messo a capo della spedizione e assediò nell'Acropoli i Pisistratidi, che capitolarono. Ma poi, pregato da Isagora oligarchico, concorse con lui a cacciare gli Alcmeonidi e instaurò un governo oligarchico con 300 buleuti. In Atene ci fu una sollevazione e Cleomene con Isagora si ritirò nell'acropoli donde uscì sotto condizione dopo due giorni d'assedio. C. preparò una spedizione in grande stile, alla quale avrebbero dovuto prender parte tutti i membri della simmachia peloponnesiaca, i Beoti e Calcidesi, ma la spedizione si arrestò sul principio per l'opposizione dei Corinzî o dell'altro re di Sparta appartenente alla casa degli Euripontidi, Demarato.
Un altro momento importante nell'azione di C. fu il successo militare su Argo (probabilmente verso il 494 a. C.) pur non essendo egli riuscito, dopo aver distrutto un gruppo d'Argivi che si erano ricoverati nella "siepe d'Argo", a muovere contro la città.
Quando il gran re domandò terra ed acqua a tutte le città greche, gli Egineti si sottomisero e allora gli Ateniesi accusarono gli Egineti a Sparta, e Cleomene si recò a Egina, per catturare i colpevoli e prendere ostaggi, ma per i maneggi del collega Demarato gli Egineti si rifiutarono, promettendo che li avrebbero dati se fossero venuti ambedue i re. C. si vendicò di quest'insuccesso diplomatico col sollevare dei dubbî sulla legittimità di Demarato, evocando certe parole del padre Aristone, e questi dubbî furono convalidati dal responso dell'oracolo delfico. Demarato fu deposto e fu messo in suo luogo Leotichida, col quale C. recatosi in Egina, poté farsi dare gli ostaggi. Secondo la tradizione vennero in luce i maneggi di C. contro Demarato, onde egli non rientrò in patria, ma si recò in Tessaglia, e di qui in Arcadia per crearvi un movimento antilaconico. Gli Spartani, per timore, lo richiamarono e lo reintegrarono nella dignità regia; ma C. cadde - secondo la tradizione - in uno stato di alienazione mentale e finì suicida. Non vi è motivo sufficiente per negare il suicidio di C.; ma è forse sospetta la notizia concernente l'insania, e niente di più facile che si facesse passare per pazzo e venisse rinchiuso; onde egli sarebbe stato indotto a darsi la morte.
Bibl.: K.O. Müller, Die Dorier, I, 174, i, Breslavia 1824; G. Busolt, Griech. Gesch., 2ª ed., II, p. 561; E. Meyer, Gesch. d. Alt., III, pp. 319-323; J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., II, i, p. 13; O. Welss, in Journal of the Hellenic studies, XXV (1905), p. 193; G. De Sanctis, in Saggi di storia antica e archeologia offerti a G. Beloch, Roma 1910, p. 235 seg.