CIVITAVECCHIA (A. T., 24-25-26)
Città nella provincia di Roma, con porto sul Mar Tirreno, a 42°5′ lat. N. e 0°40′ long. O. da M. Mario. È l'antica Centumcellae fondata da Traiano (v. sotto). È il porto che rifornisce Roma di grano, di carbone e di molte altre merci occorrenti alle industrie romane, e anche lo scalo per l'importazione via mare dei prodotti greggi che alimentano gli stabilimenti di Terni e di altri centri industriali dell'Umbria. Inoltre nel porto si accentrano le comunicazioni fra Roma e la Sardegna. Civitavecchia aveva circa 3200 ab. nel 1701, 5200 alla fine del secolo XVIII che rappresenta un periodo di floridezza della città. Nel 1816 aveva 7111 ab., nel 1833, 7600, nel 1853, 8145. Dopo l'unione del Lazio al regno d'Italia, il governo spese cure notevoli intorno al porto, onde la città, che aveva già 11.640 ab. nel 1871, raggiunse i 17.589 nel 1901, i 19.659 nel 1921. Allora l'intero comune aveva 23.114 ab.; nel 1930 aveva superato i 35.000. La parte moderna ha viali rettilinei; il centro è la piazza Vittorio Emanuele.
Il porto costituisce la parte più interessante della città. Il bacino più antico, in sostanza ancor quello traianeo, è lo specchio racchiuso dai due moli detti del Lazzaretto e del Bicchiere, e protetto da una diga isolata, l'Antemurale Traiano, disposta parallelamente alla costa; ai lati di essa si accedeva al porto per due bocche. Questo vecchio porto, che ha nella sua parte più interna una darsena, era comodo per l'accesso dei velieri, ma restava aperto ai venti del 3° quadrante, per cui spesso le acque erano mosse anche nell'interno del bacino. Per migliorarne le condizioni fu chiuso l'accesso da sud e reso più sicuro quello da nord, prolungando l'antemurale; fu poi costruito un nuovo molo, che, come quello del Bicchiere, ha origine sotto il Forte Michelangelo (v. sotto) e si prolunga per 1300 m. verso nord-ovest; su di esso sono il Faro e il Forte Gregoriano. Lo specchio d'acqua, riparato dalle nuove opere di protezione, è diviso in parecchi bacini, con uno sviluppo complessivo di oltre 1000 m. di banchine; ma i piroscafi possono in realtà accostare solo nella cosiddetta Nuova Darsena, dove si hanno fondali da 8 a 9 m. e dove arrivano i binarî ferroviarî. Dal 1928 sono state iniziate nuove importanti opere.
Il movimento del porto di Civitavecchia aveva raggiunto, nel 1914, 574.106 tonn. di merci sbarcate e imbarcate; contrattosi il traffico du- rante la guerra, nel 1922-23 si tornò al movimento prebellico; si ebbe poi un rapido incremento. Ora Civitavecchia è al 7° posto del regno e nel 1930 ha avuto un movimento di 1.068.398 tonn. Le merci importate sono principalmente carbone, ghisa, ferro, per gli opîfici di Terni, cereali, vino; le merci esportate cementi, carbone di legna, doghe per botti, ecc.; all'esportazione partecipano perciò largamente i velieri. Cospicuo, e di anno in anno crescente, è il movimento dei passeggeri da e per la Sardegna. Inoltre Civitavecchia è uno dei maggiori centri di pesca sul Tirreno. Il traffico di Civitaveccnia col retroterra è destinato ad aumentare dopo l'apertura (1929) della ferrovia per Orte (86 km.), che stabilisce una comunicazione diretta con Terni e con Ancona. Importanti stabilimenti industriali sono in esercizio a Civitavecchia, fra cui uno, grandissimo, per la fabbrica del cemento, e uno per l'estrazione dell'alluminio e del nitrato potassico dalla leucite, secondo il procedimentö Blanc.
È sede di vescovado e delle scuole centrali di fanteria, artiglieria, genio e truppe celeri; dista da Roma km. 72. Il comune (114 kmq.) comprende i centri marittimi di Santa Marinella, Santa Severa e Ladispoli e pochi abitanti sparsi in campagna.
A Civitavecchia vi sono fonti di acque solfato-sodico-calciche termali (60°), indicate nelle forme reumatiche e articolari, nei postumi di traumi, nelle manifestazioni gottose, nelle neuralgie e neuriti. Lo stabilimento è annesso all'albergo. La cura può farsi tutto l'anno.
Monumenti. - Il nucleo antico della città non è di grande interesse, perché la sua posizione sul mare e le continue vicende politiche e occupazioni militari, hanno fatto si che andasse distrutto tutto quanto esisteva della vecchia città. Assai notevoli le opere di ricostruzione del porto eseguite a cura dei pontefici Giulio II, Paolo III e Leone X. La fortezza che domina il porto, alle radici del Molo del Bicchiere, incominciata nel 1508 dal Bramante, fu proseguita da Antonio da Sangallo. Michelangelo la terminò erigendovi la parte superiore del torrione centrale. Urbano VIII proseguì le opere ricostruttive del porto seguendo le direttive dei suoi predecessori. Il Bernini, per volere di Alessandro VII, costruì l'arsenale a 6 grandi navate disposte a due parallele e in modo di varare contemporaneamente 6 galere. La chiesa di S. Francesco è della seconda metà del sec. XVII. La chiesa matrice è la chiesa moderna di S. Maria ricostruita su un'antica chiesa dedicata alla patrona di Civitavecchia, Santa Fermina. La Rotonda della chiesa del Suffragio ha una cupola dipinta da Giuseppe Errante. Buone le linee cinquecentesche del palazzo apostolico, oggi restaurato a sede del comune, e il palazzo Guglielmi, di Giovanni Azzurri.
V. tav. CXXVIII.
Storia. - L'antica Centumcellae fu porto dell'Etruria meridionale, costruito tutto artificialmente per opera di Traiano verso il 106 d. C., come ci dice Plinio il Giovane (VI, 31). Oltre la villa imperiale, doveva avere grandi magazzini, dai quali si vorrebbe derivato il nome; ma questo pare anteriore al porto; c'era un lungo acquedotto perportar l'acqua, e nelle vicinanze terme (Aquae Tauri).
Il porto di Traiano resistette, a differenza di quelli che l'avevano preceduto (su tutti, Pirgi), pur nelle coudizioni sfavorevoli della decadenza di Roma e dei primi secoli medievali. L'armata navale del Miseno vi mandava le sue squadre, che alternatamente vi prendevano stanza; vi si costituì il municipio, e fin dai primi tempi dello stabilimento del cristianesimo Centocelle ebbe i suoi vescovi. Fu contrastata nel sec. VI fra Ostrogoti e Bizantini; e questi ne fecero sede di loro guarnigione militare. Nell'828 i Saraceni s'impadronirono di Centocelle e la distrussero: la superstite popolazione si ricoverò tra le selve vicine, dove, per opera del papa Leone IV, sorse Leopoli (854). Il popolo, però, battezzò la nuova sede col nome di Cencelle e quando i Saraceni abbandonarono Centocelle, gli abitanti di Cencelle tornarono in massa alla "vecchia città"; fu la Civitas vetula del Medioevo, la Civitavecchia di oggi.
In questa sua origine, fu, piuttosto che città, un castello fortificato, in forma di quadrilatero, con la base sul porto. A questo si riferiscono nei secoli seguenti quasi tutte le notizie che si hanno di Civitavecchia. La vita del popolo era povera; la vita pubblica assente, finché non venne a riportarvela la lotta tra feudatarî e altri, che se ne disputavano il possesso: i monaci farfensi, il comune di Roma, i baroni della campagna, le città vicine, i papi. Su tutti finirono col prevalere i prefetti di Vico, che, lungamente e fortemente tenendola, trassero Civitavecchia in tutte le brighe e in tutte le lotte che per essi furono suscitate nell'intero patrimonio di S. Pietro in Tuscia, al quale la città appartenne.
Tanto più questo stato di cose si aggravò quando Roma fu abbandonata dai papi, che passarono ad Avignone. E quando essi ne ritornarono, non a Civitavecchia poterono sbarcare, tenuta da uno dei Di Vico, ma alle fosse di Corneto. Si patteggiò, poiché il possesso del porto non poteva essere lasciato a un ribelle: si venne anche a qualche convenzione, ma il turbamento che in tutto portò il sopravvenuto scisma con le lotte fra Urbano VI e l'antipapa Clemente VII, diede a colui buona occasione per infrangere ogni patto, tenendosi per gli antipapali, lontani e meno potenti. Solo dopo che lo scisma fu cessato, i papi poterono trarre nel proprio dominio Civitavecchia che, assediata per terra e per mare, nel 1431 capitolò, e divenne da allora il porto dello stato pontificio.
Il popolo non aveva tuttavia perduto completamente l'autonomia interna. Trattava i proprî affari in generali riunioni, spesso nel chiostro della chiesa maggiore, aveva i suoi statuti, i suoi magistrati che ne curavano, come potevano, i comuni interessi. A risollevare la sorte della città diedero opera i papi, che, quasi tutti, lasciarono memoria di lavori fatti nel porto e nelle fortificazioni della città. In questo modo la vita di Civitavecchia si congiungeva con quella dello stato, e non vi fu politico avvenimento che qui non avesse o nel suo svolgersi o nelle sue conseguenze le ripercussioni maggiori. Fortemente, perciò, Civitavecchia intese gli straordinari turbamenti della fine del sec. XVIII e di tutto il periodo napoleonico, quando, seguendo le sorti di Roma, fu fatta parte dell'Impero francese. La restaurazione del dominio temporale fece di Civitavecchia la sede di una delegazione, che fino all'ultimo fu conservata, ed è noto quanto per la sua posizione marittima la città servisse alle spedizioni francesi a Roma, nel 1849 e nel 1867.
Bibl.: A. Dennis, Cities and cemet. of Etruria, II, Londra 1914; C. Calisse, Storia di Civitavecchia, Firenze 1898; Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 1984; Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 332.