ORIGO, Clemente
ORIGO, Clemente. – Nacque a Roma in una nobile e numerosa famiglia, da Carlo e da Pauline Polyenctoff, il 27 febbraio 1855 (Origo, 1967, p. 165).
Fu scultore, pittore e illustratore (molte cartoline sono ancora reperibili sul mercato antiquario), ma in particolare ebbe successo nella scultura, grazie a piccoli cavalli in bronzo che eseguiva in varie pose plastiche, ora per la maggior parte in collezioni private o di ubicazione ignota.
Le notizie sulla sua vita fino agli ultimi anni dell’Ottocento sono molto scarse, probabilmente a causa del suo impegno militare. La scrittrice Iris Margaret Cutting Origo, sua nuora (moglie del figlio Antonio), ne ha offerto uno dei rari ritratti, descrivendolo come un aristocratico raffinato e un po’ dandy, che acquistava cavalli a Dublino e mandava le camicie a Londra per farle lavare. Viveva fra Firenze e Motrone, in Versilia, con assidui viaggi a Venezia, Parigi, Bayreuth e Monaco per comprare opere d’arte, frequentare salotti brillanti e donne avvenenti. Nella sua casa di Motrone, anche grazie alle doti canore della moglie Rosa Tarsis, si incontravano vari artisti, scrittori e musicisti, fra i quali spiccano i nomi di Giacomo Puccini, Ugo Ojetti e Gabriele D’Annunzio, che di Motrone fu assiduo visitatore e vi scrisse alcune liriche dell’Alcyone (Origo, 1967, pp. 164 s.).
Dopo essersi congedato dall’esercito con il grado di tenente-colonnello, Origo iniziò a fare l’artista a tempo pieno, dedicandosi soprattutto alle scene di battaglia, della Maremma e di mandrie equine. Nel 1887 all’Esposizione nazionale artistica di Venezia presentò i dipinti Testa di cavallo (studio dal vero) e Strada dei Lerici (studio dal vero). Nel 1893 partecipò all’Esposizione nazionale di belle arti di Roma con la pittura Carbonari maremmani. Nel 1894, i cataloghi della mostra della Società promotrice di Firenze documentano la presenza di vari suoi oli e sculture: i dipinti Il ritorno dal lavoro, Serata di novembre in palude, Mattinata di novembre in palude, Bocca d’Arno e Il II squadrone di Genova Cavalleria alla Bicocca (episodio della Battaglia di Novara 23 marzo 1849), caratterizzato – come risulta da una fotografia dell’opera dell’Archivio Alinari – da un taglio fotografico, come se l’osservatore fosse sul campo di battaglia, nel mezzo della carica della cavalleria, accanto ai morti; le sculture Buttero maremmano (statuetta in bronzo), Vedetta - Ussaro della prima repubblica francese 1793-1797 (bozzetto non finito), Ritratto di cavallo (bronzo), Trombettiere di cavalleria 1848-1849 (bronzo).
Nel 1896, alla Festa dell’arte e dei fiori, cinquantesima edizione della mostra della Promotrice di Firenze, espose due oli intitolati Malaria e Povero Neri! e due sculture in bronzo raffiguranti Don Chisciotte (forse la stessa opera poi venduta a Firenze in un’asta di Pandolfini il 4 marzo 1996) e Un picador (forse lo stesso bronzo comparso il 23 luglio 1993 in un’asta di Sotheby’s a Londra). Per l’esposizione annuale della stessa Promotrice, nel 1897 presentò i disegni Garde française e Colonnello degli ussari Primo Impero e i bozzetti a olio Cavalli al bagno e All’abbeveratoio, l’anno successivo il gruppo in gesso Un rapimento e due oli intitolati Il messaggero e Fiume morto. Nel 1898 prese anche parte all’Esposizione nazionale della Società promotrice di Torino, con l’olio Triste sorte.
Alla mostra della Promotrice di Firenze del 1899 espose quattro oli, fra i quali Dopo il lavoro, già proprietà di Carlo Levi, e Bonnie-Charlie, già appartenente al marchese Flori di Serramezzana, e cinque bronzi (tre soggetti militari e due soggetti di genere), oltre a un gesso, non in vendita, intitolato Cavallo di artiglieria (frammento). Nel 1903 partecipò all’Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia con un’opera in bronzo realizzata a cera persa, intitolata Il porta spese. Costumi della campagna romana.
Nel 1904, alla mostra della Promotrice di Firenze, mise in vendita tre oli, una terracotta e due gessi, uno dei quali intitolato Nella palude. Probabilmente da questo derivò il gruppo bronzeo Nella palude (scene della campagna romana), presentato all’Esposizione internazionale di Venezia nel 1905, raffigurante il faticoso lavoro del guardiano delle mandrie che cerca di salvare gli animali dalla violenza di una natura assassina; il trattamento della materia è molto mosso e ricorda le modalità plastiche di Medardo Rosso.
Delle frequentazioni importanti che aveva nel mondo della cultura dell’epoca è esempio la familiarità che si evince da due lettere del 1906 a Ugo Ojetti (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio storico, Fondo Adolfo De Carolis, cartella O, ad vocem; Fondo Ugo Ojetti, cass. 54 ins. 3), al cui giudizio teneva moltissimo (lettera del 3 agosto) e a cui era lieto di donare le sue sculture, preoccupandosi anche di inviare una formale dichiarazione della natura dell’elargizione spontanea del bene, non soggetto a pagamento futuro (lettera del 18 luglio).
Dal dicembre 1906 al giugno 1907 ospitò nella sua casa di via Masaccio 101 a Firenze D’Annunzio, in quel periodo perseguitato dai creditori. A riprova dell’amicizia e della fiducia che li legava, il 24 maggio 1907 il poeta nominò Origo suo esecutore testamentario (invano, dato che gli sarebbe sopravvissuto di vari anni; Alatri, 1983, p. 246).
Nel 1907 fece parte del comitato ordinatore per la città di Roma all’Esposizione internazionale di Venezia, nella cui sala toscana presentò il gruppo scultoreo in bronzo La morte del cervo (1905), ispirato all’omonima lirica di D’Annunzio e in particolar modo ai versi, riportati nel catalogo, che descrivono il momento della lotta in cui il centauro afferra le corna del cervo: ora nella villa Ambara del Dusit Palace di Bangkok (La Tribuna, 22 settembre 1921), l’opera è riprodotta in una fotografia che ritrae, nello studio di Origo, D’Annunzio e lo scultore intenti a esaminarla (Alatri, 1983, p. 241). Un diario inedito, firmato e datato 1907-08 (Chianciano, collezione privata), racconta le attività che Origo svolse con D’Annunzio in quei mesi e alla data 4 aprile 1907 descrive tutti i dettagli della fusione del gruppo, nella fonderia Gusmano Vignali: D’Annunzio volle essere presente tutta la notte per vedere l’opera finita e desiderava così tanto che vi fosse pubblico ad assistere al momento della colatura del bronzo, che cercò di intrattenere, il più a lungo possibile ma invano, le signore presenti, narrando storielle piccanti.
Al 21 settembre 1907 risale un’umoristica cartolina fotografica (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio storico, Fondo Ugo Ojetti, cass. 54 ins. 3) inviata da Origo a Nanda Ojetti, moglie di Ugo, che lo ritrae in un accappatoio a forma di saio francescano, in atto di preghiera, a braccia aperte e lo sguardo rivolto al cielo: nel testo sul verso Origo spiega che con quell’immagine intendeva pregare gli Ojetti di fargli visita. Gli inviti a Ojetti a trascorrere qualche giorno nella villa di Motrone si ripetevano quasi ogni estate, ma furono spesso disattesi.
Partecipò nuovamente all’Esposizione internazionale di Venezia nel 1909 con il gesso I cavalli del sole (1909; ubicazione ignota) e nel 1910 con un Fregio decorativo in bronzo (1910; ubicazione ignota), esposto nella sala del Lazio e altre regioni. Nel 1913 a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni, prese parte alla Prima esposizione internazionale d’arte della Secessione, con le sculture L’edera e Ritratto (ubicazione ignota).
Nell’estate del 1913 soggiornò in Russia a San Pietroburgo, presso l’Hotel de France, dedito alla vita mondana e al Monumento di Alessandro II (distrutto): dalla sua corrispondenza si evincono le difficoltà che ebbe per assemblare i pezzi di questa scultura bronzea, i cui profili erano stati danneggiati dal trasporto a mezzo delle varie ferrovie europee, richiedendo l’esecuzione di stuccature nei punti di giuntura che Origo eseguì personalmente (lettera a Ojetti del 19[?] giugno 1913; Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio storico, Fondo Adolfo De Carolis, cartella O, ad vocem; Fondo Ugo Ojetti, cass. 54 ins. 3).
Durante la prima guerra mondiale, già sessantenne, si fece inviare al fronte, poi, dato che sua madre era russa e Origo conosceva la lingua, fu addetto militare italiano in Russia: arrivò a Pietrogrado il 21 settembre 1916 e qui venne decorato con la medaglia d’argento (La Tribuna, 22 settembre 1921). Dai diari e documenti inediti (Chianciano, collezione privata) emerge che fu al comando di varie divisioni di cavalleria, partecipando attivamente e coraggiosamente alle operazioni belliche.
Nel 1917 un piccolo olio su tela intitolato La fiera dei cavalli all’Impruneta (Firenze), proveniente dalla collezione del cav. Alfredo Conti di Firenze, venne esposto nella galleria Geri di Milano.
Dalle lettere all’amico Domenico Trentacoste (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Fondo Ugo Ojetti, cass. 54 ins. 3 e Subfondo Domenico Trentacoste, sub voce O. C., cassetta 3) si apprende che era molto attento all’educazione artistica della figlia Carla (lettera del 1° dicembre 1917) e che nel 1918 era ancora attivo come artista, tanto che da Motrone chiedeva consigli sui suoi lavori (10 ottobre 1918), ma già l’anno seguente le sue condizioni di salute non erano più buone e si lamentava, pur mantenendo la consueta ironia, di non riuscire più a lavorare (14 febbraio 1919; 30 giugno 1919).
Nel 1920, nei giardini della Esposizione internazionale di Venezia, presentò la scultura in bronzo La sorpresa - Gruppo per fontana (1920; ubicazione ignota), ma nel maggio dovette sottoporsi a pesanti quanto inefficaci cure per la sua salute ormai precaria (lettere a Trentacoste, 29 maggio 1920; 3 febbraio 1921).
Morì a Firenze il 21 settembre 1921.
La maggior parte delle sue opere sono conservate in collezioni private; si segnala, fra quelle in collezioni pubbliche, il bronzetto Cavallo caduto presso la Galleria di arte moderna di Firenze (Vicario, 1994, p. 762); due disegni firmati e un altro certamente di sua mano, raffiguranti rispettivamente un Capanno rurale, un Fregio decorativo e uno Studio anatomico delle zampe e della testa di un bovino, verosimilmente tutti studi per opere di maggiori dimensioni, non identificate, oltre ad altri tre schizzi la cui attribuzione è incerta si trovano all’Archivio di Stato di Siena.
Fonti e bibl.: Roma, Archivio storico diocesano del Vicariato, Liber baptizatorum ab ann. 1841 usque ad ann. 1871, p. 44 n. 25; p. 49 n. 34; p. 53 n. 30; p. 69 n. 46; Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio Bioiconografico, sub vocem O. C., cass. 21.3 e faldone 207: Lo scultore C. O., ritaglio di stampa, s.d., e altre indicazioni; D. Angeli, La morte di C. O, ritaglio di stampa, s.d. e altre indicazioni; Archivio di Stato di Siena, Dono Origo, serie VI n. 250: Disegni di C. O. e carte varie (1818-1880); A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani, Firenze 1906, p. 337; È morto C. O., in La Tribuna, 22 sett. 1921; I. Origo, Guerra in Val d’Orcia, Firenze 1967, pp. 164 s.; P. Alatri, Gabriele D’Annunzio, Torino 1983, p. 246; V. Vicario, Gli scultori italiani dal Neoclassicismo al Liberty, II, Lodi 1994, pp. 761 s.