Vedi TERRAMARICOLA, Civilta dell'anno: 1966 - 1997
TERRAMARICOLA, Civiltà (v. vol. VII, p. 743)
Cultura preistorica che prende nome dal termine «terra marna», con cui nell'800 si indicava il terreno organico degli abitati, usato come fertilizzante. Si diffonde durante l'Età del Bronzo Media e Recente (1600-1150 a.C.) nell'area centro-padana fra l'Arda e il Reno e fra il parallelo di Mantova e gli Appennini.
La zona maggiormente popolata è costituita dalla pianura, dove si conosce in media un abitato ogni 25 km2; nell'area centro-orientale sono noti diversi insediamenti collinari e di altura, mentre in Emilia occidentale solo le prime propaggini collinari appartengono alla cultura terramaricola.
Gli insediamenti di pianura, posti di solito su dossi e in relazione a corsi d'acqua, hanno forma quadrangolare e sono circondati da terrapieni e fossati difensivi, talvolta di dimensioni imponenti (20-30 m di larghezza). In alcuni casi sono state riconosciute opere di contenimento del terrapieno verso l'interno (gabbioni di Castione Marchesi) e tracce di palafitte all'asciutto (Montata, Poviglio) e forse in acqua (Parma, Castione).
Le dimensioni degli abitati sembrano limitate a 1-1,5 ha durante le prime fasi del Bronzo Medio e generalmente divengono più grandi in seguito (3-7 ha, e talvolta fino a 15- 20, p.es. a Case Cocconi e a Case del Lago nel Reggiano).
Le strutture abitative, di cui si conoscono pochi esempî (Monte Leoni, Poviglio, Muraiola) sono rappresentate da piani subrettangolari di concotto ampi 8-9 m, delimitati da fori di pali; a Poviglio allineamenti di fori di pali orientati secondo l'andamento dei terrapieni sono indizio di un'organizzazione preordinata dello spazio insediativo.
L'economia terramaricola, quanto meno riferita alla pianura, è basata sull'agricoltura (grano, orzo, miglio, fave, ortaggi e vite), integrata dalla raccolta di frutti selvatici (nocciole, cornioli, mele, more), e sull'allevamento (bovini, suini e ovini rappresentano oltre il 95% della fauna, insieme a cani e cavalli).
Fra l'attrezzatura agricola sono presenti macine di pietra, frequentemente importate, falcetti di selce alpina e di bronzo.
Sulla base delle ricerche recenti e delle analisi delle collezioni ottocentesche è stata individuata, soprattutto nella tipologia ceramica, una seriazione cronologica: il materiale del XVI sec. a.C. è per ora noto nel Modenese (facies di S. Pietro in Isola), dove rivela una forte connotazione peninsulare per la presenza di tazze a parete rientrante con presa canaliculata a margini rilevati, scodelle a orlo rientrante con prese canaliculate sull'orlo, manici forati con terminazione a rocchetto, anse con terminazione ad ascia.
Il XV sec. è meglio conosciuto, soprattutto dagli scavi di Poviglio e di Tabina (Modena) e appare fortemente omogeneo in tutta l'area terramaricola. È caratterizzato da tazze con solcature orizzontali sulla parete, scodelle a calotta decorate con fasci di solcature, anse canaliculate, anse sopraelevate a corna tronche o ad appendici coniche, fondi piani decorati a solcature e a cuppelle, olle a breve orlo esoverso.
Pochi sono, per il momento, i complessi puri di XIV sec.; si possono comunque riferire a quest'epoca diversi tipi di anse sopraelevate (a bastoncello con estremità espanse, a disco o a spatola, a terminazioni falcate, a dischi frontali), le anse canaliculate con lobi al di sopra dell'orlo, le tazze a vasca profonda e breve parete concava.
Al Bronzo Recente (XIII sec. a.C.) sono attribuibili numerosi elementi del patrimonio formale subappenninico: anse a corna bovine, cilindro-rette, a bastoncello con apofisi laterale, le situle, i vasi a beccuccio. La fase più avanzata (inizî XII sec.) è nota dal sito di Poviglio dove le anse cornute diventano rare e sono tipiche le tazze con alta parete concava esoversa e quelle con solcature verticali sulla carena, le scodelle con orlo a tesa decorato, i dolí biconici di grandi dimensioni.
La produzione in bronzo, piuttosto ingente, è rappresentata per lo più da tipi non esclusivi, di vasta diffusione, la cui cronologia si basa sulla tipologia centro-europea, ed è costituita fin dal Bronzo Medio sia da armi (pugnali, spade) e da oggetti di ornamento (spilloni, pendagli) sia da attrezzi agricoli e da carpenteria (lesine, falcetti, asce); frequenti sono i rinvenimenti di scarti di fusione, di soffiatoi e di crogioli, che attestano la lavorazione in loco. Durante il Bronzo Recente si assiste a un notevole aumento degli oggetti metallici.
Tipica della cultura terramaricola è la produzione di manufatti in osso e in corno di cervo, rappresentata, oltre che da punteruoli, spatole, aghi, punte di freccia e montanti di morsi per cavallo, anche da manici di lesina, pettini, teste di spilloni a rotelle e alamari decorati a incisioni e a cerchielli.
Il rito funebre, esclusivo a S del Po, è la cremazione con deposizione delle ceneri in urne prive di corredo, talora coperte da una ciotola rovesciata e accumulate fittamente, e a volte sovrapposte (necropoli di Copezzato, Parma, Montata, Casinalbo). A Ν del Po le necropoli sono miste, a cremazione e a inumazione.
Il numero stesso dei villaggi terramaricoli (almeno duecento) presuppone un'organizzazione politica del territorio, senza che sia emersa, finora, la testimonianza della supremazia di uno o più centri sugli altri. La prova dell'esistenza di leaders nell'ambito dei villaggi è costituita dalle imponenti opere comuni (terrapieni e fossati), la cui costruzione dovette mobilitare una notevole forza-lavoro.
Attorno al 1150 a.C. tutti i villaggi vennero abbandonati in modo apparentemente improvviso e per cause ancora inspiegate, da ricercarsi probabilmente in una concomitanza di fattori sia esterni sia interni alla comunità: le recenti ricerche smentiscono, in ogni caso, il peggioramento climatico, fino a oggi indicato come causa della scomparsa delle terramare.
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(M. Bernabo’ Brea)