CLASSICISMO
In ogni civiltà artistica si possono osservare fenomeni di c. riconoscendo come tali i movimenti stilistici aderenti a un gusto, che fu proprio di un periodo trascorso, e che viene a un certo momento considerato "classico", cioè di tale perfezione da esser preso a paragone e a modello assoluto.
Il termine di "classico" è usato già in antico (per es. da Aulo Gellio) come derivato da classis (cioè appartenente alla prima classe dei cittadini) per gli autori considerati eccellenti e degni per questo di essere studiati nella scuola. Dalla letteratura il termine si estese, come al solito, anche all'arte figurativa. Nell'arte egiziana, come nell'arte cinese, le grandi epoche iniziali, creatrici del gusto che rimarrà tipico ed esemplare per le rispettive civiltà, vengono prese a modello, imitate, talora seguite nelle opere e nei modi formali sino alla copia. Anche in questi casi si potrebbe dunque parlare di classicismo. Il termine, tuttavia, non si applica, di solito, a questi fatti; e quando si parla, nell'ambito dell'arte dell'antichità, di c., si intende un fenomeno particolare, circoscritto nel tempo ed esattamente definibile, così come è circoscritto e definibile lo stesso termine di c. (neoclassicismo), quando lo si usa nell'ambito della civiltà artistica moderna dove è nato e dove significa il complesso di concetti e di norme desunti dagli antichi greci e romani e applicati sia alla composizione sia al giudizio delle opere d'arte.
Fenomeni di c., accanto a quelli di un gusto arcaistico (v.) o arcaizzante (v.), si trovano a varie riprese nella scultura e nell'architettura greca, specialmente a partire dall'età ellenistica, quando l'arte si era fatta più intellettualistica (v. greca, arte; alessandrina, arte; pergamena, arte). Ma un periodo, che più specificamente può dirsi classicistico, inizia alla metà del secondo secolo a. C., con centro specialmente ad Atene (v. neoatticismo; apollodoro di atene). Il fenomeno investe sia direttamente la produzione artistica, sia tutto l'atteggiamento culturale e critico attorno alle arti figurative.
L'aspetto artistico del c. sarà definito, in quest'opera, negli articoli relativi alle voci sull'arte greca e su quella di epoca romana, alle quali più sopra si è rinviato; sarà opportuno indicare qui le conseguenze che l'atteggiamento culturale classicistico ha provocato nel modo di intendere l'arte antica. La posizione classicistica di quasi tutte le fonti letterarie antiche (v. plinio il vecchio; vitruvio) che ne determina il particolare conservatorismo, si riflette direttamente nell'espressione di Plinio (Nat. hist., xxxiv, 52) che "dopo l'olimpiade 121 (296-293 a. C.) l'arte cessò, e nuovamente rivisse nell'olimpiade 156 (156-153 a. C.)"; il Ferri (Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 76), seguendo il Brunn e altri, interpreta così nel commento alla sua edizione dei libri pliniani sulle arti; ma nella traduzione [p. 77] limita la sosta ai prodotti dell'arte del bronzo, il che dal contesto non è autorizzato: CXXI (fuerunt) Eutychides, Euthycrates, Laippus, Cephisodotus, Timarchus, Pyromachus. Cessavit deinde ars ac rursus olimpiade CLVI revixit, cum fuere... Antaeus, Callistratus, etc.
La "morte" dell'arte viene fatta dunque coincidere con l'affermarsi della corrente ellenistica più originale, più sciolta da vincoli tradizionali e nella quale si affermano il gusto "rococò", il realismo impressionistico, la libertà spaziale più razionalmente costruita e pienamente realizzata che mai sia stata raggiunta in una civiltà artistica prima del tardo Rinascimento italiano. Eco di questo concetto di "morte" dell'arte sono le espressioni di Vitruvio (v.) contro le fantasie pittoriche e architettoniche e quelle di Petronio (v.) contro l'audacia degli alessandrini che, con la "compendiaria" avevano ucciso la buona pittura. Invece il "rivivere" dell'arte corrisponde esattamente al sorgere del c. rappresentato, per noi, specialmente dai neoattici (scuola di Timarchides, ecc.), ma non meno vivo a Pergamo e a Rodi, sia pure talora sotto il travestimento dell'enfasi "barocca".
In conseguenza di questo particolare punto di vista, le fonti letterarie tacciono quasi interamente delle opere del periodo tra gli inizî del III secolo e la metà del II a. C., mentre parlano diffusamente sia di quelle di età arcaica, le quali "preparano" l'età classica del V e del IV secolo, sia di quelle della corrente classicistica, che si ispiravano ai grandi modelli. Ciò ha avuto per conseguenza, non solo una maggiore difficoltà, per noi, nel ricostruire le vicende dell'arte greca di età ellenistica, ma anche ha direttamente influito sul nostro giudizio. In quella impostazione critica della cultura letteraria del tardo ellenismo non sarà da vedersi, soltanto un fenomeno di gusto e di moda; ma l'espressione culturale dei sentimenti di rimpianto della Grecia continentale, e specialmente di Atene, ora che si trovava sotto la dominazione macedone, che fu sempre sentita come una perdita della libertà (tanto che i Romani poterono atteggiarsi a "liberatori") verso un'epoca che era stata di libertà, di floridezza economica e di grandezza artistica. E poiché questo parziale punto di vista delle fonti letterarie antiche coincise con la teoria e con il gusto estetico del neoclassicismo europeo della fine del sec. XVIII e dal Winckelmann (v.) fu assunto come criterio di interpretazione storica dell'arte greca, la impostazione classicistica delle fonti antiche si introdusse e si affermò anche nella moderna cultura europea e determinò, in modo esclusivo sino alla fine del sec. XIX, la valutazione delle opere di arte greca e romana e lo schema di svolgimento (inizî, fiorire e decadenza) della civiltà artistica antica. Solo una più storicistica considerazione dei fatti dell'arte antica ha potuto, e non senza fatica, superare tale tradizionale impostazione e aprire la cultura moderna a una più adeguata comprensione e valutazione critica dell'antico.