GIRARD (de Girardis), Claudio
Figlio di Andrea, nacque a Pinerolo (presso Torino) nel 1683 e fu battezzato il 18 luglio nella parrocchia di S. Maurizio.
La prima notizia della sua attività risale al 1722, quando il G. firmò l'Annunciazione che si conserva al Museo civico di arte antica di Torino.
Il pagamento di 30 lire, registrato nei conti della Real Casa il 19 giugno 1723, riguarda anche altri due quadri, di cui non si ha più notizia. La tecnica usata è particolare: l'opera, infatti, è realizzata su supporto cartaceo incerato ricoperto di fili di seta e di metallo. Si tratta di una forma apparentemente semplificata del ricamo a fili distesi e dell'agopittura; la sua esecuzione è, però, altrettanto difficile e minuziosa e richiede abilità non comuni per creare i giusti effetti di luce sui lunghi fili non interrotti da legature. Il risultato finale è molto vicino alla tarsia; ed è un chiaro esempio di virtuosismo tardobarocco la cui particolarità è data dal gioco che si crea tra pittura e ricamo, fino a raggiungere una terza modalità al confine fra le prime due.
La fragilità della tecnica spesso non ha consentito la conservazione di questo genere di opere, perciò acquista particolare interesse la produzione del G., per lo più presso il Museo civico di Torino.
L'Annunciazione è stata acquisita nel 1991 dal Museo civico di Torino, dove sono conservati anche il Sacrificio della figlia di Jefte e la Casta Susanna, datati 1724 e firmati dall'artista che ha aggiunto in greco la sua città d'origine: "apò tò Penarolo". Per la realizzazione delle opere il G. usò come modello iconografico stampe tratte dai dipinti di Antoine Coypel, pittore della corte di Luigi XIV.
I due quadri del 1724 furono acquistati dal Museo civico di Torino nel 1877 insieme con due pendants, una Battaglia e una Scena idillica. Del 1727 è, invece, un ritratto equestre di Benedetto XIII, firmato, conservato nel museo torinese dal 1890.
Il G. lavorò a pieno ritmo per la corte di Vittorio Amedeo II, essendo probabilmente a capo di una bottega piuttosto importante, attiva nella produzione di ricami, quadri ricamati, tappezzerie, a testimonianza di un gusto molto diffuso presso la corte torinese.
Al 9 luglio 1725 risale un pagamento per due quadri a ricamo di cui però non si ha più notizia. Nel 1728 eseguì 27 dozzine di fiori di seta per l'appartamento della principessa a palazzo reale e venne pagato il 12 aprile con 62 lire. Questi fiori, usati come fiori recisi in vasi posti sopra mensole o camini, oppure come centrotavola in mazzi più complessi, erano un segno della moda crescente per le cineserie che si stava diffondendo nelle corti europee attraverso ceramiche, porcellane, lacche, tessuti: i fiori di seta erano solitamente distinti in forme naturalistiche tradizionali o stilizzate secondo le modalità orientali desunte dalle ceramiche.
Nel 1736 il G. rinunciò in favore di Giovanni Sibilone, suo socio, a un privilegio reale per la costruzione di una fabbrica di tela "d'indianna", tela di cotone o di lino misto a cotone con decorazioni alla maniera delle Indie.
L'ultimo documento noto che lo riguarda è il testamento del 30 giugno 1740, in cui il G. risulta essere sposato con la veneziana Anna Giovanna Corsi e padre di due figlie. Non si conoscono il luogo e la data di morte.
Fonti e Bibl.: Pinerolo, Arch. stor. comunale, ms. 196: P. Caffaro, Famiglie pinerolesi, c. 643v; Ricamata pittura (catal.), a cura di M. Amari, Milano 1991, pp. 17 s., 30; P. San Martino, La riscoperta di C. G. artista e imprenditore di ricami e tessuti al tempo di Vittorio Amedeo II, Torino 1991; E. Colle, in La cornice italiana dal Rinascimento al neoclassico, a cura di F. Sabatelli, Milano 1992, p. 258; Il tesoro della città. Opere d'arte e oggetti preziosi da Palazzo Madama (catal.), a cura di S. Pettenati - G. Romano, Torino 1996, p. 175 fig. 366; P. San Martino, Carte come cartoni: le metamorfosi materiche dei commessi di filo di C. G., in Le stampe vestite del '700 nella collezione Giulia di Barolo, Torino 1998, pp. 63-67.