ENEOLITICA, CIVILTÀ
Il nome, proposto dal Chierici, venne a questo periodo dell'incivilimento umano dal fatto che, mentre in esso si scopersero i primi metalli, il rame e in qualche paese l'oro, per foggiarne oggetti d'ornamento, d'altro lato la pietra si continuò largamente ad usare per farne armi e strumenti; i paletnologi inglesi adoperano invece il termine cuprolitico. È merito dei dotti italiani l'avere, primi, intuito l'importanza di questa età che i dottì spagnoli hanno poi messa in evidenza con lavori fondamentali. Concepita dapprima come il periodo finale dell'età neolitica, nel quale il Chierici vedeva l'arrivo in Italia dei Pelasgi (idea poi caduta, non essendosi potuti attribuire ai Pelasgi monumenti archeologici e tanto meno le mura dette "ciclopiche") si vide in seguito che essa doveva corrispondere a un lungo periodo di tempo. Le stazioni che si erano credute neolitiche, alle revisioni critiche posteriori, come per primo avvertì il Montelius, apparvero eneolitiche, anche se non vi si rinvenne il metallo, sempre raro d'altronde o assente nelle stazioni lontane dai centri ramiferi.
È in questo tempo che si deve vedere l'alba della civiltà mediterranea: è ora che viene determinandosi l'etnos delle genti stanziate attorno al bacino mediterraneo, le quali a mano a mano vengono meglio conoscendo e sfruttando le risorse della loro sede, e subendo gl'influssi dei varî ambienti. Comincia allora il differenziarsi della grande famiglia mediterranea, ma non essendo tale differenziazione ancor progredita, non è possibile attribuire a coteste genti i nomi raccolti, assai più tardi, dalla tradizione letteraria.
Più complesse e più comode si fanno le abitazioni, taluni villaggi hanno strade lastricate, e si recingono di trincee; sorgono le prime opere di difesa collettiva, per i cresciuti beni materiali; si elevano i primi monumenti; si sfruttano miniere; fiorisce largamente la coltura granaria; si diffonde per tutto il bacino mediterraneo la religione della dea nuda, dell'ascia sacra, delle corna di consacrazione.
Le capanne più belle sono, in Italia, quelle del villaggio di Ripoli, nell'Abruzzo teramano, e dei villaggi trincerati di Matera. Le prime ebbero talvolta cìnque e fin sette ambienti, di varia forma, tra loro comunicanti. Quelle materane, a Serra d'Alto, cilindroidi o campaniformi incavate nel terreno per oltre un metro, erano in alto completate da un muretto a secco di pietre brute, su cui impostava il tetto di stramaglia, intonacato di fango. In Sardegna, in Sicilia, nelle Prealpi veronesi, nella Balcania, le capanne cilindroidi o quadrate ebbero i muretti di pietra. A Grossgartsch, nel Württemberg, erano quadrate, distinte in due stanze, la prima, più ampia, col focolare e una fossa per le ceneri, serviva da cucina, l'altra, alquanto sopraelevata, per il riposo. L'intonaco di cretaglia applicato all'interno era dipinto di rosso o di grigio: a Filacopi, nell'isola di Melo, erano più elegantemente frescate. In Italia, villaggi trincerati si scopersero a Stentinello, a Matrensa, a Megara Iblea, nella Sicilia orientale; a Serra d'Alto, Murgia Timone, Tirlecchia, ecc., presso Matera: tracce ne apparvero a Remedello Sotto, nel Bresciano: Le trincee di Serra d'Alto, aperte sempre esclusivamente con accette di pietra, sono un lavoro colossale. Estese per parecchie centinaia di metri, erano larghe fin quattro metri: l'ingresso era provvisto di un muricciolo o ponte che attraversava la trincea, chiuso da una porta mobile. La trincea di Murgia Timone è un irregolare circolo minore, che si attacca a una grande trincea ovale. Nel Materano e in Sicilia si hanno talora due trincee circolari concentriche.
La citià eneolitica di Millares, in Spagna, ci dà un singolare esempio delle prime opere di difesa. Costruita su una terrazza cinta da gole e da corsi d'acqua, era protetta da speciali opere: un fosso e un argine di terra, e, a distanza, quattro torri staccate. Dentro la cinta, le case erano costruite di pietra e di legname.
Le prime miniere, per l'estrazione della selce, si scopersero a Spiennes nel Belgio, a Mur-de-Barrez (Aveyron) in Francia, a Grim's Graves e a Cissbury (Sussex) in Inghilterra, dove si segnalarono oltre 250 pozzi, a Monte Tabuto, presso Comiso in Sicilia. Servirono per l'estrazione del rame nella Spagna e nel Portogallo quelle di Cerro Muriano (Cordova), di Milagro (Cava Donga), di Ruy Gomes (Almentejo). Risalgono all'età eneolitica, per l'estrazione dell'ocra rossa, quelle della Cornetie (Eyzerac, Dordogna) in Francia, e forse quelle cinabrifere del Monte Amiata.
I primi monumenti megalitici sorsero in questa età. Nel Materano e a Monteracello, in Sicilia, si assiste al nascere del dolmen (v.), che nella forma compiuta è in Italia dell'età del bronzo mentre sono eneolitici quelli della Penisola Iberica e della Francia.
La suppellettile dell'età eneolitica è ricca e svariatissima. L'industria litica raggiunge un'insuperata maestria con i grandi pugnali accuratamente scheggiati in Egitto, in Italia, in Francia, dove, dal Grand-Pressigny, i prodotti si diffondono, con il commercio, fino alle stazioni lacustri svizzere, e nella Danimarca. Magnifici in questi paesi son pure i martelli-asce forati. Si apriva il foro con perforatore pieno, adoperando una sabbia contenente duri granuli gemmiferi.
Il figulo sa darci eleganti forme di vasi, tra cui frequente quella a "tocco di magistrato" e a "cappello rovescio"; il "bicchiere a campana" è nato nella Penisola Iberica. Tipico anche è una specie di grosso fiasco, o vaso globoso, con collo relativamente stretto, corto e cilindrico: è un vaso per conservare e trasportare l'acqua, e anch'esso indica la maggiore mobilità di queste genti. Straordinarî sono i vasi dell'Eneolitico balcanico. La decorazione è ottenuta con i processi più diversi: impressioni, prima della cottura, mediante punzoni, stecche, pettini, conchiglie, denti, cordelle; oppure incisioni eseguite con una sottile punta silicea, dopo la cottura. Quest'ultimo processo appare nato nell'eneolitico italiano: non se ne hanno tracce nell'Occidente europeo. Interessante è la ceramica dipinta in stile proto-geometrico, che appare ora per la prima volta.
Essa è certo d'origine orientale. Susa, che nel 5000 a. C. fu, nell'età del rame, una notevole città con case di complessa struttura, nelle quali si sono trovati anche oggetti d'oro di perfetta fattura e vasi di pietre fini, fu certo uno dei luoghi d'invenzione. Nell'occidente d'Europa ne mancano o sono eccezionali le vestigia. In Italia, se giunsero da fuori i primi modelli, certo essi furono subito riprodotti dagl'indigeni, con uno stile particolare che, per ora, non si è potuto identificare né coi prodotti di Creta, né con quelli balcanici. Forni primitivi si sono trovati a Serra d'Alto (Matera) e a Ripoli (Teramo). Lo studio della ceramica dipinta eneolitica ha speciale interesse perché può rappresentarci uno degl'indici delle primitive correnti d'incivilimento. Si ricordano perciò í gruppi che sono stati riconosciuti nella produzione italiana: Ripoli (Teramo), con stile proprio, che ha riscontri a Capri; Matera, con quattro categorie: A, ceramica dipinta con fasce strette e irregolari; brune; B, ceramica dipinta con fasce larghe rosse sul fondo color camoscio: di rado le fasce son brune; C, ceramica di stile di Matera, nella quale si raggiunge la complessità decorativa maggiore; D, ceramica dipinta a tremolo sottile. Nel territorio della Sicilia orientale, si hanno quattro gruppi corrispondenti: A, ceramica con fasce rosse associate a incisioni e punteggio; B, ceramica con fasce rosse su fondo gialliccio; C, ceramica dello stile speciale di Megara Iblea, stelle e fasce rosse, marginate di bruno; D, ceramica chiara, levigata, con tremolo sottile. A Capri (Grotta delle Felci) si trovarono saggi provenienti da diversi centri; saggi sporadici più scarsi, a Terlizzi, Corchiano, Grotte di Frasassi (Ancona), nella Carsia, in Liguria.
I morti si seppellivano per lo più rannicchiati, accompagnati dal loro funebre corredo, generalmente giavellotti o pugnali deposti presso la mano, e ornamenti personali.
I sepolcreti più famosi sono quelli egizî, da prima considerati neolitici, ma dei quali oggi si è dovuta abbassare l'età, poiché si è riconosciuto che l'età neolitica pura non esiste in Egitto. Con una superba produzione litica si trovano in essi le belle teste di mazza forate.
Uno dei caratteri della civiltà eneolitica consiste nella varietà dei riti funebri, talvolta anche in uno stesso sepolcreto, il che probabilmente ci indica famiglie diverse viventi ormai in sinecia. D'altronde, anche i caratteri antropologici dimostrano che nell'eneolitico sono a posto le tre grandi razze che formano il fondo della popolazione europea: dolicomorfi mediterranei, melanocroi, di probabile origine nord-africana, a sud; brachimorfi d'origine asiatica nelle regioni centrali; dolicomorfi xantocroi d'alta statura, dei quali è ignota l'origine, più a nord.
I tipi di sepolcri si possono ridurre a sei categorie, almeno considerando principalmente il bacino mediterraneo.
1. Caverne naturali, come quelle liguri delle Arene Candide e della Pollera, che si possono considerare veri sepolcreti. Continuano in questi antri gli usi funebri dei miolitici.
2. Fosse terragne, in terreno aperto. Il più celebre sepolcreto è quello di Remedello Sotto nel Bresciano, in cui i cadaveri rannicchiati erano avvolti in un mantello, che recava talora cucite sugli orli, in gran numero, piastrelle ricavate da conchiglie, con qualche accetta di rame e qualche pugnale singolare. Notevole la presenza d'uno spillone d'argento e dei frammenti del "bicchiere a campana", oggetti questi che accennano a correnti iberiche. Importante è il sepolcreto di Rinaldone nel Viterbese, in cui le fosse ovali avevano un incavo speciale per accogliere i piedi. I morti avevano magnifici martelli-ascia di tipo nordico, e teste di mazza di tipo egizio. Un consimile esemplare è stato fornito da una tomba materana. Le tombe di Molfetta e Taranto erano circolari e circondate da un muretto di pietre a secco: forse i morti vi erano messi accoccolati.
3. Grotticelle sepolcrali, dette anche "a forno" perché spesso precedute da un'anti-cella. Sono sparse per tutto il bacino mediterraneo. Presso di noi, le prime esplorate furono quelle dell'isola di Pianosa, poi quelle della Sicilia orientale, a Melilli (Siracusa). A Palermo, a Trapani, come a Cipro, le grotticelle funebri stanno in fondo a un pozzo d'accesso. In Sardegna, il sepolcreto di Anghelu Ruiu (Sassari) aveva pozzetti o corridoi d'accesso, quindi una camera centrale il cui soffitto era retto da pilastri recanti talora scolpite le corna sacre; intorno stavano le cellette funebri. Famose, in Francia, le grotticelle della valle del Petit-Morin: presso l'anti-cella erano scolpite la divinità femminile, guardiana dei sepolcri, e la sacra ascia immanicata.
4. Dolmen (v.); sono sepolture collettive.
5. Ciste o cassette di pietra, fatte con larghe lastre di sfaldatura, in Liguria, nella Valle d'Aosta, a Chamblandes presso Losanna, in Svizzera: sono povere di contenuto, ma è notevole che, per la loro piccolezza, dovevano contenere il morto seduto o accoccolato; singolare inoltre il fatto che esse presentano, intenzionalmente depostovi, un mucchietto di ceneri e di carboni del focolare. In Spagna e in Danimarca le ciste sono posteriori ai dolmen e derivate da essi.
6. Capanne-sepolcro, scoperte nel Beneventano, a Matera, a Ripoli. Il Rellini ha dimostrato l'importanza di questa pratica che si lega a quella dei miolitici quaternarî e discende ai tempi storici presso i Romani, dando origine alla religione dei Lari.
Popolazioni lontane dal bacino mediterraneo venivano in questa età in rapporto tra loro mediante scambî commerciali da tribù a tribù e mediante la navigazione. Su vasi di antichissime necropoli egizie e di Sira (Egeo) e su gemme di Creta, sono rappresentati navigli. Barchette votive si hanno a Filacopi, a Cipro, nelle tombe egizie; la barca è scolpita sulla parete di una grotticella di Anghelu Ruiu e su monumenti preistorici svedesi. Vi si volle per lo più vedere la rappresentazione della barca funebre, ma certo navigli servirono a diffondere dall'Egeo speciali prodotti, ad esempio l'ossidiana, che da Filacopi, che ne fu l'emporio nell'età eneolitica, giungeva fino alle stazioni della Balcania e al Materano. L'ossidiana, probabilmente da Lipari, arrivava nell'isola Virginia nel lago di Varese: il che non deve meravigliarci, quando si pensa che l'ossidiana del massiccio centrale dell'Armenia, facilmente riconoscibile per i suoi caratteri specifici, perveniva fino a Susa. Altra materia commerciata, oltre le grandi lame silicee di Pressigny, ricordate, era la callaite nella Bretagna e nella Spagna, di cui non si conosce con sicurezza la provenienza, ma che probabilmente veniva dall'Oriente, da giacimenti oggi forse esauriti. Importante era anche il commercio dell'ambra, della quale già i testi ricordano la provenienza dal nord, dove appare nelle tombe scandinave del finire dell'età della pietra: la principale via di diffusione dovette essere quella dall'Elba all'Adriatico, come dimostrano le tombe boeme.
Le regioni in cui la civiltà eneolitica fu meglio studiata sono la Penisola Iberica e la Boemia. Senza conoscer bene la civiltà di queste regioni non si può comprendere la civiltà eneolitica della Penisola appenninica, investita dalle prime grandi correnti culturali, provenienti, in tesi generale, da due cicli: orientale l'uno, che coi simboli religiosi diffondeva la ceramica cromica; occidentale l'altro che, irraggiando dalla Spagna, diffondeva l'alabarda o picca, e il "bicchiere a campana".
Nella Penisola Iberica si sono riconosciute quattro zone geografiche: a) civiltà del centro o delle caverne; b) civiltà occidentale o del Portogallo; c) civiltà di Almeria; d) civiltà pirenaica; in queste zone si è stabilita una successione cronologica di tre periodi: 1. Neolitico finale; 2. Eneolitico iniziale; 3. Eneolitico pieno. Nella prima fase si hanno dolmen semplici, con camere irregolari; ceramica rozza, disadorna. Nella seconda si sviluppa nei dolmen il dromos: appaiono gl'idoli cilindroidi di pietra e di osso con la stilizzazione antropomorfa. Non meno caratteristiche sono le placche di scisto, che ora si legano a quelle di Amorgo e di Troia, ora rappresentano la stilizzazione dell'ascia sacra, ora contaminano i due simboli. Notevoli i bottoni a fori convergenti che appaiono anche nell'eneolitico italiano e svizzero, e le alabarde di selce. Nella terza fase la tomba a cupola presenta la maggior perfezione, con un'industria litica ammirevole. A questo momento spettano le grotte artificiali di Palmella, col "bicchiere a campana". È l'acme della cultura iberica, che segna il suo espandersi per le vie dell'Europa.
Per la Boemia, la fase più antica e meglio delineata della cultura boemo-morava è quella delle asce levigate a foggia di "ferro da stiro" e della ceramica a bande (Bandkeramik), forse non più recente in Boemia, come taluno ha creduto, della ceramica a punti. All'Eneolitico iniziale corrispondono le stazioni di Butmir (Sarajevo), Klakari, Novi e altre in Bosnia, Vinca e Jablanica nella Serbia; il gruppo omogeneo transilvanoromeno (Tordos); quello della "ceramica dipinta morava", cui si aggiunge Lenggel, nell'Ungheria. In tempo posteriore compaiono in Boemiai varie culture che, per la presenza d'oltre duecento "bicchieri a campana", corrispondono al pieno Eneolitico iberico (v. danubiane, civiltà).
In Italia spettano al Neolitico finale i villaggi di Rumiano (Vayes in Val di Susa), di Alba (Cuneo), forse qualcuna delle caverne liguri, del Reggiano, delle Marche, difficili oggi a isolare dalla sopravveniente età eneolitica, di Lavello (Potenza), di Lama dei Peligni, delle isole Tremiti, forse di Pantelleria, con ceramica soltanto stampata e incisa a crudo o disadorna. Appartengono all'Eneolitico iniziale le stazioni di Ripoli (Teramo); Capri (strato inferiore della Grotta delle Felci); Molfetta, con le capanne della stazione superiore del Pulo; una parte dei villaggi trincerati materani e della Sicilia orientale (Stentinello, Matrensa, Megara Iblea) e il gruppo dei villaggi Santo Cono-Piano Notaro (Gela). Al pieno Eneolitico spettano il sepolcreto sardo di Anghelu Ruiu (Sassari), la caverna di Villafrati in Sicilia (Palermo), le grotticelle sicule del 1° periodo, riconosciute dall'Orsi, la stazione materana di Serra d'Alto; talune grotte sepolcrali laziali, il sepolcreto di Rinaldone (Viterbo), quello di Remedello Sotto nel Bresciano, con le tombe di Ca' di Marco.
In taluni di questi depositi compare il tipico "bicchiere a campana" di origine iberica, o una veramente magnifica ceramica dipinta (stazioni meridionali), o gli strani e inesplicabili ossetti scolpiti di globuli rilevati (Sicilia), che hanno pieno riscontro soltanto con quelli degli strati profondi di Hissarlik-Troia e di Malta.
Le ultime ricerche dimostrano che talune stazioni nostre, ad esempio quelle garganiche, che si erano credute dell'età di Campigny, sono indubbiamente eneolitiche. (V. tavv. a colori).
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