Calamai, Clara
Attrice cinematografica, nata a Prato il 7 settembre 1915 e morta a Rimini il 21 settembre 1998. La sua personalità artistica si pone esattamente a metà tra il divismo addomesticato e convenzionale degli anni Trenta e l'antiprofessionismo degli attori presi dalla strada del cinema neorealista. Nel decennio 1938-1947 (in cui si concentra la maggior parte della sua filmografia) fu prima femme fatale, come nei film di Alessandro Blasetti, e poi donna fragile e inquieta a partire da Ossessione (1943) di Luchino Visconti, che rappresentò il culmine della sua carriera. Saltuariamente fu anche attrice teatrale e televisiva. Figlia di un capostazione, frequentò il Centro sperimentale di cinematografia a Roma. Nel 1938, dopo il debutto in Pietro Micca di Aldo Vergano e alcune parti minori, ebbe il primo ruolo importante in Ettore Fieramosca di Blasetti. Il successo di questo film e il blocco quasi totale delle importazioni da Hollywood a partire dal 1939 fecero sì che la C. sostituisse agli occhi del pubblico attrici statunitensi come Merle Oberon o Dorothy Lamour impersonando la parte della vamp. La sua popolarità raggiunse il culmine nel triennio 1940-1942, quando interpretò una ventina di film, spesso in costume, il più celebre dei quali fu La cena delle beffe (1942) di Blasetti, nel quale destarono grande sensazione diciotto fotogrammi in cui appariva il suo seno nudo. Un radicale cambiamento della sua immagine cinematografica si ebbe quando Visconti la scelse come protagonista di Ossessione, il film-manifesto del Neorealismo: benché la C. vi conservasse alcuni caratteri della dark lady, Visconti la volle meno diva e più attrice, ritratto e immagine di una donna vera, con le sue angosce, le sue debolezze e la sua vitalità, e seppe valorizzarne le capacità drammatiche, fino allora scarsamente utilizzate. Una trasformazione che ne condizionò la carriera, indirizzandola verso ruoli analoghi, come quello di un'operaia in Due lettere anonime (1945) di Mario Camerini, o di una contadina in Adultera (1946) di Duilio Coletti, che le valse il Nastro d'argento come migliore attrice (l'unico premio ricevuto nel corso della sua carriera).
Dopo il 1948 la C. si limitò a ruoli più modesti rispetto al passato, ma significativa fu l'apparizione nei film Le notti bianche (1957), in cui indossò i panni di una prostituta, e La strega bruciata viva (episodio de Le streghe, 1967), entrambi di Visconti, o Profondo rosso (1975) di Dario Argento, nel quale interpretò il personaggio autoreferenziale di una ex attrice, che rammenta e forse rimpiange il suo percorso artistico.
F. Savio, Cinecittà anni trenta. Parlano 116 protagonisti del secondo cinema italiano (1930-1943), Roma 1979, pp. 196-226.
Clara Calamai. L'ossessione di essere diva, a cura di I. Moscati, Venezia 1996.
C. Costantini, Le regine del cinema, Roma 1997, pp. 40-42.
S. Masi, E. Lancia, Stelle d'Italia: piccole e grandi dive del cinema italiano dal 1930 al 1945, Roma 1998, pp. 83-86.