PICA, Claudio (Claudio Villa)
Nacque a Roma nel popolare quartiere di Trastevere il 1° gennaio 1926, unico figlio di Pietro e Ulpia Urbani.
I genitori si erano conosciuti in un calzaturificio dove prestavano servizio come ciabattino e orlatrice, presto costretti ad arrangiarsi con occupazioni improvvisate per aver perduto il loro impiego in fabbrica a seguito di un’epurazione fascista: tra le varie attività svolte ci fu quella di ‘acquacetosari’, che vide impegnato anche il piccolo Claudio soprattutto dal 1935, anno di conseguimento della licenza elementare e conclusione del proprio percorso scolastico. Con l’ingresso in guerra dell’Italia il ragazzo passò alle dipendenze di una cartiera romana, dove in qualità di macchinista rimase a lavorare per molti mesi respirando aria umida e malsana, probabile causa della tubercolosi polmonare che lo colpì durante i primi anni di carriera e fino al 1954 lo costrinse a una terapia di pneumotorace. Nel frattempo fu in grado di finanziarsi le prime lezioni private di canto, assecondando così un’inclinazione manifestatasi sin da tenera età.
Gli esordi in piccoli locali della capitale risalgono al 1945, quando il direttore del teatro Jovinelli gli impose lo pseudonimo, forse scelto per la fama di cui godeva l’attore Roberto Villa. Nell’ambiente del teatro di rivista, dove nel 1946-47 ebbe alcune esperienze, Claudio Villa conobbe e cominciò a frequentare una giovane attrice, Miranda Bonansea, che sposò nel gennaio 1952. In ottobre i due ebbero il loro unico figlio, Mauro, ma il matrimonio non fu fortunato: cominciato subito male anche a causa di tradimenti reciproci, finì peggio nei primi anni Sessanta tra aule di tribunale, accuse calunniose e articoli della stampa scandalistica.
Villa intanto era rapidamente diventato un divo della canzone italiana, sulle prime condotto alla fama tramite la radio. La RAI lo assunse nel 1948, anche in forza del primo contratto discografico sottoscritto l’anno precedente con la Carisch e dopo avergli affidato qualche tempo prima una rubrica, Radio Naja, per l’appena ricostituito esercito italiano. Fu chiamato come uno dei cantanti ufficiali dell’orchestra diretta da Armando Fragna, allora tra le più popolari con quelle condotte da Cinico Angelini e da Pippo Barzizza. Con brani quali Serenata celeste, Vecchia Roma, Rumba all’italiana la sua voce si affermò come una delle più conosciute ed amate.
Villa raggiunse l’apice del successo negli anni cinquanta, approdando al mondo del cinema come attore nei tanti film ‘musicarelli’ finalizzati alla promozione delle sue canzoni (Serenata amara, 1952; Serenata per sedici bionde e Sette canzoni per sette sorelle, 1957); ma soprattutto quando cominciarono le partecipazioni e vittorie al festival della canzone italiana di Sanremo. La gara canora, istituita nel 1951 come evento per rilanciare l’economia della cittadina ligure, ottenne da subito un forte consenso su scala nazionale grazie alla diffusione tramite la RAI. Nel 1955, quando Villa vi esordì vincendo addirittura primo e secondo posto rispettivamente con Buongiorno tristezza e Il torrente interpretate in coppia con Tullio Pane, il festival fu trasmesso per la prima volta anche attraverso la televisione: il che contribuì ad accrescere la celebrità di quelle che fino ad allora erano mere voci radiofoniche.
All’indomani del trionfo sanremese Villa fu incoronato dalla stampa, non senza un pizzico di ironia, ‘reuccio’ della canzone italiana. In quell’edizione egli si rese protagonista di un episodio che cominciò ad incrinare il suo rapporto con i giornalisti, i quali nel corso del tempo lo accusarono spesso di eccessivo divismo e scarsa simpatia: costretto a letto da una faringite che per molti fu solo una trovata pubblicitaria, la sua interpretazione nella serata in cui sarebbe stato eletto il brano vincitore fu sostituita da una registrazione discografica, diffusa su un palcoscenico mestamente vuoto.
Un incidente mediatico contrassegnò pure la seconda partecipazione al festival nel 1957, anch’esso vinto come primo e secondo classificato con Corde della mia chitarra (in coppia con Nunzio Gallo) e Usignolo (con Giorgio Consolini). Ad accendere la polemica fu una conferenza stampa indetta all’indomani della vittoria. Nel replicare ai giornalisti che lo accusavano di pretendere per sé le canzoni migliori inviate dai vari autori a Sanremo senza poi prepararne per bene l’esecuzione non usò mezzi termini: «Giunto alle più alte sfere della popolarità, ho provato a piegarmi dall’alto del piedistallo su cui mi hanno fatto assidere, ho voluto guardarmi intorno e guardare negli occhi di queste ragazzine romantiche che palpitano davanti alle mie fotografie» (Borgna, 1985, p. 122).
Forse fu anche per simili episodi e atteggiamenti se Villa risultò molto amato dalla gente, al punto da essere il primo ad avere un fans club sul modello nordamericano, con centinaia di sedi nella penisola. Il solido legame col pubblico instaurato in oltre un decennio di carriera cominciò in parte ad allentarsi dal 1958, quando sulla stessa scena sanremese esplose il fenomeno Modugno. La nuova strada aperta alla canzone italiana dallo straordinario successo di Nel blu dipinto di blu, l’avvento di cantanti di diverso tipo, dai cosiddetti ‘urlatori’ come Mina e Adriano Celentano ai primi cantautori come Sergio Endrigo e Gino Paoli, collocarono Villa in secondo piano rispetto a un pubblico che, formato sempre più da giovani, cominciava a mutare gusto e aspettative. Rimasto sempre fedele al proprio stile canoro, Villa venne via via identificato con un passato ormai superato: in effetti aveva una formazione da interprete radiofonico, una vocalità impostata di conio operistico; fu dunque facile ergerlo ad emblema di una tradizione ‘melodrammatica’ e di una tipologia di ‘canzone-romanza’ avvertite come sorpassate.
Così, a partire dagli anni Sessanta, l’astro di Villa cominciò lentamente a declinare. Nondimeno la sua vicenda artistica ebbe ancora alcuni sussulti, come la terza vittoria al festival di Sanremo nel 1962, quando per iniziativa dei discografici della Fonit-Cetra si presentò in coppia con l’antagonista Modugno interpretando un brano scritto da questi, Addio addio. Oppure il successo a Canzonissima nel 1966 con Granada, uno dei suoi cavalli di battaglia. O ancora l’ultimo trionfo sanremese nel 1967 con Non pensare a me, questa volta in coppia con la giovane Iva Zanicchi. Ma gli anni Sessanta, e ancor più il decennio successivo, furono soprattutto caratterizzati dalle lunghe tournées all’estero, principalmente in Asia e Sudamerica, dove Villa continuava a mietere grandi successi.
Sul piano della vita privata, oltre ad alcuni sinistri anche gravi dovuti alla passione per i motori e al naufragio del suo panfilo nelle acque di Alassio nel 1974, fece scalpore l’anno seguente il secondo matrimonio con la figlia di un proprio accompagnatore, la diciassettenne Patrizia Baldi, da cui ebbe due bambine, Andrea Celeste e Aurora. Nello stesso periodo gli pervennero da precedenti compagne alcune richieste di riconoscimento di figli; due di questi, Claudio e Manuela, avuti nel 1962 e nel 1966 dalla soubrette Noemi Garofalo, hanno ottenuto nel 2004 la legittimazione a conclusione di un lungo iter giudiziario.
Villa morì d’infarto a Padova il 7 febbraio 1987. Ha inciso oltre tremila canzoni, venduto più di quaranta milioni di dischi nel mondo e recitato in una trentina di film.
Fonti e Bibl.: E. De Mura, Enciclopedia della canzone napoletana, II, Napoli 1969, pp. 393 s.; G. Borgna, La grande evasione. Storia del Festival di Sanremo, Roma 1980, pp. 38-55; Id., Storia della canzone italiana, Roma-Bari 1985, pp. 118-137; C. Villa, Una vita stupenda, Milano 1987; G. Baldazzi, La canzone italiana del Novecento, Roma 1989, pp. 75-89; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, a cura di A. Basso, VIII, Le biografie, Torino 1988, p. 243; Dizionario della canzone italiana, a cura di G. Castaldo, II, Milano 1990, pp. 1702-1706; D. Salvatori, La vicenda e i protagonisti di mezzo secolo di festival della canzone, Roma 2000, ad ind.; S. Facci - P. Soddu, Il Festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione, Roma 2011, ad ind.; F. Liperi, Storia della canzone italiana, Roma 2011, ad ind.