City Lights
(USA 1927-31, 1931, Luci della città, bianco e nero, 87m); regia: Charlie Chaplin; produzione: Charlie Chaplin; sceneggiatura: Charlie Chaplin; fotografia: Roland Totheroh; montaggio: Charlie Chaplin; scenografia: Charles D. Hall; musica: Charlie Chaplin.
Cerimonia nella piazza di una città americana per l'inaugurazione di un monumento. Tolto il drappo, si scopre che in grembo alla statua dorme un vagabondo (Charlot, nelle edizioni francesi e italiane). Questi fa la conoscenza di una giovane fioraia cieca, che lo scambia per un ricco gentiluomo. Per amore della ragazza, si procura lavoro e continua a interpretare il ruolo del gentleman. Fa amicizia con un eccentrico milionario che in un momento di depressione e tra i fumi dell'alcol tenta il suicidio. Il vagabondo lo salva. Il ricco si mostra riconoscente e generoso, ma soltanto nei momenti in cui è ubriaco. Con la promessa di un facile guadagno il vagabondo si convince ad affrontare un incontro di boxe. Il pugile dilettante tenta in tutti i modi di prevalere sull'avversario, poiché la vittoria gli permetterebbe di guadagnare il necessario per l'operazione agli occhi della ragazza, ma esce sconfitto. Incontra nuovamente il milionario ubriaco che gli regala il denaro, ma il dono coincide con un'incursione di ladri nella villa. Scambiato per un ladro, il vagabondo viene arrestato, ma non prima di aver consegnato i soldi alla ragazza. Quando esce di prigione, la fanciulla è guarita e ha aperto un negozio di fiori. Di fronte alla vetrina del negozio, il volto di lui si illumina vedendo la giovane fioraia. Impietosita, lei esce per offrire un fiore e uno spicciolo al vagabondo. Lui tenta di scappare per timore di essere riconosciuto, ma la ragazza lo trattiene per donargli la moneta. Solo allora, sfiorando la sua mano, riconosce nel vagabondo il suo benefattore.
Sollevato il drappo inaugurale, una figura nera si staglia sul marmo bianco: il vagabondo tenta di dormire rannicchiato nel grembo della statua dedicata a 'Pace e Prosperità'. La prima apparizione del personaggio sullo schermo si configura come uno scandalo: dietro l'ordine e lo splendore della città borghese si cela la realtà dei bassifondi. Figura scomoda che non può stare sotto i riflettori, il vagabondo è allontanato dal luogo in cui tentava di riposare e può solo fermarsi a un angolo di strada dove nell'ombra incontra un suo simile, una venditrice di fiori. Pochi gesti per capire che lei è cieca e dunque ancora più lontana dalle 'luci della città'.
La satira di City Lights si fonda sul contrasto tra l'apparenza sfacciata della città e la miserabile esistenza dei suoi abitanti. L'intera vicenda poggia su un primo inesorabile equivoco, che genera gag giocate sull'idea dello scambio e della sostituzione dei ruoli: la ragazza scambia il vagabondo per un gentiluomo, e lui ne accetta le conseguenze. Da allora, in situazioni diverse, il vagabondo viene scambiato per qualcun altro o prende il posto di qualcun altro: il miliardario ubriaco scambia il vagabondo per un suo pari, sin dal momento in cui questi lo salva dal suicidio. Poi si assiste a una repentina sostituzione dei ruoli: il vagabondo rischia di prendere il posto del suicida, restando intrappolato nella corda che questi s'era preparato per farla finita. Una spirale di progressivi slittamenti lo risucchia: ubriaco, a una festa dell'alta società finisce per sedersi sulla sedia sbagliata, ballare con la donna di un altro e scambiare le stelle filanti per spaghetti che ingoia a volontà. Questi scivolamenti da un'identità all'altra si trasformano naturalmente in critica delle apparenze: solo l'equivoco, l'ebbrezza o la cecità permettono di vedere al di là dell'aspetto superficiale delle cose, e di riconoscere il vagabondo come un autentico gentiluomo.
Che la scena del primo incontro (e del primo equivoco) tra il vagabondo e la ragazza sia nodale, lo confermano le note di lavorazione: la scena inaugurò le riprese e fu ripetuta per 342 volte prima che Charlie Chaplin fosse soddisfatto dell'interpretazione della debuttante Virginia Cherrill. Arrivò a licenziare la giovane attrice pensando di sostituirla con altre attrici, tra cui Georgia Hale (già interprete di The Gold Rush ‒ La febbre dell'oro, 1925), ma nessuna superò le prove e Virginia Cherrill fu richiamata al lavoro. E solo a fine riprese, dopo più di un anno e mezzo di lavorazione, Chaplin trovò l'idea che avrebbe innescato l'equivoco di partenza: il rumore dello sportello di una Rolls-Royce, che si chiude alle spalle del vagabondo, dà l'avvio alla vicenda (e permise alla troupe di concludere le riprese).
Nel luglio del 1928, mentre City Lights era ancora in fase preparatoria, la Warner presentò il primo film interamente parlato, Lights of New York di Bryan Foy. Ma Chaplin non avrebbe concesso troppo al nuovo medium: le immagini del suo film sono accompagnate da una colonna sonora composta dallo stesso regista, gli effetti sonori sono usati in rare occasioni, sempre in modo lucido e efficace; così, nella sequenza dell'inaugurazione del monumento la voce degli oratori è resa attraverso il suono dei kazoos, con lo scopo evidente di esprimere il vuoto di contenuti di tali discorsi, ma anche per ridicolizzare la resa qualitativa di molti dei primi film sonori. Chaplin riesce dunque a realizzare ciò che all'epoca pareva impossibile: produce un film senza parole di successo commerciale e sostenuto dalla critica, ben tre anni dopo il declino del cinema muto negli Stati Uniti.
Il pubblico adora questo personaggio ad un tempo dandy e vagabondo (così lo descrive Petr Král). Più che il vagabondo, che si limita a subire gli eventi, è il dandy che ci spiega la precarietà dell'esistere: con gesto disinvolto, come se il denaro fosse l'ultimo dei suoi problemi, Chaplin dona alla ragazza tutto ciò che ha. Poi improvvisamente l'angoscia compare sul suo volto, tradendo l'incertezza reale cui l'atto generoso lo conduce. La felicità dell'uomo si fonda su un'illusione: il vagabondo vuol rendere la vista alla ragazza, e così facendo le tende l'arma che lo condanna.
A differenza di molti film di Chaplin, in cui il personaggio si muove dal reale per evadere verso il sogno, qui la vicenda traccia una traiettoria inversa: il personaggio parte dall'illusione per ricadere nel reale. Il riconoscimento, dunque la caduta, non può avvenire che attraverso un altro tipo di percezione: la ragazza riconosce infatti il vagabondo solo toccando la sua mano.
Nel finale i due personaggi, immobili l'uno di fronte all'altra, colgono la distanza e l'impossibilità del loro rapporto. Lo sguardo del vagabondo si tende verso un interrogativo ai limiti del sostenibile: affiora sul suo volto, in un sorriso straziante, lo sforzo che l'uomo deve fare per resistere alla realtà.
Interpreti e personaggi: Charlie Chaplin (il vagabondo), Virginia Cherrill (la ragazza cieca), Florence Lee (la nonna della ragazza), Harry Myers (il milionario), Hank Mann (pugile), Eddie Baker (arbitro), Tom Dempsey, Willie Keeler (altri pugili), Allan Garcia (maggiordomo), Henry Bergman (sindaco/portiere), Albert Austin (spazzino/ladro), Joe Van Meter (altro ladro), Robert Parrish (venditore di giornali), Jean Harlow (ragazza nel nightclub).
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