CARDINALI, Clemente
Nacque a Velletri nel marzo 1789, forse il 26 (il giorno è incerto presso tutti i biografi), da Domenico Antonio e da Anna Maria Barberi. Nel 1797 gli morì il padre; ma la forza di animo della madre e l'operosità del fratello Luigi valsero ad assicurargli solida formazione. Compiuti i primi studi a Velletri, fu mandato a Macerata perché s'iniziasse a quelli giuridici; ma ne fu richiamato, su consiglio del cardinal decano Leonardo Antonelli, al momento dell'occupazione francese delle Marche (1807). Per le condizioni tutt'altro che floride della famiglia gli fu necessario procurarsi un impiego. Entrò allora nella pubblica amministrazione, ed esercitò i suoi uffici prima nella provincia di Campagna e nel Patrimonio, quindi nelle legazioni di Ferrara e di Bologna con l'incarico d'ispettore del bollo e registro.
A Bologna prese moglie nel 1823; e subito dopo chiese di ritornare nella città natale. Trasferito a Velletri per i buoni uffici dello stesso direttore del registro Vincenzo Pianciani, con il medesimo incarico d'ispettore del bollo e registro per le province di Campagna e Marittima, fu ascritto dal cardinal decano Giulio Maria della Somaglia fra i consiglieri del municipio. In questa veste si adoperò più di altri, e non senza giovarsi della sollecitudine del fratello Luigi, a che nel quadro generale del riordinamento amministrativo dello Stato pontificio s'istituisse la nuova legazione di Velletri.
Amico di monsignor Geraldo Maciotti, vicelegato, e stimato per le sue attività dal cardinal legato Bartolomeo Pacca, decano e vescovo di Ostia e Velletri dal 1830, ebbe la carica di segretario della legazione e quindi di consigliere della congregazione governativa.
Sin dagli anni della sua formazione e durante lo stesso periodo di tirocinio giuridico, il C. si era iniziato, sotto la guida del fratello, agli studi di antichità, ed aveva continuato ad approfondirvisi dopo l'inizio della sua nuova carriera d'impiegato statale. Ai primi saggi di ricerche epigrafiche nel 1819 seguì una silloge di cinquecento Iscrizioni antiche inedite, raccolta del materiale precedentemente illustrato negli Opuscoli letterari, stampata a Bologna e presto recensita dalle Effemeridi letterarie di Roma (t. VIII [1822], p. 357), che ne segnalavano le annotazioni sobrie e "parsimoniose", gli accurati riscontri bibliografici e le precise indicazioni di provenienza.
Come il fratello, il C. collaborava al Giornale arcadico ed alle Effemeridi letterarie, senza far conto della contrapposizione pur evidente fra queste e quello; ma vicino più del fratello alle posizioni della "compagnia de Santi-petti" (G. G. Belli, sonetto del 23 apr. 1834). Così, nel 1821, scriveva trenta pagine di osservazioni intorno ai Frammenti di fasti consolari e trionfali, pubblicati l'anno precedente da Carlo Fea, per il Giornale (t. IX, pp. 263-289); e per le Effemeridi discuteva in un lungo articolo dei nuovi frammenti dei fasti capitolini editi da B. Borghesi (t. II [1821], pp. 333-375). E mentre al Giornale dello stesso anno inviava una nota su cinquanta iscrizioni inedite (t. XI, pp. 74-77, 229-235), per le Effemeridi dell'anno seguente preparava un estratto della nuova edizione romana (1821) dei Monumenti antichi inediti di Johann Joachim Winckelmann (t. VIII [1822], pp. 253-281; IX, pp. 166-194, 289-312), di cui enumerava sviste ed errori, che altri avevano già corretto, in una rassegna puntigliosa, spesso pedante, che dopo Fea e nonostante il pur esplicito riconoscimento conclusivo (IX, p. 309), tradiva la sostanziale incomprensione del rinnovamento iniziatosi ad opera del grande tedesco negli studi di storia dell'arte antica.
Nel 1823 venivano pubblicate a Roma le Iscrizioni antiche veliterne, un lavoro, come scriveva lo stesso C. nella dedica al Pianciani, condotto fra le "cure amministrative" del suo ufficio d'ispettore del registro a Bologna "con quella diligenza", che egli sapeva "maggiore". Ma di che "diligenza" si tratti dimostrano i lunghi commenti apposti ad ognuna delle centonovantotto iscrizioni, divise in otto classi di epigrafi "sacre, di opere pubbliche e private, istoriche ed onorarie, sepolcrali, greche, cristiane, false" e su figuline e lucerne fittili: null'altro che una paziente minuziosa, ma non attenta, compilazione, priva di contributi originali e personali, talché Giuseppe Melchiorri (Effemeridi letterarie di Roma, t. XIII [1823]. p. 260) poteva trovarvi inedito solo il frammento di Ulubre del 1773 (n. 19, ora in Corpus Inscript. Lat., X, I, n. 6485), e Theodor Mommsen poteva francamente concludere: "Sylloge neque docte facta est nec diligenter" (ibid., p. 652).
Nel 1824 partecipava con P. E. Visconti, con Melchiorri e con il fratello all'edizione del primo fascicolo delle Memorie romane di antichità e di belle arti, e vi faceva stampare un Catalogo delle navi romane tratto dagli antichi marmi scritti (pp. 80-86), un saggio Intorno un antico bassorilievo veliterno rappresentante Minerva,Mercurio,Argo e l'Argonave (pp. 130-136) ed un'ampia serie di note (pp. 179-210) sul frammento II dei fasti gabini (Inscript. Ital., XIII, I, pp. 257-258), lette alla Pontificia Accad. romana di archeol. il 13 genn. 1825 e ripubblicate con il medesimo titolo di Osservazioni intorno un antico frammento marmoreo di fasti consolari nel secondo volume delle Dissertazioni (1825, pp. 255-292). Agli altri numeri delle Memorie il C. destinava tra l'altro un'Annotazioneintorno un antico marmo scritto toccante il collegio degli auguri (II [1825], pp. 87-115), un Discorso intorno alcune tessere anfiteatrali in parte inedite (ibid., pp. 131-152), un Elenco delle coortisociali,ed ausiliarie de' Romani, desunto dagli antichi marmi scritti (III [1827], pp. 217-266), ed infine un Tentamento di correzioni ne' fasti consolari dell'Almeloveen (IV [1827], pp. 93-111): una serie, cioè, di contributi sorti a margine di scoperte e ricerche altrui, per esempio di Fea e di Francesco Vettori, di compilazioni e di utili messe a punto, redatti senza precisi impegni storiografici e lontani da ogni nuova istanza metodologica.
Nel 1828 faceva stampare a Perugia la "dissertazione epistolare" sul frammento VIII dei fasti ostiensi (I.I., XIII, 1, pp. 184-187): Di un marmoreo frammento di fasti scoperto ad Ostia. Dopo di che, e per quasi sei anni, non si registrò più un suo intervento in tema di epigrafia che avesse taglio e respiro dei precedenti. Finalmente, il 26 giugno 1834, presentava alla Pontificia Accademia una "dichiarazione" Di un nuovo diploma militare dell'imperatore Adriano, inserita due anni più tardi nel sesto volume delle Dissertazioni (pp. 229-245). E di fatto questo dei diplomi militari imperiali era il nuovo campo d'indagine, che lo studioso si era prescelto e di cui portò avanti l'analisi fino a tutto il 1835, allorché i risultati delle sue ricerche vennero pubblicati a Velletri in un volume dedicato al cardinale Pacca (Diplomi imperiali di privilegiaccordati ai militari), cui non mancò l'approvazione di CelestinoCavedoni, di Giovanni Labus e di Melchiorri, ma che in effetti non si scostava di molto dagli altri contributi del C. e ne evidenziava semmai le manchevolezze. I curatori del C.I.L. non avrebbero mancato di sottolinearlo, ed a più riprese: "auctor titulos ipse paucos descripsit, plerosque ex libris sumpsit" (VI, 1, p. LXVI); "ex editis sumpsit auctore plerumque suppresso" (IX, p. XXXIII); "compilationem edidit eo tempore utilem, propter exempla multarum inscriptionum per ephemerides et libellos dispersarum ei inserta, sed quae ab auctoribus laudandis consulto abstinet nec propria bona habet" (XVI, p. VI non num.).
Il 10 marzo 1836 indirizzava al Melchiorri una memoria letta alla Pontificia Accademia il 16 giugno successivo Sopra un sarcofago ostiense sculto a bassorilievo (in Dissertazioni della Pontificia Accad. romana di archeologia, VIII [1838], pp. 119-43). Ma dopo questa (e non molto pregevole ricerca) di storia dell'arte figurata" non doveva più smettere di occuparsi di epigrafia, e nello stesso anno pubblicava a Velletri una lettera Intorno alla serie dei prefetti di Roma redatta da E. Corsini (Pisis 1763), lettera che avrebbe poi fatto inserire nel secondo volume degli Atti della Società letteraria volsca veliterna (1837, pp. 15-52).
Due ampie memorie sull'era ispanica e sui censori di Roma presentate alla Pontificia Accademia il 3 ed il 17 maggio 1838 (Intorno all'era ispanica ed ai marmi iscritti che la ricordano, in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, IX [1840], pp. 215-271; Memorie de' censori e de' lustri di Roma antica,ibid., pp. 273-355, 531-533) conclusero la vicenda del C. studioso di antichità. Lasciava un enorme apparato di opere edite ed inedite, che suscitava l'ammirazione di Salvatore Betti (a cura del quale il Giornale arcadico pubblicava una bibliografia del C. di centotrentasei titoli divisi per argomenti in dieci sezioni); ma che trentacinque anni dopo non doveva più "avere nessuna utilità" (C.I.L., VI, 1, p. LXVI), e rimaneva comunque espressione di un orizzonte culturale assai stretto.
Il C. morì a Velletri il 22 nov. 1839.
Il 12 dicembre la Pontificia Accademia decideva di pubblicarne postume in via del tutto eccezionale le Memorie de' pontefici massimi di Roma antica (in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, XII [1852], pp. 1159-254). Socio, oltre che della Pontificia, dell'Accademia delle scienze di Torino e di quella di S. Luca, della Pontaniana e dell'Ercolanense, il C. fu corrispondente dell'Istituto di Francia. Ma la sua attività più fervida di accademico si svolse a Velletri nell'ambito della Società letteraria volsca veliterna, che il padre aveva fondato con Clemente Erminio Borgia e di cui il fratello Luigi era stato segretario: ne fu segretario e poi dittatore, ne patrocinò la riforma (da "società letteraria" ad "accademia di scienze, lettere ed arti") e ne curò la pubblicazione di tre volumi di Atti dal 1834 al 1839. A Velletri, infine, si adoperò per l'apertura della Biblioteca comunale, di cui tenne la prefettura, e per la costruzione della parrocchiale di S. Michele Arcangelo.
Fonti e Bibl.: A. C[appi], C. C., in L'Album, VI, s.d., pp. 349-351 (poi in E. De Tipaldo, Biogr. degli Ital. illustri, VII, Venezia 1840, pp. 182-186); S. Betti, Necrol. di C. C., in Giorn. arcadico, LXXXII (1840), pp. 229-235, 235-247 (bibl.); A. Stefanucci Ala, La morte di C. C. dittatore dell'Acc. volsca in Velletri, Roma 1840; A. Elena, Elogio funebre di C. C., Velletri 1843; Dissertaz. della Pont. Acc. rom. di archeol., XI (1852), p. III; XII (1852), p. 161 n.; XIII (1855), pp. I s.; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-eccles., ad Indices.