MIDA, Città di
Località della Frigia centrale,posta su un alto e pittoresco basamento tufaceo a forma allungata, nelle immediate vicinanze dell'odierno villaggio di Yazilikaya (da non confondersi con l'omonima Yazilikaya hittita presso Boǧazköy).
Il nome di Città di M. fu dato al sito dai primi viaggiatori ottocenteschi e tale è rimasto fino ad oggi, non essendosi potuta scoprire la denominazione originaria della città. Esso deriva da un grande monumento votivo tagliato nello sperone N dell'acropoli e creduto in un primo tempo la tomba del semi-mitico Mida, re della Frigia.
Gli scavi, compiuti per dieci anni dall'Istituto Francese di Archeologia di Istanbul, hanno portato alla luce i resti di una città frigia del V-IV sec. a. C., costruita, in parte, utilizzando in maniera grossolana materiale appartenente ad un precedente agglomerato urbano, a quanto pare molto più grande ed importante.
La città, nel suo periodo finale, era composta da un quartiere alto, abbarbicato sull'altopiano dell'acropoli, e da un quartiere basso che si stendeva nella pianura sottostante in direzione N. L'acropoli era difesa da una muraglia turrita di cui restano soltanto le fondamenta. Lo studio dei resti di ceramica (di tipo greco o tardo-frigio) trovati entro e fuori i muri delle case, ha permesso di stabilire che gli abitanti abbandonarono il sito improvvisamente e tutti insieme, per motivi imprecisabili, senza avere subito alcuna devastazione bellica o tellurica. La causa di tale curioso fenomeno potrebbe essere ricercata nell'avanzata delle orde galate durante la prima metà del III sec. a. C.
L'esistenza di una precedente città è testimoniata non soltanto dai resti monumentali reimpiegati nelle nuove, modeste costruzioni, ma anche dalla presenza di vasellame risalente al VI sec., dagli altari votivi che si trovano nella parte alta dell'acropoli e da alcune statue femminili frammentarie in cui è palese l'influsso dell'arte occidentale. È infatti a partire dalla fine del VII sec. che la Frigia, sotto l'egemonia della Lidia, intensifica i contatti e gli scambi commerciali con l'occidente, raggiungendo in breve un alto livello di benessere economico. Probabilmente proprio durante questo florido periodo nella Città di M. si costruì, sulla parte alta dell'acropoli, un tempio ornato di rivestimenti in terracotta.
Nulla è stato trovato sull'altopiano che testimoni l'esistenza di uno stabile stanziamento urbano in epoca precedente al VII secolo. Non è comunque improbabile che il sito, per la sua privilegiata posizione naturale, fosse stato trasformato in una cittadella fortificata già all'epoca dell'antico impero frigio. La prima distruzione della città risalirebbe, in questo caso, alla famosa incursione cimmerica (inizio VII sec. a. C.).
In epoca romana (II-III sec. d. C.) sul lato N-O dell'acropoli, ormai da tempo deserta, fu costruito un piccolo santuario dedicato al dio frigio Agdistis, intorno al quale sorsero molti altarini con iscrizioni in greco.
Alcuni monumenti interessanti sono tagliati sui fianchi rocciosi dell'altopiano. Il più noto è senza dubbio la cosiddetta "Tomba di Mida".
Si tratta di un monumento votivo, formato da un grande rettangolo verticale, di m 20 × 20, chiuso tra spesse piattebande e sormontato da un frontone triangolare. Una finta porta, anch'essa incorniciata da piattebande, si apre al livello del suolo. Tutta la superficie della facciata, così come il timpano e la cornice, è occupata da disegni geometrici, anche complessi (meandri a tappeto), eseguiti in bassorilievo con una straordinaria precisione, chiarezza e armonia.
Sulla facciata si vedono molte iscrizioni in lingua frigia, non decifrate. Una di esse menziona la dea Mida, identificata con la dea-madre Cibele, mitica progenitrice del re Mida. Il monumento doveva perciò avere un significato più religioso che dinastico o funerario.
Nelle immediate vicinanze della "Tomba di Mida" gli archeologi francesi hanno scoperto i resti di una fonderia di ferro a carattere rituale, posta sotto un portico lungo m 17 e largo m 2,5o e disposta perpendicolarmente alla facciata del monumento. Sulla roccia del suolo sono rimaste tracce di alcune cavità e canali in cui veniva colato il metallo. È certo che nell'antichità i maestri fonditori formavano una casta privilegiata; questa giustapposizione di una fonderia e di un monumento a carattere religioso testimonia probabilmente la pretesa origine divina dei lavori riguardanti i metalli. Bisogna poi aggiungere che la Frigia era stata, fin dall'epoca protostorica, uno dei centri principali di metallurgia del Vicino Oriente.
I molti altri monumenti scolpiti lungo le articolate pareti dell'acropoli, rappresentano, in genere, altari di varia grandezza e tipo, iscrizioni e tombe più o meno imponenti, talvolta ornate da arcosolî o rilievi.
Vi sono anche cinque scale o rampe, in parte sotterranee, che salgono all'altopiano.
Ai lati della rampa principale rimangono i resti, molto rovinati, di due fregi rupestri con scene indecifrabili. Infine un'altra scala, voltata a botte, conduce ad una vasta grotta, dalla quale sgorga una sorgente.
Ad E della città è stata scavata una necropoli preistorica. I resti venuti alla luce, e in particolar modo alcune grandi giare contenenti scheletri umani, hanno permesso di datare questa installazione al III millennio a. C.
Bibl.: W. M. Leake, Journal of a Tour in Asia Minor, Londra 1824, pp. 31-35; L. de Laborde, Voyage de l'Asie Mineure, Parigi 1838, pp. 64-80; C. Texier, Descriptions de l'Asie Mineure, 3 vol., Parigi 1839, p. 153-161; V. de Saint Martin, Description de l'Asie Mineure, Parigi 1852, II, pp. 142 ss.; G. Ritter, Die Erdkunde von Asien, IX, Kleinasien, Berlino 1858; C. Perrot, E. Guillaume, J. Delbert, Exploration Archéologique de la Galatie et de la Bithynie, d'une partie de la Mysie, de la Phrygie, de la Cappadocie et du Pont, Parigi 1872, pp. 105, 106, 112, 143; G. Perrot-E. Chipiez, Histoire de l'Art dans l'Antiquité, V, p. 7, nota i e pp. 889-902; W. Ramsay, in Journal of Hellenic Studies, III, 1882, pp. 1-17; IX, 1889, pp. 374-382; X, 1889, pp. 148-156 e 167-174; G. Radet, En Phrygie, in Nouvelles Archives des Missions Scientifiques, VI, Parigi 1895, pp. 425-596; A. Körte, Kleinasiatische Studien III: Die Phrygischen Felsdenkmäler, in Ath. Mitt., XIII, 1898, p. 80 ss.; F. von Rever, Die Phrygischen Felsdenkmäler, in Abhandlungen der K. Bayer. Akad. der Wissenschaften, 1898, p. 88 ss.; E. Brandenburg, Neue Untersuchungen im Gebiet der Phrygischen Felsfassaden, in Abhandlungen der k. Bayer. Akad. der Wissenschaften, 1906, p. 633 ss.; E. Brandenburg, Phrygien (Der Alte Orient, 1907, 2); E. Brandenburg, Kleinasiatische Untersuchungen, in Orientalistische Literaturzeitung, 10, 1907, cc. 313-319, 360-365; W. Roge, in Pauly-Wissowa, XX, 1951, cc. 862-864, s. v. Phrygia; K. Bittel, Kleinasiatische Studien, in Istanbuler Mitteilungen, 1942, p. 103 ss.; A. Müfid Mansel, Türkiyenin Arkeoloji, Epigrafi ve Tarihî Coǧrafyasi için Bibliografya, Ankara 1948, in Türk Tarih Kurumu Yayinlaridan, XII, serie n. i, pp. 344-355; C. H. E. Haspels, La cité de Midas; céramique et trouvailles diverses, in Phrygie, III, Institut Français d'Archéologie de Stamboul, Parigi 1951; A. Gabriel, La cité de Midas: topographie, in Phrygie, II, Institut Français d'Archéologie de Stamboul, Parigi 1952.