citta
città s. f. – L’espansione delle c. contemporanee nei primi anni del 21° sec. ha assunto proporzioni tali da mettere spesso in discussione la stessa nozione storica del termine, peraltro già originariamente non priva di ambiguità. Tale espansione si è verificata in maniera pressoché generalizzata – con l’eccezione delle shrinking cities (v.), c. demograficamente in contrazione – ma soprattutto nei continenti e nei paesi segnati da maggiore crescita sia demografica sia economica, segnatamente in Asia, Africa e America Centrale e Meridionale e in quelle aree verso le quali tendono i principali flussi migratori, sia nazionali sia internazionali (dalle zone rurali verso quelle urbanizzate e dalle regioni dove non si trova lavoro verso quelle che ne offrono). Essa ha rapidamente modificato gli equilibri territoriali, sociali e culturali preesistenti, ma anche determinato la diffusione di una nuova terminologia scientifica e un significativo, altrettanto rapido sviluppo degli studi specialistici sul tema, che hanno portato alla progressiva ridefinizione di locuzioni quali c. diffusa, aree metropolitane e c. globali, ma anche di un termine quale megalopoli, fino a pochi decenni fa utopisticamente connotato, che appare oggi appena adeguato alle nuove forme urbane in via di sviluppo; nozioni affini ma diverse che, pur sovrapponendosi talvolta fra loro, mantengono comunque una loro identità. Per c. diffusa s’intende l’estesa urbanizzazione, spesso caratterizzata da densità abitative relativamente basse, di interi territori, al di là di quelli che sono i confini amministrativi vigenti e dei limiti, fisici quanto psicologici, delle c. storiche. Si tratta di un fenomeno che ha eroso differenze e contrapposizioni fra c. e campagna, fra aree urbanizzate e aree rurali, generando un indistinto continuum antropizzato, sempre più difficilmente sostenibile sia per il consumo di territorio che lo caratterizza e per i costi di reti e infrastrutture, sia per i problemi che ne derivano per la mobilità degli abitanti, in partic. se in larga misura dipendendente dai mezzi di trasporto privati. Per aree metropolitane s’intendono le zone urbanizzate cresciute intorno a una c. più densamente popolata, che includono territori meno densamente popolati e amministrativamente dipendenti anche da municipalità diverse, talvolta da province, regioni o addirittura stati diversi, caratterizzate da reti di trasporti che ne favoriscono l’integrazione e l’interazione economica e sociale. In tali aree, sorte in seguito al progressivo allargamento delle periferie, all’incorporazione di comuni limitrofi e alla saldatura di c. contigue, soprattutto lungo le fasce costiere, nelle valli o lungo i grandi assi di comunicazione, l’amministrazione della c. principale è spesso costretta a delegare una serie di competenze a uno o più organi di coordinamento che ne garantiscano un’efficiente gestione complessiva. Se l’individuazione di tali aree metropolitane risale storicamente agli anni Cinquanta del 20° sec., il forte incremento demografico registrato negli ultimi anni e l’altrettanto forte crescita del loro numero – soprattutto, come s’è detto, in Asia, Africa e America Latina – le ha rese protagoniste del dibattito sul futuro di tali sempre più estese e popolose conurbazioni. Dal punto di vista demografico, il Censis (Centro studi investimenti sociali) indica come maggiori aree metropolitane italiane quella lombarda con oltre 8 milioni di abitanti, quella napoletana con quasi 5, quella romana con oltre 4 e quella veneta con oltre 3 milioni. L’ordinamento giuridico italiano prevede l’istituzione di uno specifico ente di governo chiamato c. metropolitana per le aree metropolitane di sedici grandi comuni: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia individuati dal Parlamento; Cagliari, Catania, Messina, Palermo, Trieste e Sassari individuati dalle rispettive Regioni a statuto speciale. Per c. globali s’intendono invece quei centri urbani di grandi dimensioni, altamente interconnessi fra loro, che funzionano come agenti d’integrazione a scala mondiale e porte d’accesso alle diverse aree nazionali o regionali. Designate anche come alpha cities o world centers, al centro dell’attenzione critica nel dibattito sulla c. contemporanea e sul ruolo demografico, antropologico, socio-economico, geopolitico, culturale ecc. da essa giocato, sono considerate i nodi principali del sistema economico internazionale. La locuzione si è diffusa in seguito all’uscita del libro The global city: New York, London, Tokyo (1991), scritto della sociologa nederlandese Saskia Sassen. La classificazione delle c. globali contemporanee tiene solitamente conto di caratteristiche politiche (per es. capitali di nazioni influenti, come Pechino, Berlino, Londra, Mosca, Nuova Delhi, Parigi, oppure città che ospitano sedi di organizzazioni internazionali); caratteristiche culturali (nelle quali, per es., sono presenti musei, teatri, orchestre, gallerie d’arte, televisioni e giornali internazionalmente riconosciuti, o istituzioni religiose, come a Roma, Gerusalemme o La Mecca); infrastrutturali (in presenza, per es., di importanti nodi aeroportuali e ferroviari, di reti digitali come le fibre ottiche ecc.). Ma anche della stessa riconoscibilità urbana (c. per le quali non c’è bisogno di specificare lo Stato di cui fanno parte), della rilevanza demografica ecc. È infine anche possibile parlare di c. globali in una prospettiva storica, per quelle che hanno svolto tale ruolo in passato: si pensi, per es., alla stessa Roma, a Costantinopoli (poi Bisanzio e ora Istanbul) o ad Alessandria in Egitto. Diverse recenti classifiche di c. globali tengono anche conto di fattori quali la ricchezza prodotta, la qualità della vita, la capacità d’influenzare altre c.: nella maggior parte di esse, ai primi posti si collocano New York (solitamente al primo) e Londra, seguite, in ordine variabile a seconda degli indicatori utilizzati, da Tokyo, Parigi, Los Angeles, Hong Kong, Singapore, Chicago, Bruxelles, Pechino, Sidney, Seul ecc. Il termine megalopoli, infine, designa estese regioni urbanizzate costituite da diverse aree metropolitane adiacenti, con una popolazione che supera i 20 milioni di abitanti, caratterizzate da una struttura polinucleare, altamente interconnessa e organizzata lungo uno o più corridoi infrastrutturali (autostradali, ferroviari ecc.) che ne agevolano i collegamenti al suo interno. In tale accezione, fu usato per la prima volta nel libro The decline of the West, scritto nel 1918 da Oswald Spengler. Fu poi il geografo francese Jean Gottman a servirsene nel libro intitolato Megalopolis (1961), riferendosi specificamente alla regione urbanizzata che si estende, per oltre 500 miglia, lungo la costa orientale degli Stati Uniti, da Boston a Washington (e che include New York, Philadelphia e Baltimora, oltre a una serie di centri minori). Negli Stati Uniti il termine è anche riferito alla megalopoli dei Grandi Laghi, che comprende c. sia statunitensi (Milwaukee, Chicago, Detroit, Indianapolis) sia canadesi (Toronto, Ottawa), e alla fascia urbanizzata lungo la costa californiana, dalla Bay Area (San Francisco) a Los Angeles e a San Diego. Fra le più estese e popolose del mondo sono la megalopoli indo-gangetica che comprende Nuova Delhi, Calcutta, Varanasi e Dacca; quella del Pearl River Delta, che include Hong Kong, Shenzen, Guangzhou, Zhongshan e Macao; la cosiddetta Blue Banana europea (dalla forma che assume nelle immagini satellitari notturne), che si estende dall’Irlanda all’Inghilterra, dai Paesi Bassi alla Germania fino alla Svizzera e a Milano; quella dello Yangtze River Delta, con Shanghai, Nanchino, Hangzhou, Suzhou ecc.; quella giapponese orientale, da Tokyo e Yokohama a Osaka, Nara e Kobe.