CIVITAVECCHIA (Centumcellae)
Città romana fondata da Traiano negli anni attorno al 107 in una zona portuosa del litorale dei monti Ceriti a 70 km a N di Roma.
L'insenatura esistente prima della creazione del porto traianeo, con le numerose rade circostanti, avevano fatto dare il nome di Centumcellae alla località (e, forse, anche ad un primitivo insediamento): una celebre lettera di Plinio (Nat. hist., vi, 31) ci descrive la vista che da una villa imperiale poco distante si godeva della costruzione del porto, al quale Traiano aveva assegnato il duplice scopo di fornire di una base commerciale e militare la costa a N di Roma e al tempo stesso di costituire un utile sussidiario delle attrezzature di Porto ampliate dallo stesso imperatore. La città rapidamente si sviluppò a danno dei due centri romani della zona, il municipio di antica tradizione etrusca di Aquae Tauri e la colonia maritima di Castrum Novum, grazie anche alla presenza, a circa 7 km a NE, di un grande complesso adibito allo sfruttamento di ricche sorgenti sulfuree, le cosiddette Terme Taurine. Traiano dotò il nuovo porto di un acquedotto e stabilì sul posto un distaccamento di marinai delle flotte misenate e ravennate; in località Prato del Turco, a N della città, è stata rinvenuta la necropoli di questi marinai con tombe alla cappuccina del II-III sec. d. C. Poco o nulla sappiamo della storia successiva di C.: nella vicina villa imperiale soggiornarono Marco Aurelio e Commodo, mentre, nonostante le scorrerie visigotiche, il porto appare a Rutilio Namaziano, nel 416 d. C., come una delle tappe più sicure e confortevoli del suo viaggio. Ancora nel VI sec. la città risulta importante e popolosa (Procop., Bell. Goth., ii, 7, 50-1): nel 545 vi ripara il princeps senatus Cethegus, seguito a breve distanza di tempo da altri fuggiaschi da Roma pressata dai duri assedi della guerra gotica, finché negli anni tra il 551 e il 554 passa dai Bizantini ai Goti e quindi di nuovo ai Bizantini. Tuttavia il vero colpo mortale a C. viene inferto dai Saraceni che nell'813 (o, più probabilmente, nell'828) la distruggono: gli abitanti saranno raccolti dal papa Leone IV nell'854 e sistemati in un nuovo borgo - Lepoli o Cencelle - sulle pendici settentrionali dei monti della Toffa, dove resteranno fino all'889, anno del loro ritorno nella vecchia sede (perciò chiamata Civitavecchia).
La città antica è particolarmente importante per le strutture portuali, in parte giunte fino a noi sia pur attraverso riattamenti rinascimentali e moderni e in parte note da disegni e rilievi antichi. Il porto era delimitato da un antemurale gettato a mo' di isolotto (attualmente distrutto, ma noto da disegni) e da due moli, uno meridionale detto "del Bicchiere", i cui ruderi sono oggi inglobati nel molo moderno, ed uno settentrionale, detto del "Lazzaretto", ancora visibile e in parte rifatto in età rinascimentale; alla terminazione di ciascun molo e alla testata dell'antemurale erano situate delle torri-faro, descritteci da Rutilio Namaziano (i, 241-42: attollit geminas turres bifidoque meatu / faucibus artatis pandit utrumque latus) e delle quali si vede ancora un resto alla punta del molo del "Lazzaretto". Uno dei moli o l'antemurale era probabilmente decorato da una colossale statua di Nettuno, di cui è stato rinvenuto nelle acque un braccio, oggi nei Musei Vaticani. Le sponde del bacino portuale erano guarnite ad oriente da un grande porticato (ancora visibile nel sec. XVIII), dietro il quale si aprivano grandi stanze in opera mista, forse horrea, mentre verso N, subito dopo il braccio del molo del "Lazzaretto", era situato un più riparato bacino (oggi ancora in funzione), probabilmente la darsena: i margini di questo bacino sono in più punti quelli originali romani, mentre alla sua terminazione settentrionale sono venuti alla luce circa trent'anni or sono i ruderi di un edificio a pianta basilicale, probabilmente una chiesa cristiana. Di fronte a questo bacino, ove sorge adesso il Forte Michelangelo, erano invece edifici in opera mista decorati con bei mosaici in bianco e nero: la loro funzione, nell'ambito delle strutture portuali o del municipio, è sconosciuta. Alle spalle degli horrea ed affacciati sulla via Aurelia che fungeva da decumano della città, sono i resti (visibili negli scantinati delle moderne abitazioni) di un edificio termale. Delle necropoli, oltre a quella dei marinai al Prato del Turco, sono note tombe, sempre piuttosto modeste, nella zona orientale della città, più o meno direttamente connesse con la strada che recava alle Terme Taurine.
Di queste ultime sono oggi visibili cospicui resti in località Bagni di Traiano: nel complesso va però probabilmente riconosciuta la villa imperiale di cui parla Plinio, mentre le vere Terme Taurine andrebbero invece identificate con le vicine sorgenti sulfuree della Ficoncella, adiacenti al centro etrusco e romano di Aquae Tauri. Nelle costruzioni dei Bagni di Traiano si possono distinguere un nucleo originale in opera reticolata, con aggiunte e modifiche in opera mista, ed un omogeneo accrescimento in laterizio di età adrianea. Il nucleo originale si apre su di un grande peristilio, dal cui lato breve N si accede ad un vestibolo e ad alcune stanze con la probabile funzione di apodyteria; di qui, parallela all'andamento NS del peristilio, abbiamo la sequenza - non rigidamente assiale - di laconicum circolare, calidario, doppio tepidario e frigidario. Il calidario, di pianta basilicale e munito di grande vasca centrale, a cielo aperto, aveva nel fondo una nicchia (ove si è rinvenuta una dedica alle Ninfe posta da un liberto imperiale) e, come gli adiacenti tepidari (che hanno una semplice pianta rettangolare), era alimentato dalle acque sorgive solforose; il frigidario, solo parzialmente individuato, consisteva invece di una vasta piscina all'aperto, alimentata da acque non sulfuree.
In età adrianea viene aggiunto un vasto complesso, sempre parallelo (e a monte) degli assi del peristilio e della sequenza delle vasche per i bagni. Accanto al vecchio calidario ne sorge uno nuovo di eccezionale ampiezza e di elaborata concezione architettonica: la sala è infatti di pianta rettangolare con nicchie alternativamente rettilinee e curvilinee in basso e ampî finestroni in alto, mentre le vòlte erano al centro a crociera e all'estremità a botte. Subito dopo il calidario si succedono varie stanze dai soffitti voltati, sui quali era un secondo piano (in parte conservato): la loro funzione è solo parzialmente rapportabile con le strutture termali e perciò in esse dobbiamo riconoscere stanze di soggiorno ed abitazione. Procedendo poi verso S, troviamo una biblioteca, un gruppo di stanze collegate al vecchio nucleo con un criptoportico e infine una serie di stanzette, assai simili ai cosiddetti hospitia della Villa Adriana. Ad epoca tarda (IV sec.) vanno infine attribuiti alcuni restauri e trasformazioni, come l'aggiunta di vaschette per abluzioni parziali nel più antico calidario. La decorazione era molto ricca e complessa: sono note alcune parti dei rivestimenti in stucco delle vòlte (con figurazioni di genere e motivi vegetali), mentre i pavimenti delle sale centrali, oltre che degli ambienti termali, e quelli del secondo piano erano in elegante opus sectile di marmi rari e pregiati.
Bibl.: P. Manzi, Stato antico ed attuale del porto, città e provincia di C., Prato 1837; R. Mengarelli, in Not. Sc., 1909, p. 79; id., in Not. Sc., 1923, p. 321 ss.; C. Calisse, Storia di Civitavecchia, Roma 1936; S. Bastianelli, in Not. Sc., 1940, p. 183 ss.; id., Centumcellae-Castrum Novum, Roma 1954 (con bibl. prec.); R. Bartoccini, in Civitavecchia, pagine di storia, Civitavecchia 1961, p. 34 ss. Sul sepolcreto dei marinai: D. Annovazzi, in Not. Sc., 1877, pp. 123 s.; 264 ss. Sulla città carolingia: Ph. Lauer, in Mél. Ec. Fr. Rome, XXI, 1900, p. 14 ss. Sulle Terme Taurine: P. Manzi, in Giorn. Arch., VI, 1820, p. 339 ss.; C. Fea, in Effem. di Roma, II, 1821, p. 17 ss.; L. M. Manzi, Delle Terme Taurine presso C. e della loro ristaurazione, Roma 1860; R. Mengarelli, in Not. Sc., 1919, p. 209 ss.; S. Bastianelli, in Not. Sc., 1933, p. 398 ss.; id., ibid., 1942, p. 235 ss.; R. Rinaldis, in Civitavecchia pagine di storia, Civitavecchia 1961, p. 41 ss.
Museo Nazionale. - Nel Museo Nazionale di recente apertura hanno trovato posto sculture romane provenienti dalla zona o da recuperi varî effettuati nel territorio della Soprintendenza. Tra queste si segnalano un bel ritratto di Marco Aurelio giovane di provenienza ignota, buone repliche delle teste della Cnidia, del Diadumeno policleteo e del ritratto di Socrate cosiddetto di "terzo tipo" recuperate dalle acque del porto, e due interessanti rilievi gladiatori degli inizî del I sec. d. C. Nella sezione epigrafica sono raccolte iscrizioni del territorio: notevoli il gruppo delle epigrafi funerarie dei marinai della flotta militare e la grande epigrafe metrica posta sulla porta d'ingresso di Leopoli. Nella sezione topografica sono esposti i materiali di scavo degli abitati protostorici ed etruschi della zona, e cioè le tombe etrusche della località Pisciarelli (antica Aquae Tauri), i reperti delle tombe e dell'abitato di Monte Rovello (Allumiere) e i materiali architettonici e votivi del santuario etrusco di Punta della Vipera. È prevista la costituzione di una sezione didattica.