VEGGIO, Claudio Maria.
Figlio di Gian Agostino, nacque nel 1504 o 1505 a Piacenza, probabilmente da una famiglia di pittori (Swich, 1997, p. 953). Fu attivo a Piacenza e nelle vicinanze come cantore, suonatore di strumenti da tasto e compositore. Dal censimento del 1546 (Piacenza, Biblioteca comunale Passerini Landi, Com. 474) risulta che Claudio Veggio aveva 41 anni e risiedeva nella parrocchia di S. Donnino, in centro città, con la moglie Agnese e i figli Francesco (12 anni), Giovanni Agostino (10), Antonio (8), Lucrezia (5) e Angela (6 mesi), una fantesca e alcuni servitori (Baucia, 1982, p. 304, n. 3).
La prima notizia biografica diretta è del 1537, quando fu incaricato del collaudo dell’organo nella chiesa di S. Anna a Lodi (Swich, 1997, p. 954). Nel 1539 era cantore in S. Francesco a Piacenza, dove fu testimone di un accordo tra i frati e il ferrarese Giovanni Cipri per la costruzione dell’organo (Bussi, 1997, p. 932). Dallo stesso anno fu anche organista in S. Agostino: il suo contratto prevedeva la presenza all’organo nei giorni festivi e durante il triduo della Settimana Santa, quando doveva anche procurare i cantori per l’esecuzione di musiche polifoniche. Dal 1542 fu assunto per nove anni in S. Alessandro, sempre a Piacenza. Nel 1550-1553 fu chiamato nuovamente a Lodi per il collaudo dell’organo della chiesa dell’Incoronata (Swich, 1997, p. 954).
Nel 1540 pubblicò il suo unico libro di Madrigali a quattro voci (Venezia, Girolamo Scotto; poi parzialmente ristampato da Gardano nel 1545; ed. mod. a cura di J.A. Owens, New York 1992). La raccolta contiene trentotto madrigali, più altri sei di Jacques Arcadelt aggiunti per iniziativa dell’editore. Le scelte poetiche, in linea con le tendenze del petrarchismo coevo, privilegiano i versi di un concittadino di spicco, il poeta Luigi Cassola: molti testi si ritrovano infatti nei Madrigali del magnifico signor cavallier Luigi Cassola piacentino (Venezia, Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1544; ed. mod. a cura di G. Bellorini, Firenze 2012). I madrigali di Veggio sono i primi che, sul frontespizio dell’edizione del 1540, rechino la specificazione «della misura a breve»: si tratta di ‘madrigali a note nere’ (con riferimento al colore delle note, in prevalenza nere anziché bianche, ossia di valore ritmico più breve): questo nuovo stile, venuto in auge in questi anni, presenta una più ampia gamma di valori ritmici ai fini di una maggiore espressività. Generalmente Veggio si conforma alla scrittura della prima generazione di madrigalisti (Philippe Verdelot, Arcadelt): un contrappunto non strettamente imitativo, con sezioni chiaramente demarcate, passaggi omoritmici, reiterazione delle sezioni finali. La presenza di quattro madrigali nel nuovo stile, più altri sei a note nere di Arcadelt, li allinea alle tendenze più innovative del tempo. In confronto alla scrittura nervosa e sincopata di Arcadelt, i madrigali a note nere di Veggio tendono a una declamazione su note brevi, alternata a sezioni omoritmiche.
La dedica dei Madrigali del 1540 al conte Federico Anguissola – probabilmente un comandante al seguito di Pier Luigi Farnese, morto nel 1541 – pone Veggio nell’ambito del mecenatismo d’una delle famiglie piacentine più importanti (Owens, 1992, p. XI). Allo stesso ambiente rimandano i riferimenti a dame della nobiltà cittadina nei testi poetici dei madrigali: Ippolita Borromeo Anguissola (moglie di Girolamo Anguissola), Isabella Sforza e Camilla Valente, le stesse tre dame citate anche da Giuseppe Betussi nel dialogo Il Raverta (Venezia, Giolito, 1544).
Tale connessione con il mondo letterario piacentino (ma non solo) del primo Cinquecento è confermata dalla presenza di Veggio tra gli interlocutori del Dialogo della musica di Antonfrancesco Doni (Venezia, Girolamo Scotto, 1544). Nel Dialogo egli è affiancato da altri personaggi cittadini quali i poeti Bartolomeo Gottifredi e Ludovico Domenichi, e musicisti-poeti quali Girolamo Parabosco. Cinque suoi madrigali, non presenti in altre fonti, sono eseguiti per il diletto della compagnia: Donna, per acquetar vostro desire (a quattro voci; versi di Gottifredi), Madonna, il mio dolore è tanto e tale (una versione a quattro e una a otto; Doni), Giunto m’ha Amor fra belle e crude braccia (a sei) e Madonna, or che direte (a otto; Doni). Il primo e l’ultimo sono collocati in posizione di spicco, aprono e chiudono un Dialogo che abbraccia madrigali dei massimi compositori del momento, ivi compresi Arcadelt, Vincenzo Ruffo, Cipriano de Rore e Adrian Willaert. La stima di Doni per Veggio continuò anche dopo la partenza da Piacenza del letterato fiorentino, che in una lettera da Venezia del 10 aprile 1544 gli chiedeva di mandare altri madrigali da pubblicare presso Scotto (Doni, 1545; cc. 110v-111r).
Doni, Gottifredi e Domenichi furono legati, suppergiù negli anni 1542-1544, alla piacentina Accademia degli Ortolani, dedicata a Priapo, dio degli orti; filosofia, logica, retorica, poesia erano i temi trattati dagli accademici, accanto a scherzi ironici, erotici e anticlericali. Dato il legame con Veggio, è possibile che il compositore fornisse musiche per le riunioni dell’Accademia. La sua presenza nei palazzi nobiliari è testimoniata inoltre da una lettera di Doni allo scultore Giovan Angelo Montorsoli (da Piacenza, 6 giugno 1543), dove è menzionato a proposito dei trattenimenti musicali in casa del marchese Annibale Malvicini e del signor Guido de la Porta (Doni, 1545; c. 38r).
La maestria compositiva di Veggio è confermata nell’altro ambito della sua produzione: la musica per tastiera, conservata nell’Archivio della Collegiata di Castell’Arquato, nel Piacentino. Riscoperti nel 1934, i manoscritti di Castell’Arquato costituiscono una delle più importanti collezioni di musica da tasto di quest’epoca, con composizioni di Jacopo Fogliano, Marcantonio Cavazzoni e Giulio Segni (ed. mod. a cura di H.C. Slim, in Keyboard music at Castell’Arquato, III, Rome, 2005). Veggio vi compare prominentemente con otto ricercari per tastiera (più due di dubbia attribuzione) e una serie di intavolature di composizioni vocali latine, italiane e francesi. I modelli sono in alcuni casi anonimi, ma quelli individuati comprendono Clément Janequin, Claudin de Sermisy, Arcadelt e lo stesso Veggio con il madrigale Donna, per Dio vi giuro dalla stampa del 1540 (Slim, 1962). I ricercari di Veggio sono al livello dei suoi più illustri modelli (per es. Cavazzoni) e si inseriscono nell’evoluzione del genere, da una scrittura puramente rapsodica verso una più strettamente imitativa. Alternano sezioni in stile improvvisativo (rapide scale e passaggi accordali) ad altre di conio contrappuntistico, e privilegiano l’uso della progressione armonica e melodica. Nei manoscritti arquatesi figura anche un Dixit Dominus a doppio coro (otto voci) che testimonia l’impegno del compositore nell’ambito della musica vocale sacra.
Morì in una data imprecisata, da collocare tra il 1553 e il 1557 (termine ante quem proposto da Fiori, 1979, p. 184, e generalmente accolto in letteratura).
Tra i figli di Claudio, due sono da ricordare. Il primo è Francesco (1534 - post 1588), notaio e poeta. Un suo canzoniere di ispirazione petrarchesca è conservato manoscritto a Piacenza, Biblioteca comunale Passerini Landi, Pallastrelli 226; altri versi si trovano nelle Rime di diversi autori eccellentiss.: libro IX (Cremona, Conti, 1560; cfr. Baucia, 1982). L’altro è Giovanni Agostino, nato intorno al 1536, musicista alla corte farnesiana di Parma dal 1563 ad almeno il 1586 (Niwa, 2002), e maestro di cappella in cattedrale a Carpi tra il 1587 e il 1590 (Lucchi, 2007). Presso l’editore parmense Seth Viotto pubblicò due libri di madrigali, uno a cinque voci (1574), dedicato al duca Ottavio Farnese, e uno a quattro voci (1575), dedicato a Ercole Varano, poeta e membro dell’Accademia degli Ingannati, fondata a Parma l’anno prima.
Le scelte poetiche di Giovanni Agostino sono più eclettiche di quelle del padre Claudio: esse comprendono alcune rime di Cassola, ma anche di poeti della generazione successiva (Girolamo Casone), di membri dell’Accademia (il dedicatario Varano, Pomponio Torelli) e del cornettista, compositore e poeta Luigi Zenobi. Nel libro del 1575 spiccano due casi del tutto inusitati: il madrigale Spesso in altro terren translata pianta intona uno degli Emblemata di Andrea Alciato, nella volgarizzazione di Giovanni Marquale (Diverse imprese accomodate a diverse moralità, Lione, Mathias Bonhomme, 1551, p. 138), mentre il madrigale Possa un dardo venir da l’alto coro altro non è che, con l’aggiunta di un distico iniziale, un fortunato strambotto risalente al secolo XV (Io son l’ocel che sopra i rami d’oro; cfr. Il repertorio italiano del ms. Gr. Rés. Vm7 676 della Biblioteca nazionale di Parigi, a cura di M. Luisi, I, Roma 2017, pp. 115-117). Una manciata di sue canzonette e madrigali figura, inoltre, in collettanee degli anni dal 1581 al 1585.
Lettere di M. Antonfrancesco Doni. Libro Primo, Venezia, Scotto, 1545; H.C. Slim, Keyboard music at Castell’Arquato by an early madrigalist, in Journal of the American musicological society, XV (1962), pp. 35-47; J. Haar, The "note nere" madrigal, in ibid., XVIII (1965), pp. 25, 38; Id., Notes on the ‘Dialogo della musica’ of Antonfrancesco Doni, in Music & letters, XXXXVII (1966), pp. 203-224; A.M. Monterosso Vacchelli, L’opera musicale di Antonfrancesco Doni, Cremona 1969 (con trascrizioni musicali); G. Fiori, Ricerche biografiche piacentine. N. 2. Notizie biografiche di musicisti piacentini dal ’500 al ’700, in Bollettino storico piacentino, LXXIV (1979), pp. 183 s.; M. Baucia, Francesco Veggio e le sue “Rime”. Appunti su un ‘libro’ piacentino di Rime del tardo Cinquecento, in Archivio storico per le province parmensi, s. 4, XXXIV (1982), pp. 303-345; Storia di Piacenza, Piacenza 1997 (in part. F. Bussi, La musica a Piacenza dai Visconti e gli Sforza sino all’avvento dei Farnese, pp. 931 s.; L. Swich, Gli organi, pp. 953-954); H.C. Slim, V., C.M., in The new Grove dict. of music and musicians, XXVI, London 2001, pp. 373 s.; S. Niwa, Duke Ottavio Farnese’s chapel in Parma, 1561-1586, diss., Graduate School of International Christian University (Tokyo), 2002, ad ind. (disponibile all’indirizzo http://niwasse.sakura.ne.jp/niwa_diss.pdf; 18 luglio 2020); F. Bussi, V., C.M., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XVI, Kassel 2006, coll. 1381 s.; M. Lucchi, Musica sacra a Carpi dal tardo medioevo all’età moderna, in Storia della Chiesa di Carpi, a cura di A. Beltrami - A. Garuti - A.M. Ori, II, Modena 2007, p. 200. – Si ringrazia Sauro Rodolfi per alcune informazioni su Giovanni Agostino.