Filosofo (Parigi 1715 - ivi 1771). Influenzato dalla scuola degli illuministi francesi assertori del sensismo, nell'unica opera pubblicata, De l'esprit (1758), ne radicalizzò gli esiti materialistici sviluppando una teoria utilitaristica in cui la vita morale appare del tutto asservita ai principi del piacere e dell'interesse. Più interessanti le sue intuizioni sulle strette interrelazioni esistenti tra ambiente, educazione e attitudini individuali, che lo spinsero ad auspicare la definizione di strutture formative egualitarie.
Ottenne, giovane, la lucrosa carica di fermier général, che gli consentì di accumulare in un decennio un notevole patrimonio. Ritiratosi nel 1748 a vita privata, H. poté dedicarsi alla stesura di un ampio trattato filosofico, De l'esprit, che comparve a Parigi alla fine del luglio 1758. Qualche giorno dopo lo stesso delfino richiamava l'attenzione dell'autorità sul carattere scandaloso del libro. Da questo momento H. si vedeva attaccato sia dai gesuiti sia dai giansenisti, dal parlamento, dalla Sorbona. Costretto a stendere umilianti ritrattazioni, H. ebbe salva la vita e i beni per le pressioni esercitate sul re da madame de Pompadour e dal duca di Choiseul. Luigi XV impose che si condannasse il libro, senza far menzione dell'autore. Lo scandalo giovò alla fortuna del libro che fu subito ripubblicato clandestinamente. H. in vita sua non pubblicò altro: il poema Le Bonheur e il trattato De l'homme, che riprendono le tesi di De l'esprit, uscirono postumi. Il libro presentava in forma attraente a un più largo pubblico tesi filosofiche e politiche dibattute in circoli ristretti. La base teorica del sistema di H. è costituita da un plesso di tesi sensiste e materialiste discusse dai philosophes negli anni '50. La gnoseologia non si scosta dal radicale sensismo di Condillac, ma, saldando la riduzione condillachiana di tutta l'attività dell'intelletto alla sensazione con il principio della sensibilità della materia, H. rendeva evidenti gli esiti materialistici del sensismo che al più si potevano intravvedere in alcune pagine di Diderot o di Buffon. Sorprendeva soprattutto la riduzione della vita morale ai principi del piacere e dell'interesse; forse però non si colse subito che a questa cruda concezione dei moventi dell'agire umano si accompagnava in H. l'esaltazione della probità sociale rivendicata come l'unica vera virtù, da promuovere facendo leva proprio sul fondamentale egoismo dell'individuo. Analogamente, la paradossale affermazione che le differenze di capacità degli individui non dipendono da disposizioni innate ma dall'ambiente sociale, serviva di base a H. per auspicare un nuovo sistema educativo egualitario che avrebbe posto in grado ogni individuo di partecipare su un piano di parità alla vita civile, politica e culturale.