Vedi LAZIALE, Civilta dell'anno: 1961 - 1995
LAZIALE, Civiltà
Con questa terminologia vengono comunemente indicate le manifestazioni culturali svoltesi durante l'Età del Ferro (IX-VII sec. a. C.) in un territorio che ebbe come centro la zona a S del basso corso del Tevere (Latium Vetus) comprendente soprattutto i Colli Albani e Roma. Tuttavia i limiti geografici della civiltà l., espressa dalla presenza di elementi tipici di questa cultura, compenetrano in realtà ambienti protostorici che hanno subito un differente processo di formazione, quali ad E il territorio volsco e sabino, a N quello capenate e falisco (v. falisca, civiltà), ad O quello villanoviano (v.).
Le radici della civiltà l. affondano nel mondo subappenninico, dal quale eredita non pochi motivi decorativi della ceramica; comunque di primo piano risultano, come si è detto, gli apporti delle culture villanoviana, protovillanoviana e sabina, apporti profondamente innovatori al livello ideologico, per quel che riguarda le trasformazioni nei riti funebri, e al livello della cultura materiale, come le fogge della ceramica e dei prodotti della metallotecnica. È necessario inoltre ricordare come tutte queste valutazioni siano strettamente connesse con il problema delle origini di Roma, per il quale si può e si deve tener conto di numerosissimi e contrastanti dati fornitici dalla tradizione, dalla ricerca archeologica e topografica, dalla linguistica e dalla storia delle religioni.
La divisione cronologica tradizionale, dovuta al Pinza ed articolata in due fondamentali "fasi", venne ricavata dall'esame dei dati di fatto e dal parallelo con le facies "villanoviana" ed "orientalizzante" della contemporanea cultura in suolo etrusco. Assai di recente il Gjerstad, il Müller-Karpe ed il Peroni hanno elaborato più minute periodizzazioni sulla base della attenta osservazione dei fenomeni culturali, ma il senso fondamentale della classificazione operata dal Pinza non ne è rimasto scosso, anche se talvolta per motivi di chiarezza si rende necessario individuare, all'interno delle due fasi fondamentali, alcuni aspetti o momenti diversi. Non è forse opportuno dare a tali constatazioni valore di schemi o di nette suddivisioni, se non si vuol rischiare di alterare la salda continuità storica che sorregge tutto lo sviluppo della civiltà laziale.
Le prime manifestazioni della civiltà l. sono improntate ad estrema semplicità. I corredi di incinerari restituitici dai pozzetti del Foro, di Grottaferrata, di Marino, di Velletri e di Vigna Giusti mostrano in un momento iniziale forme ceramiche molto elementari, sferoidali, askoidi, cilindriche o rettilinee con decorazioni graffite od incise secondo schemi meandrali ed angolari e con motivi plastici a cordonatura liscia o nastriforme distesi sul vaso a fasce o a reticolo. Le forme più comuni di ansa sono quelle ad anello, le anse bifore e le anse cornute. La piccola plastica fittile si esplica in figurine umane stanti, finora peculiari delle necropoli albane, e nella decorazione di un prodotto tipico della civiltà 1. di questa fase, l'urna a capanna. Singolare è pure la forma di piccoli vasetti di pura funzione rituale, come la cosiddetta lucerna e il piattello su triplice piede.
Povera, qualitativamente e quantitativamente, la metallotecnica, rappresentata soltanto o quasi dalla fibula ad arco semplice liscia o tortile con e senza noduli, e ad arco serpeggiante con staffa a disco.
In un secondo momento, sollecitazioni culturali esterne intervengono a mutare parzialmente il precedente contesto, introducendo una diversa sensibilità tettonica e decorativa nella industria ceramica insieme ad un nuovo contenuto ideologico manifesto soprattutto nel progressivo favore incontrato dal rito inumatorio. Lentamente il patrimonio culturale originario, mentre va perdendo elementi caratteristici come la cosiddetta lucerna, ne elabora di nuovi, il "calefattoio" ad esempio. Le fogge dei vasi tendono ad articolarsi in sagome con forti spigolature: il collo viene sottolineato con sempre maggiore insistenza sia attraverso la tettonica che per mezzo della decorazione. Persiste l'ansa bifora, ma conformemente al gusto corrente essa viene munita di spigoli che, in seguito, tenderanno a diventare una cresta continua. La decorazione lineare e plastica si arricchisce di caratteri desunti da altre culture. Vediamo infatti svastiche ed ornati metopali affiancarsi ai già noti schemi meandrali ed angolari. Degna di nota è la presenza della decorazione a vernice bianca o rossa applicata direttamente sulla superficie lucidata a stecca dell'impasto.
La decorazione plastica, espressa con buguette contornate di incisioni semicircolari, con bastoncelli applicati verticalmente e con solcature parallele oblique, sottolinea ulteriormente la tettonica del vaso.
La lavorazione dei metalli continua, anche in questo scorcio della prima fase, ad avere limitato sviluppo: le vecchie fibule ad arco semplice o serpeggiante vengono sostituite da quelle ad arco ingrossato, mentre la staffa tende ad assumere proporzioni sempre maggiori. Fanno infine la loro apparizione le armi, in genere punte di lancia, e, in quantità limitate, i bronzi laminati.
A questo momento terminale della prima fase si riferiscono corredi di tombe a cremazione in grandi doli e ad inumazione in fosse, localizzate principalmente a Roma nel Foro, sul Quirinale e sull'Esquilino e nei Colli Albani a Villa Cavalletti, a Moncucco e a Vigna Capri.
La seconda fase laziale della classificazione del Pinza, coeva dell'orientalizzante d'Etruria, segna un notevole distacco dalla precedente. Il rito dell'inumazione diventa esclusivo e si diffonde il costume di seppellire in grandi tronchi d'albero scavati; la ceramica viene importata dal mondo greco, mentre la produzione locale, di argilla figulina, d'impasto lucido e di bucchero infine, si ispira nelle forme e nella decorazione ad esemplari ellenici; le ceramiche cosiddette italo-geometriche ed italo-corinzie non sono altro che la testimonianza del largo favore incontrato in queste regioni, come in altre, dai vasi protocorinzi prima e corinzi poi. I tipi ceramici della fase precedente non sono però del tutto scomparsi e proseguono per un certo periodo la loro vita; le anse, che in un primo momento sono fornite di più o meno forti crestature, retaggio di precedenti tendenze, si arricchiscono di rotelle e, sotto l'impulso del nuovo gusto per le rappresentazioni zoomorfe, di protomi animali. Tipiche, inoltre, di questa fase sono l'anforetta globulare con la doppia spirale incisa e la coppa su piede con incisioni orizzontali parallele.
Crescente sviluppo prende la decorazione dell'impasto e del bucchero a graffito con motivi geometrici curvilinei, fitomorfi e zoomorfi desunti dal vasto repertorio orientalizzante.
La metallotecnica si manifesta abbastanza attiva, anche se non particolarmente ricca: oltre ai non molti vasi e tripodi laminati di probabile importazione, la bronzistica annovera soprattutto oggetti relativi all'ornamentazione personale, fibule a sanguisuga e a navicella con staffa lunga, cinturoni, armille e catenelle, spesso decorati con sottilissime incisioni del consueto repertorio. In ferro vengono realizzate cuspidi di lancia e, più raramente, fibule. Tra i monili ricordiamo come particolarmente diffusi quelli in ambra e in pasta vitrea già apparsi verso la fine della prima fase laziale.
Le principali necropoli che hanno restituito materiali di questa seconda fase sono quelle dell'Esquilino in Roma, di Rocca di Papa, di Ariccia, di Riserva del Truglio e delle Vigne Cittadini-Evangelisti presso Castel Gandolfo, della Vigna Testa presso Marino.
Questo in grandi linee lo sviluppo della civiltà laziale. Precedentemente si è osservato come essa si sia andata formando attraverso l'incrocio di molteplici sollecitazioni culturali. Sorta in ambiente tradizionalmente inumatorio, accoglie con grande favore e, nella sua fades albana, tenacemente conserva il rito della incinerazione di origine "villanoviana", non abbandonando però elementi caratteristici di retaggio sub-eneo; contiene ai margini e supera l'apporto "protovillanoviano"; si compenetra di motivi "sabini", ma gradualmente e senza scosse. Compiuto così il processo formativo delle proprie origini, la civiltà l. subisce con le regioni circostanti l'influsso della Fossakultur (v.) e lentamente, allo scadere della prima fase, si inserisce in quel vasto orizzonte unitario che dall'Etruria giunge fino alla Campania.
L'orientalizzante laziale è specchio fedele, ma impoverito delle contemporanee manifestazioni culturali etrusche: permangono provincialismi ed elementi arcaici, mentre l'aspetto complessivo ed alcune caratteristiche, quali la sepoltura in tronchi di quercia scavati, l'apparentano con le culture orientalizzanti e suborientalizzanti della regione falisco-capenate-veiente, lontane dalle correnti più vive e prive di forma di penetrazione economica e commerciale.
Si ha, in conclusione, quasi l'impressione che il mondo laziale, benché aperto ad influssi innovatori che riceve da contigue e differenti civiltà, tradisca una natura rigidamente conservatrice dimostrata dal tenace persistere di motivi arcaici ed alle volte apparentemente incoerenti tra loro. Questo fatto può trovare conferma nei ricordi pastoralistici misti ad elementi di chiara origine agricola vivi nella tradizione letteraria, storica e religiosa relativa al mondo latino delle origini, quella stessa tradizione che assegna assai sintomaticamente alle componenti sabine ed etrusche un posto di rilievo nel processo formativo dello stato romano. Questo sovrapporsi di esperienze culturali estranee al primitivo nucleo protolatino, documentato anche a livello linguistico (dal Devoto), non può però essere interpretato in termini di pure e semplici migrazioni, ma dobbiamo immaginarlo come un'acquisizione progressiva di valori culturali originata da contatti commerciali e da contiguità geografica - nel caso sabino - e, nel caso etrusco, la soggezione od influsso politico.
Tutte queste valutazioni convergono nella definizione della civiltà l. come una cultura marginale dagli innegabili aspetti provinciali, la cui caratteristica precipua sta proprio nella equilibrata fusione tra gli elementi elaborati autonomamente e quelli, accolti con criterî selettivi, provenienti dall'esterno, pur nel quadro di una notevole povertà materiale.
Possiamo tuttavia individuare il segno di una certa dialettica culturale con le civiltà contigue nel fatto che caratteristiche tipiche della civiltà l. della prima fase, come la urna a capanna, o della seconda fase, come l'anforetta globulare con la doppia spirale incisa, siano entrati con discreta frequenza a far parte di contesti culturali diversi.
La stessa struttura economica e il carattere estremamente frazionato degli insediamenti umani delle genti laziali hanno determinato il carattere marginale della civiltà l.; ma la posizione geografica delle popolazioni latine, così aperta all'incontro ed allo scambio con genti etnicamente, linguisticamente e culturalmente diverse, ha fatto sì che all'alba dell'epoca storica ci si presenti di esse un quadro quanto mai articolato in cui va prendendo corpo, in relazione con lo slancio coloniale etrusco verso la Campania, l'importanza di Roma.
Bibl.: O. Montelius, La civilisation primitive en Italie, Stoccolma 1895-1910, II, p. 652 ss., tavv. 135-141; G. Pinza, Necropoli laziali della prima età del Ferro, in Bull. Comm. Archeol. Comun. di Roma, XXVIII, 1900, p. 147 ss.; id., Monumenti primitivi di Roma e del Lazio antico, in Mon. Ant. Lincei, XV, 1905, c. 5 ss.; id., Storia della civiltà latina, a cura della Pont. Acc. Rom. di Archeol., vol. I, 1924; Fr. Behn, Hausurnen, Berlino 1924; Fr. von Duhn, Italische Gräberkunde, I, Heidelberg 1924, p. 392 ss.; U. Antonielli, Appunti di Paletnologia Laziale, in Bull. di Paletn. Ital., XLIV, 1924, p. 154 ss.; D. Randall Mac Iver, Villanovans and Early Etruscans, Oxford 1924, p. 71 ss.; W. R. Bryan, Italic Hut Urns and Hut Urn, Cemeteries, in Pap. and Monogr. of the Amer. Acad. in Rome, IV, 1925; L. Homo, L'Italie primitive et les débuts de l'impérialisme romain, Parigi 125; J. Sundwall, Die Italischen Hütternunen, in Acta Acad. Aboensis Human., IV, 1925; N. Aaeberg, Bronzezeitliche und früheisenzeitliche Chronologie, I, Italien, Stoccolma 1930, passim; E. Messerschmidt, Bronzezeit und frühe Eisenzeit in Italien, Berlino-Lipsia 1935, p. 9 ss., p. 66; U. Rellini, Sull'origine della civiltà del Ferro in Italia, in Studi Etruschi, XII, 1938, p. 9 ss.; G. Säflund, Bemerkungen zur Vorgeschichte Etruriens, ibid., XII, 1938, p. 17 ss.; M. Pallottino, Sulle facies culturali arcaiche dell'Etruria, ibid., XIII, 1939, p. 85 ss.; G. Patroni, Architettura preistorica, in Storia dell'Architettura, I, Bergamo 1941, passim; U. Rellini, Il Lazio nella preistoria d'Italia, in Quad. di Studi Romani, I, 1941; G. von Merhart, Donauländische Beziehungen der früheisenzeitlichen Kulturen Mittelitaliens, in Bonner Jahrb., CXLVII, 1942, p. i ss.; S. Mazzarino, Dalla Monarchia allo stato repubblicano, Catania 1945; G. Devoto, Gli Antichi Italici, Firenze 1951, p. 95 ss.; S. M. Puglisi, Gli abitatori primitivi del Palatino attraverso le testimonianze archeologiche e le nuove indagini stratigrafiche sul Germalo, in Mon. Ant. Lincei, XLI, 1951, c. 4 ss.; id., Nuovi resti sepolcrali nella Valle del Foro Romano, in Bull. di Paletn. Ital., n. s., VIII, 1951-52, p. 45 ss.; L. Pareti, Storia di Roma e del mondo romano, I, Torino 1952; E. Gjerstad, Early Rome, I-III, Lund 1953-60; G. Carettoni, Tomba arcaica a cremazione scoperta sul Palatino, in Bull. di Paletn. Ital., n. s., XI, 1954-55, p. 261 ss.; S. M. Puglisi, Sepolcri di incinerati nella Valle del Foro Romano, in Bull. di Paletn. Ital., n. s., XI, 1954-55, p. 299 ss.; G. Carettoni, Sepolcreto dell'età del Ferro scoperto a Cassino, in Bull. di Paletn. Ital., n. s., XV, 1958-59, p. 163 ss.; R. Bloch, Les origines de Rome, Parigi 1959; P. de Francisci, Primordia Civitatis, Roma 1959; H. Müller-Karpe, Vom Anfang Roms, Heidelberg 1959; id., Beiträge zur Chronologie der Urnenfelderzeit nördlich und südlich der Alpen, Berlino 1959, p. 43 ss.; R. Peroni, Per una nuova cronologia del sepolcreto arcaico del Foro, in Civiltà del Ferro, Bologna 1960, pp. 461 ss.; M. Pallottino, Le origini di Roma, in Arch. Class., XII, 1960, pp. i ss.