PICENA, Civiltà
Nel suo aspetto di maggiore sviluppo e di caratterizzazione, la civiltà p. sorpassava alquanto i confini del territorio indicato dai Romani come Picenum, estendendosi la sua diffusione (da un punto di vista concreto di ritrovamenti tipici in sepolcreti) dal fiume Foglia nel pesarese all'Abruzzo teramano, avendo come limite generale ad occidente la catena appenninica. Ma tali confini geografici, ove si considerino le compenetrazioni su un piano stilistico o genericamente artigianale della produzione di oggetti di ornamento, di armi, di strumenti, di vasi di bronzo o di ceramica, risultano assai meno definibili nel quadro delle civiltà etrusco-italiche. Ad una concezione delimitativa e globale dell'area culturale picena (Brizio, Dall'Osso, Dumitrescu) si contrappone la tendenza a considerarne le manifestazioni come la caratterizzazione regionale di un più vasto fenomeno rientrante nell'aspetto generale della Fossakultur (v.) (Randall Mac Iver, Säflund), studiandone sia le articolazioni interne, sia le variazioni e l'intensità dei rapporti con altre civiltà in relazione alle varie fasi (Pallottino).
Nella fase più arcaica (VIII-metà del VI sec. a. C.) l'incidenza atestina, hallstattiana, villanoviana - specialmente d'impronta orientalizzante - ed àpula è chiaramente avvertibile, nel quadro di una notevole influenza balcanico-danubiana che si manifesta nello stesso periodo in tutta l'area adriatica. Dalla metà del VI sec. a. C. fino alla sovrapposizione della civiltà gallica (inizio del IV sec. a. C.), sul sottofondo culturale che rimane sostanzialmente immutato si avverte una vigorosa compenetrazione di elementi stilistici greci ed etrusco-italici che hanno modo di palesarsi nella produzione più raffinata di natura figurativa (specialmente bronzi), elementi assorbiti poi localmente dall'ambiente celtico nel IV e III sec. a. C. Circa l'origine della civiltà p., diverse sono le opinioni degli autori, e spesso contrastanti. Tra le fonti storiche, la tradizione riportata da Strabone (v, 4, 2) e da Plinio (Nat. hist., iii, 13) che indica i Piceni di derivazione sabellica, trova una conferma sul terreno linguistico, almeno per quanto riguarda il Piceno meridionale che rappresenta un'area particolare di diffusione di testimonianze epigrafiche "protosabelliche". Il gruppo nordico, caratterizzato da un diverso aspetto linguistico quale ci è rivelato dalle steli di Novilara, costituisce anche un'area culturale leggermente distinta. Ricerche recenti hanno portato un contributo notevole di natura archeologica alla chiarificazione del problema delle origini picene, ponendo nella giusta luce le componenti appenniniche e subappenniniche (v. appenninica, civiltà) e protovillanoviane (v. villanoviana, civiltà) nella formazione della civiltà p., rivelata non più solo dai complessi funerarî spesso di natura composita ed eccezionale, ma da giacimenti stratificati quali quelli degli abitati di Ancona (Colle dei Cappuccini) e di Osimo. Le necropoli picene presentano tombe in fosse terragne dotate generalmente di ricchi corredi con inumati in posizione quasi sempre rannicchiata; solo nell'area meridionale di Atri e di Tolentino appaiono tombe con circoli di pietre che mostrano una chiara affinità strutturale con quelle dei territori umbro-sabino e campano-sannita (ad esempio Terni, Tivoli, Introdacqua, Suessula, Lama dei Peligni, Alfedena). Delle due necropoli di Novilara, quella Molaroni contiene certamente tombe assai arcaiche, come attesta la presenza della fibula ad arco di violino (v. fibula) e di quella a doppia spirale che ha attinenze greco-balcaniche e rispòndenze in Sicilia (Finocchito). La necropoli di Novilara-Servici costituisce un esempio del pieno sviluppo della civiltà p. con il ricco armamentario, spade e daghe a impugnatura obliqua che hanno riscontri in Bosnia, elmi conico-rotondeggianti affini a quelli d'Etruria (Vetulonia) e a quelli raffigurati su vasi del Dipylon, con i bronzi laminati (ciste, incensieri) e gli elementi plastici ornamentali in bronzo fuso tra cui pendagli a forma umana con tratti stilistici orientali frequenti nel villanoviano bolognese. La presenza peraltro del villanoviano tipico è attestata a Fermo attraverso i ritrovamenti antichi e recenti di numerose tombe a cremazione con ossuari biconici e caratteristici corredi (elmi, cinturone), le quali rivelano l'esistenza nell'VII-VII sec. a. C. di un'isola culturale estranea alla fisionomia che viene ad assumere la civiltà p., nello stesso territorio in cui questa si elabora.
Le altre necropoli di particolare importanza (Ancona, Numana, Monteroberto, Fabriano, Ascoli, Belmonte, Cupramarittima, Pitino, Spinetoli, Offida) manifestano tutte nei corredi funerarî una ricerca estrosa dell'effetto decorativo, non solo nella invenzione dei singoli elementi che compongono gli ornamenti personali (fibule, pendagli, collane, pettorali, bracciali, orecchini, diademi) ma anche nel modo di associare questi elementi; caratteristici i grandi pendagli bronzei a catenelle, sormontati da piastre sagomate a forma umana o a protomi di uccello. La produzione ceramica, per contro, segne un filone tradizionale e difficilmente si discosta da una tipologia ristretta (ciotole con anse impostate orizzontalmente e superiormente insellate, ciotole con anse sopraelevate cheratizzanti, vasi a collo imbutiforme, kàntharoi) salvo in casi eccezionali (Pitino) in cui la produzione vascolare metallica e la sua ornamentazione plastica hanno operato una indubbia suggestione.
L'influenza dell'arte greco-ionica attraverso una probabile mediazione àpula ed etrusca (v. italica, arte) è palese attraverso alcuni bronzi figurati databili al VI sec. a. C., tra cui due dischi bronzei di Rapagnano con scene di combattimento ed alcune anse plastiche di vasi bronzei di Belmonte e di Pesaro, una delle quali raffigura la lotta di due guerrieri sul corpo di un caduto, mentre le altre presentano uno schema che si ripete, cioè quello di un guerriero con elmo (Eracle?) con due leoni ai lati all'altezza delle spalle, affiancato da due cavalli che tiene per mano.
I caratteri della civiltà p. non si estinguono con l'avvento gallico, ma anzi si potrebbe affermare che molte manifestazioni concordanti delle due civiltà (acceso decorativismo, facoltà di assimilare gli elementi formali di altre culture, fervore inventivo ecc., v. celtica, arte) trovano proprio nell'area picena, durante il IV e III sec. a. C., motivi assai validi per la formazione di un ambiente culturale del tutto particolare (celto-piceno), in un certo senso più omogeneo rispetto a quei territori delle Marche in cui non si verificò l'espansione gallica.
Bibl.: F. von Duhn, in Reallexikon d. Vorg., VI, p. 103 ss., s. v. Italien; E. Brizio, La necropoli di Novilara, in Mon. Ant. Lincei, V, 1895; O. Montelius, La civilisation primitive en Italie depuis l'introduction des métaux, Stoccolma 1895; E. Brizio, Il sepolcreto gallico di Montefortino presso Arcevia, in Mon. Ant. Lincei, IX, 1899-1901; I. Dall'Osso, Guida illustrata del Museo Nazionale di Ancona, Ancona 1915; F. von Duhn, Italische Gräberkunde, I, Heidelberg 1924; D. Randall Mac Iver, The Iron Age in Italy, Oxford 1927, pp. 105-148; V. Dumitrescu, L'età del ferro nel Piceno, Bucarest 1929; F. Messerschmidt, Bronzezeit und frühe Eisenzeit in Italien, Berlino-Lipsia 1935; K. Kromer, Zum Picenterproblem, in Mitt. d. Prä. Komm., 5, 1944-51, p. 131 ss.; P. Laviosa Zambotti, I Balcani e l'Italia nella preistoria, in Origines, Como 1954, p. 415 ss.; D. Lollini, L'abitato preistorico e protostorico di Ancona, in Bull. Paletn. Ital., n. s., X, 65, i, 1956, p. 27 ss.; G. Annibaldi, Rinvenimento a Fermo di tombe a cremazione di tipo villanoviano, in Bull. Paletn. Ital., n. s., X, 65, i, 1956, p. 229 ss.; D. Lollini, Appennici, Protovillanoviani e Piceni nella realtà culturale delle Marche, in Atti II Conv. di studi Etruschi (Ancona 19-22 giugno 1958), Firenze 1959; R. Pittioni, Die beziehungen zwischen den beiden Küsten der Mittleren Adria während der Eisenzeit, ibid.