RUTA, Clemente
– Nacque a Parma il 9 maggio 1685 da Giuseppe, maestro di fortificazioni e aritmetica dei principi Farnese e presso il Collegio dei Nobili, e da Angela Elisabetta Bagnara (Pelicelli, 1935, p. 237). Dopo una prima formazione in patria, forse presso il battaglista Ilario Spolverini, nel 1703 ottenne da Antonio Farnese una raccomandazione per entrare nella bottega forlivese di Carlo Cignani, presso la quale si trattenne per un decennio (Carasi, 1780, p. 84). Quel lungo apprendistato fu determinante nell’orientare la prima fase della carriera artistica del pittore in direzione di un classicismo composto e solenne, che ripropone sovente modelli del maestro.
Nel 1712 Ruta era di nuovo nella città natale, dove contrattava le nozze con Marianna Pasqualini, poi celebrate nel 1715 (G. Cirillo, in Cirillo - Crispo, 2012, p. 234); tra queste due date dovrebbe porsi un soggiorno triennale a Roma (Carasi, 1780, p. 84), che non risultò altrettanto decisivo per i successivi sviluppi della sua arte.
Il primo incarico di prestigio pervenne all’artista dalle carmelitane scalze, che gli ordinarono la pala con il Beato Giovanni della Croce per la loro chiesa di S. Teresa (1715-16 circa; oggi Parma, Certosa), e, poco dopo, la congregazione della Beatissima Vergine della Concezione gli richiese una serie di tele destinate alla propria cappella in S. Francesco del Prato (1718-19; Cirillo - Crispo, 2012, pp. 92-99). Nel 1720 la duchessa Dorotea Sofia di Neuburg commissionò a Ruta la Visitazione e l’Adorazione del Bambino per l’oratorio palatino di Vedole, ma, con ogni probabilità, il favore della sovrana risaliva a qualche anno prima, se già nel 1717 l’artista faceva battezzare la figlia maggiore con il nome di Dorotea, in omaggio alla sua protettrice, mentre poco dopo nascevano Angela (1719 circa), Barbara (1721) e Isabella Margherita (1722 o 1723; G. Cirillo, in Cirillo - Crispo, 2012, pp. 238, 241). Nei primi anni Venti i gesuiti gli commissionarono il gruppo di tele che decora la sala dei Filosofi nel palazzo dell’Università, già sede del Collegio parmense (1721 circa; Copertini, 1959), a cui seguirono il Martirio di sant’Orsola per il palazzo delle orsoline (1723) e la pala per le convertite di S. Tiburzio (1723), oggi in S. Vitale (A. Crispo, in Cirillo - Crispo, 2012, pp. 108-111).
È probabile che nel 1725, quando nacque il figlio Carlo, Ruta ottenesse di fornire otto grandi tele con storie di Giaele e Sisara per il salotto di palazzo Casati a Piacenza, pagate nel 1727 (Cornière, 2000). Dopo aver dipinto un Cristo in croce guarisce s. Pellegrino Laziosi contrattato nel gennaio del 1727 con i serviti di S. Maria di Piazza, e poi trasferito in S. Francesco (Migliorini, 1996), l’attività piacentina continuò nel 1729 con l’esecuzione della S. Elena ritrova la vera croce per le ‘preservate’ di S. Stefano, ma quello stesso anno fu caratterizzato anche dalla commissione del duca Antonio Farnese per un Martirio del beato Fedele da Sigmaringa da destinarsi alla chiesa cappuccina di Fontevivo (ora presso i Cappuccini di Parma), saldata nell’aprile del 1731 (A. Crispo, in Cirillo - Crispo, 2012, pp. 127, 134-136).
Agli inizi del quarto decennio del XVIII secolo la maniera di Ruta cominciò ad aprirsi a nuove suggestioni, rifacendosi alle delicate cromie del bavarese Ignazio Stern e allo stile ormai pienamente barocchetto di Sebastiano Galeotti e Sebastiano Ricci. Tale svolta è già evidente nella Natività della Vergine per l’oratorio di S. Quirino, oggi nel palazzo comunale di Parma (1732-34), dove pure si nota il recupero della tradizione cinquecentesca parmense di Correggio e Parmigianino, enfatizzandosi ancor più nel S. Andrea eseguito entro il 1735 per la chiesa parmense dedicata all’apostolo, nel Miracolo di s. Vincenzo Ferreri per i domenicani di S. Pietro Martire (1736 circa; Medesano, chiesa parrocchiale) e nell’Estasi di s. Pietro d’Alcantara presso l’omonima chiesa officiata dai minori riformati (1736; Cirillo - Crispo, 2012, pp. 146-148, 154-157, 162 s.). Davvero esemplare di questo nuovo e più aggiornato linguaggio pittorico è un secondo ciclo di otto tele con storie di Giuseppe eseguito tra il 1736 e il 1738 per un’altra sala di palazzo Casati a Piacenza (Matteucci, 1979, pp. 48, 51, 98 s., 101 s.).
Nel corso del quarto decennio del secolo e fino alle soglie del successivo l’attività di Ruta si sviluppò anche fuori dai confini del ducato, a cominciare dalla Trinità con i ss. Scolastica e Francesco di Paola dipinta nel 1731 per la parrocchiale di Cazzago San Martino (Brescia; Loda, 2002), a cui seguirono il Beato Camillo de Lellis si consacra al Crocifisso per S. Tommaso a Mantova, ora in S. Barnaba (1740-41 circa) e, poco prima del trasferimento a Napoli, una pala con S. Giovanni Nepomuceno e s. Alberto degli Avogadri in gloria per la chiesa della Concezione a Gualtieri (Reggio Emilia), oggi in S. Maria della Neve (Cirillo - Crispo, 2012, pp. 189-193).
Mentre andava consolidandosi la sua reputazione artistica, Ruta si accreditava anche come conoscitore di pittura, tanto che nel 1735 la giunta reale di governo lo incaricò di periziare la Madonna di s. Girolamo del Correggio (G. Cirillo, in Cirillo - Crispo, 2012, p. 245). Nello stesso anno, poi, il conte Giacomo Antonio Sanvitale gli fece stimare un dipinto creduto di Annibale Carracci, mentre nel 1740 gli venne richiesto di valutare le tele di Sebastiano Ricci lasciate all’Ospedale degli Esposti da Carlo Panizza (ibid., pp. 246, 250). L’erudizione e le qualità di conoscitore di Ruta tuttavia si estrinsecarono soprattutto nella redazione della sua Guida […] delle più eccellenti pitture che sono in molte chiese di Parma (Parma 1739).
Tra il 1738 e il 1741 il pittore fece pervenire a Carlo di Borbone, divenuto re di Napoli dopo la cessione del ducato di Parma agli Asburgo, ben trentasei dipinti di piccole dimensioni: dodici con baccanali, sei con storie di Don Chisciotte e gli altri di soggetto ignoto, solo in parte identificati (Cirillo - Crispo, 2012, pp. 178-186). Queste estreme prove parmensi sono caratterizzate da una fattura veloce, da colori smaglianti e da una vivacità espressiva che rivelano un prevalente interesse per l’arte veneziana, soprattutto Sebastiano Ricci.
Le telette dovettero soddisfare il committente, dal momento che nel 1741 l’artista fu chiamato alla corte napoletana, entrando in servizio il 1° maggio come pittore di camera (Schipa, 1904, p. 284 nota 2). Non sappiamo se portò con sé l’intera famiglia o solo parte di essa, e se a quella data fosse ancora in vita la moglie Marianna o Ruta avesse già sposato in seconde nozze la parmigiana Barbara Pelastrini, che morì nella capitale borbonica (G. Cirillo, in Cirillo - Crispo, 2012, pp. 60, 81). Appena giunto, Ruta fu subito incaricato di ritrarre la primogenita della coppia reale, l’infanta María Isabel, la cui effigie fu inviata ai genitori di Carlo a Madrid nel luglio del 1741; nel maggio dell’anno successivo furono spediti ai reali spagnoli anche i ritratti dello stesso Borbone e della consorte, Maria Amalia di Sassonia, mentre qualche tempo dopo pervennero loro due tele raffiguranti presumibilmente la terzogenita di Carlo, anch’essa chiamata María Isabel (Urrea Fernández, 1977, pp. 413, 415 s., 496 s.).
Il pittore fu impiegato anche nella decorazione delle nuove residenze e fabbriche reali, a cominciare dalla cappella di S. Gennaro nel Bosco di Capodimonte, per la quale dipinse la Visitazione e la Natività oggi nell’adiacente Galleria nazionale (1745 circa; Cirillo - Godi, 1979, p. 18; Spinosa, 1982, pp. 226 s. nota 26). Dall’ottobre del 1753 Ruta lavorò alle due pale per la cappella e alle cinque tele per il soffitto del Gabinetto Blò nella reggia di Portici, recanti al centro l’Aurora (ibid.; Spinosa, 1987, p. 148). La produzione degli anni napoletani non rivela tuttavia significative aperture verso la locale scuola pittorica, palesando piuttosto la persistenza di riferimenti già segnalati riguardo alle ultime opere parmensi.
Le funzioni di Ruta presso la corte borbonica non si limitarono alla sola attività pittorica: viste le sue ben note competenze nel campo della pittura antica, gli venne affidata la cura della quadreria dei Farnese trasferita a Napoli da Carlo, al cui incremento provvedeva acquistando quarantotto ritratti antichi (1755-56) e ottantuno altri dipinti (1758; Nappi, 1982; Schipa, 1904, p. 275 nota 3). Al pittore fu richiesto anche di redigere l’inventario della galleria farnesiana (1756) e di occuparsi dei restauri necessari (1756-59; G. Cirillo, in Cirillo - Crispo, 2012, p. 254).
L’artista contribuì poi alla realizzazione del volume Disegni intagliati in rame di pitture antiche ritrovate nelle scavazioni di Resina (Napoli 1746), promosso da Carlo di Borbone per illustrare i risultati delle campagne di scavo condotte a Ercolano e dintorni, fornendo i disegni per sei delle novanta illustrazioni. Collaborò infine con la Real fabbrica degli arazzi, realizzando cartoni per soprapporte, portiere e soprafinestre destinate alla reggia di Caserta (Minieri Riccio, 1879, p. 18).
Nel 1759, quando Carlo divenne re di Spagna e lasciò Napoli, Ruta tornò in patria. È verosimile che negli ultimi anni trascorsi a Parma l’ormai anziano artista riducesse sempre più l’attività pittorica, a causa di una progressiva perdita della capacità visiva che lo condusse alla totale cecità.
Ruta, che aveva fatto testamento a Napoli nel 1756, morì nella città natale l’11 novembre 1767 (G. Cirillo, in Cirillo - Crispo, 2012, p. 256).
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, ms. Pal. E.B.9.5, II, c. 53v: F.M.N. Gabburri, Vite di pittori, 1719-41; C. Ruta, Guida ed esatta notizia a’ forastieri delle più eccellenti pitture che sono in molte chiese della città di Parma, Parma 1739; C. Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, pp. 84 s., 111, 114 s.; C. Minieri Riccio, La Real fabbrica degli arazzi nella città di Napoli dal 1738 al 1799, Napoli 1879, pp. 18, 22, 24; M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Napoli 1904, pp. 275 nota 3, 284 nota 2; N. Pelicelli, R., C., in U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexicon der bildenden Künstler, XXIX, Leipzig 1935, pp. 237 s.; G. Copertini, La raccolta dell’Università degli Studi, in Gazzetta di Parma, 29 luglio 1959, p. 3; J. Urrea Fernández, La pintura italiana del siglo XVIII en España, Valladolid 1977, pp. 49 s., 365 s., 413-416, 496 s., 528; P. Ceschi Lavagetto, in L’arte a Parma dai Farnese ai Borbone (catal., Parma), Bologna 1979, pp. 46-51; G. Cirillo - G. Godi, Apporti al catalogo e alla storia della pittura parmense del ’700, in Parma nell’arte, XI (1979), 1, pp. 14-19; A.M. Matteucci, Palazzi di Piacenza dal barocco al neoclassico, Torino 1979, pp. 42 s., 48, 51, 98 s., 100-102; E. Nappi, Reali siti ed opere realizzate dai Borbone di Napoli nel XVIII secolo..., in Settecento napoletano. Documenti, I, a cura di F. Strazzullo, Napoli 1982, pp. 72 s.; N. Spinosa, Pittura napoletana e rapporti tra Napoli e Madrid nel Settecento, in Arti e civiltà del Settecento a Napoli, a cura di C. De Seta, Roma - Bari 1982, pp. 224 nota 5, 226 s. nota 26; Id., Pittura napoletana del Settecento dal rococò al classicismo, Napoli 1987, pp. 147 s., 346 s.; J. Urrea Fernández, Carlos III en Italia. Itinerario italiano de un monarca español (catal.), Madrid 1989, pp. 126-131; R. Cattani, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, II, pp. 861 s.; G. Cirillo - G. Godi, I disegni della Biblioteca Palatina di Parma, Parma 1991, pp. 148-151; S. Migliorini, Per una cronologia di Clemente Ruta a Piacenza: il contratto del S. Pellegrino per la Madonna di Piazza, in Bollettino storico piacentino, XCI (1996), 2, pp. 269-275; J. I. Cornière, Il ciclo di Debora e Giaele di C. R.: un contributo alla storia di Palazzo Casati in Piacenza, in Bollettino storico piacentino, XCV (2000), 2, pp. 319-339; G. Cirillo, Dipinti inediti del Seicento e Settecento parmense, a proposito del nuovo catalogo della Galleria Nazionale, in Parma per l’arte, n.s., VII (2001), 1-2, pp. 40, 42, 59; A. Loda, Tre dipinti poco noti di C. R., in Aurea Parma, LXXXV (2001), 2, pp. 193-202; G. Cirillo, Nuovi apporti al catalogo e alla storia della pittura parmense del Settecento, in Parma per l’arte, n.s., X (2004), 1-2, pp. 78-81, 97, 101 s.; G. Cirillo - A. Crispo, C. R. (Parma 1685-1767), Parma 2012; A. Crispo, Ritorno a C. R.: nuove aggiunte al catalogo, in Parma per l’arte, n.s., XXI (2015), pp. 57-80.