MAJOLI, Clemente
Non sono noti la data e il luogo di nascita di questo pittore, documentato tra il quarto e l'ottavo decennio del XVII secolo. Da una revisione archivistica, la più antica attestazione che qualifica il M. come già attivo risulterebbe essere non già il 20 sett. 1634, presunta data d'ingresso nella romana Accademia di S. Luca (Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 69, f. 303; Lo Bianco, pp. 100, 112 n. 75), ma il 7 nov. 1639, data relativa al pagamento di 5 scudi per l'esecuzione di un quadretto ovale con La chiamata di s. Pietro, non identificato (Biblioteca apost. Vaticana, Archivio Barberini, Giustificazioni, 3326, 3338; Merz, p. 333). All'ipotesi di un'origine romana del M. si affianca, tuttora, quella di una sua provenienza ferrarese, avanzata dai primi biografi in ragione dei numerosi interventi che lo legarono alla città emiliana (Cittadella; Lanzi).
Le fonti e la moderna storiografia concordano invece nel collocare a Roma la formazione artistica del M.: sotto la guida di Pietro Berrettini da Cortona (Lanzi; Ticozzi; Mezzetti, 1962, p. 278) o, piuttosto, di Giovan Francesco Romanelli (Titi; Eroli).
È probabile che il M. sia passato più semplicemente dall'alunnato con il primo alla frequentazione del secondo, al quale risulta precocemente associato nel circuito delle committenze barberiniane. Gli esordi e la prima attività dell'artista (impegnato dall'illustre famiglia romana per quasi un trentennio soprattutto nell'esecuzione di copie dallo stesso Romanelli, di dipinti in piccolo formato di gusto preziosamente miniaturistico e di cartoni per arazzi) sono ricostruibili solo indirettamente, perché perdute, o comunque non attualmente identificabili, tutte le opere citate nei documenti barberiniani. Al biennio 1642-43 appartengono le copie dal Romanelli raffiguranti La Madonna leggente con il Bambino e s. Giovanni con uno sfondo di paesaggio, su rame, una Madonna (Aronberg Lavin, pp. 37, 495) e una S. Maria Egiziaca (Bertrand, 2005, p. 185, n. 278); i due dipinti ovali con la Pietà e L'orazione nell'orto (ibid.) e la Guarigione dell'indemoniato in un ovato di lapislazzuli (Lo Bianco, pp. 99, 112 n. 58); il cartone per l'arazzo con La caccia allo struzzo, facente parte della serie tessuta da Pietro Lascotti (Aronberg Lavin, pp. 23, 496; De Strobel, p. 17).
Nello stesso periodo dovette avvenire il suo ingresso nell'Accademia di S. Luca: il 29 sett. 1642, infatti, il M. partecipò per la prima volta alle sedute dell'Accademia e vi fu presente, successivamente, in quella del 24 genn. 1644 (Lo Bianco, pp. 100, 112 nn. 76-77).
Negli anni Quaranta, peraltro, il M. dovette avviarsi al raggiungimento di una diversa maturità artistica. Lo si desume dallo spoglio degli incarichi affidatigli dalla famiglia Barberini a partire dal successivo decennio, implicanti nuove responsabilità tecniche e ideative.
Nel 1651 il M. eseguì un ritratto di Innocenzo X "mandato a Valmontone", un rame con la Sacra Famiglia su fondo di paesaggio e una Assunzione della Vergine su ametista (Aronberg Lavin, pp. 23, 495 s.; Lo Bianco, pp. 99, 112 nn. 60-61). Non è certo se, in quello stesso torno di anni, il M. prendesse parte, accanto e in subordine a Romanelli, alla decorazione della cappella della Madonna del Rosario nella chiesa dei Ss. Domenico e Sisto, dove gli sono stati assegnati gli affreschi del sottarco con L'incoronazione della Vergine, l'Assunzione e la Pentecoste (Fischer Pace). L'impresa, databile entro il 1652, anno di completamento della cappella, rappresenterebbe in tal senso l'avvio di una sua applicazione all'affresco, esercizio privilegiato dal M. nel prosieguo della sua attività. Già nel 1653 l'artista fu impegnato dai Barberini per la realizzazione di una copia ad affresco di un'Ultima Cena di Romanelli per la chiesa di S. Ippolito in Porto, perduta, nonché pagato per aver "ritoccato le pitture" a Grottaferrata e per "altri lavori" non meglio specificati (Aronberg Lavin, pp. 23, 496; Lo Bianco, pp. 99, p. 112 n. 62).
Parallelamente, il M. continuò a prendere parte alla vita accademica come attestano i verbali delle congregazioni del settembre 1653 e del settembre, novembre e dicembre 1654 (Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 43, cc. 93r, 95r, 98r; Lo Bianco, pp. 100, 112, n. 78). Tra la seconda metà degli anni Cinquanta e gli inizi del successivo decennio il M. corrispose alle richieste dei Barberini eseguendo dipinti, interventi di restauro e impegnandosi con continuità per l'arazzeria.
Del 14 marzo 1656 è l'ordinativo di pagamento di 40 scudi per un quadro sul tema Pasce oves meas e un cartone con La consegna delle chiavi; nel febbraio 1659 il M. fu retribuito per "tutte le imprese" del papa Alessandro VII dell'arazzo con l'Annunciazione donato al pontefice (De Strobel, p. 31) e, nello stesso anno, fu pagato per un intervento di restauro a un affresco del soffitto del palazzo della Cancelleria (Adelson, p. 405, n. 20). A partire da tale data, inoltre, il M. partecipò alla realizzazione della serie con le Storie di Apollo, tessuta da Maria Maddalena della Riviera e completata nel 1663: il 19 giugno 1659 ricevette pagamenti per il cartone con Apollo e Dafne; il 30 giugno 1660, per quello con Apollo e Mercurio; il 2 nov. 1662, infine, per quello con Apollo e le nove muse (Aronberg Lavin, pp. 23, 496; Lo Bianco, pp. 99, 112 n. 64; De Strobel, p. 41). Per analogia stilistica e coerenza operativa, si è ipotizzato che il M. eseguisse anche i cartoni dei due restanti pezzi del ciclo con Apollo e Marsia e con Latona, Apollo e Diana (Adelson); ma la paternità inventiva dell'intero gruppo è stata più recentemente posta in discussione a favore di una attribuzione dei modelli dei cartoni a Romanelli, sovrintendente artistico della manifattura dal 1637 al 1662 (Bertrand, 1998 e 2005).
Tra il 1661 e il 1665 il M. incrementò la sua partecipazione alle sedute accademiche (Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 43, cc. 133v, 144v, 145r, 145v, 146r, 148r, 151v, 153r, 157v, 159v, 161r, 165v, 167v, 168v, 170v, 171r; Lo Bianco, pp. 100, 112 nn. 81-82) e lavorò alla sua impresa romana di maggior prestigio: la decorazione ad affresco della volta della Biblioteca Alessandrina nella romana Università La Sapienza.
L'affresco, raffigurante il Trionfo della Religione, fu condotto in due tempi: nel marzo 1662 il M. completò la porzione centrale con l'allegoria della Religione e i sottostanti Evangelisti; dal febbraio all'aprile 1665 eseguì i Dottori della Chiesa e le Virtù teologali nei settori angolari. Per questo primo incarico ufficiale il M. scelse di muoversi sulla falsariga di un consacrato modello, l'affresco cortonesco del salone di palazzo Barberini: da quello riprese, infatti, la concezione generale e singole soluzioni compositive, senza essere in grado, tuttavia, di restituirne l'energia vitalistica delle figure e l'effetto illusionistico di sfondamento prospettico (Lo Bianco, pp. 100-102). L'opera, retribuita per un totale di 130 scudi, fu comunque apprezzata (Re) e valse al M. altri importanti incarichi pubblici assegnatigli già a partire dal compimento della prima fase dei lavori alla Sapienza.
Dal 6 marzo al 21 giugno 1663 datano i pagamenti per la decorazione a fresco della parete absidale di S. Bernardino da Siena a via Panisperna, commissionata da suor Maria Chiara Caroli (Montenovesi).
Rispettivamente a destra e a sinistra dell'altare maggiore, il M. dipinse La predicazione di s. Bernardino, firmata e datata "Clemens Maiolus pinxit a. 1663", e la Morte di s. Bernardino; anche in questo contesto utilizzò una cifra grafica esemplata sui moduli cortoneschi, ma non esente da "arcaismi e durezze" (Lo Bianco, p. 102) e più corsiva nella risoluzione dei secondi piani (ibid.; Riccomini).
Il 3 ag. 1663 il M. ricevette un pagamento di 3 scudi per aver "restaurato la pittura di Andrea Sacchi" nel palazzo Barberini alle Quattro Fontane (Lo Bianco, p. 112 n. 65). Il 12 agosto dello stesso anno fu accettato tra i membri della Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta del Pantheon, in cui fece il suo ingresso il 16 settembre seguente (Tiberia). È forse da collocare in tempi più prossimi a questo suo documentato rapporto con la Compagnia e a una stagione altamente produttiva e qualitativamente significativa, l'esecuzione del dipinto con i Ss. Lorenzo e Agnese, già sull'omonimo altare della chiesa di S. Maria ad Martyres (il Pantheon) e ora nella seconda cappella a destra.
Nonostante la tela presenti lo stemma dei Serlupi Crescenzi dipinto sul basamento su cui poggia s. Lorenzo, si ignorano data e circostanze della commissione. La ripresa acritica delle fonti figurative e in particolare, come rilevato da Lo Bianco (pp. 99 s.), del dipinto di Romanelli con i Martiri persiani del 1640 circa (Roma, S. Carlo ai Catinari) potrebbe far pensare a una datazione anteriore; ma, d'altra parte, è proprio verso il linguaggio del Romanelli, cui questa unica tela del M. era stata precocemente attribuita (Lo Bianco, p. 108), che si sarebbe orientata la futura produzione dell'artista.
Tra il 1663 e il settembre 1664 si scalano i pagamenti per il dipinto con il Concilio di Nicea destinato all'altare di S. Nicolò in S. Lorenzo in Damaso, perduto (Aronberg Lavin, pp. 23, 496).
La consistente retribuzione percepita dal M., 165 scudi, potrebbe far ipotizzare una maggiore ampiezza del suo intervento, sia pure non nella volta dove fu impegnato Giacomo Camassei, adombrata da Titi (p. 72) che ascriveva al M. "tutte le pitture nel primo altare a man destra".
Il 5 ott. 1664 il M. fu eletto festaiolo di S. Luca insieme con Giovan Pietro Bellori (Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, voll. 43, c. 167v; 44, c. 19v).
L'indicazione, per la quale non è possibile fornire ulteriori ragguagli, si pone sul limitare della vicenda accademica del pittore, documentato per l'ultima volta nella seduta del primo febbraio 1665 (ibid., voll. 43, c. 171r; 44, c. 26r), e, più in generale, di quella "romana", non essendo nota la data in cui l'artista eseguì la decorazione a fresco, perduta, della volta di S. Apollonia (Titi, p. 26).
È dunque probabile che il M. si sia trasferito a Ferrara già nella seconda metà degli anni Sessanta, perché la quantità di interventi lì segnalati concordemente dalle fonti meglio si spiegherebbe alla luce di un soggiorno prolungato anche entro la data del 1671, l'unica che attesti la sua presenza in città (Mezzetti, 1962, p. 278). Dal marzo al dicembre di quell'anno il M. ricevette pagamenti per l'imponente impresa decorativa a fresco di S. Maria dei Teatini (Id., 1964; Riccomini), comprensiva delle Storie di s. Gaetano nelle pareti del presbiterio e nelle lunette sopra le cantorie, dell'Assunzione della Vergine nel soffitto di una cappellina attigua al presbiterio e degli Angeli musicanti nelle due finte finestre ai lati del portale maggiore; "presso le dette Cantorie", inoltre, il M. avrebbe eseguito "quadri dipinti a olio" non identificati (Barotti, p. 45).
Il ciclo ferrarese segna il passaggio dal cortonismo "appesantito" degli affreschi romani all'interpretazione più delicata del classicismo romanelliano, ingentilito dalla luminosità degli sfondi con vedute dell'Urbe e dalle delicate scelte cromatiche. Ma a tale maturazione linguistica del M. non è possibile accostare ulteriori esempi significanti poiché tutti gli altri suoi interventi a Ferrara sono andati perduti: il S. Nicola da Tolentino morente sull'altare eponimo di S. Giuseppe (Rizzi); la S. Maria Maddalena dei Pazzi in S. Paolo, eseguita nel 1674 per l'ultima cappella a destra (Brisighella); i Ss. Giorgio e Maurelio nell'oratorio di S. Ludovico; i Ss. Antonio e Filippo Neri, probabilmente a fresco, all'ingresso della scala a lumaca del castello, e già sostituiti nel 1770 da dipinti murali di Giuseppe Travagli (ibid.).
Non si hanno altre notizie del M., del quale s'ignorano il luogo e la data di morte.
La tesi di un suo secondo soggiorno romano nel 1673 (Lo Bianco, p. 100; Fischer Pace), non può infatti essere confermata, poiché tale data è ricavata da un elenco di accademici di S. Luca comprendente artisti già da tempo scomparsi (Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 28, c.5r).
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Archivio Barberini, Giustificazioni, 3326, 3338; Roma, Arch. storico dell'Accademia nazionale di S. Luca, voll. 28, c. 5r; vol. 42/a, c. 67v; 43, cc. 47v, 48v, 58v, 93r, 95r, 97r, 98r, 133v, 144v, 145r, 145v, 146r, 148r, 151v, 153r, 157v, 159v, 161r, 165v, 167v, 168v, 170v, 171r; 44, cc. 9v, 18r, 19v, 21v, 24v, 26r; vol. 69, f. 296, c. 6r, e f. 303; F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura, nelle chiese di Roma (1674-1763), a cura di B. Contardi - S. Romano, I, Firenze 1987, pp. 20, 72, 86, 144, 190; C. Brisighella, Descrizione delle pitture e delle sculture della città di Ferrara (secolo XVIII), a cura di M.A. Novelli, Ferrara 1991, pp. 43-46, 195 s., 202, 291, 469, 512; C. Barotti, Pitture e scolture che si trovano nelle chiese, luoghi pubblici e sobborghi della città di Ferrara, Ferrara 1770, pp. 45 s., 89, 118, 173; G.A. Scalabrini, Memorie istoriche delle chiese di Ferrara e de' suoi borghi, Ferrara 1773, pp. 34, 147 s., 341, 381; C. Cittadella, Catalogo istorico de' pittori e scultori ferraresi e delle opere loro, Ferrara 1782, III, pp. 319-321; IV, pp. 40 s.; L. Lanzi, Storia pittorica dell'Italia (1809), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, p. 176; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca, Roma 1823, p. 469; S. Ticozzi, Diz. degli architetti, scultori, pittori, II, Milano 1831, p. 374; P.D. Zani, Enc. metodica delle belle arti, XII, Parma 1832, p. 261; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi, II, Ferrara 1846, pp. 391 s., 585; G. Eroli, Raccolta generale delle iscrizioni pagane e cristiane esistite ed esistenti nel Pantheon di Roma, Narni 1895, p. 249; O. Montenovesi, La chiesa e il monastero di S. Bernardino in Roma, in Archivi d'Italia, IX (1942), 3-4, pp. 94 s.; E. Re, Biblioteca Alessandrina, Roma 1945, pp. 9 s.; A. Mezzetti, Restauri ferraresi: notizie e problemi, in Bollettino d'arte, XLVII (1962), 2-3, pp. 278, 281-283; Mostra di opere restaurate (catal.), a cura di A. Mezzetti, Bologna 1964, pp. 93-95, tavv. 64 s.; E. Riccomini, Il Seicento ferrarese, Cinisello Balsamo 1969, pp. 52 s.; A. Rizzi, Arte e ambiente nella Ferrara "minore", in Musei ferraresi. Bollettino annuale, II (1972), p. 83 n. 6; L. Lotti, S. Bernardino a via Panisperna, in Alma Roma, XIV (1973), 5-6, p. 14; M. Aronberg Lavin, Seventeenth-century Barberini documents and inventories of art, New York 1975, pp. 23, 37, 39, 255, 495 s.; S. Rudolph, Un episodio del barocco romano a Ferrara, in Musei ferraresi. Bollettino annuale, VII (1977), p. 27; G. Degli Esposti, Una presenza isolata a Ferrara nel Seicento: Andrea Sacchi, in Frescobaldi e il suo tempo nel quarto centenario della nascita (catal.), Venezia 1983, p. 173; S. Valtieri, La basilica di S. Lorenzo in Damaso nel palazzo della Cancelleria a Roma, Roma 1984, p. 77; Cesare Cittadella ed il patrimonio artistico ferrarese, indice a cura di A.C. Venturini, in Istituto per i beni artistici della Regione Emilia Romagna, Documenti, 1985, vol. 25, p. 80; A. Lo Bianco, I dipinti sei-settecenteschi degli altari del Pantheon: Bonzi, Camassei, Maioli, Labruzzi, in Bollettino d'arte, LXXII (1987), 42, pp. 98-108, 112; A.M. De Strobel, Le arazzerie romane dal XVII al XIX secolo, Città di Castello 1989, pp. 17, 31, 41; U. Fischer Pace, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, p. 797; J.M. Merz, Pietro da Cortona. Der Aufstieg zum führenden Maler im barocken Rom, Tübingen 1991, p. 333; B. Giovannucci Vigi, Le chiese di Ferrara nel Seicento, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Seicento, a cura di J. Bentini - L. Fornari Schianchi, II, Milano 1994, II, p. 312; C. Adelson, European tapestry in the Minneapolis Institute of arts, New York 1994, pp. XIV, 395, 397-400, 404 s.; P.-F. Bertrand, Pietro da Cortona e l'arazzo, in Pietro da Cortona. Atti del Convegno internazionale, Roma-Firenze, 1997, a cura di C.L. Frommel - S. Schütze, Milano 1998, p. 68; Id., Les tapisseries des Barberini et la décoration d'intérieur dans la Roma baroque, Turnhout 2005, pp. 127, 185; V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta da Gregorio XV a Innocenzo XII, Galatina 2005, pp. 307, 309; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 579.