CHELLÉANA, CIVILTÀ
. Con questo nome, derivato dalla località di Chelles, nel dipartimento di Senna e Marna, Gabriel De Mortillet indicò la fase più antica del vero paleolitico, detto anche epoca amigdaliana. Furono Le Roy e Chouquet a far prima conoscere quel giacimento ricchissimo, divenuto poi famoso, apparso nelle cave di ghiaie quaternarie. Le caratteristiche asce amigdaloidi erano state da prima dette di Abbeville, o di Saint-Acheul, perché quivi si erano fatte le prime constatazioni. Ma si riconobbe in seguito che il Quaternario antico a Saint-Acheul è poco sviluppato, mentre gli amigdaloidi vi appaiono in fogge più evolute. Quelli di Chelles sono invece più rozzi, più massicci, e presentano ai lati una linea sinuosa, formata dall'incontro delle superficie di scheggiatura, cui si volle dare un valore diagnostico eccessivo. Agli amigdaloidi si accompagnava, nel giacimento di Chelles, tutta un'industria, messa in evidenza specialmente dal Commont, fatta di schegge eteromorfe, variamente ritoccate, funzionanti da raschiatoi, punteruoli, coltelli, ecc., come varia è la foggia stessa degli amigdaloidi, per renderli adatti a diversi lavori, specialmente del legno o della preparazione delle pelli animali. In Italia, già il Bellucci aveva riconosciuto le differenti fogge degli amigdaloidi. Più che dalla struttura e dalla foggia di questi, lo chelléano è caratterizzato dalla posizione geologica dei suoi giacimenti. Questi si trovano per lo più contenuti nelle antiche alluvioni, poiché le acque trascinavano i relitti dell'industria umana dalle stazioni ove l'uomo, errante, li abbandonava, insieme con gli avanzi di una fauna sparita, o emigrata più a sud.
Nelle ghiaie inferiori di Chelles, dai dintorni di Abbeville, dai depositi di Montsannes si recuperarono i resti del grande orso delle caverne, lungo tre metri, dal cranio di 45 cm. con fronte rigonfia e sporgente (Ursus spelaeus), della iena delle caverne (Hyaena spelaea), del machairodus, spaventoso felino dalla enorme bocca formidabilmente armata, dell'elefante meridionale (El. meridionalis), che ha origini plioceniche, dell'elefante antico, alto al garrese m. 4,50, del rinoceronte di Merck (Rhinoceros Merckii) che sempre l'accompagna, del trogonterio (Trogontherium Cuvieri) grande e robusto roditore della famiglia dei castoridi. Si trovarono inoltre avanzi del grande ippopotamo e del bue primitivo (Bos primigenius) che si continuano nelle forme attuali migrate più a sud con la iena striata, col macaco, col cinghiale e il tasso. Erano anche abbondanti Cervidi ed Equidi, questi ultimi con forme affini al pliocenico Equus Stenonis.
I seguaci delle vedute di G. de Mortillet insistettero nell'asserire che lo chelléano si ha soltanto associato alla fauna calda predetta, mentre il Boule ritiene che esso possa anche trovarsi accompagnato dalla fauna fredda, il che starebbe a indicare una persistenza di cotesta cultura primordiale. Deve, comunque, ritenersi assodato che lo chelléano tipico precede la cultura tipica di Le Moustier della scuola francese.
Nonostante l'importanza dei dati stratigrafici, i giacimenti del tipo di Chelles, geologicamente accertati in situ, sono rarissimi: per lo più si tratta di depositi di superficie, nei quali manca il dato faunistico, e che sono pertanto riferiti allo chelléano classico solo su dati tipologici. Corrisponde pienamente a quello di Chelles il giacimento di Gray's Thurrock, scoperto dal Lyell sulla riva destra del Tamigí a 32 km. da Londra. Oltre alla grande fauna mammologica calda, esso presentava alcuni molluschi, come la Corbicula fluminalis, che oggi vive nelle acque dell'Egitto e della Siria, l'Unio litoralis e la Paludina marginata, forme non più viventi in Inghilterra.
La flora calda del nord della Francia fu studiata specialmente a La Celle-sous-Moret, località anch'essa del dipartimento di Senna e Marna. Si sono riconosciute diciassette specie di vegetali, delle quali cinque non crescono più spontanee nella valle della Senna, ma vi vivono coltivate e protette: cioè il bosso comune; l'evonimo; l'albero di Giuda; il caprifico; l'alloro delle Canarie.
I dotti non sono d'accordo sulla posizione geologica dell'industria di Chelles. Per gli uni essa risale al Quaternario antico; per gli altri, e sono i più, è da attribuire al Quaternario medio, nel periodo interglaciale riss-wurmiano, che tanta importanza ebbe nella storia primitiva dell'umanità. Ciò dipende dalle idee che i singoli dotti si son fatti dell'imponente fenomeno delle glaciazioni, che domina la scena quaternaria. Ciò deve far comprendere quanta cautela debba aversi e come non si possano adoperare indifferentemente, con significato geologico, i termini chelléano, mousteriano, ecc., non essendo essi esattamente rispondenti a fasi telluriche.
La più recente revisione critica dei giacimenti di Chelles si deve al Vayson. Egli, partendo dalle osservazioni e dai materiali raccolti dal Commont, concluse che la Senna aveva scavato il suo letto per una cinquantina di metri durante gli ultimi tempi geologici. La maggior parte di questo scavo fu fatto quando l'uomo viveva presso le rive del fiume, poiché i suoi strumenti giacciono entro le alluvioni antiche. Dall'epoca delle prime tracce, per un lungo periodo di tempo, l'uomo fu contemporaneo dell'ippopotamo, dell'elefante antico e del rinoceronte: le selci lavorate di Saint-Acheul appartengono all'epoca chelléana, e dimostrano uno stadio ben lontano da quello primitivo.
La distribuzione degli amigdaloidi di tipo chelléano sulla superficie della terra abitata è immensa, ma poiché si tratta quasi sempre di trovamenti sporadici, e poiché è accertato che essi compaiono nell'ambito stesso del materiale acheuleano (v.), lo stesso De Mortillet, che pure asseriva potersi distinguere e giudicare l'età degli amigdaloidi come gli specialisti giudicano dai caratteri l'età di un'iscrizione, fu costretto a dichiarare non potersi nello studio geografico separare il materiale chelléano da quello acheuleano.
Per la Francia, le indicazioni del De Mortillet, oggi di gran lunga accresciute, davano 63 dipartimenti, con 594 comuni, specialmente nel Nord. Lo chelléano manca del tutto, come osservò tra i primi l'Obermaier, nell'Europa centrale ed orientale, ove è sostituito dalle facies industriale scheggioide detta premousteriana. Abbondantissimo nell'Africa, fino alla sua parte australe, si affacciò l'ipotesi che dal continente nero derivasse cotesta industria, passata all'Europa occidentale traverso le penisole appenninica e iberica. Ma la mancanza, finora, degli amigdaloidi in Sicilia (uno solo ad Alcamo, e di non ben constatata provenienza) rende insoluto il problema. Altri dotti pensano a un'introduzione nella penisola appenninica per il promontorio garganico, ma la Balcania ne sembra priva, e d'altronde completamente sconosciute sono le condizioni di giacimento dei materiali del Gargano.
Per l'Italia possiamo presentare il quadro seguente, indicando col segno (!) località specialmente notevoli, e col segno (!!) località ove si poterono fare constatazioni stratigrafiche: Terrazze del Santerno, in territorio d'Imola (non frequente); Villa S. Varano, presso Forlì; Montepulciano, in prov. di Siena (i esemplare sporadico, probabilmente proveniente dalla prossima Umbria); Gubbio, in prov. di Perugia (molti esemplari), valle alta del Tevere, nel bacino del Chiascio, Caina, Genna (molti esemplari); Petrignano, in territorio di Assisi; Valle del Cesano, nelle Marche (qualche es.);! Arcevia, in prov. di Ancona; Agro ascolano;! Valle della Vibrata, nel Teramano; Caramanico, in prov. di Pescara; Pendici della Maiella in genere (molti esempl.); Terra di Lavoro; Venafro nel Molise, Guardia Sanframondi in prov. di Benevento;!! Isola di Capri; Promontorio garganico (moltissimi esemplari); !! Venosa: giacimenti di Terranera e di Sansanello; ! Matera, sulle Murge (circa un migliaio di esemplari); Sicilia, soltanto l'esemplare di Alcamo. Per la Sardegna, nessuna segnalazione.
Bibl.: Oltre alle opere generali di preistoria, sono da vedere sul particolare argomento: V. Commont, Les industries de l'ancien Saint-Acheul, in L'Anthropologie, XIX (1908); id., Chronologie et stratigraphie des industries protohist., néolith. et paléolith. du Nord de la France, in Congr. intern. d'anthrop. et d'archéol. préhist., XIV, i (1912); G. A. Colini, Scoperte archeologiche nella Valle della Vibrata, Parma 1910; G. Bellucci, l'epoca paleolitica nell'Umbria, in Archivi per l'antr. e l'etnologia, XLIV (1914); U. Rellini, Sulle stazioni quaternarie di tipo chelléen nell'agro venosino, in Rend. Acc. dei Lincei, s. 5ª, XV (1915); id., Sul Paleolitico di Matera e sulla distribuzione geografica del Paleolitico in Italia, in Riv. di antropol., XXV (1922); id., Appunti sul Paleolitico italiano, in Bull. paletnol. ital., XLIV (1924); M. Boule, Étude paléontologique et archéologique sur la station paléolith. du Lac Karar, in L'anthropologie, XI (1900); L. Capitan, L'homme quaternarie ancien dans le centre de l'Afrique, in Rev. de l'Éc. d'anthrop., XXI (1911); J.P. Johnson, The Stone implements of South Africa, 2ª ed., 1908; R. Battaglia, Le industrie e le faune pleistoceniche d'Italia, in Riv. di antropologia, XXII (1917-18); R. Vaufrey, Le paléolithique italien, in Arch. de l'Instit. de Paléntol. humaine, VI; A. Vayson, La plus ancienne industrie de Saint-Acheul, in L'anthropologie, XXX (1920); U. Rellini, Sulla nomenclatura delle culture quaternarie, in Bull. di paletnologia italiana, XLVIII (1926).