CLAUDÎ
Gente patrizia romana, il cui gentilizio Claudius (variante ortografica Clodius) è fatto derivare dal sabino Clausus; vi era inoltre in Roma una gente Claudia plebea. Si dicevano oriundi dalla sabina Regillum (e cosl si spiegavano i cognomi Regillensis, o Inregillensis, e Sabinus dei Claudî più antichi), di dove sarebbero migrati a Roma o al tempo di Romolo, o, secondo la versione più diffusa, poco dopo la cacciata dei re; sarebbero stati 5000 fra signori e clienti e il loro capo Attus Clausus fu accolto nel patriziato ed ebbe oltre l'Aniene il terreno che fu poi il territorio della tribù Claudia. I Claudî appaiono nei fasti dal 495 a. C. e dal loro nome è chiamata una delle più antiche diciassette tribù rustiche. Il loro prenome caratteristico è Appius (da Attus), portato dai soli Claudî patrizî accanto a C. e P. Vigorosa e illustre gente, essi potevano gloriarsi nei primi tempi dell'impero di non aver mai avuto bisogno di provvedere alla continuazione della loro stirpe per mezzo di adozioni (Tacito, Annales, XII, 25; l'imperatore Claudio fu il primo ad adottare un Domizio Enobarbo che fu poi Nerone) e vantavano duodetiriginta consulatus, dictaturas quinque, censuras septem, triumphos sex, duas ovationes (Svetonio, Tib.,1). Non potevano tuttavia competere con altre genti per gloria militare, e la loro attività fu soprattutto politica e anche letteraria e scientifica. Nella nostra tradizione i Claudî appaiono come i rappresentanti tipici dell'orgoglio patrizio e dell'avversione alla plebe (cfr. Livio, II, 56, 7; IX, 36; Silio Italico, XVII, 33), e il Mommsen riteneva che ciò fosse dovuto alla malignità dell'annalista Licinio Macro. Altri (Fiske) li ritenne invece campioni della plebe urbana contro la rustica e i tribuni. I principali rami dei Claudî patrizî portavano i cognomi di Crassi, Regillenses, Sabini, Centhones, Pulchri, Nerones; i Claudî plebei quelli di Marcelli e Aselli. In seguito alle concessioni di cittadinanza fatte in massa da Claudio e Nerone, il gentilizio Claudio divenne frequentissimo specialmente nell'oriente greco; e Claudî di questa origine entrarono nel sec. II in senato.
Bibl.: Th. Mommsen, Die patricischen Claudier, in Römische Forschungen, I, Berlino 1864, p. 285; E. Lübbert, De gentis Claudiae commentariis domesticis, Kiel 1878; F. Münzer e E. Groag, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, 1897, col. 2262 seg. e suppl. I, col. 317 seg.; Fiske, in Harvard Studies in Philology, XIII (1902), p. 1 seg.; M. E. Albertini, La clientèle des Claudii, in Mélanges d'arch. et d'hist., XXIV (1904), p. 247 seg.; F. Münzer, Römische Adelsparteien und Adelsfamilien, Stoccarda 1920, passim. Per i monetarî della gente v. E. Babelon, Monnaies de la République Romaine, Parigi 1885, I, p. 343 e H.A. Grueber, Coins of the Roman Republic, Londra 1910, passim.