Vedi LAZIALE, Civilta dell'anno: 1961 - 1995
LAZIALE, Civiltà (v. vol. IV, p. 511)
La civiltà (o cultura) l. si sviluppa nella regione compresa fra il Tevere, il Garigliano, il Mar Tirreno e la valle del Sacco (in particolare nel Latium Vetus, fra il Tevere e la pianura ai piedi dei Colli Albani) nel periodo compreso fra la fine dell'Età del Bronzo e l'Età del Ferro (c.a X-VII sec. a.C.). Il suo sviluppo corrisponde alle manifestazioni più antiche delle comunità latine, come è chiaramente indicato dalla continuità cronologica e culturale fra le fasi iniziali protostoriche (X-VIII sec.) e quelle più recenti (VIII-VII sec.), tradizionalmente comprese nell'ambito della storia romana. La cultura l. è strettamente collegata con quelle delle comunità italiche circostanti (Sabini a NE, Equi ed Ernici a E, Volsci e Aurunci a S); rapporti molto intensi la legano fin dalle fasi più antiche all'Etruria (a Ν del Tevere) e alla Campania; sulla riva destra del Tevere, il territorio capenate-falisco costituisce una sorta di enclave latino-sabina, documentata da affinità di facies archeologica con la Sabina e, a partire dalla seconda metà del VII sec., dalla parentela linguistica rispettivamente con la Sabina (Capena) e con il Lazio (Falerii).
Nel periodo corrispondente alle prime fasi della cultura 1. e ai suoi precedenti immediati gli autori antichi collocavano una sequenza di awenimenti leggendari; le tradizioni più note riguardano la venuta di Enea nel Lazio e la fondazione di Lavinio, nella zona costiera a S del Tevere, nel XII sec. a.C., la successiva fondazione di Alba Longa (generalmente identificata con Castelgandolfo, sul margine NO dei Colli Albani) per opera del figlio di Enea, e una serie di re albani nell'intervallo di tempo compreso fra questi awenimenti e la fondazione di Roma, intorno alla metà dell'VIII sec. a.C. A partire da questo evento (che in termini archeologici corrisponde a un momento non molto avanzato della fase laziale III) comincia la serie dei re di Roma, i primi dei quali (Romolo e Numa Pompilio) hanno ancora il carattere di personaggi leggendarî, mentre i successivi acquistano connotati più nettamente storici.
Alcuni aspetti della tradizione leggendaria e le linee generali della sequenza sembrano trovare un riscontro nei dati archeologici: in particolare l'importanza nella tarda Età del Bronzo dei centri costieri, il periodo di massima fioritura dei Colli Albani all'incirca fra il X e il IX sec. a.C. e la loro decadenza, che coincide con l'emergere del ruolo centrale di Roma, a partire dalla fine del IX sec. a.C.
Nell'insieme, lo sviluppo culturale che è possibile ricostruire attraverso i complessi archeologici fra il X e il VII sec. coincide con il processo di formazione delle città-stato. Nelle fasi più antiche la società laziale è suddivisa in comunità di villaggio, con un'organizzazione interna «egualitaria» basata su strutture di parentela e un'organizzazione politica intercomunitaria di tipo tribale; nelle fasi più recenti le comunità si articolano in sistemi gentilizio-clientelari e l'insediamento si concentra e si struttura gerarchicamente fra centri maggiori, protourbani e poi urbani (Roma, Gabi, Lavinio, Ardea, Anzio, Satricum) e centri minori.
Da un punto di vista geografico, morfologico e delle vie di comunicazione, la regione è fortemente disomogenea: i Colli Albani costituiscono il nodo morfologico centrale della parte N; verso E la regione è chiusa dai Preappennini (monti Sabini, Tiburtini, Prenestini ed Ernici) e verso S dagli Antiappennini (monti Lepini, Ausoni e Aurunci). Le pianure principali sono a Ν la campagna romana, fra i Colli Albani e il Tevere, e lungo la costa tirrenica la pianura pontina, insalubre in epoca storica, ma sede di insediamenti anche importanti nell'Età del Bronzo e nell'Età del Ferro. Il sistema idrografico, molto ricco per quanto riguarda il numero dei corsi d'acqua, è fortemente sbilanciato: i fiumi più importanti e di portata maggiore si collocano ai limiti della regione (Tevere e Aniene a N; Sacco-Liri-Garigliano a E e a S); con le loro valli, essi costituiscono nello stesso tempo le più importanti vie di comunicazione e i confini naturali fra il Lazio e le regioni vicine. Il resto del territorio è attraversato da numerosissimi fossi (che per la maggior parte scorrono dai Colli Albani nelle pianure circostanti) e da alcuni corsi d'acqua di media portata, come l'Astura, il Sisto e l'Amaseno nella pianura pontina.
La rete idrografica comprendeva anche lagune costiere, originariamente molto più estese di quelle attuali a Ν del Circeo, e numerosi laghi per lo più vulcanici, oggi quasi tutti prosciugati.
La ricchezza di acque, di foreste e di fauna selvatica, la morfologia adatta alla pastorizia e alla pratica della transumanza, i suoli di collina e di pianura di origine prevalentemente vulcanica, adatti alle colture arboree e cerealicole, costituiscono le risorse principali della regione. A queste si possono aggiungere le saline alla foce del Tevere, la presenza generalizzata di giacimenti di argille di varia origine geologica, sfruttati per la fabbricazione di ceramica e, più tardi, di laterizi, la presenza di pietre da taglio (soprattutto tufi e peperini) usate intensivamente per costruzioni a partire dal VII sec. a.C.
La regione è priva di risorse minerarie consistenti (tranne forse il ferro dei Monti della Meta, al confine con la Campania, del quale non è però documentato lo sfruttamento); per l'approvvigionamento di metalli essa dipendeva soprattutto dall'Etruria e forse, almeno in parte, dall'Italia meridionale.
La protostoria 1. è nota fin dai primi decenni dell'800 (1816-17), quando a Castelgandolfo venne scoperta casualmente, e poi esplorata, una necropoli a incinerazione. Nella seconda metà del secolo passato, e fino ai decenni iniziali di questo, la scoperta e l'esplorazione di molti complessi di grande importanza, come le notissime tombe principesche Barberini e Bernardini di Palestrina, sono avvenute casualmente e non sono state seguite da scavi programmati. Non mancano tuttavia alcune ricerche sistematiche sia a Roma, sia nel resto del Lazio. La più rilevante è rappresentata dagli scavi di Giacomo Boni nel Foro Romano e sul Palatino, eseguiti fra il 1899 e il 1906. Fra le scoperte più importanti è da segnalare la necropoli protostorica presso il Tempio di Antonino e Faustina, che grazie soprattutto all'eccellente metodo di scavo e di documentazione è ancora oggi uno dei complessi chiave della protostoria laziale.
A partire dagli anni '70, il numero di ricerche sistematiche, molte delle quali tuttora in corso, è aumentato in modo vertiginoso, soprattutto in relazione alle profonde e rapide trasformazioni alle quali il territorio della regione è stato ed è tuttora sottoposto. Sono stati scoperti ed esplorati, oppure si è proseguita la ricerca su complessi come Castel di Decima (v.), Acqua Acetosa Laurentina (v.), Ficana (v.), La Rustica (v.), il comprensorio Osteria dell'Osa-Castiglione-Gabi (v.), Lavinio (v.), Ardea (v.), Satricum (v.); il territorio di Roma è stato sottoposto a una ricognizione sistematica per l'identificazione dei modi di insediamento in età preistorica e protostorica; a Roma si è ripresa l'esplorazione nell'area del Foro, del Palatino, del Campidoglio, giungendo fino ai livelli arcaici e protostorici. L'inizio delle ricerche è stato determinato in molti casi dalla necessità di intervenire con urgenza su siti e complessi in pericolo, ma quasi sempre questi interventi sono stati all'origine di progetti di scavo estesi e di lunga durata. Attualmente, anche se solo una di queste ricerche recenti è pubblicata integralmente, disponiamo di dati di buona qualità archeologica per gran parte del territorio della regione, con la massima concentrazione nella zona intorno a Roma. Soprattutto grazie a ricerche recenti è stato possibile per la prima volta cominciare a mettere in luce il periodo che precede la comparsa della vera e propria facies laziale. Il fenomeno della continuità ininterrotta di occupazione si delinea nel Lazio a partire dalla media o dalla tarda Età del Bronzo, e riguarda quasi tutti i futuri centri urbani della regione, come Roma, Lavinio (Pratica di Mare), Gabi, Ardea, e alcune località dei Colli Albani. Durante questo periodo, la facies archeologica, comune a tutto il territorio della penisola, è di tipo c.d. appenninico (media Età del Bronzo), subappenninico e protovillanoviano (tarda Età del Bronzo).
Nel corso della tarda Età del Bronzo (c.a XIII-XI sec. a.C.) la fascia costiera tirrenica ha un ruolo importante nello sviluppo culturale della regione e nel collegamento con l'Etruria meridionale, in particolare con i centri protovillanoviani dei Monti della Tolfa e dell'entroterra di Cerveteri. A Cavallo Morto, presso Aprilia (a S di Roma, nella pianura pontina), è stata scavata recentemente una piccola necropoli a incinerazione di facies subappenninica e del momento iniziale del protovillanoviano (c.a XIII-XII sec. a.C.), con fibule ad arco di violino e rasoi a doppio taglio. L'abitato corrispondente alla necropoli era probabilmente su una collinetta vicina.
Un villaggio di pianura di facies subappenninica e protovillanoviana, a breve distanza dal mare e dal fiume Astura, è stato scoperto e in parte esplorato a Casale Nuovo. Sono stati rimessi in luce diversi tipi di strutture con ceramica, resti di fauna e di cereali coltivati, e alcuni frammenti di ceramica micenea (i primi sicuramente provenienti dal Lazio a S del Tevere), fra i quali un frammento di anfora a staffa databile al Miceneo III Β.
Dal territorio di Ardea vengono due complessi di tipo protovillanoviano, databili a un momento di poco successivo (c.a XI sec. a.C.): un ripostiglio di bronzi dalla località Rimessione, con fibule, asce ad alette e pani di metallo, in tutto simile, per la tipologia dei materiali e il loro stato di frammentazione intenzionale, a quelli noti per lo stesso periodo nel resto della penisola, e in particolare nelle regioni centrali; e una tomba a incinerazione bisoma dalla località Campo del Fico, con vasi decorati a lamelle metalliche e bronzi e ornamenti di ambra. Tracce di un abitato e alcune tombe a incinerazione di tipo protovillanoviano sono venute in luce a Ficana, un piccolo sito di collina non lontano dalla foce del Tevere.
Le fasi iniziali (I e II). - La fase successiva (X sec. a.C.) corrisponde al primo sviluppo di una facies laziale tipica, cioè riconoscibile archeologicamente come specifica della regione; verosimilmente, questo non significa che caratteri culturali propri del Lazio, ma meno facilmente identificabili attraverso la documentazione archeologica, non fossero presenti già nelle fasi precedenti, nei complessi della tarda Età del Bronzo ai quali si è accennato. La fase laziale I è nota quasi esclusivamente da sepolture. I gruppi più noti sono quelli dei Colli Albani: Campofattore e Riserva del Truglio (Marino); S. Lorenzo Vecchio e Boschetto (Rocca di Papa); Villa Cavalletti (Grottaferrata); Vigna D'Andrea (Velletri). Quattro tombe di questa fase sono state scoperte a Roma, presso l'Arco di Augusto, mentre almeno due complessi importanti (Anzio e Pratica di Mare) sono noti nella zona costiera. Si tratta in tutti i casi di gruppi di meno di dieci tombe, che verosimilmente non corrispondono alla consistenza effettiva delle comunità. Le tombe sono esclusivamente a incinerazione e caratterizzate dal rituale tipicamente laziale della miniaturizzazione completa del corredo: i vasi (alcune ollette, tazze, scodelle, askòi), a volte un tavolino su tre zampe riprodotto in ceramica d'impasto, gli ornamenti personali (fibule serpeggianti, di tipo maschile, e ad arco, di tipo femminile), le armi (lance, spade, scudi, schinieri), gli strumenti (fuseruole, coltelli). In alcune tombe dei Colli Albani il corredo è accompagnato da una statuetta, che verosimilmente rappresenta il defunto incinerato. Verso la fine della fase I l'urna cineraria (generalmente un'olla con coperchio conico) comincia a essere modellata a forma di capanna, e la sepoltura viene protetta da un grande vaso ovoide (dolio). Questo rituale, che continua nella fase iniziale dell'Età del Ferro, si presenta come un vero e proprio «rito di passaggio», rigoroso e compiuto in tutti i suoi aspetti: attraverso la distruzione del corpo, compiuta con l'incinerazione, il defunto passa a un nuovo e diverso tipo di esistenza, per il quale viene fornito dai superstiti di tutto il necessario: dalla casa (l'urna a capanna) ai vasi, agli ornamenti, alle armi. Degli abitati non esistono che scarsissime tracce, in pratica solo materiali di superficie in alcune località del Colli Albani. Alcuni complessi cultuali, come la stipe votiva del laghetto del Monsignore, presso Campoverde (Aprilia), e quella di S. Maria della Vittoria a Roma, cominciano durante questa fase.
Quasi tutti i centri noti nella prima fase continuano a esistere nella successiva (la c.d. fase laziale II A, databile all'incirca nei primi tre quarti del IX sec. a.C.); i complessi archeologici più consistenti (e più conosciuti) si concentrano a Roma (necropoli del Tempio di Antonino e Faustina e del Foro di Augusto, tomba a incinerazione dalla casa di Livia sul Palatino, tracce di insediamento nella valle del Foro e sul Palatino), nei Colli Albani (numerosi abitati e necropoli, con concentrazioni a Grottaferrata e a Castelgandolfo) e nel comprensorio di Gabi (necropoli di Osteria dell'Osa e di Castiglione e tracce di numerosi piccoli nuclei di abitato). La documentazione archeologica, molto più abbondante nel suo insieme rispetto alla fase I, indica un notevole incremento demografico. Degli abitati si conosce per il momento solo la distribuzione spaziale, mentre le necropoli sono relativamente ben conosciute. Il rituale dell'incinerazione con la miniaturizzazione del corredo continua con qualche cambiamento nella tipologia dei materiali (comparsa di sostegni traforati, lucerne, ollette con decorazione plastica a rete, che sostituiscono quelle lisce della fase I, vasi biansati su piede, ecc.); contemporaneamente, compare il rituale dell'inumazione in fossa, che diventerà pressoché esclusivo nelle fasi successive. La ceramica dei corredi delle inumazioni, tutta costituita da vasi di normale uso domestico, comprende anfore e vasi con due anse orizzontali, brocche globulari e biconiche, scodelle con orlo rientrante e tazze con ansa bifora. I motivi decorativi sono incisi e plastici. Gli ornamenti personali sono fibule femminili ad arco ingrossato, fibule maschili ad arco serpeggiante, perle di ambra e pasta vitrea; nelle tombe maschili compaiono anche rasoi rettangolari o semilunati. I caratteri tipologici e stilistici dei materiali indicano un collegamento sistematico con l'area della cultura delle tombe a fossa dell'Italia meridionale tirrenica (necropoli di Cuma in Campania, di Torre Galli e S. Onofrio di Roccella Ionica in Calabria) e in misura minore, soprattutto per quanto riguarda alcune classi di oggetti di bronzo, con il villanoviano dell'Etruria. Nel momento successivo (fase laziale II B, c.a 830-770 a.C.), alcuni cambiamenti probabilmente significativi si verificano nell'insediamento: i Colli Albani perdono di importanza, mentre l'area dell'abitato a Roma si estende a tutto il Foro, il Palatino e la Velia e le necropoli vengono spostate sui colli circostanti (l'Esquilino, il Viminale e il Quirinale). Accanto ai centri già esistenti, nascono o vengono rioccupati alcuni siti di dimensioni modeste, collocati su pianori difesi naturalmente e ulteriormente protetti con aggeri e fossati: gli esempi meglio conosciuti sono La Rustica, fra Roma e Gabî, Castel di Decima e Acqua Acetosa Laurentina fra Roma e Lavinio (Pratica di Mare), ai quali vanno aggiunti probabilmente Antemnae, Fidene e Crustumerium (tre abitati su pianoro, in posizione difesa naturalmente e a brevissima distanza dal Tevere). Anche gli abitati di Tivoli e di Palestrina (Praeneste) cominciano probabilmente in questo periodo. Nella parte meridionale della regione nascono forse in questo momento l'abitato e la necropoli di CaracupaValvisciolo-Monte Carbolino.
Gli abitati sono costituiti esclusivamente da capanne circolari, ovali o rettangolari, sostenute da pali di legno e con alzato di rami e argilla; per i più noti, come quello del Palatino (scavi Boni, Vaglieri e Puglisi), restano solo i buchi per i pali e i canaletti intorno alla costruzione scavati nel banco di tufo vulcanico, mentre i materiali originariamente associati con le strutture sono stati asportati dall'erosione e da interventi successivi. Solo a Satricum l'impianto su suolo non roccioso dell'abitato di capanne databile fra IX e VII sec. a.C. ha permesso la conservazione in posto dei resti delle strutture e dei materiali associati.
Probabilmente fin da questo periodo, almeno in alcuni abitati, come Satricum, Ardea, forse Gabi, una delle capanne ha la funzione di luogo di culto. In tutti e tre questi centri, una capanna riferibile alla fase II Β o agli inizî della III è la prima struttura documentata nell'area che sarà occupata più tardi da un edificio sacro. A Satricum, in particolare, una capanna è la prima costruzione di una serie di edifici di culto costruiti successivamente nello stesso punto, con strutture sempre più complesse fino al vero e proprio tempio in muratura del VI-V sec. a.C.
Per quanto riguarda le necropoli, non si verificano cambiamenti importanti nella consistenza dei complessi (anche se nei centri maggiori della regione continua probabilmente un processo di graduale incremento demografico) né nella tipologia dei materiali di corredo; si osservano però una diminuzione dei motivi decorativi plastici nella ceramica e una maggiore affinità con l'Etruria (e in particolare con Veio) nella produzione metallurgica. Scompare invece in modo pressoché completo il rituale dell'incinerazione. Nella tomba 482 della necropoli di Osteria dell'Osa, databile alla fine della fase II B, un'iscrizione in lettere greche incisa sulla parete di un vaso d'impasto indica probabilmente un collegamento con le frequentazioni precoloniali nelle regioni tirreniche meridionali.
Le fasi laziali II A e II Β possono essere considerate sostanzialmente omogenee per quanto riguarda la struttura e organizzazione delle comunità; alcuni indizî di un processo di cambiamento si ricavano dall'insieme del quadro archeologico.
L'analisi delle necropoli, in particolare quella di Osteria dell'Osa, che comprende la documentazione più ampia per queste fasi, ha fornito indicazioni sia sull'ordine di grandezza delle comunità (che può essere valutato intorno a una o al massimo ad alcune centinaia di persone), sia sulla loro struttura e organizzazione. Nella necropoli di Osteria dell'Osa, l'unità di base della comunità è documentata nel momento più antico da piccoli nuclei di tombe maschili a incinerazione con corredo miniaturizzato, intorno ai quali si dispongono tombe a inumazione (prevalentemente femminili e infantili). La durata di ogni gruppo di sepolture a inumazione e a incinerazione è calcolabile in alcuni decenni e il totale delle tombe è compreso all'incirca fra venti e sessanta. E verosimile che insiemi di sepolture con queste caratteristiche corrispondano a gruppi di parentela, probabilmente famiglie estese.
Durante tutto il corso delle fasi II A e II Β i ruoli all'interno della comunità sono chiaramente collegati al sesso e all'età, e non esiste alcuna indicazione archeologica della presenza di una differenziazione sociale permanente; il processo formativo dell'aristocrazia comincia verso la fine della fase II B, e si sviluppa nel corso della III.
La maggior parte delle attività produttive, dall'agricoltura e allevamento alla manifattura della ceramica, alla lavorazione del legno e alle altre lavorazioni artigianali si svolge verosimilmente all'interno dei singoli gruppi familiari; la più importante attività artigianale specialistica ê la lavorazione del bronzo, svolta probabilmente da artigiani non legati ai gruppi familiari ma alle comunità, e impegnati tanto nella manifattura quanto nell'acquisizione delle materie prime dalle regioni fornite di risorse minerarie. Analisi eseguite su alcune fìbule femminili di bronzo di Osteria dell'Osa hanno mostrato comunque per la lavorazione del metallo un livello molto limitato di standardizzazione: ogni pezzo; era modellato singolarmente a mano con fasi successive di riscaldamento e martellatura e poi decorato con cesello e punta a stilo.
Il sistema di insediamento nei comprensori maggiori, come i Colli Albani, Roma e Gabi, sembra costituito da un insieme di piccoli nuclei di abitato, vicini e certamente interrelati sul piano «politico» e dell'organizzazione di alcuni tipi di attività, ma probabilmente autonomi per quanto riguarda l'economia primaria e le attività artigianali. I centri minori che si sviluppano nella fase II Β hanno invece un carattere più omogeneo, grazie anche alla loro estensione limitata, condizionata dalla morfologia.
L'equilibrio interno fra i centri della regione e i collegamenti con le regioni circostanti subiscono un cambiamento radicale nel corso di questo periodo: nelle fasi più antiche, fra il X e il IX sec. a.C., la regione costiera, con i centri di Lavinio, Ardea, Anzio e Satricum, svolge ancora il ruolo principale nel collegamento con l'Etruria (Cerveteri e Tarquinia) e con la Campania. I Colli Albani, per la loro posizione centrale nella regione, rappresentano il tramite naturale fra la costa e l'interno, e svolgono quindi un ruolo fondamentale nella diffusione delle innovazioni culturali, mentre a E si sviluppa il ruolo del comprensorio di Gabi nei collegamenti interni con la Campania (attraverso la valle del Sacco) e con le regioni dell'Italia centrale interna (valle dell'Amene). A partire dagli ultimi decenni del IX sec., il nodo dei collegamenti fra l'Etruria e il Lazio si sposta dai centri costieri dell'Etruria meridionale (Cerveteri e Tarquinia) all'interno (Veio). La vicinanza fra Veio e Roma accresce l'importanza del ruolo di Roma nel collegamento con l'Etruria; insieme con lo sviluppo dei centri minori di Decima e del Laurentino a O e della Rustica a E, questo cambiamento determina la progressiva diminuzione dell'importanza dei Colli Albani nei collegamenti interni ed esterni alla regione, e l'inizio dello sviluppo di Roma come centro principale del Lazio.
La fase III e l'Orientalizzante. - Fra il secondo quarto dell'VIII e il VII sec. a.C. si completa nel Lazio il processo di trasformazione culturale che culmina con la piena strutturazione dell'aristocrazia e con lo sviluppo delle cittàstato. Come si è visto, il cambiamento è radicato nelle strutture sociali ed economiche locali, ma è anche accelerato, e in parte influenzato, dagli sviluppi contemporanei nelle regioni vicine: in Campania intorno alla metà dell'VIII sec. viene fondata la stazione commerciale euboica di Ischia, e intorno al 730 la colonia di Cuma. In Etruria il processo locale di sviluppo protourbano, già molto avanzato, viene ulteriormente stimolato dall'immediato contatto stabilito dai Greci di Ischia per l'acquisizione di metalli. Il Lazio, per la sua posizione geografica, è coinvolto fin dal momento iniziale nel collegamento fra questi due poli culturali ed economici dello sviluppo delle regioni tirreniche.
La fase laziale III (c.a 770730/720 a.C.) vede una generale continuità di occupazione dei centri già noti nella II fase, con alcune novità importanti in tutti i settori della vita e dello sviluppo delle comunità.
Si precisa il processo di separazione fra aree di abitato e di necropoli, già comparso a Roma nella fase II B, e l'uso di difendere l'abitato con aggere e fossato (documentato in questa fase per la prima volta a Ficana). A Roma, scavi recenti hanno messo in luce una fortificazione di questo tipo, probabilmente databile agli ultimi decenni dell'VIII sec., fra la Velia e il Palatino. Le abitazioni sono ancora esclusivamente capanne, ma intorno e al di sotto di esse vengono collocate regolarmente le sepolture dei bambini del gruppo familiare corrispondente. Questo costume, che continuerà fino all'età arcaica, è ampiamente documentato a Roma (capanne nel Foro, sotto la Regia; almeno una delle capanne della Velia), nell'abitato della Piccola Acropoli di Lavinio e a Ficana, e sembra legato alla volontà dei gruppi familiari che formano la comunità di definire nettamente il proprio spazio all'interno dell'abitato, verosimilmente come conseguenza della tendenza generalizzata alla concentrazione spaziale degli insediamenti. Un edificio rettangolare costruito in terra pressata e con l'arredo interno ben conservato, è stato recentemente scavato a Fidene.
Comincia ora anche un processo di occupazione capillare del territorio, probabilmente legato a nuove forme di proprietà e di sfruttamento agricolo della terra, che si generalizzerà nelle fasi successive. Nelle località Casale Massima, Tor de' Cenci e Torrino, alla periferia SO di Roma, sono stati scoperti piccoli nuclei di sepolture che indicano la presenza di abitati di dimensioni limitate, forse singole fattorie.
Nelle necropoli l'impatto dei cambiamenti di questo periodo si avverte con notevole evidenza. Nella necropoli di Osteria dell'Osa la distribuzione spaziale delle sepolture cambia completamente: in un settore circondato da spazi liberi, c.a sessanta tombe riferibili in prevalenza alla fase III sono riunite in uno spazio limitato, per la maggior parte sovrapposte le une alle altre in modo tale da danneggiare corredo e deposizione delle sepolture precedenti. Questa situazione, che non trova alcun confronto nelle fasi più antiche, sembra indicare che l'occupazione da parte di un gruppo di un'area definita e probabilmente esclusiva della necropoli è considerata più importante della conservazione dell'integrità delle singole deposizioni. Inoltre, le tombe sono per lo più riunite intorno e al di sopra di una coppia di sepolture, maschile e femminile. Nei corredi, in generale non particolarmente ricchi, non sono sempre presenti elementi distintivi del sesso, come p.es. le fuseruole, sistematicamente incluse nelle tombe femminili della fase II; una percentuale relativamente alta di tombe (c.a 15%) è del tutto priva di corredo. Questo gruppo di sepolture documenta probabilmente in modo concreto il processo di differenziazione in atto nella regione, con il passaggio dai gruppi familiari estesi, sostanzialmente egualitari, che costituivano le comunità laziali nelle fasi più antiche, alle strutture gentilizie tipiche della società latina di età storica. Le fasi del processo comportano la competizione fra i gruppi familiari, l'emergere e il consolidarsi di alcuni di essi a danno di altri, la graduale formazione intorno alle famiglie emergenti di clientele, verosimilmente costituite da membri dei gruppi «perdenti».
La composizione dei corredi riferibili alla fase laziale III è stata esaminata in particolare per le necropoli di Castel di Decima e di Osteria dell'Osa.
Il repertorio della ceramica d'impasto è impoverito rispetto alla fase precedente, con la prevalenza quasi assoluta di tazze e anfore, oltre a olle, scodelle e poche altre forme, e decorazioni consistenti quasi esclusivamente in scanalature parallele verticali. Accanto a questi, compaiono però in tutte le necropoli laziali (in alcuni casi già dalla fine della fase II B) alcuni vasi di argilla depurata e dipinta, eseguiti al tornio. Le decorazioni sono di chiara ispirazione dalla ceramica greca medio- e tardo-geometrica (linee parallele, pannelli e cerchi concentrici a vernice bruna), mentre le forme sono sia locali (brocche, anfore) sia di origine greca (tazze «cicladiche»).
Gli ornamenti femminili, spesso molto abbondanti, comprendono fibule a sanguisuga e più tardi a navicella, anelli fermatrecce, digitali e da sospensione e una notevole varietà di perle e pendenti di pasta vitrea e ambra; rari gli ornamenti di materiali preziosi, le cinture di lamina di bronzo, le ciste cilindriche con coperchio, sempre di lamina di bronzo. Frequenti coltelli di bronzo e poi di ferro e spiedi di ferro. Le fibule maschili sono ad arco serpeggiante, a doppio occhiello e a drago, di bronzo o di ferro. Nei corredi degli uomini compaiono anche punte di lancia a cannone e spade di ferro.
Solo verso la fine della fase III, intorno al 730-720 a.C., compaiono nelle varie necropoli della regione alcune tombe che si distinguono nettamente dalle altre per la presenza di segni eccezionali di ricchezza e di prestigio, chiaro precedente delle tombe «principesche» dell'Orientalizzante. Si tratta di tombe di guerriero con corredo di armi da difesa e da offesa, vasellame metallico e carro (Esquilino tomba 94; Decima tomba 21; Velletri, Vallone), oppure con carrello cultuale (Osteria dell'Osa). Anche il grande tumulo di Castel di Decima, dal quale la deposizione centrale era stata asportata in antico, appartiene probabilmente a questo momento.
Nelle vicinanze di Ardea è stato scoperto un importante ripostiglio di bronzi della fase III, formato da alcune centinaia di asce ad alette e di fibule. Le asce appartengono a tipi probabilmente originari dell'Etruria villanoviana, mentre le fìbule sono comuni nell'area villanoviana e in quella laziale. Il ripostiglio potrebbe documentare l'attività di un artigiano che ripara e rifonde oggetti di bronzo, oppure (o contemporaneamente) potrebbe costituire la riserva di metallo di una piccola comunità.
Non sono riconoscibili novità di rilievo nell'economia di sussistenza, mentre le produzioni artigianali mostrano tutta una serie di cambiamenti e che puntano a una maggiore articolazione della struttura e all'organizzazione economica della regione.
Nella ceramica si assiste alla rapida transizione fra produzione domestica e specialistica: viene introdotta la fornace a diaframma, che permette di separare i vasi dal contatto diretto con la fiamma e quindi di variare il colore delle superfici con il controllo della temperatura e del grado di ossidazione. Accanto all'impasto con pareti relativamente spesse, caratteristico della ceramica della prima Età del Ferro, ha inizio la produzione di vasi di impasto bruno a pareti sottili, forse modellati con l'aiuto di stampi o matrici.
Il tornio non viene adottato su larga scala in questa fase, e sembra sostanzialmente limitato alla produzione di argilla depurata di ispirazione greca; questo fatto sembra indicare che almeno alcune delle innovazioni sono il risultato della presenza diretta di artigiani greci nelle comunità laziali.
Nella produzione metallurgica, oltre alle novità rappresentate dalla massiccia introduzione dei metalli preziosi e del ferro (utilizzato soprattutto per armi da offesa, coltelli e spiedi) e dalla fabbricazione di grandi bronzi laminati, si affermano tecniche per la lavorazione in serie di alcuni degli ornamenti più comuni: le fibule femminili a sanguisuga, a losanga e a navicella non sono più modellate individualmente a caldo, come avveniva per le fibule ad arco ingrossato della fase II, ma vengono ottenute per fusione in matrici bivalvi e poi rifinite a mano.
Inoltre, soprattutto nel momento finale della fase III, si affermano lavorazioni complesse, che richiedono l'uso di materiali diversi. Un esempio è la fabbricazione dei carri, per i quali vengono impiegati insieme bronzo, legno, ferro e cuoio. Produzioni di questo tipo continuano e si sviluppano nel periodo successivo.
Con il periodo Orientalizzante (Antico e Medio, c.a 720-630 a.C. = fase laziale IV A; Recente, c.a 630-580 = fase laziale IV B) si completa nelle comunità laziale la strutturazione delle aristocrazie; questo processo assume aspetti formalmente simili su tutta la costa tirrenica dall'Etruria alla Campania grazie alla circolazione di beni di lusso di origine orientale, accompagnati dal diffondersi di una ideologia e di uno «stile di vita» comuni ai gruppi aristocratici nelle diverse regioni ed espressi al massimo grado nelle tombe «principesche». Si generalizzano p.es. l'uso del banchetto, con le relative attrezzature ceramiche e metalliche, la circolazione di doni preziosi ed esotici, il consumo del vino e di oli profumati.
A partire dalla metà c.a del VII sec., il controllo delle risorse che esprime concretamente il predominio dell'aristocrazia si riversa, nelle sue manifestazioni dirette all'insieme del corpo sociale e quindi fortemente connotate da un punto di vista ideologico, non più nella sfera «privata» del lusso funerario ma in quella più specificamente politica dell'edilizia pubblica e religiosa e delle offerte ai santuari. Questo passaggio rappresenta la conclusione tangibile del processo di formazione della città-stato, che ha avuto inizio e si è consolidato durante le fasi precedenti. L'introduzione della scrittura, che si verifica probabilmente poco prima della metà del VII sec., è un altro indizio del livello di articolazione socio-politica raggiunto dalla regione.
Nella prima metà del VII sec. gli abitati laziali sono ancora formati da capanne accompagnate da tombe infantili, p.es. nel villaggio sulla Velia, presso il Tempio di Antonino e Faustina e in quello della Piccola Acropoli di Lavinio. In entrambi i casi si tratta probabilmente di abitazioni aristocratiche, come è indicato sia dalla posizione eminente nell'abitato, sia dalla ricchezza dei corredi delle tombe infantili.
A Satricum le capanne di questo periodo si segnalano per la presenza di materiali di uso domestico di grande ricchezza, fra i quali ceramica protocorinzia, vasellame di bronzo, oggetti di avorio intagliato.
Intorno alla metà del VII sec., a Ficana, compare la più antica casa con zoccolo di blocchi di tufo e tetto di tegole finora conosciuta nel Lazio; la pianta è rettangolare con più vani aperti su un portico e su un cortile. Nel cortile è stato ritrovato un pozzo di scarico che conteneva un servizio da banchetto di impasto rosso, con grandi sostegni traforati (hòlmoi), calderoni con protomi di grifo, olle, tazze-cratere, calici, pissidi, piatti, tutti di tipi simili a quelli deposti nelle tombe contemporanee.
Nella seconda metà del VII sec. vere e proprie costruzioni in muratura si trovano in tutti gli abitati noti. Sono caratterizzate dalla presenza di uno zoccolo di blocchi di tufo e dal tetto di tegole; la pianta può essere rettangolare o absidata a più vani (Ficana) oppure con ali contrapposte e affacciate su un cortile (Satricum).
Per quanto riguarda le opere di carattere pubblico e religioso, a Roma appartengono a questo periodo le più antiche pavimentazioni del Foro e del Comitium e le prime due fasi della Regia, che seguono lo schema rettangolare con portico e cortile recintato, mentre della versione più antica della Curia (la Curia Hostilia) restano solo alcune tegole; a Satricum un sacello rettangolare viene costruito al di sopra della capanna cultuale più antica e precedente il Tempio di Mater Matuta, mentre ad Ardea l'uso di capanne cultuali continua per tutto il VII sec. a.C.
Anche gli aggeri di Satricum e di Ardea, il primo muro difensivo del pianoro di Lavinio e i muri di terrazzamento dell'abitato di Monte Carbolino si datano alla seconda metà del VII secolo.
I luoghi di culto esercitano una funzione importante sia nel processo interno di strutturazione degli abitati, sia come punti di concentrazione di collegamenti a lunga distanza. A Roma ha inizio la formazione dei depositi votivi del Foro Boario e del Campidoglio, nel primo dei quali le offerte includono ceramica greca e un'iscrizione etrusca; a Satricum la stipe del Santuario di Mater Matuta comprende ceramica greca probabilmente proveniente dalla Campania, ceramica proveniente dalle regioni interne e adriatiche della penisola e una kylix dedicata da un etrusco di Caere, Laris Velchaina.
L'organizzazione della proprietà agraria e il controllo del territorio si sviluppano ulteriormente con il moltiplicarsi di piccoli insediamenti (probabilmente fattorie) accompagnati dalle rispettive necropoli.
Le necropoli, e soprattutto alcune tombe, costituiscono l'aspetto più spettacolare e più noto della documentazione archeologica.
Le necropoli orientalizzanti più estese sono quelle di Decima e del Laurentino, scavate negli ultimi anni, e la piccola necropoli di Riserva del Truglio presso Marino; le tombe principesche più importanti sono quelle di Palestrina (tombe Galeassi, Castellani, Bernardini), Satricum, Tivoli (corredo disperso, del quale alcuni oggetti d'avorio sono conservati a Oxford); recentemente un altro corredo di altissimo livello è stato recuperato al Vivaro, presso Rocca di Papa. La concentrazione di ricchezza nelle sepolture caratterizza, come si è già osservato, l'Orientalizzante Antico e Medio; il fenomeno si esaurisce poco dopo la metà del VII secolo. Nell'architettura tombale viene introdotta una serie di novità in parte parallele a quelle documentate nelle costruzioni per i vivi. Le tombe a fossa, più ampie di quelle delle fasi precedenti, sono fornite di un loculo laterale per la sistemazione della maggior parte del corredo ceramico; in alcuni casi, specialmente per le tombe più importanti (p.es. quella di Rocca di Papa), la fossa è sostituita da un grande cassone di lastre. Un ulteriore sviluppo è la comparsa delle tombe c.d. a pseudo-camera: grandi fosse rettangolari con copertura di assi di legno sostenuta da due pilastri di legno o di tufo. In queste strutture il defunto è deposto su un letto laterale con i suoi ornamenti personali e il ricchissimo corredo è sistemato sul pavimento della fossa e alle pareti. Gli esempi meglio noti sono nelle necropoli di Castel di Decima e del Laurentino; la Tomba Bernardini di Palestrina era probabilmente una variante di questo tipo generale. Tutti questi tipi di tombe sono utilizzati, tranne rare eccezioni, per deposizioni singole.
Nella necropoli del Laurentino compaiono nel corso del VII sec. gruppi di tombe a fossa riunite in un circolo con al centro una o due tombe importanti, di solito a pseudo-camera.
A partire dalla metà c.a del VII sec. vengono utilizzate vere e proprie tombe a camera (cioè fornite di un ingresso accessibile), quasi sempre per deposizioni multiple o collettive. Gli esempi più antichi sono a Satricum (camere costruite in alzato e coperte da un tumulo) e a Roma (tomba 125, a camera scavata nel tufo). Tombe scavate nel tufo, con corridoio di accesso e più camere, sono note nell'Orientalizzante Recente a Osteria dell'Osa (tomba 62) e al Torrino.
Nei corredi delle tombe principesche l'esibizione di ricchezza e di prestigio raggiunge livelli eccezionali. Fra gli oggetti più significativi compaiono mobili (come il sedile a schienale ricurvo rivestito di lamina di bronzo dalla Tomba Barberini) e arredi per il banchetto (sostegno conico e calderone a protomi di grifo, di bronzo, dalla Tomba Bernardini), carri a due ruote, grandi scudi di lamina di bronzo, armi preziose come la spada di argento, oro e ambra (Tomba Bernardini), ricchissime parures di oreficeria, in particolare gli ori di produzione etrusca decorati a granulazione (Tomba Bernardini), servizi per bere d'argento, preziosi oggetti di importazione orientale come le coppe d'argento fenicio-cipriote, vasi di bronzo decorati a rilievo e avori di produzione nord-siriana. Una iscrizione latina o etrusca (il nome femminile Vetusta) compare su una coppa d'argento dalla Tomba Bernardini.
Alla stessa tomba può essere forse attribuita la fibula d'oro con iscrizione nota come Fibula di Manios, della quale però è stata recentemente negata l'autenticità (Guarducci, 1980).
Nelle tombe di medio livello (cioè notevolmente ricche, ma non confrontabili con le tombe principesche) compaiono, oltre a numerosissimi vasi dei tipi più comuni, come anforette, calici e tazze biansate, grandi hòlmoi traforati d'impasto rosso accompagnati da olle o da tazzecratere, flabelli, sgabelli, tripodi e carrelli-incensieri di lamina di bronzo, ceramica d'importazione (p.es. gli arỳballoi protocorinzi dalla tomba 15 di Decima), anfore da vino di origine o di ispirazione fenicia, carri, scudi circolari di lamina di bronzo sospesi alle pareti delle tombe a pseudo-camera (come nella tomba femminile 70 della Laurentina). Il costume femminile, documentato p.es. nelle tombe 101 e 153 di Decima e di nuovo nella tomba 70 della Laurentina, comprende «stole» tessute con fili d'argento, pettorali di lamina d'oro e ambra, ricchissimi ricami di perline e pendagli di ambra, faïence e pasta vitrea sui vestiti, un gran numero di fibule e un anello piatto del diametro di 30-40 cm, sospeso a una fibula di grandi dimensioni.
In questo gruppo può essere incluso anche il c.d. Heròon di Enea di Lavinio, una tomba a cassone sotto tumulo con un ricco corredo comprendente fra l'altro il carro, le armi e un'anfora da vino.
Nella tomba femminile 115 di Osteria dell'Osa, riferibile agli inizî della fase IV B, sull'olla di impasto rosso è incisa la frase augurale saluetod tita.
I corredi normali delle tombe di adulti di questo periodo sono generalmente caratterizzati dalla presenza di un numero elevato di vasi di impasto, argilla depurata dipinta e, dopo la metà del VII sec., bucchero: una grande olla, di solito di impasto rosso, accompagnata da alcune anfore, tazze mono- o biansate, brocche con bocca trilobata, coppe, coppette e calici, arỳballoi di argilla depurata dipinta. A questi si aggiungono, in alcuni casi, vasi di lamina di bronzo (ciste, bacili e patere fra i tipi più comuni). Gli ornamenti personali sono fibule a navicella di bronzo, anelli da sospensione, perle e pendenti di ambra e pasta vitrea per le donne, fibule a drago e a ghiande di bronzo o di ferro per gli uomini. Le armi da difesa (spade e lance) sono di ferro.
Nell'economia primaria si sviluppano in questo periodo la coltivazione della vite (documentata nelle tombe infantili sotto le capanne della Velia) e dell'olivo (documentata indirettamente dalla produzione laziale di vasetti per oli profumati). Si tratta di colture estensive che richiedono l'uso prolungato nel tempo dello stesso appezzamento di terreno, e che confermano quindi l'avvenuta instaurazione del regime di proprietà privata della terra.
Nelle produzioni artigianali si consolidano le tendenze emerse nella seconda metà dell'VIII sec.: la ceramica è tutta lavorata al tornio, con un'ampia gamma di produzioni (impasto rosso, impasto bruno sottile, argilla depurata e argilla dipinta, bucchero dopo la metà del secolo) e probabilmente con specializzazioni nella produzione di particolari forme e tipi nei varî centri. La produzione metallurgica, tecnicamente non diversa da quella degli ultimi decenni dell'VIII sec., vede nella prima metà del VII lo sviluppo spettacolare delle oreficerie, chiaramente determinato dalla committenza aristocratica.
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(A.M. Sestieri)