Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il Quattrocento è dominato dalle ricerche degli umanisti, desiderosi di entrare in possesso dei testi classici al fine di ripensare la struttura del sapere a partire dalle fondamenta della cultura antica. L’umanesimo quattrocentesco si manifesta in modo diverso nei vari centri culturali italiani, pur mantenendo tratti comuni sulla base dei quali si rinnova profondamente anche l’approccio alle conoscenze scientifiche e tecniche degli antichi.
Nascita della filologia. Lorenzo Valla
Il Medioevo non aveva dimenticato i classici, il cui studio avveniva all’interno di un contesto propenso a considerare quelle opere, prodotte da autorità assolute, da leggere e studiare all’insegna della riverenza e della ricerca delle verità in esse contenute. Tra gli studiosi si affacciano nuove esigenze filologiche al fine di avvicinare in maniera convincente i testi che si vanno raccogliendo con solerzia. Lo studioso dell’umanesimo affronta i classici con passione, ma anche con un distacco che consente di restituirli alla loro realtà storica. Le accese discussioni critiche davanti ai documenti del passato mostreranno i loro frutti anche nell’ambito dei saperi tecnico-scientifici. Da questo punto di vista l’opera di Lorenzo Valla può essere presa a manifesto dell’atteggiamento degli umanisti davanti ai classici.
Convinto che la parola abbia un grande valore comunicativo, Valla vede nella filologia il solo mezzo per accedere proficuamente alle opere degli antichi. Nella storia dei termini ritrova le vicende degli uomini e delle loro istituzioni, dei loro usi e dei loro costumi. La filologia è studio, coscienza ed educazione dell’uomo: in quest’ottica, i numerosi classici che Valla possiede rivelano nuove verità, sono una riconquista del proprio passato. Dal punto di vista scientifico, nella sua ricchissima biblioteca il testo più importante è certamente il codice contenente le opere di Archimede ancora oggi conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze.
Umanista attento agli sviluppi delle conoscenze naturalistiche e scientifiche degli antichi, Valla pubblica traduzioni commentate come la Introductiorum ad medicinam (1481) di Galeno e il Medicinae Liber di Quinto Sereno Sammonico e Avieno, una raccolta di astronomia dal titolo Scriptores astronomici veteres, il De magnitudinibus et distantiis solis et lunae di Aristarco di Samo tradotto in latino, i Problemata dello Pseudo Alessandro di Afrodisia.
Al sapere degli antichi suddiviso per discipline Valla dedica un’opera monumentale, il De expetendis et fugiendis rebus opus, in 49 libri, edita a Venezia nel 1501 successivamente alla sua morte. Alla medicina degli antichi, sua vera passione, dedica ben sette libri di quest’opera con l’intento di diffondere le radici della conoscenza medica occidentale. L’atteggiamento di Valla non è del resto isolato. Negli ambienti colti si fa strada l’esigenza di effettuare una meditata operazione di ricapitolazione e riordino del sapere in circolazione. Non si tratta di un atteggiamento nuovo: in questa medesima direzione si erano mossi gli ambienti della cultura alessandrina in età ellenistica, la Roma di fine repubblica, la civiltà islamica e il Medioevo latino, epoche in cui i dotti vedono nel possesso, nella conoscenza e nel riordino della letteratura antica e degli altri popoli i presupposti sui quali fondare il proprio sapere.
Invenzione della stampa e circolazione dei classici
Tutto il Quattrocento è attraversato da una spasmodica ricerca dei classici: la conoscenza non può prescindere dallo studio di queste antichissime opere, adesso finalmente acquisite per via diretta e non attraverso la mediazione cui erano sottoposte nel Medioevo. Ne consegue la fondamentale importanza adesso acquisita dalla filologia, la cui conoscenza è quanto mai necessaria per affrontare i testi greci e latini. Alla riscoperta dei classici contribuisce in misura importante anche la diffusione della stampa a caratteri mobili.
Dopo l’invenzione a Magonza da parte di Johann Gutenberg, nella cui officina libraria vengono prodotte opere in serie tra il 1447 e gli anni a seguire, la stampa si diffonde anche in Italia. Le procedure meccaniche introdotte da Gutenberg vanno ad affiancare il lavoro dei copisti riducendo i tempi di produzione. Il manoscritto circola ancora, soprattutto nelle corti dei centri italiani, ma la diffusione delle officine librarie nel corso del XV secolo introduce la produzione della cultura nel cuore delle città, sottraendola ai monasteri e agli ambienti ecclesiastici. D’altro canto, gli uomini di chiesa non sono i soli fruitori dei testi scritti, ormai necessari tanto per le università quanto per lo svolgimento di molte professioni artigianali. Il nuovo modo meccanico di creare pagine scritte si sovrappone al lavoro dell’amanuense, che proprio con la nascita delle università e lo sviluppo delle attività artigianali ha dovuto velocizzarsi sempre di più; a tal punto che nelle città italiane sono nate officine di copiatura dei testi che vengono smembrati e affidati a pezzi a più persone diverse. Con questo scopo nasce a Firenze l’officina di Vespasiano da Bisticci, che poi sarà affiancata e sostituita dai nuovi centri di produzione del libro stampato.
Dal punto di vista tecnico, Gutenberg ha avuto l’intuizione vincente di scomporre tutta l’operazione in una serie di azioni la cui somma deve dare il risultato atteso. Il testo viene infatti scomposto in pagine, la pagina in linee, la linea in parole, le parole in lettere, ogni lettera nel suo corretto profilo.
L’operazione di scrittura, realizzata in momenti successivi attraverso processi non affidati all’amanuense ma al compositore che riceve il materiale e rimette il tutto nell’ordine desiderato da riprodurre sotto il torchio, diventa un’attività replicabile secondo schemi destinati a funzionare sempre e ovunque.
Naturalmente, il successo di Gutenberg poggia su una serie di progressi dei quali egli ha la felice intuizione di fare tesoro. L’abilità nella fusione dei metalli è il presupposto per introdurre un punzone resistente con una lettera incisa in rilievo su un’estremità, poi battuto su una matrice di rame che ne riceve l’immagine, operazione che in teoria può essere ripetuta all’infinito. Dopo la stampa il libro viene legato e cucito secondo accurate operazioni che conferiscono al prodotto finale una qualità che raggiunge la perfezione tecnica all’inizio del XVI secolo. Pur replicando per molto tempo l’impostazione del manoscritto con incipit, testo e explicit, il libro stampato introduce l’importantissima novità del frontespizio, che diventa la pagina di presentazione dell’autore e dell’opera.
Per quanto riguarda la cultura naturalistica, scientifica e tecnica, prima che il XV secolo volga al termine vengono date alle stampe la Naturalis Historia (Venezia 1469) di Plinio il Vecchio, la Geographia (Roma 1469) di Strabone commentata da Guarino Veronese, il commento di Macrobio al Somnium Scipionis (Venezia 1472), l’Astronomicon (Norimberga 1471) di Manilio, i Phaenomena (Brescia 1474) di Arato, il Poeticon Astronomicon di Igino (Ferrara 1475), la Cosmographia di Claudio Tolomeo tradotta in latino da Iacopo Angeli da Scarperia (Vicenza 1475), il De medicina di Celso (Firenze 1478) e il De materia medica di Dioscoride (Colle Val d’Elsa 1478), la Cosmographia di Pomponio Mela (Venezia 1478), gli Elementa Geometriae di Euclide (Venezia 1482), il De historia plantarum di Teofrasto (Treviso 1483), l’opera di Platone tradotta da Marsilio Ficino (Firenze 1485), il De architectura di Vitruvio (Roma 1486), il De aquaeductibus di Frontino (Roma 1487), i trattati di Galeno e Seneca (Venezia 1490), il De Nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Capella (Vicenza 1499).
Attenti al recupero del sapere degli antichi nei diversi settori delle conoscenze scientifiche e tecniche, gli uomini di cultura hanno a disposizione un nuovo materiale che adesso fa parte anche dei corsi universitari; inoltre, circolano testi che contengono le istruzioni di base per alcuni mestieri, come i libri per fare di conto, con le nozioni della mercatura e i manuali per l’utilizzo di alcuni strumenti scientifici. L’avvento della stampa non solo segna una svolta nell’accesso alla cultura, ma introduce anche nuovi e più stretti contatti tra gli studiosi che mettono la loro abilità a disposizione dell’officina libraria.
Astronomi, medici e meccanici mettono le loro conoscenze al servizio degli incisori, attenti a descrivere meticolosamente la realtà naturale non diversamente da quanto lo erano anche i pittori del Quattrocento. Va così affermandosi un modo di presentare la natura che avrebbe assunto grande importanza anche per la conoscenza scientifica. Se il Cinquecento metterà pienamente a frutto questa nuova tecnica, basta ricordare il primo testo di anatomia illustrato, il commento all’Anatomia di Mondino de’ Liuzzi, medico a Bologna tra il 1315 e il 1318 e in quella stessa città dato alle stampe con commento di Giacomo Berengario da Carpi (1470-1530), è però nel Quattrocento che vengono messe a punto le conoscenze tecniche per padroneggiare questa nuova pratica.