CAMICIA, Clemente (Chimenti)
Figlio di Leonardo di Andrea e di un'Antonia, nacque presumibilmente a Firenze intorno al 1431.
Architetto e legnaiuolo, "stando al servigio del re d'Ungheria, gli fece palazzi, giardini, fontane, tempi, fortezze, ed altre molte muraglie d'importanza, con ornamenti, intagli, palchi lavorati ed altre simili cose" (Vasari, p. 651). È logico perciò che la storiografia artistica ungherese abbia dedicato grande interesse al C., assegnandogli una parte notevole in tutte le trattazioni del "Rinascimento d'Ungheria" legato al nome di Mattia Corvino. Purtroppo, mancando notizie delle opere italiane del C., le attribuzioni di quelle ungheresi non trovano una conferma stilistica, e i testi relativi al C. restano nei limiti della genericità.
Il Balogh (1966, p. 485) pubblica i documenti fiorentini finora noti relativi al C.: il 21 sett. 1463 firmò a Firenze un contratto nuziale con Brigida figlia di un Dino barbiere; il 23 ottobre si emancipò e ottenne l'esercizio dei diritti civili; il 3 novembre ricevette la dote di 250 fiorini d'oro. Da una disposizione testamentaria datata 26 giugno 1464 risulta che, grazie all'aiuto di uno zio, il C. aveva imparato "artem legnaiuoli" ed aveva aperto una bottega attrezzata; è da ritenersi che la bottega prosperasse, visto che già il 7 maggio 1465 il C. risulta acquirente di un terreno.
Non si conosce la data esatta della partenza del C. per l'Ungheria; comunque nel 1479 doveva già essere pienamente impegnato nei lavori del palazzo di Buda: infatti il 15 luglio 1479 un "Jacobus olim blaxii Andree", legnaiuolo fiorentino, concluse per conto del C. un contratto con alcuni legnaiuoli che sarebbero andati a lavorare un anno con lui a Buda (Milanesi, 1886, p. 223). Il contenuto e la data di questo contratto danno adito a importanti considerazioni.
Nel 1479 infatti giungeva a termine la prima fase di ricostruzione, in stile rinascimentale, del palazzo reale di Buda: questa data figurava sulla porta della sala del trono (Gerevich, 1971, pp. 106 s.). Il C. aveva indubbiamente assunto i legnaiuoli per ultimare i lavori di costruzione, ma forse anche per i lavori di falegnameria del tetto. L'opera del C. doveva comprendere in primo luogo l'arredamento interno del palazzo: porte intarsiate e specialmente i soffitti a cassettoni dorati, ornati da emblemi di Mattia Corvino e degli Aragonesi, da draghi, serpenti e rosoni, e che le fonti descrivono con ammirazione. È facile - e le date sembrano confermarlo - che il C. abbia assunto e continuato il lavoro di Benedetto da Maiano che si presume sia andato a Buda in un periodo precedente. Si potrebbe interpretare in questo senso il testo del Vasari, e ritenere inoltre - a seguito di diversi autori - che il contributo del C. sia da ricercarsi in primo luogo nella progettazione. I suoi lavori vennero infatti realizzati ("condotti di poi per le mani") da Baccio di Andrea Cellini (lo zio di Benvenuto), il quale a sua volta, da giovane, era stato a Firenze collaboratore in lavoro di legname di Benedetto da Maiano e forse anche di Domenico Dominici. Sarà stato appunto per tramite di Benedetto da Maiano che erano giunti in Ungheria i fratelli Cellini e forse lo stesso C.: questi legami personali fanno pensare ad una affinità nell'attività di questi maestri.
Il magistero nell'arte dell'intaglio in legno e in osso dei fratelli Cellini, esecutori manuali degli incarichi commessi al C., è un altro valido motivo per individuare l'attività di quest'ultimo soprattutto nei lavori in legno facenti parte delle grandiose opere edili intraprese da Mattia Corvino, e più particolarmente nella preparazione dei relativi progetti. Il suo contributo quale direttore dei lavori risulta accertato soprattutto nella ricostruzione su vasta scala del castello di Buda, ma è presumibile anche a Visegrád, gli viene pure attribuito il disegno delle fontane con getti d'acqua e del sistema dell'impianto idraulico. Si ritiene di poter mettere in relazione le opere del C. con le descrizioni seguenti: per quel che riguarda le mura di cinta del castello di Buda si legge: "Laxos longosque ibi tractus instituit, ... ex lignario opere confectum, ..." (A. Bonfini, Rerum Ungaricarum Decades, IV, Budapest 1941, p. 137). A proposito dei palazzi è detto invece: "Contignationes huic insano sumptu destinarat, ..." (ibid.). Come punti di riferimento per il soggiorno del C. a Buda sono da considerarsi le due lettere che da quella città il mercante fiorentino Bernardo Vespucci scrisse il 25 febbr. 1488 e il 6 ag. 1489 al fratello Amerigo (Balogh, 1966, p. 486). Pare che a Bernardo fosse affidato il registro dei conti del C., il che rivela l'intensità e il volume notevole dell'attività della bottega. Nel catasto di Firenze, al 1491, risulta "...che detto Chimenti è in Ungheria". Ciò non lascia dubbi: il soggiorno dell'artista in Ungheria dev'essere durato almeno dodici anni. Ci pare esatta anche l'ultima notizia del Vasari, che cioè dopo il suo rientro in Italia ("se ne tornò a Fiorenza") il C. sarebbe "un'altra volta ritornato nella Ungheria". Le opere di costruzione regie subirono un arresto dopo la morte di re Mattia (1490) e furono riprese durante il regno di Ladislao II nel 1497, per continuare fino al 1504. L'interruzione dei lavori spiegherebbe il rimpatrio temporaneo del Camicia. L'accenno del Vasari all'ultima opera del C. ("a dar disegni di mulina, [prese] per la stracchezza un'infermità che in pochi giorni lo condusse all'altra vita": II, p. 652) non manca di fondamento oggettivo e conferisce maggior credito storico alle informazioni: infatti i mulini di Buda ebbero una funzione importante in Ungheria fin dal Medioevo. Un'annotazione del catasto del 1505 relativa alla casa del C. sembra confermare che a quella data egli era ancora vivo. S'ignorano luogo e data della sua morte.
Fonti e Bibl.: Per i documenti e una minuziosa bibl. sino al 1961 si veda: J. Balogh, A müvészet Mátyás király udvarában (L'arte alla corte di re Mattia), Budapest 1966, I, pp. 59, 90 s., 230, 250, 481, 485-487, 517, 521, 609, 621. Ma vedi anche: J. D. Fiorillo, Über einigeitalienische Gelehrte und Künstler die MatthiasCorvinus König von Ungarn beschäftigte, Göttingen 1812, pp. 20 s.; G. Milanesi, Docc. ined.dell'arte toscana dal XII al XVI sec., in IlBuonarroti, s. 3, II (1886), n. 7, pp. 223 s.; G. Vasari, Le vite…, a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 651 s.; F. Pulszky, Adalékok a hazaimütörténelemhez (Contributi alla storia dell'arte nazionale), in AKisfaludy Társaság Évlapjai (Annuario della Società Kisfaludy), Budapest 1874, p. 382; D. Csánki, I. Mátyás udvara (La corte di Mattia I), Budapest 1884, p. 68; F. Salamon, Budapest története (Storia di Budapest), Budapest 1885, II, p. 586; E. Müntz, La propagande de la Renaissance en Orient pendant leXVe siècle, in Gazette des Beaux-Arts, XIII (1895), p. 107; K. Divald, Budapest müvészetea török hódoltság elött (L'arte di Budapest prima della conquista turca), Budapest 1901, pp. 140 s.; J. Balogh, Néhány adat Firenze és Magyarország kulturális kapcsolatainak történetéhez a renaissance-korban (Alcuni contributi alla storia dei rapporti culturali tra Firenze e l'Ungheria nell'età del Rinascimento), in Archaeologiai Értesitö, XL(1923-26), pp. 196 s.; Id., Ujabb adatok Firenzeés Magyarország kulturális kapcsolatainak történetéhez (Nuovicontributi alla storia dei rapporti culturali tra Firenze e l'Ungheria), ibid., XLIII (1929), p. 278; L'opera del genio italiano all'estero, C. Budinis, Gli artisti italiani in Ungheria, Roma 1936, pp. 43, 46; E. Horváth, IlRinascimento inUngheria, Roma 1939, pp. 57, 59; H. Horváth, König Matthias und die Kunst, in UngarischeJahrbücher, XX (1940), pp. 201 s.; J. Balogh, Die Ausgrabungen in Visegrád, in ÖsterreichischeZeitschrift für Denkmalpflege, IV (1950), p. 46; E. Guldan, Werke und Wanderwege der MaestriComacini, in Das Münster, X (1957), p. 372 (lo stesso in Arte lombarda, V[1960], p. 37); L. Zolnay, Vizmüvek a magyar középkorban (Impianto idraulico nel Medioevo ungherese), in Magyar Tudományos Akadémia Müszaki Tud.Oszt. Közleményei (Pubblicazioni della sezione scienze tecniche dell'Accademia ungherese delle scienze), XXII (1958), p. 6; P. Voit, Icodicimodenesi di Ippolito d'Este e le costruzioni edilia Esztergom, in Acta Historiae Artium, V (1958), p. 297; Id., Una bottega in via dei Servi, ibid., VII (1961), p. 201; G. Fehr, Benedikt Ried, München 1961, pp. 24, 113, 114; L. Gerevich, Excavation in Buda Castle, in New HungarianQuarterly, II (1961), p. 72; Id., A budai várfeltárása (Gli scavi del castello di Buda), Budapest 1966, p. 298; M. Zlinszky-Sternegg, Marqueterie Renaissance, Budapest 1966, pp. 10 s.; I. Balogh, A reneszánsz kor müvészete (L'arte dell'età del Rinascimento), in A magyarországi müvészet története (Storia dell'arte in Ungheria), a cura di L. Fülep, Budapest 1970, I, p. 194; L. Gerevich, The art of Buda and Pest in the MiddleAges, Budapest 1971, p. 112; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 503 (sub voce Chimenti di Leonardo); J. Szendrei-Gy. Szentiványi, Magyar Képzömüvészek Lexikona, I, Budapest 1915, p. 304; Müvészeti Lexikon, I, a cura di A. Zádor e I. Genthon, Budapest 1965, p. 363.