VERNA, Claudio
Pittore, nato a Guardiagrele (Chieti) il 24 settembre 1937. Dopo alcuni anni trascorsi in Umbria, soprattutto a Foligno ove frequentò il liceo scientifico, nel 1957 si recò a Firenze e s'iscrisse alla facoltà di Scienze politiche, laureandosi in sociologia nel 1961 con una tesi sulle Arti figurative nella civiltà industriale. A questo stesso periodo risale la sua formazione artistica: oltre a frequenti viaggi di studio instaurò proficui rapporti con esponenti dell'"astrattismo classico'' e con i pittori coetanei L. Baldi, M. Fallani, R. Guarneri e P. Masi, con i quali espose nel 1959 alla Galleria Numero di Firenze, sede della sua prima personale (1960). Trasferitosi a Roma nel 1962, si concentrò a precisare gli strumenti e le ragioni del proprio fare: tornò a esporre soltanto nel 1966, avviando una nuova fase di fecondi contatti e dibattiti ideologici con critici (F. Menna, C. Vivaldi, M. Volpi, ecc.) e pittori (P. Dorazio, A. Perilli, ecc.). Numerose si succedono le mostre personali in gallerie private e pubbliche, dallo Studio Arco d'Alibert di Roma (1968) fino alle antologiche al Museo Civico di Gibellina (1988) e al Palazzo Racani Arroni di Spoleto (1994), le assegnazioni di premi e le presenze in importanti esposizioni nazionali e internazionali quali la Biennale di Venezia (1970, 1978, 1980); la Quadriennale di Roma (1973, 1986); Linee della ricerca artistica in Italia 1960-80, Palazzo delle Esposizioni, Roma (1981); L'Italie aujourd'hui, Villa Arson, Nizza (1985); Disegno italiano del dopoguerra, Kunstverein di Francoforte e Galleria Civica di Modena (1987); Astratta, Secessioni astratte in Italia dal dopoguerra al 1980, Palazzo Forti, Verona (1988); Sincronias, Museo d'arte moderna di San Paolo del Brasile e Rio de Janeiro (1990).
Protagonista tra i più autorevoli del rinnovamento della pittura negli ultimi decenni, V. svolge una coerente ricerca artistica, significativamente connessa alla riflessione estetica e dialetticamente attenta ai valori della tradizione, della contemporaneità europea e di certo espressionismo astratto americano. Fin dalla fine degli anni Cinquanta i suoi dipinti, inseribili nell'ambito dell'Informale, si caratterizzano per una gestualità di contenuta tensione energetica e di esplicita valenza cromatica, impostata su toni rossi, gialli, aranciati, grigi, e guizzi di verde. La vocazione primaria di V., tesa a indagare le qualità del colore, si rivela nel 1960-61 in composizioni (Cromoracconto) spazialmente strutturate da pennellate più ampie. Alla metà degli anni Sessanta, dopo una solitaria meditazione sulla pittura in quanto arte e su ipotesi di altri linguaggi, V. sceglie con approfondita convinzione il colore quale mezzo espressivo "tanto affascinante ma così pericoloso" e propone una rigorosa astrazione nella campitura piatta e nell'assetto geometrico della superficie. L'organizzazione di forme elementari, scandite da luminosità regolate, è dinamicamente variata in Iterazioni ambigue con alterazioni di luce che producono scarti percettivi. Lucida e appassionata, l'attività teorica e pratica di V. negli anni Settanta, non totalmente assimilabile alle istanze più programmatiche della cosiddetta Nuova pittura, né circoscrivibile all'esigenza analitica di illustrare la fenomenologia del rapporto idea-esecuzione-opera, riafferma la specificità del linguaggio pittorico e dell'arte come realtà autonoma. In una situazione dominata da freddi azzeramenti e da sofisticate tautologie concettuali, V. investe la superficie di nuove emozioni di colore-luce e prefigura spazialità più aperte (Pittura, 1976; Aegizio '76; Nero Nero, 1977; Cadmium Red, 1978; ecc.). Un ancor più libero articolarsi della pennellata costruisce trame segniche, misurate nel gesto e frante nel ritmo, dove il colore esplode in sapienti accordi a catturare le luci del tempo, della fantasia e del pensiero, a manifestare luoghi di diffuso chiarore, di cupa penetrazione e di cadenzate tonalità, creando immagini di alta qualità formale nella tensione anche del grande formato (Enigma, 1985; Il muro degli uccelli, 1987; Romamor, 1989; Superficie nera, 1990; Senza inizio né fine, 1992). Tra i suoi scritti si ricordano: Quale pittura?, 1973; Pittura, 1976; Fare pittura, 1985. Vedi tav. f.t.
Bibl.: G. Carandente, Claudio Verna, xxxv Biennale di Venezia, 1970; Claudio Verna, a cura di M. Fagiolo, Milano 1979 (con bibl. e antologia critica); G. Appella, Colloquio con Verna, Roma 1982; F. D'Amico, Claudio Verna, pastelli, Galleria Corradini, Mantova 1987; Verna, Opere 1959-1988, a cura di G. Appella, Museo Civico d'arte contemporanea di Gibellina, Roma 1988; C. Cerritelli, Claudio Verna, Galleria Mèta, Bolzano 1990; G.M. Accame, Claudio Verna: natura della pittura, Bergamo 1991 (con bibl.); Claudio Verna, Grandi formati 1968-1993, a cura di M. Meneguzzo, Galleria comunale d'arte moderna, Spoleto 1994; E. Bilardello, Verna, l'eterno ritorno, opere dal 1991 al 1994, Galleria Edieuropa, Roma 1995; Claudio Verna ''La regola inquieta'', a cura di F. D'Amico, Galleria Morone 6, Milano 1995.