classicismo
Complesso di concetti teorici e di norme pratiche desunti dagli antichi Greci e Romani e applicati alla composizione e al giudizio delle opere d’arte. Fu soprattutto il Rinascimento italiano che propose le opere degli scrittori e artisti latini e greci come modelli da seguire, nell’illusione di poter razionalmente determinare una volta per tutte i canoni del bello. E furono gli eruditi e i critici italiani (Vida, Trissino, Roboitello, Patrizi, Scaligero, Speroni), che per primi, commentando e interpretando, spesso troppo sottilmente, la Poetica di Aristotele, formularono teorie e precetti intorno all’arte e, in partic., alla letteratura, che si diffusero e s’imposero all’Europa colta. Più tardi il razionalismo francese di matrice cartesiana sistemò rigorosamente, specialmente per opera di N. Boileau (Art poétique, 1674), i precetti derivanti dai classici; e dalla Francia il c. passò, dominatore quasi incontrastato, in tutta l’Europa sino al Romanticismo. Se Hegel riconosce ancora all’arte classica un valore esemplare, con Nietzsche (Nascita della tragedia, 1872) vengono negati i valori stessi che la ispiravano (armonia, compostezza, equilibrio). Superate ormai le posizioni storiche e polemiche del classicismo e del Romanticismo, il termine ‘classico’ è rimasto nell’uso a indicare sia un atteggiamento spirituale (accordo ed equilibrio tra spontaneità e riflessione, tra fantasia e realtà, tra l’io e l’esperienza storica e la società, che è senza dubbio il carattere preminente del mondo spirituale degli antichi nelle sue maggiori espressioni), sia la cura dell’espressione formale (esattezza, sobrietà, decoro, proporzione, rispetto, non schiavitù, della tradizione letteraria e artistica; caratteri salienti, anche questi, delle maggiori forme espressive dell’arte antica).