PARI, Claudio
PARI (Paris), Claudio (Claude). – Nato a Salines (oggi Salines-les-Bains), Borgogna, nel 1574, fu attivo in Sicilia tra fine XVI e inizio XVII secolo come compositore; assunse la forma italianizzata del proprio nome originario, Claude Paris.
La prima testimonianza del suo soggiorno siciliano lo vede imputato di grave accusa da parte del tribunale dell’Inquisizione e condannato nell’autodafé celebrato il 22 novembre 1598 nel monastero di S. Domenico a Palermo per aver sostenuto che «la sodomia non è peccato. Nell’ostia consacrata sta solo il corpo di Cristo senza il sangue, e nel calice solo il sangue senza corpo […] Il potere di rimettere i peccati l’ha tenuto san Pietro solamente, e non i successori. Parlando del re di Spagna e del re di Navarra, si mostra affezionato a quest’ultimo e lo elogia moltissimo» (cfr. Renda, 1997, p. 334).
Per tali dichiarazioni (specialmente per la prima), e dopo la confessione estorta con la tortura, «Claudio Paris, di anni 24, musicista, francese», fu condannato a cinque anni di remi nelle galere e alla confisca dei beni.
Non sappiamo se Pari abbia scontato tutta la pena inflittagli; appena gli fu possibile diede alle stampe i primi frutti della sua attività di compositore: un libro di madrigali a 5 e uno a 6 voci, di cui nulla a noi è pervenuto, salvo la notizia della loro esistenza. Nel 1611 l’editore palermitano Giovan Battista Maringo pubblicò una nuova raccolta del compositore borgognone, come secondo libro di madrigali a 5 voci: Il Pastor fido. La dedica (da Palermo, 6 settembre 1611) è indirizzata a don Mariano Migliaccio, marchese di Montemaggiore (oggi Montemaggiore Belsito, presso Palermo), il cui omonimo nonno – da poco deceduto – aveva raggiunto una certa notorietà come letterato e poeta dialettale (cfr. Mira, 1881).
La raccolta intona versi tratti dal dramma pastorale di Battista Guarini, distinti in due cicli di madrigali: i primi dodici tratti dall’atto III, scena 7, i restanti sei dall’atto V, scene 8 e 9. Alla fine dell’unico fascicolo superstite (la parte del basso) un poscritto indirizzato «Ai virtuosi», firmato da Giovan Battista Ajello (un letterato siciliano, non altrimenti noto), esprime un commento sulla musica di Claudio Pari: da questa postilla apprendiamo dell’esistenza di due precedenti libri, notizia peraltro confermata dallo stesso Pari nel presentare al nobile dedicatario i «fiori d’una raccolta di madrigali a cinque voci, la terza volta còlti dall’arido giardino del mio intelletto». Stando a quanto osserva Ajello, questa raccolta coinciderebbe con un notevole cambiamento stilistico del compositore borgognone, il quale, mentre «ha voluto usare molti novi et artificiosi contrapunti con varietà di canoni e moltitudine di fughe doppie, come si vede in quelli suoi primi due conserti di madrigali a 5 et a 6 voci, senza però confusione delle parole [...], nel presente Pastorfido per variare stile ha cessato da tanti contrapunti, e solamente l’ha parso di fare che le parole siano con legiadria da ogni parte recitate».
Nel 1615 Claudio Pari ricevette la nomina triennale di maestro di cappella nella Casa gesuitica di Salemi, presso Trapani.
Due anni dopo, di nuovo per i torchi palermitani di Maringo, apparve Il terzo libro de’ madrigali a cinque voci di Claudio Pari borgognone, fatti con più sorte di stile, et inventioni nove da nessuno usate; e con obligo grande di fughe, osservatione del contrapunto, et imitatione delle parole. La dedica («In Palermo alli 2 di Gennaro M.DC.XVII») è indirizzata a don Berardo Ferro, «decimosettimo baron di Fiume Grande», località nei pressi di Trapani. Mecenate e musicista erano uniti da una comune provenienza oltramontana (cfr. Mugnos, 1647): come fa notare lo stesso Pari nella dedica, don Berardo discendeva «dall’illustre famiglia del terzogenito di Balduino Ferro primo conte di Fiandra della famosa città di Roano [Rouen] di Normandia in Francia». Pertanto, riconosciute al mecenate competenza e passione per la musica, il compositore gli offrì la propria opera «fermamente credendo che non le dispiacerà questo dono, come quello che viene da musico a musico, e da originale oltramontano a chiarissimo germe d’oltramontano splendore».
Nel 1619 Maringo diede alle stampe Il Lamento d’Arianna. Quarto libro de’ madrigali a cinque voci di Claudio Pari borgognone: l’unica opera del compositore integralmente pervenutaci (ed. a cura di P.E. Carapezza, Roma 1970). La dedica, ad Andrea Platamone siracusano barone d’Imposa, è datata da Palermo, il 18 marzo.
Come annunziato dal titolo, la raccolta comprende un ampio ciclo di dodici madrigali incentrato sul mito dell’eroina cretese abbandonata da Teseo; il primo brano intona l’incipit del famoso lamento di Rinuccini («Lasciatemi morire»), i restanti sono tratti dalla versione italiana delle Metamorfosi di Ovidio di Giovanni Andrea dell’Anguillara (libro VIII), di cui uscirono due dozzine di edizioni tra il 1561 e il 1617. Non a caso Pari ha voluto porre in cima al suo ciclo l’incipit del lamento rinucciniano (Arianna, Mantova, 1608, scena 6): chiaro appare il riferimento al lamento della protagonista nella «tragedia» musicata da Claudio Monteverdi, qui nitidamente evocato nelle prime note sulla scorta della versione polifonica che lo stesso Monteverdi ne aveva frattanto dato nel Sesto libro dei madrigali a 5 voci nel 1614. Tuttavia, malgrado le citazioni e i richiami a Monteverdi diffusi in questo primo madrigale della raccolta di Pari, «si sono ottenute delle composizioni completamente diverse, dal senso quasi opposto. Quanto c’è di chiaro in Monteverdi, tanto di astruso in Pari» (Carapezza, 1970, p. XI).
Come in risposta alla composizione di Claudio Pari, a quattro mesi appena di distanza, dagli stessi torchi palermitani di Maringo uscì un altro «lamento di Arianna», quello posto a chiusura del Decimoquinto libro de’ madrigali a cinque voci di Antonio Il Verso, il principale rappresentante della seconda generazione dei madrigalisti siciliani (ed. a cura di L. Bianconi, Firenze 1978).
Dopo la pubblicazione del Quarto libro, nessun’altra notizia di Pari ci è giunta; ignota è la data di morte.
Fonti e Bibl.: F. Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate feudatarie ed antiche nobili del Fidelissimo Regno di Sicilia, I, Palermo 1647, p. 351; G.M. Mira, Bibliografia siciliana ovvero Gran dizionario bibliografico delle opere edite e inedite, antiche e moderne di autori siciliani o di argomento siciliano […], II, Palermo 1881, p. 78; P.E. Carapezza, L’ultimo oltramontano o vero l’antimonteverdi, introduzione a Claudio Pari. Il lamento d’Arianna Quarto libro dei madrigali a 5 voci, a cura di P.E. Carapezza, Roma 1970, pp. I-LII; Id., «Quel frutto stramaturo e succoso»: il madrigale napoletano del primo Seicento, in La musica a Napoli durante il Seicento, a cura di D.A. D’Alessandro - A. Ziino, Roma 1987, p. 26; F. Renda, L’Inquisizione in Sicilia: i fatti, le persone, Palermo 1997, p. 334.