MEDICI, Clarice de’ (Clara, Clarissa)
Nacque a Firenze il 14 sett. 1489 da Piero, figlio di Lorenzo il Magnifico, e da Alfonsina Orsini.
Fu battezzata nello stesso giorno: la data di nascita, generalmente collocata al 1493, è anticipata da Fabbri al 2 sett. 1489 secondo i registri del debito pubblico (Arch. di Stato di Firenze, Monte comune o delle graticole, 3747, c. 234v); si può però collocare al giorno 14 sulla base del registro battesimale (Firenze, Opera di S. Maria del Fiore, Registri dei battesimi, 224, c. 117v).
Dopo la cacciata dei Medici e l’avvento della Repubblica (1494), la M. e suo fratello Lorenzo, futuro duca di Urbino, vissero in esilio, e dal 1508 furono a Roma presso i parenti della madre. Alla loro educazione si dedicò soprattutto lo zio, il cardinale Giovanni de’ Medici, futuro Leone X. Questi e Alfonsina Orsini avevano progettato per la M. il matrimonio con Baldassarre Castiglione; il disegno fu però presto abbandonato, poiché il cardinale Giovanni si orientò verso Filippo Strozzi, esponente di una delle più ricche casate fiorentine contraria a Pier Soderini, dal 1502 al 1512 gonfaloniere di Firenze.
Nel 1508 a Firenze era ormai forte tra gli aristocratici, fra i quali spiccava Bernardo Rucellai, l’opposizione al governo del gonfaloniere, e molti non disdegnavano un ritorno dei Medici al potere. Fu proprio Rucellai a convincere Selvaggia Strozzi, madre di Filippo, a stringere un parentado con i Medici. Il cardinale Giovanni aveva chiesto al papa, Giulio II, di intervenire presso la Signoria per ottenere il perdono per la sua famiglia in esilio e concedere almeno la possibilità alla M. di contrarre matrimonio a Firenze. Nonostante il rifiuto della Signoria, il cardinale, consapevole del crescente favore verso la sua famiglia anche presso influenti membri della «nazione» fiorentina a Roma, vide nel matrimonio della M. con Strozzi un’arma da usare strategicamente per rafforzare il prestigio della famiglia a Firenze e per porre una solida base al ritorno in città di Lorenzo, il fratello della M., unico discendente maschio legittimo della progenie del Magnifico. Sarebbe stato possibile per la M. stringere un parentado anche a Roma con qualche esponente del baronaggio, grazie alla famiglia della madre, ma certo non sarebbe stato vantaggioso sul piano politico.
«Con l’esca di una grossa dote» – 7000 fiorini pagati in diverse «confessiones» negli anni successivi (Ridolfi, p. 195) – il cardinale Giovanni, dopo lunghe trattative segrete, riuscì a far concludere a Roma, nel luglio 1508, il patto matrimoniale tra Strozzi e la M., nonostante la forte avversione di Soderini. L’accordo fu raggiunto anche grazie all’impegno profuso da Lucrezia de’ Medici e da Iacopo Salviati, suo consorte, decisamente ostili al gonfaloniere, oltre che da Rucellai e Francesco Minerbetti, arcidiacono di S. Reparata. Soderini aveva anche tentato invano, con l’intermediazione di Lucrezia, di fare sposare la M. al proprio nipote Giovanbattista, per evitare l’unione fra Strozzi e de’ Medici, di cui coglieva tutte le pericolose implicazioni politiche.
La notizia del patto matrimoniale suscitò grande clamore a Firenze, dove fu interpretato come un palese accordo per rovesciare la Repubblica. Un parere, probabilmente stilato da N. Machiavelli, giustificava il divieto imposto dalla Signoria al matrimonio: la M. non era solo la figlia di Piero de’ Medici, esule e ribelle, che per tre volte aveva cercato di attaccare la propria città, ma era considerata ella stessa una ribelle, e di conseguenza Strozzi, sposandola, si sarebbe reso colpevole di ribellione. Nel dicembre 1508 la Signoria inviò a Strozzi un’ingiunzione a comparire e nel febbraio 1509 gli Otto di guardia gli comminarono l’esilio a Napoli per dieci anni e una pena pecuniaria di 500 fiorini. Ai suoi familiari fu proibito di aiutarlo con qualsiasi mezzo e gli esponenti dell’aristocrazia che avevano simpatizzato o parteggiato esplicitamente per questo parentado furono incriminati. A favore della M. intervenne Giulio II, alla cui protezione era stata affidata in quanto orfana del padre, morto il 28 dic. 1503. L’intervento del papa, poco favorevole al gonfaloniere, fu giudicato dalla Signoria non gradito e inopportuno.
Il matrimonio rappresentò un successo per la causa medicea e assicurò anche la fortuna economica di Filippo. Da quell’unione nacquero dieci figli, i quali furono educati dalla madre, che si occupò anche degli illegittimi Alessandro (figlio di Lorenzo, duca di Urbino, o forse di Giulio, il futuro Clemente VII) e Ippolito (figlio di Giuliano duca di Nemours e quindi nipote di Lorenzo il Magnifico). Alle sue cure fu affidata anche Caterina, figlia di Lorenzo duca di Urbino, rimasta orfana, sia del padre sia della madre, poco dopo la nascita.
L’educazione ricevuta da Caterina in casa Strozzi, nonché l’esperienza delle drammatiche vicende che segnarono la storia di Roma e di Firenze in quegli anni, nelle quali la M. giocò un ruolo da protagonista, avrebbero lasciato un’impronta decisiva nella personalità della futura regina di Francia.
Nel 1525 Alessandro e Ippolito avevano lasciato la famiglia Strozzi per tornare, inviati da Clemente VII, a Firenze, governata, per incarico dello stesso papa, dal cardinale Silvio Passerini, vescovo di Cortona. Il contrasto tra la M. e il papa, già sorto in precedenza quando la M. stessa aveva avanzato, senza successo, diritti sull’eredità dei genitori, si faceva sempre più acuto: non aveva infatti condiviso la preferenza accordata da Clemente VII, in previsione di un ritorno al potere dei Medici, ai due illegittimi a svantaggio della nipote Caterina. Inoltre la M. lamentava la mancata concessione del cardinalato promesso al figlio Piero, poi maresciallo di Francia. Dal canto suo Passerini aveva cercato di rompere, o quanto meno di rendere più tenui, i rapporti fra i due Medici – Alessandro e Ippolito – e gli Strozzi.
Alla fine di aprile del 1527 scoppiò a Firenze una rivolta contro il cardinale Passerini. La M., che si trovava a Roma, dovette intervenire per ottenere la liberazione del marito, inviato dal papa come ostaggio al viceré di Napoli, Charles de Lannoy. Riuscì a fargli ottenere la libertà, pagando il riscatto anche con il denaro del Tesoro pontificio. Rientrato Filippo a Roma, la M., insieme con lui e due figli, grazie alla collaborazione di Lorenzo Orsini dell’Anguillara (Renzo da Ceri), si imbarcò il 4 maggio a Ostia per Civitavecchia, da dove, con l’aiuto di Antonio Doria, raggiunse Pisa. Il 15 maggio arrivò nella villa Le Selve presso Signa e il 19 maggio si presentò a palazzo Medici, dove fu ricevuta da Passerini. L’incontro sfociò in un violento alterco, nel corso del quale, palesando ancora una volta il suo carattere risoluto e intransigente, la M. attaccò il governo del cardinale e difese la forma repubblicana di governo contro le pretese di restaurazione medicea nella linea di discendenza spuria di Alessandro e Ippolito. La M., che esprimeva la posizione di una larga parte dell’aristocrazia, incaricò il marito di far allontanare da Firenze il cardinale Passerini e di condurre Ippolito, Alessandro e Caterina a Roma: ma, mentre i primi due riuscirono a fuggire a Lucca, Caterina fu trattenuta a Firenze, protetta dalla M. prima nella villa del Poggio e successivamente nel monastero di S. Lucia e nel convento delle Murate.
La M. morì a Firenze, forse in seguito a un aborto, e fu sepolta il 3 maggio 1528.
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